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Per avere fortuna, meglio sentirsi fortunati – Idee 164

La fortuna è uno stato mentale, scrive Scientific American. Val la pena di andare a vedere in che modo questa affermazione, per molti versi sorprendente, viene argomentata, e soprattutto se l’argomentazione sta in piedi.
Dunque: lo psicologo sperimentale Richard Wiseman recluta 700 persone, chiede loro quanto si sentono fortunate e poi verifica se questa sensazione è effettivamente correlata con la probabilità di vincere a una lotteria. Ovviamente, anche se chi ritiene di avere fortuna assegna a se stesso il doppio di probabilità di vincere, le cose non vanno così e  nelle vincite non c’è differenza.

SODDISFAZIONE NELLA VITA. In seguito Wiseman chiede ai suoi soggetti quanto si ritengono soddisfatti della propria vita, e scopre che le persone che più credono di avere fortuna si dichiarano anche più soddisfatte per quanto riguarda la vita familiare e personale, la situazione finanziaria, la salute e la carriera. Anche questo fatto non è sorprendente.
Ma qui viene il bello: Wiseman va a vedere che tipo di personalità hanno gli individui che affermano di avere fortuna, indagandola a partire dai Big Five (si tratta di una delle più accreditate teorie della personalità, e su NeU ne abbiamo già parlato).

UNA QUESTIONE DI PERSONALITÀ. Su due dei cinque tratti di personalità presi in esame dai Big Five, (amichevolezza e coscienziosità), Wiseman non rileva differenza tra persone che si ritengono fortunate e persone che non si considerano tali: vuol dire che “fortunati” e “sfortunati” sono cortesi e altruisti (amichevolezza), scrupolosi e perseveranti (coscienziosità) esattamente alla stessa maniera.
Le differenze sugli altri tre tratti dei Big Five (estroversione, nevroticismo e apertura all’esperienza) sono invece rilevanti.
Le persone convinte di avere fortuna, per esempio, sorridono due volte più spesso degli “sfortunati” e sono assai più estroverse: dunque incontrano più gente, hanno protagonismo sociale e mantengono più contatti. Questi fatti moltiplicano le opportunità.
In secondo luogo, le persone “fortunate” sono più rilassate e meno ansiose: questo permette loro di intercettare più facilmente opportunità inattese. Infine, le persone “fortunate” sono più aperte: accolgono meglio imprevisti e prospettive inedite e viaggiano di più. Anche questo può contare.
Ma la cosa più importante (e qui finalmente tolgo le virgolette all’aggettivo “fortunato”) è che le persone fortunate si aspettano che capiti loro qualcosa di positivo. Quando questo succede, se ne accorgono subito e accolgono la nuova opportunità con entusiasmo e senza esitazioni.

Tutto questo è convincente? No e sì.
Per esempio: per avere fortuna non basta certo raddoppiare la propria propensione a sorridere. Però è plausibile il fatto che più relazioni si hanno, più è facile che da qualcuna di questa venga fuori un’occasione, un’idea o una possibilità nuova. E sì, sorridere favorisce effettivamente le relazioni.avere fortuna 1

DOV’È L’INGHIPPO? Ehi, in tutto questo c’è un bias di conferma!, scrive Psychology Today, che recensisce a sua volta il lavoro di Wiseman: i bias sono meccanismi mentali che distorcono la nostra percezione del mondo.
In particolare il bias di conferma ci porta a cercare e a prendere in considerazione notizie, eventi o evidenze che confermano ciò di cui siamo già convinti.
Insomma: chi è sicuro di avere fortuna interpreta in questa chiave  tutto quanto gli succede, fino a riuscire a individuare elementi fortunati perfino nelle circostanze avverse. E a trarne profitto.
E rieccoci all’affermazione iniziale, con un paio di integrazioni: la fortuna (se c’è) è (frutto di) uno stato mentale. Cioè di una consistente attitudine a intercettare quanto di positivo accade, o a trasformare positivamente gli inconvenienti.

FORTUNA O LAVORO DURO. Aggiungiamo un altro tassello: di solito le persone che hanno successo sono talentuose e lavorano duro per ottenere buoni risultati. Per questo, scrive Nymag, tendono a sottostimare la componente di fortuna, o addirittura ad offendersi se questa viene citata a proposito delle loro storie di vita. D’altra parte, non tutte le persone che hanno talento e lavorano duro ce la fanno a ottenere buoni risultati: talento e applicazione sono componenti necessarie, ma non sufficienti.

