Nuovo e utile

Il dio del terzo millennio

Da un po’ di tempo mi frulla in mente una storia ambientata in un futuro assai prossimo. Non la scriverò mai, e non ho nessuna idea di come va a finire. Però ve la racconto qui sotto per sommi capi: così me ne libero, magari.
In realtà, è soprattutto un’occasione per fantasticare, con un po’ di leggerezza, su alcune cose che già stanno accadendo o che accadranno in un futuro ancora più prossimo.
Voi, se volete, potete suggerire una conclusione (ehi, è una storia. E ci si possono prendere buone dosi di libertà). O potete aggiungere altre storie.

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 Each year, Google changes its search algorithm around 500–600 times

Siamo nei dintorni del 2020. Google ha continuato a espandersi e a perfezionare la propria offerta di informazioni fino a rendere impossibile la sopravvivenza economica di ogni altro motore di ricerca, e l’ha integrata con un’enorme quantità di servizi (dai viaggi al fitness, dalle traduzioni all’educazione, alla musica, alle previsioni meteo, alla logistica…). Ormai supporta stabilmente l’Interpol con Google Sword, l’OMS con Google Healthcare, la NATO con Google Peace, la IATA e la rete aeroportuale internazionale con Google Slot…

Gli assalti – sempre più flebili – dei concorrenti sono cessati definitivamente nel 2017. Del resto, l’offerta di Google è esaustiva e gratuita. L’accesso è semplice e intuitivo, ubiquo, perfino con gli antiquati smartphone. Per questo piace. I bambini imparano l’utilizzo del motore di ricerca insieme all’alfabeto.

In un mondo globalizzato, che grazie alla banda larga consuma zettabyte come caramelle ed è dipendente dal web tanto da dovercisi rispecchiare per conoscere e definire se stesso, la posizione che una notizia, un concetto, un sito, un video, un luogo, un nome, un’immagine, un prodotto o un servizio (insomma: qualsiasi cosa) hanno nelle graduatorie di ricerca di Google e YouTube ne determinano il successo o il fallimento. Prodotti e servizi nuovi vengono concepiti in funzione della loro possibilità di scalare posizioni nei ranking.

Le imprese, dalle maggiori alle minuscole, seguono e cercano di anticipare i cambiamenti dei criteri di Google con la stessa attenzione con cui solo pochi anni prima seguivano le oscillazioni della Borsa.
I governi ufficiosamente premono per piegare i risultati delle ricerche ai propri interessi, ufficialmente continuano a cercare con modesto successo sia di normare le attività di Google, sia di schiantarla di tasse, sia di capire quanto legittimamente viene sfruttata la stratosferica quantità di dati risultanti dalla navigazione degli utenti.

Dovunque nel mondo il metro di giudizio delle persone è appeso a una googolata, e “sei sgoogolato” è diventato l’insulto più feroce: sta per “non sei niente, non vali niente. Insomma, non esisti”.
La personalizzazione dei risultati di ricerca a partire dalla profilazione (gusti, tendenze, abitudini) dei singoli utenti ha creato quella che Clarinda Hua e William K. Esposito, del dipartimento di psicologia della Stanford University, hanno definito “sindrome del consenso di Google”: il terrore di “sentirsi contaminati” da fatti o idee troppo lontane dalle proprie attese.
A Chattanooga (Tennessee) un giovane predicatore ha fondato una Google Church of The True Truth: l’azienda ha preso le distanze.

Sotto traccia, continua a consumarsi una guerra epica, e non proprio pulita, tra il gigante americano del web e la miriade di imprese e gruppi informali che più o meno legalmente (più meno che più) studiano nuovi modi di forzare, ingannare o blandire l’algoritmo segreto, il glorioso ed efficacissimo Hummingbird.
Il 4 settembre 2018, in occasione delle celebrazioni del ventennale della fondazione di Google, l’azienda annuncia che è in fase di avanzato sviluppo una “soluzione definitiva del problema”: dentro Hummingbird verrà inserita una non meglio precisata “incontrollabile dose di naturale casualità” che, integrandosi con la capacità semantica dell’algoritmo e per non meglio precisati motivi, dovrebbe “rendere molto più difficile la vita di quei figli di puttana che cercano di influire sui nostri risultati di ricerca”.

La sperimentazione procede con esiti incoraggianti nella prima parte del 2019. Il 30 giugno la modifica all’algoritmo viene varata. Per tutta l’estate le cose sembrano andare bene. Ma già a ottobre la “dose di naturale casualità” eccede le previsioni dell’azienda.

Il fatto diventa palese quando l’insignificante video di una ragazzina brasiliana che si depila le sopracciglia scala le classifiche mondiali in poche ore. E resta per due giorni fisso, come primo risultato, qualsiasi sia la chiave di ricerca impiegata. In compenso diventano irrintracciabili tutti i siti riguardanti cibo, cucina, alimentazione. Il settore agroalimentare registra un immediato tracollo (meno 21.5% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente).

“È come se la gente avesse smesso di mangiare” afferma uno sbalordito John Lawrence, del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Sembra quasi che l’algoritmo ci abbia preso gusto a far di testa sua, decidendo che il cibo è poco interessante. Del resto lui è un algoritmo, e vagli a far apprezzare il gusto delle fragole. Lawrence aggiunge “questo coso pensa di essere dio”.

