narcisi

Creatività. Siate narcisi prima e dopo, ma non durante – Metodo 30

Certo: non tutti i narcisi egocentrici sono creativi. Però, di norma, succede che le persone creative abbiano una discreta propensione all’egocentrismo e al narcisismo.
Non sto tanto parlando del fatto che i pittori si concedano autoritratti (Rembrandt se ne regala oltre 50. Qui sopra ne vedete alcuni) e che ai registi (non solo ad Alfred Hitchcock e a Orson Welles) piaccia apparire in forma di cameo nei propri film. O del fatto che che gli scrittori si pavoneggino con pensose foto dai risvolti di copertina. Questa è robetta veniale.
Un po’ di vanità, specie se uno è Rembrand o Hitchock e sa di esserlo, è più che legittima.

EGOCENTRICI E NARCISI. È la letteratura contemporanea che sta cambiando in senso egocentrico e narcisista dice la scrittrice Toni Morrison. E Iavier Marias dettaglia: gli artisti (…) si prendono troppo sul serio, sono spesso vani, ambiziosi e propensi all’avarizia. Hanno difficoltà a convivere sia con il successo che con l’insuccesso, e hanno uno smisurato bisogno di attenzione. (…) Cercano di essere sempre brillanti e profondi, cosa estenuante per loro e ancor di più per chi li circonda, oltre che per il lettore o lo spettatore.
Qui ci stiamo andando più vicino. Stiamo parlando di egocentrismo inteso come atteggiamento di chi tende a porre se stesso al centro di ogni evento. E di narcisismo come propensione a fare di se stessi l’oggetto di una compiaciuta ammirazione, restando più o meno indifferenti agli altri, di cui si ignora o disprezza il valore e le opere.
Ovvio che ‘sta roba è dura da sopportare, specie se l’egocentrico-narciso non è né Rembrand né Hitchcock, e non ha scritto Il Romanzo Del Secolo. Ma quello che mi interessa segnalare qui, parlando di questioni di metodo, è quanto questa roba in certi momenti possa risultare dannosa prima di tutto per loro, i narcisi egocentrici, e per la loro produzione creativa. Vediamo perché.

LO STRETTO LEGAME TRA CREATIVITÀ E NARCISISMO. In primo luogo va detto che creatività e narcisismo viaggiano intrecciati stretti stretti per svariati motivi.
1) Chi fa un lavoro creativo (e sì, anche gli scienziati e i ricercatori, non solo gli artisti) mette in gioco tutto se stesso, vede la propria opera come espressione di sé, è addirittura sensibile più alla reputazione presso i pari, la critica e il pubblico che alle gratificazioni economiche.
2) Spesso le persone creative hanno avuto trascorsi difficili e infanzie bestiali (non è un luogo comune ma un’evidenza rilevata in sede di ricerca) e si riconciliano con se stesse proprio attraverso il loro lavoro. Si specchiano nel loro lavoro… e a furia di specchiarsi, beh, si sa come va a finire: tutti narcisi.
3) Non c’è verso: è la struttura stessa del lavoro creativo, inteso come ne parla N.N.Taleb (cioè come macchina produttrice di pochissimi successi stratosferici, a volte dovuti anche a una serie di casualità fortunate, e di moltissimi frustranti insuccessi) a incoraggiare sia il narcisismo onnipotente di chi ce la fa, sia il narcisismo autoconsolatorio di chi non ce la fa.

UN TRATTO DI PERSONALITÀ? E comunque, anche se il il narcisismo risulta difficile da reggere, in sé può non essere così negativo per i “portatori sani”: lo psicoanalista austriaco Heinz Kohut scrive gli artisti e gli scienziati danno forma al loro lavoro con una “dedizione” che rivela un’esperienza narcisistica del mondo, una sorta di “avventura amorosa col mondo” ovvero con un mondo vissuto narcisisticamente: un Sé allargato che include il mondo.
Se volete approfondire (occhio: è in psicologhese stretto) leggete qui.
Tra l’altro: ormai il narcisismo va diffondendosi talmente nelle imprese (e anche sul web) da convincere i redattori del DSM (Diagnostic Statistical Manual, il catalogo americano dei disturbi  psichiatrici) a pensare, nel 2011, di derubricarlo, anche nelle forme più severe, da sindrome patologica a tratto di personalità. Poi non l’hanno fatto, però.

