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Autostrade e sentieri per l’imprenditoria femminile

AUTOSTRADE. Dal 2012 i CDA delle aziende quotate in borsa devono essere per un quinto composti da donne. Per un terzo dal 2015. La Fondazione Bellisario ha già selezionato 1300 profili adatti. Il quotidiano La Stampa fa il punto su quanto succede negli altri paesi. Tutto questo coinvolgerà poche centinaia di donne, ma ha un valore forte, e non solo simbolico. Può essere un fattore di cambiamento per l’impresa italiana.

SENTIERI. In Italia le aziende quotate sono poche, e tantissime le piccole e medie imprese. Per questo val la pena di leggere e condividere il 2° Rapporto nazionale sull’imprenditoria femminile.
Da subito scoprite che le imprese femminili in Italia sono un milione e mezzo circa, (un quarto del totale) e per la maggior parte hanno meno di dieci dipendenti. Sono più longeve di quelle maschili, e tra il 2008 e il 2010 hanno creato un +15% di occupazione rispetto al +3% di quelle maschili. Negli ultimi due anni sono cresciute tanto (+2.1%) da compensare il calo delle imprese maschili (-0.4%).

La propensione all’innovazione è però mediamente minore (17.0% contro 28.8%, pag. 146). L’autoimpiego (partite IVA) è di dieci punti sopra la media europea (pag 155). Vuol dire che ci si mette in proprio sia per coraggio e ambizione, sia perché il mercato del lavoro non offre opportunità: non scordiamo che, con un tasso di occupazione femminile del 46.9%, l’Italia è penultima in Europa, che vanta una media del 58%. E, allora, bisogna fare di necessità virtù. E tifare per la crescita dell’imprenditoria femminile: questo implica un forte cambiamento culturale in primo luogo, ma non solo. Servono supporto, trasmissione di competenze, forti iniezioni di fiducia. Bisogna sviluppare la capacità di fare rete, anche per superare pregiudizi ancora oggi ampiamente diffusi. Il fatto che sempre più donne in gamba, più toste e preparate, escando dalle nostre università è però incoraggiante e fa ben sperare per il futuro.

10 risposte

  1. Rimasi colpita tempo fa da una intervista a Francesca Colombo, nuova Sovraintendente del Maggio Musicale fiorentino nonché attualmente Responsabile del Programma Artistico culturale di Expo 2015. Scopriì che si era laureata in Ingegneria Gestionale al Politecnico di Milano. Non sapevo nemmeno che esistesse un corso di laurea di questo tipo. Per quelle della mia generazione (di cinquantenni) una donna ingegnere era ancora abbastanza raro, ma addirittura immaginare ragazze studiare ingegnaria con un un indirizzo specifico per diventare manager… E ancora più rimasi colpita riflettendo sul fatto che finalmente ci possano essere donne non solo competenti professionalmente e preparate da un punto di vista strettamente tecnico (credo che adesso la metà di chi studia ingegneria siano donne) ma donne a cui pare normale aspirare a ruoli di potere aziendale, e che decidano fin da giovani di diventare manager e CEO nel mondo produttivo e finanziario. Voglio dire ci vuole anche una cultura e una mentalità che supporti questo tipo di aspirazione e che fornisca il background anche psicologico per poterci credere davvero. E non basta la volontà di riscatto in un mondo ancora fondamentalmnete e saldamnete maschilista. Ricordo come fosse ieri quando (ormai più di 35 anni fa) dopo una crisi personale seguita ai miei infelici studi umanistici in storia dell\\\’arte, con grande coraggio decisi di voler intraprendere studi tecnici in architettura dedicandomi al design, molto più in linea con le mie vere inclinazioni. Ricordo soprattutto che quando espressi in famiglia il mio forte desiderio di occuparmi di arredamento e design, mia madre mi propose, che se avevo interesse a questo tipo di mondo, avrei potuto fare la commessa in un negozio di oggetti per la casa. E già, come donna a cos\\\’altro potevo aspirare?

