Nuovo e utile

Si può dire in italiano

Premessa necessaria: questa non è una crociata contro l’inglese. Parlare bene non solo l’italiano ma anche l’inglese (o qualsiasi altra lingua) è bellissimo e utilissimo. Ma non sempre è indispensabile introdurre una quantità di parole inglesi in un discorso o in un testo in italiano.

Non sto dunque suggerendo di tradurre termini come “marketing” o “sport”, “rock”, “browser”, “smog” (che non hanno corrispondenza), o come “apartheid” o “star system” o “New Deal”, che rimandano a fenomeni radicati in un luogo, in un tempo preciso.
Però, senza nessuna pretesa, e vista l’interessante conversazione suscitata da questo articolo, ho messo insieme una breve lista di parole inglesi che usiamo più o meno correntemente, spesso per abitudine, o perché il corrispondente termine italiano, magari, non ci viene in mente subito. La lista non è certo esaustiva e siete più che caldamente invitati a proporre integrazioni, o cambiamenti.

Se fate qualche prova con le parole elencate qui sotto, potreste accorgervi che in molti casi il discorso, anche tornando dal termine inglese all’italiano (che spesso gli corrisponde alla perfezione. E qualche volta è fin più preciso, e permette di fare distinzioni più sottili) non suona strano o antiquato. Anzi: sta in piedi piuttosto bene.
E dunque sì, potete dire in itangliano: “Giuseppe, facciamo asap un meeting per un fine tuning della customer satisfaction. Prepara i file, trova la location giusta, organizza un quick lunch e cominciamo lo show”.
Ma potreste anche dire in italiano: “Giuseppe, facciamo subito una riunione per una messa a punto del servizio clienti. Prepara i documenti, trova il posto giusto, organizza un pranzo veloce e cominciamo lo spettacolo”. Magari Giuseppe capisce anche meglio di che si tratta. E, magari, il pranzo veloce risulta più gustoso del quick lunch.

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218 risposte

  1. Ottimo! Segnalo anche la parola “contest”. Oggi, quando gli uffici di relazioni pubbliche ci parlano, non c’è più un concorso neppure a pagarlo a peso d’oro. Ci sono solo “contest”. Evidentemente, come si diceva un tempo, “fa più fine”.

    1. Ciao Giacomo.
      Se, come mi auguro, i contributi saranno molti, prometto di ripubblicare la lista aggiornata.

  2. Buon giorno, volevo fare i complimenti per gli articoli che trovo molto interessanti e che condivido volentieri sui social network. Sono pienamente d’accordo sull’abuso dell’utilizzo di parole inglesi e tra le altre aggiungerei:
    graphic designer = grafico pubblicitario

  3. Grazie, come sempre, dei suoi articoli. In merito a una possibile traduzione di “empowerment”, che cosa suggerisce? Sono spesso ingabbiato in perifrasi tremolanti quando lo traduco…

    1. Ciao Luca.
      Ripeto: questa non è una crociata contro singole parole, e la lista nasce solo dal desiderio di disporre di qualche buona alternativa in più.
      Comunque, il tuo è un bel quesito.
      Direi, per esempio
      – rafforzamento
      – valorizzazione
      – assunzione (o conferimento) di potere (di responsabilità, di ruolo…)
      – legittimazione
      – rilevanza (sociale, politica…)
      – crescita
      – autoaffermazione
      Credo che sia necessario considerare i contesti e il senso del discorso. Come sempre, del resto 😉

      1. Questa è una bella dimostrazione di quanto l’italiano, in alcuni – molti -casi, offra una gamma aasai più ampia di possibili sfumature di significato che rendono il discorso più chiaro e preciso

      2. Bisogna riconoscere una funzione all’uso dell’inglese nell’italiano. Qualche volta trasforma una parola in un oggetto definito che ricomprende una serie di cose. Come empowerment appunto, che possiamo usare come il nome di un prodotto e che ha in sè tutte le cose che corrispondono alla traduzione italiana. Le parole tradotte, per quanto descrivano bene (caso per caso) la cosa non possiedono questa caratteristica.
        Andando in Grecia si capisce bene quanto questa cosa sia accaduta con l’importazione delle loro parole nella notte dei tempi. Per noi l’agiografia è un concetto, per loro è un libro ed è la scritta sulle insegne dei negozi al Monte Athos.

        1. “Qualche volta trasforma una parola in un oggetto definito che ricomprende una serie di cose. Come empowerment appunto, che possiamo usare come il nome di un prodotto e che ha in sè tutte le cose che corrispondono alla traduzione italiana” questo succede perché siamo cosi assueratti ai forestierismi (spesso per ignoranza del loro significato nella lingua d’origine) che rifiutaiamo una banale risemantizzasione dei vocaboli italiani: primo segno di depauperamente semantico che poi diviene lessicale.