FOCALIZZARSI SUL COMPITO. Eppure – e qui arriviamo al punto che mi preme – perfino per i portatori sani creativi c’è un momento in cui ogni forma di narcisismo andrebbe sospesa. È quello in cui progettano o producono sul serio e, checché ne dica Kohut, non è proprio il caso di sprecare tempo o concentrazione preoccupandosi di se stessi ed essendo narcisi.
Ho visto una quantità di principianti perdersi per strada dietro minuscole fregole narcisistiche (sto facendo bene? È buono abbastanza per me? Mi rappresenta? Dirà al mondo quanto sono bravo? Quanto verrò apprezzato per questo?). E ho visto anche qualche autore consolidato diventare sterile e ripetitivo a furia di rimirare il proprio ombelico, e di imitare il se stesso dei tempi migliori, rinunciando a studiare e a rimettersi in gioco: buttando via cattive idee per lasciare spazio a quelle nuove e buone.
Ma, come dice Csikszentmihalyi, che la sa lunghissima, il flow, lo stato mentale proprio dell’attività creativa, è pura, profonda focalizzazione sul compito, escludendo perfino se stessi e le proprie emozioni.
Insomma: se svolgete attività creative avete qualche buon diritto di presidiare ferocemente la vostra autostima fino a peccare di narcisismo. E… suvvia, trattasi di peccatuccio assai condiviso. Ma sospendetelo, il vostro narcisismo, almeno quando state lavorando. Qualsiasi cosa facciate, vi verrà molto meglio. E poi (ma solo dopo) potrete perfino pavoneggiarvi di più.

11 risposte

  1. @ Jac. Bel quesito. Beh, credo che – giusto per passare da Camilleri a Gadda – il garbuglio, o gnommero, tra narcisismo, spettacolarizzazione e successo che si autoalimenta grazie al contributo dei media stia diventando sempre più importante, e ingombrante. Anche per questo mi è venuta voglia di chiacchierarne qui. Così, fra l’altro, succede che ogni tanto qualcuno, anche meritevole a prescindere dal chiasso mediatico, non ce la fa. Sclera e va fuori di testa. Si perde, e perde anche il contatto salvifico con la sua opera. @ Edgardo. Certo: il narcisismo è un tratto di personalità (e, nei casi peggiori, una sindrome psichiatrica) e non si può accendere e spegnere. Però si può trasformare. Dunque resto convinta che sviluppare una certa consapevolezza possa aiutare chiunque a lavorare sulle proprie componenti narcisistiche nella direzione indicata da Kohut (e, prima di lui, da molti altri), e a farlo proprio “mettendosi al servizio” della propria opera. L’invito scherzoso a “sospendere” il proprio narcisismo va inteso in questa direzione: l’idea è che se qualcuno riesce a pensare davvero e con tutto se stesso a quel che fa, e così intensamente da dimenticare, per un momento, se stesso entrando in una condizione di flow, poi il risultato lo compenserà. In altre parole: un buon modo per “spegnere” il narcisismo è investire tutta la propria attenzione in qualcosa che non siamo noi, e che però ci appartiene intimamente. E credo che questo si possa fare.

  2. IL NARCISISMO SECONDO IL GADDA DI EROS E PRIAPO Paola Italia insegna Letteratura Italiana alla Sapienza ed ha curato edizioni critiche delle opere di Gadda. Condivido volentieri con voi la mail che mi ha inviato oggi. Ciao Annamaria. Da Roma ecco qualche idea per il narcisismo… ****************************** Il narcisismo non è una malattia ma è (se non fingiamo di dimenticare quanto ha fatto scoprire, più di un secolo fa, il dott. Freud), la condizione necessaria per lo sviluppo della personalità. Il problema sta nel riconoscerlo (vale a dire accettare che anche le azioni più razionali possano essere mosse da pulsioni non razionali) e governarlo (ossia contenere queste pulsioni). Lo ha scritto in modo insuperabile C. E. Gadda in un pamphlet antifascista (o meglio antimussoliniamo e antinarcissico) che voleva essere un trattato di psicologia delle masse: Eros e Priapo. E che un antidoto per tutte le idolatrie a venire (anche dopo il fascismo storico…). Quei momenti in cui piuttosto che Logos si segue Eros e ci si può infatuare di un egolatra narcissico: “Qualunque si affacci alla vita presumendo sceneggiare di sé l’agorà e istrioneggiarvi per lungo e per largo da gran ciuco, e di pelosissima orecchia, a tanta burbanza sospinto da ismodata autoerotia, quello, da ultimo, torna di danno a’ suoi e talora a sé medesimo. Devo concedere, è vero, che l’impulso narcissico è cioè “molto prima” che senza carica narcissica, senza «amor proprio», te una aggregazione civica, una società di buoni omini e nemmeno un destino individuo, tu non te li puoi nemmanco figurare. E tuttavia esistono e valgono le leggi, e i suggerimenti dell’esperimentato costume: quelle e questi superordinati alla pazzesca autolibidine del singulo, allo smodato «amor proprio». Il mondo etico, il super-io delle necessità morali e delle tecniche, gli ormoni frenanti, i dettami inibitori, spenge o attenua le folle vampata dell’autolubido: il dolore stesso vi concorre, codesta mortale carezza dell’indefinito. Richiama la nostra anima peregrina, la riconduce a sua sede che è drento la pelle di ragione, e di bene; ve la insacca e ve la ricuce a fil doppio.” Quando poi la “carica narcissica” non viene “infrenata”, Eros degenera in Priapo e si assiste al delirio collettivo, all’innamoramento della massa (e della stampa) per il capo: “…s’impennacchiò: stivalò, speronò, scavallò con opprimente sederone sul su’ brocco, levò grinta che parea dicesse «cótica a te», burattinò cosce nude di quadrate legioni per via dello ’Mpero: torvo, mascelluto, buggerando e dittante: minacciò inglesi, francesi: e borghesi cui aveva cavato denaro per salire a i’ balcone, ossia per discendere nella sua ignominia infinita. Il fotografo lo fotografò e il cinematografaro lo cinematografò, ritto, impennacchiato, impriapito. Il tumefatto balano balanò, alla facciazza del Papa pien di stizza. | Mi sovviene d’un numero della «Illustrazione Regionale», con un bel provino, in coperta, delle di lui bucche, e protuberazioni labiali e d’ogni sua smorfia baggiana; scelto e pubblicato con felicità rara da i’ direttore cui una felice ispirazione fotografica avea segnalato infino all’ultimo briciolo il senso del ridicolo: quattordici o venti prese del babbeo finto epilettico mm. 4 x 4, da strofinarsele sull’inguine, in delirio, tutti gli umoristi e i vignettisti d’Italia. (Tuberone ha sempre ragione!) Tiremm innanz.” Chi volesse approfondire le idee gaddiane sul narcisismo può leggere il saggio Emilio e Narcisso (1949) http://www.gadda.ed.ac.uk/Pages/resources/essays/emilionarcisso.php il dialogo L’Egoista (1953) http://www.gadda.ed.ac.uk/Pages/resources/essays/egoist.php e i primi tre capitoli di Eros e Priapo (1944-45 / 1967): http://www.gadda.ed.ac.uk/Pages/resources/essays/eros1-3.php