Ed ecco che ci imbattiamo in un altro bias: è il senno di poi a renderci ciechi nei confronti delle componenti casuali (e fortunate) di molte storie di vita. Proprio per via del senno di poi (hindsight bias è il nome inglese) tendiamo infatti a ritenere, anche in assenza di ogni concreto elemento di prevedibilità, che quanto oggi appare evidente fosse in passato altrettanto evidente e, dunque, prevedibile. Ma ovviamente non è così: finestre di opportunità si aprono e si chiudono all’improvviso, imprevisti si verificano, scelte vengono attuate anche per caso, e perfino molte scoperte importanti hanno una componente casuale.

Dunque, possiamo anche illuderci che aver fatto la cosa giusta o aver preso la decisione giusta al momento giusto sia una questione di puro talento, però, dai: se accettiamo che anche il caso e l’avere fortuna contino, otteniamo due risultati positivi. Da una parte riusciamo ad aprirci di più alle opportunità, dall’altra riusciamo più facilmente a perdonare noi stessi quando (può accadere a chiunque) non riusciamo a coglierle.

avere fortuna 5

UN BUON INVESTIMENTO. In sostanza, coltivare uno stato mentale tale da aiutarci a cogliere elementi di potenziale fortuna sembrerebbe essere un buon investimento, sia in termini di benessere soggettivo, sia in termini (vedi mai) di oggettive opportunità fortunate.
Il medesimo Wiseman fa un test curioso. Prende una persona “fortunata” e una “sfortunata” e dà a entrambe un percorso da seguire, nel quale ci sono le medesime opportunità: alcune monete lasciate per strada e un incontro in un bar con un uomo d’affari.

Avete già capito che cosa succede: il soggetto “fortunato” vede le monete e se le intasca, poi si fa una lunga chiacchierata con l’uomo d’affari. Il soggetto “sfortunato” non vede neanche le monete (l’ansia genera, letteralmente, una visione più stretta) e si beve un caffè senza scambiare neanche una parola.

ALCUNE DRITTE SEMPLICI SEMPLICI. Fast Company pubblica una lunga intervista con Wiseman. Se vi va, potete darle un’occhiata. La cosa più rilevante mi sembra questa: la visione di Wiseman non riguarda il semplice (e stucchevole) “pensare positivo”. Qui c’è un di più di attenzione a come orientare percezione e comportamento in modo da cogliere e valorizzare aspetti potenzialmente positivi.

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Psychology Today pubblica cinque suggerimenti mica male.
(1) Bisogna essere aperti alla serendipità, cioè alla possibilità di trovare qualcosa di positivo mentre non lo si sta nemmeno cercando. I percorsi di carriera sono raramente lineari, e spesso a fare la differenza sono svolte tanto casuali quanto virtuose (confermo. E non mi stanco di ripeterlo ai miei studenti). Però…

(2) …praticare la serendipità risulta più facile a chi è meno ansioso e più flessibile sotto il profilo comportamentale, ha chiari obiettivi a lungo termine e non si lascia sovrastare dai dettagli. Questo vuol dire che…

(3) …è meglio non essere troppo rigidi e ostinati (mollare un compito impossibile può aprire nuove strade). Conviene anche concedersi delle pause, e il permesso di non essere troppo focalizzati e di lasciarsi guidare dalla curiosità. Tuttavia…

(4) …spesso l’offerta di un’opportunità inaspettata e nuova scatena nelle persone, insieme al desiderio di accettare, un’ansia così forte da portarle, alla fin fine, a rinunciare, solo per azzerare lo stress della decisione. È una buona idea chiedersi “qual è la cosa più terribile che può succedermi se accetto?”. Di solito non è così terribile. E comunque…

(5) … conviene sempre ricordarsi che nessuna vita (neanche quelle che sembrano tali) è perfetta. Tutti falliscono, e la differenza consiste nel modo in cui si affrontano, e si superano, il fallimento o il rimpianto.

E dai: sono suggerimenti di puro buonsenso, e seguirli non costa poi tanto. Di sicuro possono renderci la vita più piacevole. Se poi ci appare, o magari diventa, anche più fortunata, tanto meglio.
Le immagini che illustrano questo articolo sono dettagli di alcuni dei lavori di Jonut Caras.

12 risposte

  1. Grazie
    Questo articola mi ha dato la consapevolezza di essere un uomo fortunato.
    Lo sospettavo ma non volevo peccare di presunzione per questo non ne ho mai goduto del tutto i benefici.
    Credo che da oggi la mia vita sarà ancora più fortunata.
    Buona giornata!