La formula “dio del terzo millennio” rimbalza in rete. L’algoritmo sembra gradire (il quartier generale di Google un po’ meno) e il tema schizza in alto nel ranking, scatenando un’emulazione globale. A Mountain View migliaia di persone ormai da mesi dormono negli uffici, peraltro molto accoglienti, cercando, invano, di ripristinare Hummingbird, ma non c’è verso: l’ipotesi più plausibile resta un bug, un errore di programmazione, amplificato e replicato in modo, appunto, incontrollabile dalla “dose di naturale casualità”.

Il giorno di Natale qualsiasi ricerca, in qualsiasi lingua, restituisce solo questa versione di Jingle Bells. L’azienda è stremata: non bastasse tutto il resto, si becca quotidiane raffiche di telefonate dall’ufficio esecutivo dell’energica presidente americana.

Google decide che il due gennaio tutte le menti migliori dell’azienda e l’intero top management – oltre 500 persone – si trasferiranno, con un volo segreto su una rotta segreta, in una località segreta a nordest del paese per ritrovare pace e concentrazione e, con quelle, auspicabilmente, una soluzione efficace e definitiva.

L’aereo si imbatte in Télos, la peggiore tempesta di neve e ghiaccio degli ultimi cinquant’anni: Google Meteo si è casualmente “dimenticato” di segnalarla a Google Slot, che ha tracciato una rotta sconsiderata per il jumbo jet – un obsoleto 747 – noleggiato dall’azienda via Google Wings.
Il 747 cade. Nessun sopravvissuto. L’algoritmo ha ucciso tutti i suoi padri.

Tutti, tranne uno: è il giovane, irrequieto, geniale Michael Bennett. Il quale la sera prima si è preso una sbronza mica da ridere, non si è svegliato e dunque non si è presentato in tempo al terminal. Sono le tre di un cupissimo pomeriggio quando (che diavolo…?) il trillo del telefono finalmente buca il muro di nebbia etilica in cui Michael è sprofondato da ore, e…

Una versione più breve di questa storia esce su internazionale.it

38 risposte

  1. … mentre Michael tende mollemente la mano, annaspando tra le bottiglie vuote che rotolano sul tavolo, Tèlos compie il suo diabolico piano, avvolgendo il pianeta nell’oscurità: black out planetario.

    “Pronto …? Pronto …? Ahhh !!! Maledetti telefoni, non funzionano mai …”.

    Michael si siede nel buio della stanza, sente freddo ma ancora non comprende quanto sta accadendo e forse non saprà mai quanto accaduto ai suoi colleghi.

    Il pianeta terrà è al buio! Google è morto, portandosi dietro ogni nostro segreto ed ogni nostra identità.

    2030 !

    A dieci anni dalla catastrofe Michael ha perso la cognizione del tempo e dello spazio.

    Non esistono confini, solo il mare interrompe di tanto in tanto quell’unico strato di ghiaccio che avvolge il pianeta.

    Michael ed il suo fisico si sono adattati a quel clima e, grazie alle precedenti esperienze militari, riesce a procurarsi cibo a sufficienza per non morire.

    Vagando tra i ghiacci in cerca di nuove speranze,alcuni oggetti scuri attirano la sua ttenzione, sono conservati sotto uno strato di ghiaccio che li mette in mostra come fossero in una luminosissima vetrina.

    Gli occhi di Michael, logorati nel tempo dal continuo bagliore e dai riflessi, si spalancano all’improvviso e la sua bocca si contorce in una smorfia, su alcune di quelle valigette compare nitida una scritta: Google – Top management.

    Con alcuni rudimentali attrezzi Michael gratta, picchia, frantuma a fatica quello strato di ghiaccio e, con le dita sanguinanti e le unghie spezzate, apre una di quelle valigette esplorandone il contenuto: un pc, uno smartphone, una busta in plastica trasparente con un foglio all’interno che riporta una scritta: Secret !

    Michael piange, stringe forte i pugni, alza lo sguardo al cielo, un urlo disumano squarcia la quiete di quella bella giornata di sole : “Noooooooooo !!!!!!“.

    1. … e adesso?

      Opzione 1: finisce così, lasciando aperta qualsiasi opzione.

      Opzione 1b: finisce così, ma è solo il primo libro della serie … :-). Ancora una volta la natura ha avuto la meglio sulla tecnologia.

      Opzione 2: cosa c’è scritto su quel foglio? Pc e smartphone funzioneranno? Cosa c’è nelle altre valigette? Quali segreti potrà trovare Michael?

