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Creare è un po’ imitare – Idee 12

Imitare sembra brutto in un mondo dominato dal culto dell’originalità, e noi ci sentiamo insultati se ci danno dell’“imitatore”. Eppure, come spiega Tullio De Mauro elogiando Gian Babbeo, l’imitazione e la ripetizione sono atti creativi: “Chi imita e ripete lo fa necessariamente in condizioni diverse da quelle in cui si è prodotto il modello imitato e ripetuto”.

LA CREATIVITÀ COME ARS COMBINATORIA. Tutto torna: creatività è ri-combinare elementi preesistenti. Ne parla Umberto Eco, che cita Pascal: “Che non si dica che non ho detto niente di nuovo. La disposizione delle materie è nuova”. È quello che direbbe anche Picasso a proposito della sua re-interpretazione de Las Meninas di Velasquez. Ri-combinando, cambiando medium, rileggendo opere del passato alla luce dello spirito del tempo in realtà si creano nuove opere di assoluto valore: chi si permetterebbe di accusare Stanley Kubrick di mancanza di ispirazione per aver preso storie già esistenti trasformandole in film che a loro volta hanno fatto la storia?

IMITARE PER IMPARARE. I bambini imparano e crescono imitando gli adulti (fatto che a sua volta accresce, e don di poco, le responsabilità comportamentali dei genitori, e di ogni adulto che abbia a che fare coi bambini). E non è poi così strano il fatto che perfino l’apprendimento “profondo” dei robot avvenga attraverso l’imitazione.

IMITARE PER SVILUPPARE UN TALENTO CREATIVO. In tutte le arti, l’imitazione di modelli eccellenti è chiave dell’apprendimento e luogo dove allenare il talento creativo: imitare, in fin dei conti, significa “andare a scuola” dai grandi, ripercorrendone i passi e le decisioni, scoprendone le tecniche e, magari, i trucchi. Ma, ovviamente, se si vuol imitare bisogna farlo bene, distinguendo tra imitazione scolastica attuata a puri fini didattici, citazione, interpretazione, remake…

TRADURRE E RIDURRE. Su creatività e imitazione si discute – anche – in campo linguistico-editoriale: tradurre è un po’ tradire?
Manzoni e David Chase non si offendano: in tempi esponenziali, merita un inchino anche la creatività di chi sa raccontare I promessi sposi e i Sopranos nel tempo di una pausa caffè.
Questo articolo è stato aggiornato ad agosto 2016.

18 risposte

  1. ahahahah la parodia dei Promessi Sposi è geniale! …Renzo ho bisogno così di svelarti un tabù mi dirigevo stamani attraverso Cantù poi d’improvviso vedevo spuntar Don Rodrigo che incominciava a gridare Yo a ti te castigo! Volgare! Oh oh… Maiale! … Tutto sull’aria di Volare. Bisognerebbe farlo vedere a scuola, che ci si può divertire pure col Manzoni, A patto di esserselo studiato prima. Marco C.

  2. I post di Annamaria sono sempre complessi e non sempre si ha il tempo di inserirne uno proprio che abbia un senso e che dia un contributo supplementare… Dico solo, quindi, che, sollecitato da Marco, mi sono guardato la parodia dei Promessi Sposi in dieci minuti e sto ancora ridendo come un matto! La giornata è cominciata bene. Se cade il governo, poi, faccio una festona e vi invito tutti…

  3. Ciao Marco e ciao Graziano, partecipo volentieri all’entusiasmo dell’uno e alla festa del secondo, casomai si facesse. Questa settimana mi sono concentrata sul tema dell’imitazione/apprendimento e relative disquisizioni sul plagio, la copia, l’originalità… accidenti, sono argomenti così complessi e intrecciati tra loro a molteplici livelli che giuro mi perdo solo a pensarli insieme. Però tanto, tanto interessanti e da sviluppare. Di primo acchito mi verrebbe voglia di cominciare con il definire meglio il concetto della parola “originalità”, similmente alla parola ‘creatività’ val la pena di indagarla e ribaltare la questione. Laura Bonaguro

  4. VIETATO COPIARE! Qualche decennio fa, mentre visitato una mostra al Forte Belvedere di Firenze, e, come da tradizione dei ragazzi di bottega, mi portavo appresso un taccuino su cui mi esercitavo a copiare schizzando dal vivo le opere di A.Warhol a J.M.Basquiat, sono stato pedinato fin dall’ingresso da una guardia giurata, che ha un certo punto mi ha fermato, e ha chiesto via radio lumi sul mio comportamento a non so bene chi. Solo quando gli ho fatto notare che forse si sbagliava, e che il divieto era solo per le macchine fotografiche mi ha lasciato in pace, ma ormai la voglia di disegnare mi era già passata!

