confrontare per decidere

Confrontare per decidere – Metodo 21

Perché confrontare per decidere può essere una buona soluzione e, prima ancora, come facciamo a prendere le nostre decisioni?
Sulla capacità di prendere decisioni “giuste” si sono scritte decine di migliaia di pagine. E basterebbe questo a dimostrare che la faccenda può essere ingarbugliata. Ma è una faccenda che interessa ciascuno di noi, che prendiamo decisioni a volte lievi e a volte pesanti, sia in ambito professionale sia nella vita privata.

PERCEPIRE LE DIFFERENZE. Sheena Iynegar in una strepitosa Ted conference spiega quali differenze culturali, quali rischi, quali suggestioni sono coinvolte nel fare scelte: la nostra capacità di scegliere dipende dalla nostra capacità di percepire le differenze, dice. Per questo siamo portati a confrontare per decidere.
Esiste anche una Teoria delle decisioni che cerca di formalizzare i processi e di arginare, con supporti statistici e modelli, la diffusa tendenza a rimuovere la necessità di decidere, o a decidere a capocchia (per dire: è stato codificato un modello decisionale che si chiama Cestino dei rifiuti, caratterizzato da ambiguità e confusione. Gli autori, March e Olsens, sostengono che è tipico degli enti pubblici e del mondo accademico).

SEMPLIFICARE LE SCELTE. Come semplificare le scelte? Ancora Iyegerar dà i numeri: l’americano medio compie circa 70 scelte al giorno. Il medio AD affronta 139 complessi compiti a scelta multipla ogni settimana.
Di fronte a scelte multiple le persone tendono a paralizzarsi. Iyegerar propone quattro tecniche per aiutarle a decidere: si tratta di tagliare, di rendere concrete le opzioni, di dividere per categorie, di cominciare dalle scelte più semplici.
L’illusione di sapere, bel libro di Massimo Piattelli Palmarini, prende in esame i bias cognitivi che rendono difficile decidere. Vi risparmio gli  scritti di Matteo Motterlini sui processi decisionali e l’overconfidence dei medici perché, anche se non siete ipocondriaci, rischiate di diventarlo. Ma, volendo, con due clic li trovate online.

CREATIVITÀ E DECISIONI.  Infine: anche nella pratica della creatività e delle professioni creative capita di prendere decisioni: meglio questa immagine o quest’altra? Questo taglio fotografico o quest’altro? Questo titolo, questo colore, questo carattere tipografico, questa musica, questo montaggio o…? E ancora: questo titolo con questa immagine e questo taglio, o quest’altro con la stessa immagine e un altro taglio, o…? Combinando, si può andare avanti all’infinito.
Qui le decisioni diventano più sfumate, più soggettive, più istintive. E i parametri sono più sfuggenti. Eppure, le regole de Iygerar sono valide perfino in questi casi, e confrontare per decidere è un buon metodo.

CONFRONTARE PER DECIDERE. Io faccio così: mi sforzo di confrontare le opzioni nella loro concretezza. E questo vuol dire stampare con diversi caratteri, provare materialmente diversi tagli fotografici, scrivere (e non solo pensare) versioni diverse dello stesso testo. E mettere tutto a confronto. Poi cerco di sfrondare, tagliando progressivamente le soluzioni meno soddisfacenti. Poi mi focalizzo sulle differenze tra le soluzioni rimaste. Se ho dei dubbi, le raggruppo in categorie o famiglie secondo la loro caratteristica dominante, e decido quale caratteristica è più rilevante e positiva. Sembra complicato, ma dopo un po’ fare così diventa un’abitudine. E comunque è molto più semplice che procedere alla cieca.

DECISIONI IN AZIENDA. Ultimo punto, piuttosto importante: nelle aziende succede che ci si pongano obiettivi esagerati o poco realistici. Allora, fatalmente, nessuna delle opzioni disponibili risulta soddisfacente. Invece che decidere per un’opzione insoddisfacente, si decide di… fare un passo indietro e di ridurre richieste e obiettivi.
È buona norma, in questi casi, riesaminare tutte le opzioni scartate in precedenza: può darsi che ora una di queste vada più che bene. Se non si fa così, si rischia semplicemente di scegliere, per sfinimento, l’ultima opzione della serie. Che non necessariamente è la migliore.
Pensateci: questo succede di continuo, e a volte perfino coi fidanzati.

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Come le imprese decidono

10 risposte

  1. Ne parlavo stamattina nella mia terza liceo . Dopodomani li rivedo : grazie a voi posso approfondire. Mettersi in condizione di scegliere e decidere e non solo per prendere o rifiutare un voto : La scuola sarebbe diversa. Forse in un’altra vita. Complimenti e anche di più. mircaB

  2. Ciao Mirca. E’ stranissimo: questa mattina, mentre pubblicavamo questa homepage, stavo esattamente chiedendomi come mai di che cosa vuol dire decidere non si parla nelle scuole. Eppure crescere vuol dire esattamente conquistarsi la possibilità (e la responsabilità) di prendere decisioni. E fare almeno un minimo di mente locale sul fatto che si tratta di un processo, che dovrebbe avere una struttura, può aiutare a sviluppare, almeno, un po’ di consapevolezza. E invece no. Per molti ragazzi (e diversi adulti) decidere coincide col brancolare, e poi allungare una mano nel buio afferrando con paura e sollievo insieme l’elemento vicino immediatamente disponibile. Facci sapere che dicono i tuoi studenti…