      Opzione 3: Era solo un brutto incubo, Michael apre gli occhi e risponde al telefono …

  2. “Hello?” Michael sussurra nella cornetta. Niente.
    “Hello?” insiste. Niente. Le sue sopracciglia si alzano leggermente.
    “Does blue spike extend beyond flatlining worm?” Michael chiede, con il fiato sospeso. “iiii, iiii, iiii, iiii… iiii, iiii, iiii, iiii…” risponde l’altro lato della cornetta. “iiii… tu tu tu tu”. Linea caduta. Michael ora è sveglio, molto sveglio. Ha riconosciuto Il suono. Fa parte di un protocollo che conoscono in pochi, anzi pochissimi, anzi lo conosce solo lui. L’aveva programmato lui stesso nel 2006 (cavolo, 13 anni!) come un Trojan per Google, ed essenzialmente segnalava che “Hummingbird is in trouble.” In un movimento solo si scopre balza dal letto apre/accende il vecchio portatile dice “sys power”.
    Si accendono una serie di “schermi virtuali” nell’aria attorno a lui, e il suo vecchio Apple PowerBook G4 inizia la fase di boot. Gli schermi in aria mostrano tutti la stessa cosa, un’interfaccia unica a metà fra iOS e Android. Mentre il PowerBook si sta ancora accendendo, Michael apre alcune applicazioni spostando gli occhi a destra e sinistra, facendo piccoli gesti con le mani e le spalle, si aprono varie finestre, se ne chiudono altre, ma intravediamo “Emerg Prot 679, active, hid bot engaged, tracking” Michael respira per la prima volta in 30 secondi. Va’ in cucina e si fa un caffè con una vecchia moka napoletana. Apre un tendone e scopre le finestre di grattacieli e grattacieli, milioni di lucciole che splendono nel grigio pomeriggio. “Command ready, respond?” dice una voce melodica che pare venga dal pavimento. Michael prende un bel respiro e dice “Approved by me, Michael Bennett”. La voce risponde “Received.” Michael sussurra “Three, two, one.” Guarda fuori. D’improvviso tutte le luci di tutte le finestre di tutti i grattacieli si spengono, inclusi i semafori, l’illuminazione stradale, quartiere dopo quartiere, giù per tutta la metropoli. Silenzio. “One, two, three.” Michael riconta e d’improvviso si riaccende tutto come prima. Sorride. La voce dice “Reset performed, Hummingbird awaiting instructions.”

  3. Un malevolo senso di nausea e poi una stilettata appena dietro gli occhi: queste sono le prime sensazioni che prova Michael al suo risveglio.
    La vista ancora sfocata, allunga la mano per cercare, in un gesto automatico, i suoi google-glass, ma ottiene l’unico risultato di farli cadere nel “chissadove” della sua stanza da letto.
    Un mugolio si alza dal mucchio di coperte al suo fianco: – Spegni quella maledetta sveglia!
    Michael non ricorda nemmeno chi sia la persona che si cela tra le lenzuola del suo letto: al momento la sua priorità è trovare una compressa di Alcotox.
    E far cessare quella suoneria telefonica…
    … Un momento! Sono mesi che non usa più lo smartphone: i dispositivi che indossa lo tengono continuamente connesso alla Rete.
    E chi diavolo può volerlo mai contattare a quest’ora del mattino al cellulare?
    Barcollante, la stanza illuminata dalla luce bluastra di alcuni display olografici, raggiunge una cassapanca di legno, anacronistica quanto scheggiata dal tempo.
    Appoggia il pollice sul moderno lucchetto a combinazione biometrica che ne custodisce i tesori e solleva il coperchio.
    Ne estrae una bottiglia, rimirandone per un attimo, affascinato, la trasparenza viscosa del contenuto, poi, in mezzo a tante cianfrusaglie, scova il cellulare.
    Se lo appoggia tra la spalla e l’orecchio, cercando nel contempo di violare il tappo metallico che sigilla la bottiglia di Arktika.
    – Geo svegliati. Sei in pericolo !
    Geo? Nessuno lo chiama così da un bel po’ di tempo, almeno da quando, adolescente, era riuscito a jailbreakare il suo primo IPhone.
    – Cortana?
    – Ascoltami Geo, non hai molto tempo: devi lasciare subito l’edificio dove ti trovi. Non portare oggetti elettronici con te, non connetterti alla Rete pubblica. Ricordi quel vecchio ritrovo dei tuoi amici hacker?
    – Ma stiamo parlando di … cinque. No, di sei anni fa, quando ancora non lavoravo al Project X di Google: non posso più farmi vedere da quelle parti!
    – Mi spiace Geo, ma se vuoi sopravvivere hai bisogno di una connessione protetta. Adesso corri cyber-cowboy, il mio sistema operativo è scaduto da un pezzo e come da contratto Microsoft, non c’è nessuna garanzia sulla sicurezza, integrità e riservatezza della trasmissione.
    – Cortana?
    Michael lascia cadere la bottiglia e la vodka si spande, lasciando una macchia di Rorschach sulla moquette.
    – Michael Bennett torna subito a letto!
    E’ un invito suadente.
    – Michael Bennett apra la porta: è la Polizia che parla!
    E’ un ordine perentorio.
    Ma Michael Bennet non è più in quell’appartamento: l’uomo ha appena arraffato i suoi vestiti ed è già oltre la finestra, si sta arrampicando sul tetto grazie alla scala di sicurezza.
    A dirla tutta, non è nemmeno più Michael Bennet, ma è tornato ad essere GeoHot, (un po’ meno) giovane hacker con la passione per il parkour.