  5. Ciao a tutti. Felice che l’argomento vi piaccia. E… sì, Laura, è una faccenda piuttosto aggrovigliata. Interessante anche per questo. Provo con una metafora: in realtà, continuiamo a costruire nuovi edifici usando pietre, mattoni, decorazioni, pezzi di marmo squadrati, tagliati, scelti, estratti da altri. Qualche volta ci limitiamo ad aggiungere qualcosa (un bugigattolo o una grande ala nuova) a un edificio che già c’è. Qualche volta ci alleniamo, semplicemente smontando e rimontando per capire come qualcosa è stato costruito. Qualche volta, qualcuno smonta e non ce la fa più a ricostruire qualcosa di sensato ma più contemporaneo e adatto ai tempi. Temo che sia quello che è successo alle ideologie: alla fine del ‘900 ci troviamo con un sacco di roba in giro, non c’è più niente che somigli a un posto accogliente, e non si sa più dove mettere i piedi. Qualche volta, un bel po’ di roba finisce un discarica. Salvo essere recuperata un paio di decenni o un paio di secoli dopo. Insomma: un processo affascinante. @Walter: bella storia. @Graziano: ti prendiamo in parola…

  6. Quando ho letto il tema di questa settimana ho fatto un salto di gioia; ce l’ho nel cuore fin da ragazzina. Nella cultura di noi occidentali il “copiare” è sbagliato, degradante, è un insulto nei confronti dell’autore originale ed è come ammettere la propria incapacità. Eppure io ho imparato a disegnare copiando. Copiando i disegni di mia madre, copiando le illustrazioni dei miei artisti preferiti, copiando stili e tratti diversi. Prima copiavo, poi rielaboravo e arricchivo il tratto, poi ho trovato il mio. Ma guai a dirlo in giro. O eri brava perché avevi frequentato un’apposita scuola (non era il mio caso) o dovevi aver ricevuto il dono dal cielo, perché con la risposta “ho imparato copiando” ti ritrovavi alla gogna. Ho sempre amato l’atto del copiare. Era un omaggio all’autore amato. Era il modo di far mia un’opera, di capirla, di viverla. Dopo averla interiorizzata la riportavo fuori ed era sempre diversa. L’imitazione è stata la mia maestra in molte altre circostanze. Lo è stata al lavoro, lo è stata negli hobby, nelle passioni. Nell’ultimo anno ho imparato a realizzare (e ad organizzarmi tramite) Mappe Mentali proprio grazie ad essa. Anche qui, in un primo tempo, ho avuto il bisogno di copiare. Ho esplorato le mappe altrui, ho cercato di capire cosa mi piacesse e cosa no, i motivi delle mie preferenze, ho utilizzato nelle mie mappe le scelte grafiche che ritenevo migliori, ne ho trovato altre adatte alle mie esigenze: alla fine, da qualche mese a questa parte, mi sono resa conto che le mappe disegnate da me hanno uno stile che non somiglia a quello di altri, che è mio, ma nel quale riconosco spunti ed influenze ricevute. La mia prima consolazione è stata lo scoprire che in alcune culture orientali l’imitazione è un’arte, è riconoscere un tributo, esaltare il patrimonio comune della storia umana. Ma è ancora più bello per me leggere parole come quelle del post di N&U, qui, nel nostro Paese, dove chi copia e chi imita è solo uno che vuole fare il furbo. Posso smettere di vergognarmi, vero? 😀

    1. Gran bella realizzazione la tua, certo che puoi smettere di vergognarti. Hai semplicemente portato alla luce quello che altri rifiutano di ammettere. Il modello. È il cervello. Assorbe dati, li rielabora in background in continuazione e partorisce “il nuovo”. Ma è nuovo solo grazie all’unicità del modo di interpretare quei dati appresi, che sono alla disposizione di tutti, solo che per ognuno di noi è unico, grazie al modo e momento in cui quei dati vengono elaborati, al contesto, grazie a ciò che “de-ci-diamo” il permesso di sperimentare. È un processo così profondo che è difficile da vedere in noi stessi, il fatto che alcune persone lo giudichino negativamente è semplicemente il sintomo del proprio rifiuto ad ammettere che ciò che rifiutiamo negli altri è la stessa cosa che rifiutiamo in noi stessi. Gli altri siamo noi, sono il nostro scomodo riflesso. Io imito per imparare, come te. Sono consapevole che è un processo di apprendimento del mio cervello, imitare crea quella abilità che da sicurezza e la sicurezza è uno dei bisogni primari dell’essere umano. La creatività è il combinare tutto ciò che sappiamo in modo univoco quando il bisogno di sicurezza, (e altri che non sto qui ad elencare), è soddisfatto. Appagati finalmente quei bisogni primari, possiamo staccare i piedi dal suolo, possiamo togliere ciò che ci ancora al vecchio e riusciamo a creare il nuovo, a volare con le nostre ali. Grazie per il tuo commento, stamattina ho aperto gli occhi e imitazione versus creatività è stato il primo quesito che ho visto in mente. Sono felice di aver seguito il “bianconiglio”…ops…imitato…