          “Le parole tradotte, per quanto descrivano bene (caso per caso) la cosa non possiedono questa caratteristica.” questo succede perché le parole (tutte) sono polisemiche, ossia il loro significato varia a secondo del contesto, e non c’è nulla di strano ad adottare in ognuna il giusto sinonimo (che in questo caso diviene un traducente)

  4. Sono d’accordo sulla maggior parte delle parole inserite nell’elenco oltre che essere totalmente d’accordo sul fatto che non c’è alcuna necessità di abusare nell’uso di parole inglesi solo per “spararci la posa”, ma… spot è molto meglio di telecomunicato o radiocomunicato (che mi viene addirittura segnalato come “errore”!), in questo caso sì, l’italiano suona strano e antiquato.

  5. corner = angolo
    custom = su misura, personalizzato
    kickoff meeting = riunione iniziale. Però in italiano devo ammettere che suona un pò male, Annamaria hai una traduzione che suoni meglio?
    sandwich = panino o tramezzino

    Barbara

    1. “Kick off meeting”: provo.
      – prima riunione
      – riunione d’inizio (d’avvio)
      – riunione di partenza
      – riunione preliminare
      Anche in questo caso, sono diverse le sfumature.

  6. Complimenti! Sto combattendo contro (sì, contro) la mail… Preferisco dire lettera; elettronica o di carta è uguale. Perché una email sarebbe, semplicemente, una lettera elettronica o una e-lettera.

    1. Ciao, io da anni cerco di convincere la gente a usare e-pistola. Se ti garba come idea te ne puoi fare portavoce!

  7. A volte usare un termine esotico serve a dare valenza ad un ripiego necessario…Chi va al discount non si sognerebbe mai di dire ” vado a far la spesa dove la roba costa meno” Chi frequenta gli outlet non dirà mai ” mi vesto col firmato invenduto” e chi fa outing ritiene che questo sia un modo “tecnico” per dichiarare o confessare la propria omosessualità….

    1. Eheh, però, poi usiamo un termine in modo scorretto, come nel caso di “outing”. Una persona omosessuale fa “coming out”, mentre a fare “outing” sono le altre persone che dichiarono, rivelano, svelano l’orientamento di un’altra persona.

  8. L’argomento mi fa venire in mente una mia visita al Louvre di circa 40 anni fa. Nella galleria dei dipinti italiani del XV secolo o giù di lì, vedo una grande tela raffigurante una battaglia con la targhetta in ottone e il nome dell’autore, leggo: Paul Oiseau. Rimango un attimo interdetto, poi realizzo che avevano tradotto Paolo Uccello ovvero lo straordinario Paolo Doni pittore fiorentino (Firenze 1397-1475). Se andate al Louvre verificate se la targhetta è ancora lì. Molti giovani marketer e pubblicitari o comunicatori (oggi fa più figo) utilizzano parole inglesi e anche neologismi orrendi come randomizzare, pensando di figurare come degli esperti. La prima cosa che devi imparare se vuoi fare questo mestiere in Italia è l’italiano. Io però uso due parole per identificare il mio ruolo nel nostro gruppo: strategic planner essendo Vivactis un gruppo internazionale è gioco forza utilizzare certe parole, ma mi chiedo se scrivessi: pianificatore strategico, passerei per uno che fa il mio mestiere? Chissà.

  9. Crociata o no, abbiamo una lingua meravigliosa. Tempo fa mi chiesero di scrivere un Manuale della Qualità per una azienda meccanica (per chi non lo sapesse, il “qualitatese” è una lingua piena di tecnicismi…).

    Essendo praticamente nulli i contatti con l’estero di tale ditta, provai ad evitare e tradurre (a volte anche forzatamente) i termini inglesi per un manuale completamente in italiano.

    Cito quelle che mi vengono in mente:

    Asset = Risorse
    Audit = Verifica ispettiva
    Bailiwick = Settore di competenza
    Due process = Processo corretto
    Loading place = Luogo di carico
    Maintenance efforts = Impegno nella manutenzione
    Merchandising = Attività promozionale
    Property value = Valore immobiliare
    Reception = Accoglienza
    Vendor rating = Classificazione dei Venditori
    Viability = Fattibilità

    Inutile dire che il Responsabile della Qualità (pardon, sul suo bigliettino c’era scritto Quality Manager) dell’azienda pensò bene di ri-tradurre in inglese ogni parole che prestava il fianco.