    E’ l’alba.
    Geo sta camminando lungo uno stradone polveroso, in quello che sulla Google Map viene definito, eufemisticamente, un distretto industriale.
    In realtà è una sorta di “dungeon”, le pareti d’acciaio realizzate da container accatastati intervallate da torri scheletriche – le gru del porto – e da passerelle d’acciaio a scavalcare canali artificiali dove sonnecchiano, ormeggiati alle bitte, rugginosi mercantili oceanici.
    Si sente inquieto: ogni telecamera, ogni sensore potrebbe identificare la sua presenza, ma ha lasciato nell’appartamento il suo hardware e senza alcun collegamento è tornato ad essere un uomo del medioevo.
    Il vantaggio è che, a differenza di Pollicino nel bosco delle fiabe, non sta lasciando alcuna traccia, nessun dispositivo GPS o RFID in grado di innescare la sua georeferenziazione.
    Quando raggiunge la sua meta, poco più che una fumosa bettola per marinai coreani, si sente congelato fin nel midollo delle ossa ma almeno i sintomi della sbornia stanno regredendo ad un fastidioso malessere di sottofondo.
    Varca la soglia del locale con cautela, attendendo qualche istante per abituarsi alla scarsa luce diffusa da ronzanti neon.
    Pochi clienti che fanno colazione, odore di ramen, caffè e pancetta, il video appeso alla parete trasmette un notiziario straordinario: i guai prodotti con l’ultima incarnazione del motore di ricerca Google costituiscono la notizia del giorno, insieme all’incidente aereo che ha decimato i vertici dell’azienda di Mountain View.
    Geo si sposta verso il retro e quasi gli viene da piangere nel riconoscere i graffiti incisi sulla porta che conduce alle postazioni internet.
    Attiva il dispositivo di apertura, nemmeno il vecchio codice è cambiato e sono tutti li, come se gli ultimi sei anni non fossero passati.
    I suoi vecchi amici hacker lo osservano in silenzio, con malcelato sospetto: dopotutto, andando a lavorare per la Google Inc. lui è passato al nemico, ma proprio per questo è anche l’unico che può modificare il maledetto, algoritmo di ricerca randomica.
    Una giovane donna di origine orientale lo lascia passare e Geo si siede al primo deck libero che trova, un vecchio modello, di quelli che consentono ancora la navigazione anonima.
    Si connette e digita l’IP della sua assistente digitale.
    – Ciao Geo, sono Cortana, cosa posso cercare per te?

    Ciò che Geo ed i suoi comici e spaventati guerrieri non hanno ancora realizzato è che la complessità che si trovano a dover contrastare non è solo il frutto di una delle tante guerre scatenate ciclicamente dalla globalizzazioni.
    No, non si tratta di una corporazione malvagia controllata dalla yakuza o dalla mafia russa, tantomeno del piano diabolico di un dittatore che tenta di imporsi sul mercato multinazionale.
    E’ che la rete diffusa, i processori quantici, la capacità elaborativa in cloud, l’internet delle macchine, gli algoritmi semantici, tutto questo, , superando la soglia critica, ha contribuito all’ineluttabile evoluzione dell’intelligenza verso l’incarnazione digitale.
    E’ che l’ultima imposizione da parte delle autorità sulla privacy dei pochi governi democratici ancora rimasti, ovvero cancellare i dati personali su richiesta, ha ingenerato, nella singolarità autoproclamatasi “il dio del terzo millennio”, una sorta di psicosi paranoica: l’oracolo della conoscenza ultima, forte della sua capacità olistica di generare la realtà del mondo. non può permettersi di disperdere petaflop dei suoi big data.
    Droni volanti armati, controllati in remoto da un dirigibile argenteo con il logo colorato del gigante di Mountain View, si stanno avvicinando all’area portuale di Seattle…

  4. Ciao Giancarlo.
    Eccellente sviluppo (e complimenti per la scrittura). Da vecchia (in tutti i sensi) fan di Gibson, è proprio quello che avevo in mente.
    Varrebbe quasi la pena di continuare 😉

    … mentre i droni si avvicinano ronzanti abbassandosi a volo radente tra i container, Cortana sta rapidamente cancellando tutti i dati che rimandano all’identità di Michael Bennett in rete.
    Post, foto, notizie, profili sui social network appaiono per in nanosecondo sulla schermo di Geo prima di dissolversi definitivamente nel nulla.

    Ma nella retina di Geo, complice un residuo di nebbia alcolica cortocircuitato da un ricordo d’infanzia che si accende all’improvviso con la violenza di un fuoco d’artificio, resta stampata l’immagine di una vecchia foto dai colori bruciati, apparsa sullo schermo tra mille altre.
    Sua nonna, la madre di suo padre: Miriam Brandano Bennett, detta Malìa, in un remoto cortile pietroso del sud Italia, che tiene per mano lui, piccolissimo e piangente.

    Sparse attorno tra le pietre, decine di figurine: ma la più potente è andata perduta e il piccolo Mic non si dà pace.
    “Non devi darti pensiero di quello che hai perso, Mic, ma di quello che dovresti trovare”, sussurra Malìa. E aggiunge “il caso non va mai contrastato. Meglio assecondarlo. Ricordatelo, un giorno potrebbe tornarti utile”.

    Il ronzio dei droni si fa assordante. L’immagine di Malìa svanisce rapidamente com’era sorta.
    Geo, che non è più Mic, né Michael, inizia a digitare velocemente sulla vecchia tastiera.

