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5 consigli sulla scrittura e 5 rimedi per chi non li segue – Metodo 78

Consigli sulla scrittura: non si negano mai e permettono anche, a chi li dà, di pavoneggiarsi un po’. I consigli, naturalmente, devono avere un senso ed essere utili e praticabili. Dunque, ecco subito qui sotto cinque buoni (giuro! Sono buoni davvero) consigli sulla scrittura, che potete aggiungere alla vostra lista mentale (o, magari, materiale) di consigli sulla scrittura. Però.
Però la parte più importante di questo articolo è quella che segue i consigli. E che vi suggerisce che cosa fare, e come districarvi, quando per qualsiasi motivo vi succede di non seguire i consigli sulla scrittura, e di procedere in maniera anarchica e ingarbugliata. Bene: quando capita, non sentitevi in colpa e trovate un modo per aggiustare le cose.
Ma cominciamo dai consigli.

1) Contenuti. Prima di metterti a scrivere raccogli tutte le informazioni che potrebbero servirti, chiarisciti bene le idee e metti in fila, nella tua mente, i contenuti e i passaggi-chiave.
2) Obiettivi. Qual è l’obiettivo del testo? …spiegare? Convincere? Motivare a un’azione? Guadagnare consenso? Raccontare? Trasmettere un’emozione? Dibattere? Favorire un cambiamento di opinione? Intrattenere? Nota che non necessariamente l’obiettivo del testo e il tuo obiettivo di autore coincidono: magari tu scrivi perché ti piace farlo, o perché ti pagano, o per farti conoscere. Ma il testo, per stare in piedi, deve avere un suo perché ed è meglio che questo sia chiaro e solido.
3) Destinatari. A chi ti rivolgi? Quanto sa dell’argomento di cui stai scrivendo? Calibra il linguaggio che usi, le informazioni che trasmetti, la complessità di quello che dici e il tono sulle attese e le competenze del tuo destinatario.
4) Ritmo e stile. Scrivi in modo semplice e naturale. Ricorda che la scrittura non è fatta solo di parole ma anche di tono di voce (le scelte espressive che fai) e di ritmo: occhio alla punteggiatura.
5) Misura. Dì quel che serve: niente di meno e niente di più. Lascia riposare il testo e rileggilo (bene! E più volte) il giorno dopo. Se c’è qualcosa da tagliare, fallo senza rimpianti: di norma i testi migliorano se li tagli di un 10-15%.

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Ecco.
Dare buoni consigli sulla scrittura è molto più facile che metterli in pratica. Infatti mi capita di scrivere tradendo le buone regole elencate sopra, e rimediando nei modi che vi dico qui sotto.
Si può fare, e non è neanche detto che i risultati siano pessimi. Ma il processo diventa più incerto e complicato: questo, bisogna saperlo.

1) CONTENUTI. Ovviamente non riesco a scrivere se non ho in mente almeno qualcosina. Ma a volte comincio seguendo il filo di un’intuizione: un po’ come risalire a naso la scia di un profumo d’arrosto sperando poi di trovarlo, l’arrosto. D’altra parte so che, se non comincio subito, l’intuizione può svanire in fretta.
Altre volte mi sembra di avere idee chiarissime ma, man mano che sviluppo il testo, scopro che non è così. Oppure mi accorgo che mi mancano informazioni, o (se sto lavorando per un cliente) che quelle che mi sono state trasmesse sono contraddittorie o non tutte di buona qualità. D’altra parte, se procrastino aspettando che tutto vada a posto non finirò mai.
Rimedi. Procedo in modo empirico, per prove ed errori. Vuol dire che scriverò anche parti che dovrò buttar via o riscrivere. E ci metterò almeno il doppio del tempo e farò molta più fatica. Se ho idee chiare ma mi mancano informazioni, le cose non vanno in modo diverso: man mano che capisco quel che devo sapere e che me lo procuro, butterò via pezzi di testo.
Questo vale anche se si tratta di un testo di fantasia, con la complicazione che alle informazioni vanno aggiunte plausibili e coerenti regole di contesto (in un mondo postatomico piove sempre? O l’acqua è più preziosa dell’oro?). Se una regola cambia in corso d’opera, bisogna riscrivere.

