PUNTI DI VISTA
creatività delle donne_CHIMICA

Creatività delle donne e patriarcato

Non possiamo smettere di parlarne. Dunque provo a raccontarvi come pregiudizi e stereotipi, sostenuti da oltre tre millenni di patriarcato, hanno impedito e tuttora ostacolano la piena espressione della creatività delle donne. E come tutto ciò accade non solo nei paesi in via di sviluppo, ma anche in quelli che consideriamo pienamente sviluppati, compreso il nostro.
Infine, provo a segnalare alcune conseguenze di questo stato di cose. Questo testo è un adattamento delle pagine che, nella Trama lucente, dedico a questo tema.

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CERVELLO MASCHILE E CERVELLO FEMMINILE. Ridotta ai minimi termini la questione è semplice. Ci sono piccolissime differenze anatomiche tra cervello maschile e quello femminile. Le prestazioni cognitive di maschi e femmine nei test sono molto simili. Vuol dire che in qualche caso vanno lievemente meglio le femmine, in qualche altro i maschi.
Ma di fatto la produzione intellettuale e creativa di uomini e donne dal lontano al recente passato è enormemente diversa. Come mai?

ISTRUITA, CIOÈ INUTILE. Proviamo ad allargare la prospettiva.
Sulle competenze femminili molti svantaggi hanno pesato e pesano. Il perpetuarsi di un modello socio-culturale patriarcale, e la presunta inferiorità (e il minor valore percepito) delle donne, hanno da sempre spinto le famiglie a favorire i figli maschi privilegiandone l’accesso all’istruzione e alle risorse economiche. E originando una struttura di potere così consolidata da apparire “naturale”.
Una donna istruita è una donna inutile. La donna è un uomo mal concepito e ha una natura imperfetta e difettosa.  Qualsiasi cosa intraprenda, l’uomo raggiunge vette a cui la donna non può aspirare. Le donne sono biologicamente svantaggiate nelle materie scientifiche.
La prima di queste affermazioni è del filosofo Confucio, 2.400 anni fa. La seconda del vescovo e papa Alberto Magno, 850 anni fa. La terza di Charles Darwin, 130 anni fa. La quarta, nel 2005, è di Larry Summers, rettore di Harvard, poi consigliere di Obama, oggi nel CdA di OpenAI (Summers in seguito ha provato a giustificarsi).

DRAMMATICO PREGIUDIZIO. Un drammatico pregiudizio a sfavore delle donne pervade ancora oggi molti paesi in via di sviluppo. Scrive Pew Research nel 2022: In gran parte nell’Asia meridionale e orientale, una diffusa preferenza per i figli, unita agli aborti selettivi per sesso, è la causa di rapporti fra i sessi asimmetrici alla nascita.
Anche il tasso di mortalità infantile per le ragazze tende ad essere alto, o perché le ragazze vengono uccise subito dopo la nascita o perché vengono trascurate. 

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, tra il 1970 e il 2020 per questi motivi si registra la scomparsa di circa 142,6 milioni di bambine. 

MENO ALFABETIZZAZIONE, MENO CURE. In molte parti del mondo le bambine sono nutrite meno, sono più spesso sottopeso, ricevono meno cure mediche. Certo, i tassi di alfabetizzazione sono aumentati negli ultimi vent’anni. Ma i maschi continuano a essere in media più alfabetizzati (90 per cento contro 83 per cento, dato Statista, 2020).
È lo svantaggio ambientale che continua a influire – e in passato ha influito in modo sostanziale – sullo sviluppo globale del talento e della creatività delle donne. Nel 2023 la Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite dice che a 130 milioni di bambine e ragazze viene ancora negato il diritto di andare a scuola.  
Secondo il Global Gender Gap Report 2022, il più esteso studio sulle disparità, «ci vorranno altri 132 anni per colmare il divario globale di genere». In Europa dovrebbero bastarne 60, e non sono pochi.

Creatività delle donne_ Musica_Neu

OPPORTUNITÀ AMBIENTALI. Insomma, con le donne la questione-creatività riguarda le opportunità ambientali, non le potenzialità individuali. 
Un solo esempio: ancora negli anni Cinquanta – lo racconta l’americana Ravenna Helson, psicologa della creatività – si pensa che «alle donne manchino l’ambizione, la capacità di sviluppare pensiero astratto e altre qualità necessarie per il pensiero creativo». Ma una serie di studi condotti dall’Institute for Personality Assessment and Research dell’Università della California dimostra che la maggior parte delle caratteristiche in precedenza attribuite alle personalità creative maschili sono ugualmente salienti in entrambi i sessi. I ricercatori «restano impressionati scoprendo che alcune fra le donne indagate e risultate più creative non hanno neanche un impiego regolare».

E IN ITALIA? OGGI C’È L’OVER EDUCATION. Vediamo qualche dato italiano: nel 1900 risultano iscritte a tutte le università del regno 250 donne. Nel 1950 sono un quarto degli iscritti. Il sorpasso delle laureate sui laureati risale al 1993. Nel 2021 abbiamo 211.907 (57 per cento) laureate contro 158.851 laureati (dato Miur). 
Le ragazze oggi si laureano più dei ragazzi. Lo fanno prima e con voti migliori, anche nelle materie tipicamente maschili come matematica e ingegneria. Questo però non garantisce loro di trovare un’occupazione adeguata. È il Censis a segnalare che le donne tendono a essere vittime di over education: «anche quando sono occupate, non è raro il caso che svolgano lavori per cui sarebbe sufficiente un titolo di studio più basso di quello posseduto».