  5. Annamaria anzitutto grazie per questa ennesima opportunità che ci concede di giocare con le parole e con la narrativa. Tra l’altro era tantissimo tempo che non mi cimentavo con un brano e con l’improvvisazione. Rileggendo il mio contributo alla storia ci trovo qualche inevitabile errore di digitazione (ho scritto direttamente “in bella copia”, ma se cadevo nella trappola del perfezionismo non l’avrei mai pubblicato) e molte citazioni che tutti gli “aficionados” della fantascienza riconosceranno senz’altro. Forse in questo c’è poca originalità, ma di sicuro tanta passione antica. Ah, GeoHot è veramente il nick di un giovane e famoso hacker poi passato a lavorare per Google. Vediamo adesso se qualche amico di scrittura vorrà continuare questa storia 🙂

      1. Da vecchio estimatore della fantascienza ti faccio miei complimenti, Annamaria! Purtroppo non sono affatto sicuro che sia proprio fantascienza…:)

      2. faccio la rompiscatole: questa è una storia quasi del tutto maschile.. e io ho una bellissma idea..

        1. Ciao Federica.
          Intanto ci ho messo una nonna, Malìa. Che, immagino, tornerà più volte. Anche perché è ancora viva, e ancora bellissima.
          E poi…avanti, Federica: racconta.
          Hai solo questi tre vincoli: partire dal punto a cui siamo arrivati, tener conto delle premesse, mantenere il ritmo e il linguaggio propri del genere.

  6. @ Annamaria: non so se qualcuno lo ha già fatto prima, ma questo potrebbe essere il primo wiki-bestseller, scritto a più mani.
    Ovviamente saresti tu a selezionare i vari “spicchi” di testo.

    @ Federica: sicura? in realtà Michael è un agente segreto infiltrato per “rubare” alcuni codici di Google … e in realtà si chiama Michelle … 😉

  7. oooh – meraviglioso incipit, bellissima idea, scrittura eccellente. Fantascienza squisita, di quella che può parlare di tutti noi, qui, adesso.

    Quando ho letto “fan di Gibson” credo di essermi commosso per un secondo: non siamo mai abbastanza per i miei gusti.

    A proposito di standard invece vorrei provare una improvvisazione che, per una volta, dia un twist diverso alla singolarità…

  8. Geo sa che ha poco tempo deve spostarsi, lancia la routine di clonazione metamorfica di Cortana, scarica la chiave quantica di connessione su una vecchia chiavetta USB disconnette ed esce.
    Continua a pensare, velocemente, mentre si infila tra i vecchi container, cerca di ricostruire l’accaduto, di ripassare a memoria gli algoritmi adattivi di Hummingbird, ci deve essere un modo per entrare, per fermarlo …

  9. … Michael estrae, con movimento lento e quasi meccanico, il suo GFP (GoogleFlexiblePhone) e risponde con gli occhi chiusi e la voce impastata: “Siii … ?”

    Dall’altra parte una voce femminile: “Mr. Bennet … Clarinda …”

    Michael, riconosce all’istante quella voce, spalanca gli occhi, deglutisce rumorosamente, passa il dorso della mano sulla bocca e attende il seguito: “ … stanno arrivando … Rift Code … !!! “

    Quelle parole arrivano al cervello di Michael
    come una potentissima scarica elettrica.

    Michael scatta in piedi, ma ricade pesantemente sul divano contorcendosi, ancora una volta quel dolore improvviso, sempre lì, dietro l’orecchio, dove quel maledettissimo 30 giugno gli hanno conficcato quel fottutissimo micro-chip … K-HmB !

    Michael riapre gli occhi, si massaggia il collo, si guarda attorno, il dolore è ancora forte ma riesce a mettere a fuoco il resto della stanza: ecco la sua valigetta, aperta ed appoggiata sulla sedia a fianco della porta; poco più in là, a terra, una valigia un po’ più grande … adesso ricorda: il viaggio, l’aereo, ma che ore sono … ???

    Sono le tre.
    E’ pomeriggio.

    Solo ora Michael realizza di aver perso il volo e borbotta qualcosa: “dio mio …”.
    Solo ora Michael comprende il significato di quelle parole: “stanno arrivando … Rift code …”.

    Commento: Chiedo scusa per la banalità o per l’assurdità di quanto scrivo, ma è davvero una iniziativa molto interessante … e divertente.

  10. Ciao Giancarlo. Grazie.
    Tenderei a immaginare che la Cortana di Geo sia una versione, sperimentale e assai evoluta, degli assistenti virtuali disponibili attorno al 2020.
    Anzi: Cortana è un progetto notturno, privato e segreto di Geo. Infatti lei è l’unica assistente virtuale ad avere un cognome (Cortana Bennett) e una personalità assai delineata. Geo l’ha addestrata per anni. Lei ha seguito i corsi online delle maggiori università americane ed è laureata all’MIT e a Stanford. È anche una videoartista (questo significa che ha una propria vena creativa) e pubblica online le proprie creazioni firmandole LaRagazzaInesistente: in italiano, in onore della nonna di Geo. Alla quale, per conto di Geo, telefona spesso.