Consigli sulla scrittura

2) OBIETTIVI. Certo: se uno scrive sa, più o meno, qual è l’obiettivo del testo. Ma che succede se gli obiettivi sono più di uno o se sono poco congruenti (capita anche con la scrittura professionale, quando le richieste del cliente sono meno a fuoco di quanto dovrebbero)?
Rimedi: scelgo l’obiettivo più importante e perseguo quello, cercando di non andare in contrasto con gli altri. Per esempio: se gli obiettivi dati sono “intrattenere” e “motivare all’azione”, a decidere del successo del testo è il secondo, e la sfida è motivare all’azione con un testo decentemente brillante.

3) e 4) DESTINATARI, RITMO E STILE. In realtà, e specie se si scrive per la rete, qualsiasi testo può finire sotto gli occhi di chiunque. È un motivo in più per essere, compatibilmente con l’argomento, il più possibile chiari e semplici. Ma ha senso compiere anche una scelta diversa: segmentare il pubblico anche attraverso la complessità del testo, o fidelizzare un pubblico specifico attraverso una cifra stilistica ed espressiva particolare.
C’è comunque da prendere una decisione, altrimenti ci si trova un mano un testo che non ha forma né carattere e non riesce a parlare né a tanti, né a pochi.
Rimedi. Decidere in base all’obiettivo. Per esempio: se si tratta di motivare all’azione, chi va motivato? Più il pubblico è ampio, più la scrittura dev’essere semplice, più immediata dev’essere l’accentuazione emotiva.

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5) MISURA. Capita di dover dare molte informazioni in poche righe. O, al contrario, di dover diluire pochi contenuti in un testo che dev’essere, per esempio per motivi di impaginazione, più lungo del necessario. Se mi limito ad aggiungere o togliere parole il risultato sarà poco chiaro nel primo caso e poco interessante nel secondo.
Rimedi. Devo intervenire a livello di progetto e di struttura del testo. Per esempio (primo caso) opto per una lista a punti, o per un sistema di parole-chiave con brevissime spiegazioni. O per una scrittura sincopata. E poi scrivo e taglio, più volte, fino a quando non sono a misura.
Nel secondo caso, vedo se posso premettere un’introduzione, o se posso integrare con qualche contenuto (altre informazioni, esempi, approfondimenti). Scelgo una scrittura più distesa ma sto attenta a non cedere alla tentazione della ridondanza giusto per guadagnare una riga in più. Perfino quando aggiungo mi impongo di tagliare qualcosa. Rileggo sempre, comunque, e non una volta sola. Se posso, il giorno dopo, Se non posso, almeno dopo aver schiodato gli occhi dallo schermo ed essermi fatta un giro per la stanza.

Le immagini che illustrano questo articolo sono dell’artista britannico Tom Phillips.
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12 risposte

  1. Quando scrivo, sia in cartaceo che sul web, seguo esattamente questi consigli. Io però, ne aggiungerei anche un altro: sto molto attento a come si presenta il mio testo.

    Soprattutto per quanto riguarda gli accapi. Il testo troppo lungo, senza interruzioni, senza respiri, diventa anche noia visiva. Non invita a farsi leggere. Anzi, respinge lo sguardo, la partecipazione, la curiosità.

    Ho imparato anche nelle conferenze parlate, a prendere ogni tanto “fiato” – e far prendere fiato anche a chi mi ascolta. Se posso usare un parallelo extra-coniugatizio, è come fare l’amore: il ritmo, le pause, il kerning nei vari momenti del rapporto, fanno parte della forza dialogante. I silenzi, se distillati bene, si trasformano in intensità.

  2. bellissimo articolo e ottima analisi.
    Io ho un mio metodo personale, come tutti credo, ma è importante scoprire che i punti salienti della scrittura sono trattati con tale chiarezza.

    Approvo anche la notazione grafica dei capoversi di Neuburg qui sopra: è un accorgimento che ho adottato anche io e credo che migliori la fruibilità.

    grazie ancora per l’ottimo blog!