  2. Credo nella predisposizione, si. L’atteggiamento mentale fa molto, però! Io mi sento fortunata per tanti motivi, molti dei quali assolutamente razionali..mi guardò intorno, ascolto le notizie, leggo..sono nata qui, ho avuto un certo tipo dì educazione e qualche opportunità in più di moltissimi altri. Ma è stato un caso che se vogliamo possiamo chiamare fortuna.
    Ho preso delle buone decisioni, ma ho fatto anche delle scelte che poi non si sono rivelate così buone..come tutti. Inciampare su un portafoglio pieno di soldi è fortuna, ma se i soldi li spendi per ubriacarti è cretineria, e non c’è nulla di peggio di un fortunato stupido!
    Grazie dell’articolo. La leggo sempre con grande passione.

  3. Sono fortunato. A partire da adesso!
    Grazie per questo articolo, sono fortunato anche per questo.

  4. E’ sempre bello leggere le tue osservazioni e i risultati delle tue ricerche, Annamaria. Su questo articolo ne ho una bizzarra anche io, che spero non mi faccia risultare troppo antipatica. Stupisce me per prima: raramente trovo refusi o errori nei tuoi testi, e ho compreso la cura maniacale che metti nella scrittura, cosa che non faccio io, ed infatti non è infrequente trovarne in quello che scrivo. … In questo articolo però ne ho trovati due …
    Sono certa che sono segni di qualcosa d’altro
    Linda

    1. Ciao Linda.
      E se si trattasse semplicemente del fatto che su schermo è più difficile beccare i refusi? Comunque ho riletto, e uno dei due continua a sfuggirmi. Se me lo segnali, ti ringrazio.

  5. Sentirsi fortunati, qualche volta,(solo qualche volta) è solo una maschera per raccontarsi bugie quando ciò che hai programmato si rivela fallimentare. Credo che la positività sia utile ma non deve lievitare in una perdita di senso della realtà. Parteggio per la concretezza: mi sento fortunata quando si verifica ciò che avevo sperato, mi sento sfigata se accade il contrario. Ho coniato un aforisma: si dice che le illusioni siano l’anestetico della vita…il problema comincia quando finisce l’effetto.

  6. Sono ovviamente d’accordissimo.
    Aggiungo: recentemente ho frequentato un seminario di Yoga Della Risata, che consiglio a tutti:
    piacevole, profondo, molto divertente.

  7. Ottimo articolo.
    Aggiungerei che la fortuna aiuta le persone preparate.
    Una cultura ampia aiuta a leggere le situazioni e ti dà la possibilità di cogliere le occasioni.

  8. Sinceramente mi sento molto sconfortata attualmente: come si fa a sentirsi fortunati dopo tante batoste che mi sono “cascate sopra” , cioè capitate? Ho avuto una famiglia d’origine disfunzionale, ho sofferto per anni di bullismo, ho a che fare con una suocera narcisista, ho perso il lavoro che amavo ( non a causa mia) e mi fermo qui solo per non dilungarmi.. In sostanza poche gratificazioni e molte delusioni, sofferenze.. Eppure sono una che si dà da fare, colgo le opportunità al volo, sono coscienziosa, cerco di non avere aspettative troppo elevate
    .. Come si fa nel mio caso a restare fiduciosi, ottimisti quando la vita nonostante l’impegno continua a non essere generosa? Una volta ero più positiva, sono una che ama la vita.. ma ora mi sento demoralizzata. Sarò uno dei pochi casi disperati?.. Spero di no! In tutta onestà trovo l’articolo un po’ semplicistico, poiché non credo di essere l’unico caso in tutta la Terra ad essere in questa condizione. Forse questo scritto è valido per la maggior parte delle persone, ma non per chi come me ha avuto a che fare con molteplici avversità.

    1. Gentile Klarissa,
      una manciata di righe in un articolo non può certo pretendere di offrire soluzioni all’altezza delle complessità delle sorti personali.
      Al massimo, c’è qualche suggestione, o magari una piccola prospettiva inedita che – qualche volta – può essere utile.
      Detto questo, e se, da prossima settantenne che ha avuto anch’essa le sue vicissitudini, posso permettermi una piccola considerazione: lei non è certo l’unico caso della Terra, e anzi.

      Se si osservano e si conoscono le storie di vita delle persone, anche quelle che dall’esterno e da lontano appaiono più luccicanti, è praticamente certo che si possono trovare periodi bui, relazioni tossiche, incidenti di percorso, sabotaggi e disavventure di ogni tipo.
      La scelta che appartiene a ciascuno di noi, però, è se demoralizzarsi, e quanto a lungo.
      Le confesso che io, dopo un po’, mi annoio di essere demoralizzata e vado a cercarmi almeno un piccolo piacere da regalarmi. Ma questo atteggiamento, forse, è un dono dell’età.

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