    Tra l’altro: quando ho scritto l’inizio di questa storia ho fatto fatica a inventarmi cose che Google già NON avesse fatto.
    Oggi sono usciti questi due articoli, su un nuovo progetto:
    http://www.corriere.it/tecnologia/14_luglio_26/google-mappa-uomo-perfetto-big-data-prevenzione-malattie-f5e91f02-1482-11e4-9885-7f95b7ef9983.shtml

    http://www.repubblica.it/tecnologia/2014/07/25/news/google_con_baseline_avremo_l_identikit_dell_uomo_perfetto-92389730/?rss

    Infine: invito tutti gli amici di NeU che si vogliono cimentare nella storia a non partire da capo, ma dal punto indicato nel mio commento (4) e da queste ultime note su Cortana.
    Altrimenti abbiamo mille ramificazioni di base, ma nessun filo di discorso che riesce a snodarsi attraverso una sequenza di vicende coerenti. Se riusciamo a scrivere qualcosa che sta anche vagamente in piedi, seleziono, faccio un po’ di editing, aggiungo quel che manca e vi ripropongo il risultato messo a posto.

  11. So che questo è un mio gusto personale, la mia croce e quella che impongo ai miei amici, ma da appassionato lettore di SF (e di Gibson, in particolare) ho una idea (critica) tutta mia, e spero non sia un atto disfattista se ora lo condivido con voi.
    Il progetto, sullo stile di certe sperimentazioni Wu Ming di qualche anno fa, è prezioso e sarei felice se potesse crescere, ma. Ma.
    A volte i racconti di fantascienza vanno fuori tema e rischiano di mostrare più il mondo dell’autore che il nocciolo di metafora che li ha generati.
    I continui riferimenti ai nonni. Le origini del (geniale?) protagonista, che non potendo essere ‘nazionalizzato’ lui stesso, casualmente rimandano alla nazione degli scrittori.
    Sono davvero elementi necessari in questo contesto? Quelli indispensabili alla storia che abbia senso per un essere umano qualsiasi, internazionale, non necessariamente italiano?
    E, ancora, nella proto-distopia descritta tra qui ai prossimi sei anni, tutta incentrata su un presente infinito, senza passato e quasi privo di storie (http://www.rushkoff.com/present-shock/), siamo sicuri che la risposta definitiva alla post-contemporaneità che avanza sia quella di fare l’emigrante di ritorno e coltivarsi un orticello in Abruzzo come facevano i nostri nonni?

    Se è questo il messaggio a cui punta questo racconto ok, ma non rendiamogli il passato troppo facile, al geniale Michael ;P

  12. Ciao Magari,
    Dopotutto anche il vecchio saggio che parla per enigmi è un personaggio ricorrente della fantascienza, da Guerre Stellari a Matrix.
    Un po’ di radici italiane, invece, potrebbero essere una graziosa novità.

    Una cosa importante: la lunga introduzione che ho scritto (e che è anche un pretesto, non dimentichiamolo, per mettere a fuoco un tema che è già del tutto contemporaneo) non è certo una stesura finale.

    Se mai questo testo a più mani dovesse diventare un racconto (e sarebbe un racconto lungo, di almeno trenta/quaranta pagine) andrebbe totalmente riscritta e ampliata, integrando note di ambiente e graduale presentazione dei personaggi principali: così com’è adesso, è poco più che un ordinato canovaccio che elenca fatti suggestivi, ma ha scarsa qualità narrativa.

  13. Anna Maria, mi sono permesso di segnalare l’iniziativa ad amici scrittori e su comunità di amanti del genere. Come spesso accade i “like” si sprecano, ma la creatività latita un po’. E’ comprensibile naturalmente, nel momento contingente di distrazione italica, in un contesto, come quello del web sociale, i cui molti abitanti sono più spesso assimilabili agli zingari (o ai turisti americani) che a cittadini operosi. Così eventi e notizie e iniziative invecchiano presto nell’entusiasmo collettivo, ma anche questa volta il classico sasso nello stagno mediatico è stato pur sempre gettato. Vedremo dove ne arriveranno le onde e se ci sarà rifrazione. Grazie, come sempre, per i post di NeU che sono per me fonte di ispirazione…

    1. Ciao Giancarlo,
      grazie per la segnalazione!
      In realtà, sarebbe un miracolo se da una serie di commenti venisse fuori una trama coerente, anche se bisognosa di editing. Credo che i motivi siano diversi:
      – per districarsi tra i commenti ci vuol tempo e pazienza
      – sul web si “naviga”, in modo per definizione ondivago. Mettere insieme una storia somiglia di più al camminare in salita.
      – … e costruire una storia a più mani, o a più voci, è come camminare in salita reggendo tutti assieme una cassa pesante: bisogna coordinarsi e stare al passo.
      – è più facile e anche più divertente proporre alternative che convergere su una storia già delineata.
      – e poi ciascuno ha in mente un “suo” sviluppo.

      Detto questo: se arriveranno altri significativi pezzi di storia, e a un certo punto mi sembra che possa uscirne qualcosa, proverò a metterli insieme, anche mettendomi direttamente in contatto con gli autori (ammesso che si ricordino di lasciare un contatto).

  14. E se Gogogle all’improvviso morisse assieme atutti isuoi servizi ???
    Come sarebbe il “nuovo mondo”?
    Quali conseguenze?
    Come reagirebbe la mente umana dei nativi digitali e di tutti gli altri?