  3. Ciao a tutti, Per diversi anni ho tenuto un breve corso (2 gg) sugli “Strumenti di aiuto alla decisione” a Roma-TorVergata nell’ambito di un Master di Com-Media. Da parte dei ragazzi, in gran parte provenienti da Scienze Economiche, Giurisprudenza e Lettere, c’e’ stato un grandissimo interesse proprio sui meccanismi di costruzione della decisione. L’interesse si e’ spesso spostato su temi tra la psicologia cognitiva e le scienze sociali con piacevoli discussioni di (reciproco) arricchimento. Sono pienamente d’accordo con Annamaria che è un tema che meriterebbe di essere portato nelle scuole, ad es. quelle di ordine superiore, almeno per gettare qualche seme di riflessione sul concetto di “sapere” e per instillare qualche sano, salutare dubbio…!

  4. Buongiorno a tutti, post azzeccatissimo anche per me, che proprio ierisera dicevo al mio compagno: “Sono talmente stanca che non ho più voglia di decidere”. Annamaria, come al solito, riesce a darci anche la cosa più preziosa: un esempio di metodologia tratta dal suo quotidiano professionale. E per questo, oltreché per la review ragionata, le sono infinitamente grata. Mi è venuto in mente un articolo pubblicato su Internazionale qualche mese fa, “La fatica di decidere”: mi aveva colpito soprattutto l’influenza dell’ora – e quindi del nostro metabolismo – nelle scelte. Ve lo mando all’interno di una rassegna stampa che ho trovato online, è a pg. 10: http://www.ao-pisa.toscana.it/index.php?option=com_attachments&task=download&id=1566 Chiara

  5. SALVATAGGI PERICOLOSI Nei progetti applicativi delle lezioni teoriche sulla progettazione grafica, consiglio sempre agli studenti di arrivare a comparare almeno due proposte alternative, perché l’una ci aiuta a comprendere e criticare obiettivamente l’altra. I più svegli seguono il consiglio e alla fine cavano qualcosa di decente, i più pigri prendono una direzione, a cui apportano insignificanti modifiche su modifiche, sempre salvando il file su se stesso, per arrivare ad una proposta a volte senza capo n’è coda, dove tutto e il suo contrario è ed è stato possibile, ma di cui si è persa la memoria e la motivazione decisionale.

  6. Ciao Chiara. L’articolo di Internazionale è davvero interessante e ne consiglio la lettura. Grazie per averlo rintracciato e per averlo postato. Ciao Walter. E’ sempre bello leggerti.

  7. Secondo Damasio, noto neuroscienziato, alla base di ogni processo decisionale ci sono le emozioni. Le emozioni e i sentimenti come dimensioni cognitive che metto in relazione costante il nostro sentire attraverso il corpo e i nostri ragionamenti. Lui ha scritto “L’errore di Cartesio”, un trattato di neuroscienze, trattato talmente bene da risultare comprensibile e brillante. Ve lo consiglio, se non lo conoscete già. Io, nel mio piccolo diversi anni fa, ho scritto una tesi sui processi decisionali e la pubblicità. Devo decidermi a ritrovarla. Grazie Annamaria.

  8. Tema suggestivo, importante e più complesso di quanto appaia ad una prima impressione. Mi ha, non solo intrigato perché è stato ed é lo sfondo delle mie attività lavorative, ma perché ha coinciso, ieri, con due decisioni di un certo rilievo. Ma comincio da capo. Intanto la parola DECISIONE, se chiudo gli occhi (come dico ai miei studenti) la VEDO, principalmente collocata nel lavoro, anche se di seguito non parlerò di questo. Certo prendiamo decisioni ogni momento nella vita quotidiana per micro-eventi (soprattutto le donne) e, nella giornata di ieri ne ho prese 140, ho calcolato 10 ogni ora. Le decisioni di rilievo sono state: ri-vedere la disposizione dello studio e ri-definire i compiti della badante di mia madre. Entrambe le situazioni chiamavano in causa componenti le più diverse: razionalità, emotività, prossemica, comunicazione non-verbale. Inoltre una buona dose di diplomazia è stata messa in campo sia nei confronti della badante che di mio marito per quanto riguarda lo studio di casa. Per ultimo la decisione di scrivere queste note. Grazie a tutti per l’ascolto, ma soprattutto per questa opportunità di confronto sebbene in differita.

    Desidero aggiungere a questo affascinante tema tre riferimenti bibliografici di prospettive differenti. Per me sono stati saggi fondamentali (il primo anche per un mio recente viaggio in Giappone) anche perché rispondevano al mio bisogno di LAVORARE INSIEME e conseguentemente prendere insieme decisioni di un certo rilievo.
    La loro lettura coincide con una esperienza lunga di lavoro nel settore della formazione aziendale, una esperienza UNICA per i’alto livello di collaborazione fra di noi. Ecco i riferimenti che mi piace condividere. (*_))
    ——————————–
    La dimensione nascosta – Edwart Hall

    Image. Le metafore dell’organizzazione – Gareth Morgan

    L’economia delle esperienze. Oltre il servizio – James H. Gilmore, Joseph B. Pine

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