    La motivazione? “Con un manuale tutto in italiano ci prenderebbero per provincialotti”.

    1. Il tuo racconto fa ben emergere la sudditanza psicologica che c’è alla base del problema: l’italiano si sente provincialato perché non sa le lingue, in particolare l’inglese, quindi pensa di fare più bella figura sfoggiando, spesso a sproposito, parole straniere, però conoscendone il significato o in modo approssimativo o, a volte, stravolgendone il significato.
      L’altro problema poi è che la figura dei provincialotti la facciamo lo stesso mostrando la nostra inadeguatezza di sostanza e di forma.

  10. Ottimo, Annamaria. La quarta lingua più studiata al mondo (e penso la prima per ragioni solamente culturali) merita rispetto. Allunghiamo l’elenco.
    Ti segnalo solo che Blitz è tedesco e vuol dire “fulmine” (da cui la Blitzkieg, la guerra-lampo, un’incursione).
    A presto

  11. Spesso ci si vergogna di tradurre in italiano per non fare la figura di quelli chiusi nel proprio lembo di terra; si preferisce storpiare, italianizzare e continuare, per esempio, ad “upploddare project di cover in RGB per layout in CMYK in socialstorage e linkare per il download… e via così”.

  12. Mi sembra una buona cosa senza fare la lotta alle altre lingue, ai prestiti linguistici e agli stranierismi ormai radicati da anni. Al di là delle parole già proposte, qualcuna (senza pretese) ne ho pure io:
    Sharing (con le varie desinenze italianizzate: sharare, sharato) = condivisione
    eBooks = libri elettronici (perché no?)
    coming out = scoprirsi, dichiararsi

  13. ce ne saranno ancora un centinaio che mancano alla lista:
    1) concept
    2) problem solving
    3) human resources
    4) backstage
    5) safety
    6) power

    …………….questi mi sono passati per la testo in questo momento .

  14. Aggiungo qualche altro esempio dal mio blog:
    all inclusive = tutto compreso
    card (nelle bustine, distribuite dai supermercati) = figurina
    cartoon = cartoni animati
    competition = concorrenza
    showdown = confronto diretto
    deadline = scadenza
    endorsement = appoggio o sostegno, eventualmente con aggettivi come ufficiale, diretto, esplicito, pubblico, formale
    feature = caratteristica, funzionalità
    flash flood = nubifragio, alluvione improvvisa
    flash storm = temporale breve e improvviso
    food = cibo
    ginger = zenzero
    guideline = linee guida
    KISS&RIDE (stazioni ferroviarie) = area di sosta breve
    marketplace = mercato
    policy = regole, criteri
    rumour = voce
    step = passaggio, passo
    stickers = adesivi
    tool = strumento
    trend = tendenza
    vending machine = distributore automatico

    1. Contesto la traduzione di Kiss&Ride. Ammetto che “bacia&vai” suonerebbe un po’ esplicito, ma “Sosta breve”, via, si perde quella vibrazione di tenera urgenza..non so, forse stavolta gli inglesi do it better 🙂

        1. ok ok mi ritiro in buon ordine, del resto, a parte i ragazzi che non necessitano di indicazioni e autorizzazioni, la consuetudine dei baci in stazione o aeroporto è stata soppiantata dalla fotografia con il telefonino del partente, da caricare subito sul social network di appartenenza – quindi, che sosta breve sia 🙂

      1. In effetti Kiss & Ride è bello, toccante e -a suo modo- romantico.
        Diciamo che è un modo Italianissimo di esprimere un concetto Italiano utilizzando parole Inglesi.
        In inglese non ha senso, ma in Italiano non suonerebbe altrettanto bene 😉

  15. – forecast = previsione
    – engagement = coinvolgimento

    mi piacerebbe leggere qualcosa per taggare! Etichettare è ministeriale, taggare è digitale 🙂

  16. Interessante questo articolo! Per me che sono “anglofoba” è anche molto utile. Suggerisco un’altra parola che ora pare molto di moda: mainstream. Sarà che non esiste un modo per dire la stessa cosa in italiano?

  17. Grazie Annamaria, grazie! È una battaglia che combatto nel mio piccolo giornalmente ma ti segnalo un altro virus molto diffuso: quello delle parole nuove italiane… le ultime che mi hanno fatto rabbrividire sono state: “graficizzare” inteso come “sistemare un documento graficamente in modo che sia visivamente più gradevole” e “agendare” cioè “segnare una data in agenda”… sigh sigh….