PERCEZIONI ERRATE DELLA CREATIVITÀ DELLE DONNE. Una meta analisi del 2022, condotta su 259 ricerche indipendenti e pubblicata sul Journal of Applied Psychology ci dice che le cose sono cambiate poco.  Si continua a ritenere che le prestazioni creative degli uomini superino quelle delle donne, e questo succede anche in settori a prevalenza femminile. La tendenza, ahimè, si accentua quando sono le donne stesse a valutare la propria capacità creativa.
La ricercatrice Snehal Hora dice che  poiché la creatività comporta un livello di assunzione di rischi, e l’atto di sfidare lo status quo per trovare una soluzione nuova viene spesso fatto in modo indipendente e assertivo, la percezione generale della creatività è che sia un lavoro da uomini. 
La Duke University parla esplicitamente della permanente esistenza di un bias di genere nella valutazione della produzione creativa. Scientific American attesta che il sessismo nella scienza (col suo corredo di sabotaggio e molestie) continua ancora oggi.

PROFEZIA CHE SI AUTO-AVVERA. Il permanere dello stereotipo accresce l’impatto della profezia che si autoavvera (self-fulfilling profecy). Vuol dire che svalutazione e attese sociali minori (da parte della famiglia, degli insegnanti, dei colleghi, delle istituzioni e delle imprese) insidiano l’autostima e possono determinare prestazioni inferiori. La rilevanza di questa trappola mentale è ampiamente dimostrata.
E, aggiungo, se oggi nonostante tutto una donna raggiunge posizioni eminenti (per fortuna questo succede sempre più spesso), le tocca comunque, in qualche modo, giustificarsi. E assumersi tutta le responsabilità del proprio successo, sapendo che un eventuale fallimento le verrà più difficilmente perdonato.

CREATIVITÀ DELLE DONNE, PREGIUDIZI E PREMI NOBEL. Questi fenomeni hanno afflitto e affliggono tuttora la creatività delle donne a ogni livello.
Un altro esempio: queste sono alcune delle scienziate che non hanno vinto il Nobel che avrebbero meritato per il loro contributo a scoperte fondamentali. Il premio è andato a colleghi e supervisori maschi:
Lise Meitner, fisica (fissione nucleare, Nobel 1944). Chien-Shiung Wu, fisica (Modello Standard, Nobel 1957). Esther Lederberg, microbiologa e immunologa  (Nobel 1958, F factor e ricombinazione genetica). Rosalind Franklin, chimica e cristallografa (doppia elica del DNA, Nobel 1962). Yocelyn Ben Burnell, astrofisica (scoperta delle pulsar, Nobel 1974).
Dei quasi mille premi Nobel attribuiti tra il 1901 e il 2022, solo 60 sono andati a donne. Oltre la metà di questi per la pace (18) e la letteratura (17). 

EFFETTO MATILDA. Anche considerando che, specie in passato, le ricercatrici sono state meno dei ricercatori, la cosa non ha statisticamente alcun senso. Uno studio pubblicato su Nature nel 2019 calcola che, per quanto riguarda il conferimento dei Nobel, la probabilità che esista un pregiudizio contro le donne è pari al 96 per cento.
È un risultato dell’effetto Matilda,  descritto per la prima volta nel 1870 dall’attivista Matilda Joslyn Gage nel saggio Woman as inventor. A formalizzarne le dinamiche, e a chiamarlo così, è la storica della scienza Margaret Rossiter nel 1993. Consiste nel fatto che, in campo scientifico ma non solo, i contributi di valore offerti da donne vengono ignorati, minimizzati o negati. E i riconoscimenti vengono puntualmente attribuiti ai colleghi uomini. 

RECORD NEGATIVO. Concludo tornando alla situazione italiana. Nel nostro paese metà delle donne non lavora (record negativo UE). Gran parte delle lavoratrici ha contratti a termine e part time involontario. E, oltre a essere spesso over educated, viene pagata mediamente l’11 cento in meno dei colleghi maschi (nel Nord Ovest il 13,8,per cento in meno, dati Istat 2023).
Tutto ciò impedisce alla creatività delle donne di esprimersi con pienezza. Le rende economicamente e socialmente più fragili e subordinate, e dunque più vulnerabili. Ne pregiudica l’indipendenza e il protagonismo. Dà loro minori gradi di libertà e autodeterminazione. E perpetua lo stereotipo.
Il problema è sistemico e può essere affrontato sul serio solo considerandone sia il radicamento, sia i molteplici aspetti culturali, economici, sociali, di costume, di tutele e sicurezza. Le ricadute positive di un’azione convinta, coerente ed energica sarebbero però straordinarie. Per esempio – e a dirlo sono McKinsey e Confindustria – più donne nel mondo del lavoro significherebbero non solo più equità e più sicurezza sociale, ma anche un incremento di 12,4 punti percentuali di Pil.

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