  3. Ma vogliamo parlare del D’Alema che presenta l’ultimo – ahimé – romanzo del Veltroni?

  4. No: direi che di D’al. che recensisce il libro di Vel. NON vogliamo proprio parlarne… Interessante invece la proposta di riflessione fornita da A.M.: certo: nel “durante” l’autore deve sparire e lasciare all’opera il compito di farsi avanti. Credo anzi che le opere fallate siano proprio quelle che non vengono lasciate vivere dall’autore, ma nelle quali la presenza dell’autore è “violentante” rispetto alla logica interna dell’opera. Quanto poi allo sviluppo del narcisismo nell’epoca attuale, invito a una ulteriore riflessione: quando gioca la spettacolarizzazione del mondo all’interno di questa logica? Quanti “carichi da 11”, per dirla con Camilleri, la spettacolarizzazione getta sul narcisismo degli autori?

    1. “le opere fallate sono proprio quelle che non vengono lasciate vivere” è perfetto, secondo me.
      Quanto allo sviluppo del narcisismo nell’epoca attuale c’è la questione dei media, ovviamente. Una volta il bullo da bar poteva essere modello per gli adolescenti, ma spesso si scontrava con la realtà di qualche disavventura reale.
      Oggi che il narciso viene cantato, recitato e cotto in milioni di specchi tv al riparo dalla realtà? I modelli degli adolescenti non vanno mai a sbattere contro i casi della vita. Bah.

  5. Mi lascia perplesso la distinzione tra pensare e agire, tra progettare e operare. Il narcisismo non è un pensiero sul mondo ma un modo di essere nel mondo. In quanto tale non si può accendere e spegnere come una lampadina. Credo si confonda il vanesio col narcisista. Il primo pensa a produrre un effetto sull’audience, il secondo propone al mondo se stesso come valore. Correndo rischi, certamente. Ma imponendosi spesso la perfezione estetica come dovere. Edgardo

  6. «Insomma: se svolgete attività creative avete qualche buon diritto di presidiare ferocemente la vostra autostima fino a peccare di narcisismo. E… suvvia, trattasi di peccatuccio assai condiviso. Ma sospendetelo, il vostro narcisismo, almeno quando state lavorando. Qualsiasi cosa facciate, vi verrà molto meglio. E poi (ma solo dopo) potrete perfino pavoneggiarvi di più»

    VERISSIMO!!!
    Ecco il sito di una signora del teatro da poco scomparsa (appartiene alla generazione della mia mamma che l’ha seguita per tutta la vita). Trasuda narcisismo, ma é bello, bello, bello. Ciao (*_))

    http://www.annaproclemer.it/

  7. Il nostro mondo professionale è spesso funestato da troppo ego, quasi sempre inversamente proporzionale al reale talento. Quest’ultimo credo sia il vero problema, un eccessivo ego si può anche tollerare se sull’altro piatto della bilancia ci sono capacità e utilità per il gruppo di lavoro. Altrimenti questi soggetti rappresentano solo uno spregevole danno, professionale e umano, rispetto al team in cui operano.

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