  2. Che le donne, che sono almeno il 50% della popolazione, debbano essere rappresentate, nei luoghi della politica, per almeno il 50% lo trovo giusto è, addirittura, da imporre per legge, subito. Ma che “Dal 2012 i CDA delle aziende quotate in borsa devono essere per un quinto composti da donne. Per un terzo dal 2015.” lo ritengo una stronzata. Mauro.

  3. Io sono una micro-imprenditrice e le difficoltà maggiori le riscontro nei rapporti con gli istituti bancari. Per essere leggera sono riuscita ad auto- finanziarmi e a farne e meno. Va da se\\\’ che i miei voli sono molto bassi, se non raso terra….Penso che questo sia uno degli scogli dell’imprenditoria femminile: la necessità di produrre e creare in tranquillita’.

  4. Ciao Fiamma, per apparire con il tuo nome devi fare il login. Qualche volta il dispettoso CMS di NeU non lo acchiappa al volo, ma insistendo… Bella, la storia che racconti. L’altra preoccupazione delle mamme di quel periodo era che le figlie, assorbite dal lavoro, non rimanessero (si diceva ancora così) zitelle. Almeno questa, per fortuna, forse ce la siamo lasciata dietro le spalle. Mauro: perché nei luoghi della politica sì e nei luoghi del potere economico (dove spesso, fra l’altro, le nomine sono di matrice politica) no?Senza contare che le società con un po’ di presenza femminile nei CDA risultano avere profitti mediamente migliori. Anche la ricerca di Unioncamere registra la necessità femminile di ricorrere all’autofinanziamento. E comunque va detto che il sistema bancario, in questi ultimi anni, non sembra essere molto amico delle PMI. E nemmeno di quelle condotte da maschi.

  5. Mauro: perché nei luoghi della politica sì e nei luoghi del potere economico (dove spesso, fra l’altro, le nomine sono di matrice politica) no?Senza contare che le società con un po’ di presenza femminile nei CDA risultano avere profitti mediamente migliori. Che nelle aziende la resenza femminole nel CdA migliori il CdA io sono il primo a sostenerlo; nella fattispecie io sono il presidente di una srl con un CdA di 5 persone e 2 sono donne (ovviamente non quotata…). ;a ciò non toglie che, essendo una società privata non riesco a capire come io debba essere obbligato a questa scelta. Non mi sembra un discorso non comprebsibile. La politica no, è tutta un’alrta cosa e io, uomo, voglio che il 50% almeno, delle rappresentanti del popolo siano donne. Mauro

  6. Il mondo del lavoro relega le donne in un cantuccio. Per emergere o quantomeno per sopravvivere (bisogna pur mangiare!) ci viene richiesta: partita iva, disponibilità 24h, niente figli, niente matrimoni, niente mesturazioni, niente ciccia sballonzolante, niente peli sulle gambe. Almeno due lauree. Cultura enciclopedica. Il massimo dei voti. Niente paure né nevrosi. Denti bianchi. Capelli lunghi e lucenti. Gambe abbronzate e snelle. Scollature mozzafiato con vista panoramica. Ma soprattutto avere max 25 anni. Le donne che vivono fuori da questo confine sono borderline. Anna

  7. Mauro: non a caso la norma si applica a società quotate. E credo che nessuno pensi di estenderla alle srl. Che hanno altre logiche, e di norma, altre dimensioni. Anna. Sottoscrivo. E forse le altre, quelle che non corrispondono al capitolato, non sono proprio tutte borderline, ma di sicuro appaiono strane. E’ che l’unico stereotipo disponibile della donna che lavora è normativo, irrealistico e claustrofobico. Quando dico che lavorare sull’immaginario è importantissimo, intendo proprio questo: allargare il ventaglio delle possibilità. Degli stili accettabili. Dei modi di essere legittimi.

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