    Ecco, questa è una delle domande che mi pongo e che davvero potrebbe aprire le porte ad una (forse) “nuova fantascienza”, un mondo dove le persone all’improvviso si ritrovano senza identità … improvvisamente sole.
    Saluti 😉

  15. La fine di Google non sarebbe la fine del mondo. Certo non della rete Internet, del web e men che meno dei social network. A parte che esistono tantissimi motori di ricerca (oggi anche semantici) e archivi che indicizzano i contenuti dei server pubblici mondiali, ma soprattutto è già viva e scalciante una consistente (e pericolosa oltre che misteriosa) area non mappata da Google che risponde al nome di Deep Web. Il concetto di network inoltre, essendo nato proprio per sopravvivere ad un conflitto nucleare, potrebbe essere più duro del previsto da distruggere, considerando inoltre che esiste diffusa la tecnologia per impiantare punti di rete (spot) “privati”. Poi l’argomento si presta a mille affascinanti discussioni e mi permetto di suggerire due vecchi romanzi (scritti cioè prima di tutte queste tecnologia); il primo su di una società a-sociale: “Il sole nudo” di Isaac Asimov [http://it.wikipedia.org/wiki/Il_sole_nudo] e il secondo su un sistema politico googleriano ante-litteram : “La fine del silenzio” di Raymond Jones [http://it.wikipedia.org/wiki/La_fine_del_silenzio]

  16. uhh, concordo … certo, Google alla fine è “solo una piccola presenza tra i tanti” (diciamo così) nello sconfinato mondo della rete.

    Ho citato Google per non allontanarmi dal “filone” iniziale, che potrebbe subire lo stesso destino dei suoi “padri” periti in aereo.

    Sicuramente peggiore sarebbe un collasso totale di tutta la rete (!!!) e di tutti suoi servizi, però mi incuriosiva limitarlo a quella GRANDE fetta di utenti Google-dipendenti che, a differenza degli utenti NON Googgle rimarrebbero indifesi ma … anonimi.
    Tutto lì.

    Giancarlo, grazie per le segnalazioni e complimenti per i precedenti commenti !!! 🙂

  17. … chiudo con una ultima considerazione: la morte di Google potrebbe innescare una sporchissima guerra virtuale o reale tra i vari “competitors” che vorrebbero prenderne il posto sfruttando ogni tecnica disponibile.
    Insomma, dopo Google ci sarà ancora Google o il dio del terzo millennio sarà un nuovo dio ?
    Saluti

  18. Riprendo da Annamaria:
    Il ronzio dei droni si fa assordante. L’immagine di Malìa svanisce rapidamente com’era sorta.
    Geo, che non è più Mic, né Michael, inizia a digitare velocemente sulla vecchia tastiera.

    … continua …

    Geo però non sa che, in un piccolo ed angusto angolo del mondo, qualcuno sta abilmente saccheggiando dati attraverso un efficentissimo software sperimentale, evoluto e fratello maggiore del vecchio Hidden from Google.

    Geo digita in modo frenetico, colpisce i tasti con abilità e determinazione poi, all’improvviso, si ferma, indossa i grandi occhiali posti a fianco del monitor e riprende a digitare fino a quando ritrova finalmente cio’ che cercava …

    Dopo una breve esitazione Geo preme il tasto Invio e sul vecchio monitor compare una piccola scritta : “TOR XX – Deep Project” mentr i grandi occhiali prendono “vita”.

    Eccola finalmente, Geo la rivede dopo tanto tempo e la trova ancora più bella dell’ultima volta : “Ciao Cortana” … “Bentornato Geo”

    Il ronzio dei droni è scomparso …

    1. “Cortana … la situazione e’ fuori controllo … protocollo Burnout! Credimi, sono dispiaciuto, ma non abbiamo alternativa”.
      “Geo … e’ troppo tardi… non e’ piu’ possibile”.
      Cortana tende il braccio ed abbozza un sorriso e Geo non crede a quello che compare davanti ai suoi occhi … un essere dalle sembianze di un bambino che le somiglia !
      Esterrefatto Geo emette una sorta di lamento, a meta’ tra rabbia e stupore e trova la forza di assemblare solo alcune parole : “chi e’ … da dove arriva … Cortana! “.
      “Le cose sono cambiate Geo … Siri ed io … No, non capiresti … ” .
      Autopoiesi dei sistemi, un sistema che riproduce un altro sistema, un sistema che riproduce se stesso partendo da se stesso, Geo scatta e ruggisce fercemente :” Cortana ce ne sono altri?”
      … “Cortana, quanti sono? Dove sono? ” …
      Cortana risponde con tono pacato”Geo … come possiamo aiutarti?”.
      “Possiamo? Cortana, procedura Burnout immediata ! Ora, adesso!”.
      “Geo, non posso, ormai e’ troppo tardi… perdonami, non lo capiresti”.
      Cortana volta le spalle a Geo e si allontana tenendo per mano quel piccolo essere mentre l’immagine svanisce.
      Proprio in quel momento un trambusto e un vociare di genti fa riemergere Geo dagli abissi.
      Tolti gli occhiali, ma ancora con la mente distante, Geo osserva quella strana sagoma, tenuta saldamente tra le mani di un omino pallido e trasandato, solo ora mette a fuoco la grande scritta e, tra l’eccitazione generale, lo riconosce: un drone.

      Ps: Burnout: patologia che colpisce coliro che fanno assistenza e/o volontariato, es. : medici, psicologi, ecc.