  3. Annamaria, come sempre interessante quello che scrivi. Un po’ mi ci ritrovo è un po’ (tanto) imparo. Recentemente ho frequentato un corso di formazione sul Public Speaking – in sè niente di nuovo- con metodologia innovativa. Tra le varie cose che mi sono portata a casa, dopo aver letto ad alta voce, calibrando tono e velocità, testi molto diversi, è quanto sia strettamente connessa la scrittura alla lettura: se la scrittura “sale” anche la lettura lo può fare. Mi sento di consigliare la lettura ad alta voce a chi scrive e la scrittura a chi parla perchè è un bel modo di testare l’efficacia della comunicazione.

  4. Nell’accingermi a proporre il mio punto di vista, in più circostanze, ho esitato: sapendo di dover formulare una qualche contestazione, ho temuto – non lo nego – di generare asprezze e dissensi sgradevoli. Sulle prime, infatti, mi ero limitato ai 140 caratteri di Twitter, che riescono sempre a dare adeguato contenimento alla scrittura. In seguito, sono stato invitato a dare la mia opinione di in forma estesa; la qual cosa è per lo meno corretta e sta alla base di un buon dialogo. Il guaio è racchiuso nella pretesa o nel cosiddetto obiettivo di chi scrive: dare consigli sulla scrittura. In primo luogo, non è possibile, a mio avviso, suggerire a qualcuno tecniche di scrittura o metodi, se non si ha una profonda padronanza della lingua e delle sue regole. Alcuni errori grammaticali del testo sono davvero grossolani. L’autrice scrive: “Dì quel che ti serve (…)” mettendo un accento sulla i. È inaccettabile perché si scambia un imperativo tronco “di’” con un sostantivo, “dì”. L’imperativo del verbo dire, in questo caso, è “di’”. Non c’è stile che regga! È un errore grave. Allo stesso modo, la sintassi, talvolta, è macchiata da errori di punteggiatura. Riporto solo un altro esempio per poi passare alla disamina dei contenuti. “Prima di metterti a scrivere raccogli tutte le informazioni che potrebbero servirti (…)”: la subordinata temporale implicita introdotta dalla locuzione subordinante “prima che” deve essere separata dalla reggente tramite una virgola. È obbligatorio e non opinabile. Vi prego, quale che sia il vostro parere in merito, di non accusarmi di pedanteria! L’oggetto dell’articolo è la scrittura; il fine: aiutare gli altri a farlo. E non lo si può fare se non si rispetta la differenza tra un asindeto e un polisindeto. In secondo luogo, l’intera trattazione è basata su periodi astratti: non si riscontra un solo esempio letterario! Una delle caratteristiche principali del lavoro dello scrittore consiste nell’indicare al lettore ciò che lo sguardo non trattiene. Descrivere ciò che tutti possono vedere è superfluo. È inutile dire che “il quadro è bello”, se non si offre al fruitore la trama della bellezza e dei particolari che concorrono a ‘istituirla’. L’articolo si sviluppa per tautologie e luoghi comuni; non si vede una sola immagine, un colore, un’espressione di stato d’animo. E non c’è neppure il feed-back personale dell’Io scrivente. Dove sono le frasi, i modelli di costruzione, i racconti dell’esperienza scritturale? “Rileggere”, “Scrivere in modo semplice” et similia: che vuol dire tutto questo? Un esempio di semplicità bell’e analizzato non guasterebbe, come non guasterebbe un esempio di differenti stili di scrittura motivazionale (…un tema a caso!). Tuttavia, in questo stato…

    Adesso, sarò additato come il cattivo di turno. Pazienza. Comunque sia, buon lavoro! La vostra iniziativa, che già conoscevo, è meritevole di lode e attenzione.

    1. Sarò breve e concisa. Il primo obiettivo di chi scrivere è essere letti.
      Che me ne faccio delle subordinate temporali implicite introdotte dalla locuzione subordinante se poi perdo il lettore alla terza parola?

  5. Apprezzo gli argomenti di questa rubrica e il dibattito che, quasi sempre ne segue, spesso migliorativi e stimolanti. Comunque c’è sempre da imparare, che si scriva per professione o per diletto. Grazie

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