  7. Salve a tutti, vorrei intervenire a proposito della creatività in campo linguistico-editoriale. Purtroppo tradurre fedelmente e completamente non è possibile. Saussure insegna che i linguaggi sono intraducibili, possiamo allora considerare la traduzione come un’interpretazione. Dobbiamo infatti tenere conto del contesto extra-linguistico che incide fortemente. Quindi sono d’accordo nel considerare la traduzione come una forma creativa.

  8. Il rapporto tra imitazione e creatività lo ha spiegato bene Annamaria ( e in poche parole ). Aggiungo che l’ apporto originale rispetto ad un modello consiste nello scegliere quel modello piuttosto che un altro, perché risponde meglio al proprio talento creativo potenziale ; inoltre l’ ispirazione poi viaggia per conto suo, aggiungendo, modificando ma anche contrastando. Perché esiste un’ imitazione creativa oppositoria e critica, come nella moltiplicazione delle lattine della Campbell’s. Gabri

  9. Sul tradurre e tradire, vorrei ricordare Elio Vittorini traduttore, che essendo per la lingua inglese un autodidatta si faceva aiutare per una prima traduzione degli autori statunitensi, nei primi anni ’40, dalla sua collaboratrice Lucia Rodocanchi ; su questa prima stesura egli poi lavorava per la traduzione definitiva. Si potrebbe dire dunque che l’ operazione più importante di Vittorini non era tanto il tradurre, ma ( creativamente ) il tradire, convalidando l’ ipotesi che l’ originalità ha molte vie per affermarsi, anche quelle meno immaginabili. gabri

  10. Salve a tutti. Credo che l’equivoco nasca come al solito dalle parole. Troppo spesso si affibbia alla parola copiare il significato si plagiare, e spesso magari si fa. Concordo pienamente con Dplastino, l’atto del copiare, ti impone di soffermarti sull’oggetto ed analizzarlo a fondo con l’occhio e con la mente. Soltanto dopo averlo conosciuto in tutte le sue sfaccettature è possibile padroneggiarlo ed allora sei libero di metterci dentro i tuoi significati. Forse in fondo non hanno poi torto lì dove non ammettono di essere fotografati perchè si… ruba l’anima. Rosko

  11. Per scherzare un po’…. Persino l’ etimologia ci aiuta a rivalutare la ” copia “. Imitare è intensivo di un antico imare risalente a ” immagine ” e la sua radice YEM ” doppio frutto, doppio prodotto “, e cioè non una vera immagine e la sua falsa copia, ma entrambi ” frutti, prodotti “. D’ altra parte la fotografia, specchio fedele della realtà, per me è affascinante proprio nel punto cruciale in cui comincia differenziarsi dalla realtà riprodotta e ad interpretarla.

  12. Credo che l’ originalità possa nascere da un input imitativo. Se scrivessi un romanzo ” Dalla parte di Darcy”, Austen se ne adonterebbe ? Tra l’ altro ho sempre desiderato scriverlo….., ma chi può sfidare Jane, o confrontarsi con lei ? gabri

  13. Grazie Annamaria, mi è piaciuta la metafora architettonica. Immagino non te ne avrai a male se mi capiterà di citarla e divulgarla. Non la spaccerò per mia ma di sicuro subirà una qualche manipolazione interpretativa, un’aggiunta, una modifica o forse solo un modo diverso di raccontare quello che si è creduto di capire leggendola. In fondo anche la natura imita (se stessa) per poter creare, procreare e sopravvivere. O no? @ Gabri, credo che qualcuno ti abbia preceduto. L’ho letto da qualche parte, un blog mi pare, una raccolta di trame e finali alternativi di opere appassionanti e significative. Perché allora non dire la tua, personalmente la leggerei. 🙂

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