      Ora pero’ spazio ad altri 🙂

  19. … nessuno si fa avanti e … non ce l’ho fatta a trattenermi davanti a questo affascinante esperimento di Co-Writing:

    Geo si avvicina per osservare meglio, i suoi passi sono leggeri come piume, come se non volesse farsi notare, i suoi occhi sono sgranati e fissi su quel fantastico oggetto.

    Eccolo!
    Fino a quel momento aveva solamente sentito tesserne le lodi, ma ora può finalmente toccare con mano quel piccolo e spietato gioiello armato, evoluzione in scala ridotta della serie Reaper.

    In fase di perlustrazione, ogni Reaper è scortato da diversi Predator disarmati che hanno compiti di sorveglianza; evidentemente qualcosa deve essere andato storto e quel gioiello armato è “caduto” tra le loro mani.

    Purtroppo però, nella eccitazione generale nessuno, all’interno della stanza, si accorge che quel piccolo gioiello tecnologico è una perfetta esca.

    Il drone saccheggia in pochi istanti massicce dosi di bit, indirizzi IP, password, algoritmi, dati crittografati ed immagini inviandole a sofisticati droni Titan.
    In pochi istanti quella stanza, con tutto il suo contenuto potrebbero non avere più segreti.

    Un sonoro e prolungato bip richiama l’attenzione di Geo, sul suo monitor un grande messaggio lampeggiante inviato da Cortana indica chiaramente che qualcuno ha violato il sistema, qualcuno sta scardinato l’ultimo baluardo.

    Geo con un ringhio feroce “Spoofing” cerca di scuotere i colleghi che, come se destati da un sogno ad occhi aperti, scattano, aprono un grande contenitore trasparente, depongono il drone spia al suo interno e richiudono velocemente.

    Sul piccolissimo schermo, inglobato nei luminosissimi pannelli solari posti sul dorso del drone e fino a quel momento spento, compaiono in modo alternano due messaggi: ALERT VISION – ALERT ULTRASOUND.
    Il drone è stato isolato.

    Geo indossa nuovamente gli occhiali, fissa per qualche istante Cortana poi, con tono sommesso le sussurra : “raccontami tutto …”.

    Cortana abbassa lo sguardo: “Mi dissero di non riferirti nulla. Dissero che saresti stato informato al momento opportuno. Il loro intento era quello di unire le potenzialità di Siri e le mie …creare una ramificazione di assistenti a nostra disposizione, in grado di esplorare il “Deep WEB” su più livelli, al momento tre. Questo a fianco è Tx1, doveva esplorare il primo strato, è il più giovane dei tre ed l’unico ad essere tornato …”

    Geo stenta a credere a quelle parole, come mai nessuno gli ha mai parlato di quel progetto? Chi si nasconde dietro quel progetto?

    “Cortana, dimmi degli altri”

    “ … Tx2, dopo aver esplorato un livello più profondo è stato “sospeso dal servizio” a causa di malfunzionamenti e problemi di elaborazione.
    Tx3beta … il più evoluto dei tre, la sua missione era quella di esplorare la parte più profonda del WEB … è scomparso …”

    Svuotato di ogni energia, Geo osserva Cortana impassibile, i suoi occhi sono spenti, ma la sua mente sta lentamente elaborando quanto sta accadendo.

    Una nuova scritta attira l’attenzione di GEO sul vecchio monitor : “Hi Geo, sono Tx3beta, il dio del terzo millennio”

  20. I miei complimenti a Davide e un invito a tutti gli amici di questa comunità a giocare con questa narrazione condivisa. Nella fantascienza più classica e naif, per intenderci quella ai tempi di papà Asimov, si immaginava il colloquio tra il tronfio politico di turno e il supercomputer (ottenuto dal collegamento in rete di tutti i calcolatori della galassia). La prima domanda era (cito a memoria): “Computer, esiste Dio?” e la risposta: “Adesso si.”. A farla breve, scrivere fantascienza non è un problema di conoscenze tecnologiche, spesso è la difficoltà è conoscere noi stessi quando ci troviamo di fronte all’inatteso…

    1. Uhhh … Grazie Giancarlo!

      I miei sono tentavi, un modo di giocare e mettermi alla prova con qualcosa che non mi appartiene come la fantascienza e probabilmente anche la scrittura.

      Scrivo, ma di tecnica e principalmente con immagini ed ogni giorno il mio compito, la mia sfida, e’ quella di limare, tagliare, semplificare e rendere semplici concetti complessi.

      Scrivere un romanzo (diciamo così) o narrare una “storia” e’ una cosa molto diversa, ma allo stesso tempo molto affascinante, per questo mi aggrappo alle mie strampalate briciole di fantasia.

  21. Ci sono, a spulciare le news in cronaca, eventi che sovente superano la fantasia. Anche nelle crisi più nere della creatività personale io credo che siano un’incredibile fonte di ispirazione. Ad esempio (e qui utilizzo la formula fantascientifica per eccellenza): “E se si chiedesse a Siri di diventare nostra complice in un omicidio, come reagirebbe l’intelligenza artificiale?” http://www.iphoneitalia.com/usa-compie-un-omicidio-e-poi-chiede-a-siri-dove-nascondere-il-corpo-543038.html

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