  18. Grazie!

    trovo orrendo e poco professionale sentir pronunciare- spesso anche male- workshop e business e tutto il resto da persone che ignorano l’inglese.
    Ci sono invece parole difficili da tradurre marketing, counseling, empowerment ad esempio.
    Ovviamente, è quello di cui mi occupo, e spendo moltissimo tempo per – cercare di- comunicarli adeguatamente.

  19. A proposito di ticket, che nell’ambito del SSN ha un’accezione inesistente in inglese, si potrebbe compilare anche un elenco di pseudoanglicismi, parole che in inglese hanno un altro significato (o addirittura non esistono). Esempi tipici sono il sostantivo social (per social network) e golf, smoking, spider, footing, body. Più recenti invece Jobs Act (in inglese act è un atto legislativo approvato dal parlamento) e Datagate, nome coniato in Italia e sconosciuto altrove. E che dire del premio istituito da Fondazione Fiera Milano, l’Exhibitionist Award, che in inglese fa pensare a un riconoscimento non per espositori (exhibitor in inglese) per maniaci nudi sotto l’impermeabile?

  20. Un’ultima osservazione (è un argomento che mi appassiona!): come ho già commentato in La lingua italiana, così bella da spiccare, credo si debba comunque distinguere tra lessico comune e linguaggi speciali (linguaggi tecnico-scientifici e settoriali). Penso, ad esempio, che nel lessico comune rete e articolo possano sostituire web e post, ma non in un ambito informatico, dove invece rappresentano concetti specifici; per questo non credo che file equivalga a documento: è un insieme di dati che può rappresentare anche un’immagine, un programma, una registrazione audio ecc. Su hard disk qualche osservazione in Dischi rigidi, fissi e “solidi”.

    1. Secondo me possiamo benissimo usare “intervento” (o “articolo”) e “Rete” rispettivamente per “post” e “web”: credo che dal contesto si capisca di che cosa si sta parlando. Poi Rete, con la maiuscola, è sufficiente, secondo me, a disambiguare le diverse accezioni della parola.

      1. Sì, nel lessico comune (quello di cui si sta discutendo qui) anche Internet e Web sono intercambiabili, in un ambito informatico invece sono due concetti diversi.

        1. Perché non possiamo usare “Rete” e “intervento” in àmbito informatico? Può farmi un esempio in cui non è possibile usarli?

  21. Weekly, Communication, Conference, Management, Manager, Social, Plan, Plant, Focus, Skills, Best practies, Layou, User, Premium, Quality …

    Nell’attesa conference prevista nel weekly odierno, il plant management ha illustrato il nuovo layout.

    Il communication manager ha concluso spostando il focus sulle skills e le best practies dei NEU social user : premium quality. 😉

  22. ieri mi domandavo come tradurre “user friendly”…

    Sono del tutto d’accordo con Annamaria. Non si tratta di essere intransigenti, qualche volta il termine in inglese può essere più efficace, ma per lo più vengono abusati per ignoranza e sciatteria.

  23. Da anglofono che insegna l’italiano in Irlanda, condivido l’iniziativa ma, come diremmo qui, ‘good luck with that’ (un ‘in bocca al lupo!’ molto ironico e senza molte speranze). Comunque, come spesso accade con le traduzioni, non tutti i termini corrispondono esattamente: il termine inglese ‘low cost’, per esempio,applicato a una compagnia aerea sul modello della Ryanair, oltre ai significati di ‘economico’ e ‘a basso prezzo’, implica anche un servizio ridotto all’essenziale e, a volte, a meno dell’essenziale, per cui, se diciamo che un’altra linea si e’ dovuta adeguare e rinascere come ‘low cost’, diamo per scontato che si e’ persa anche qualcosa del servizio (low cost = low expectations).

    1. Ma se sento che una compagnia è a basso costo non mi aspetto certo tutti i servizi che vengono forniti da altre compagnie più costose; è un’implicazione logica che prescinde dalla lingua che usiamo.
      Secondo me qui si sta cercando di difendere a ogni costo l’inglese, conferendole proprietà e sfumature che in realtà ha anche l’italiano.

      1. Concordo con Andrea, per me è implicito che un volo “low cost” sia misero sotto tutti i punti di vista, mica ci vuole la scienza infusa.
        Il problema è che in pochissimi ormai studiano l’etimo delle parole, ma se fosse abitudine consolidata, vedremmo che l’Italiano ha tantissime sfumature meravigliose che vengono dalle nostre radici latine e greche principalmente.
        Guarda caso in America quando parlano di anatomia, i termini sono tutti ancora in latino, perché poche lingue avevano una struttura così analitica e logica nel contempo.
        E ricordo a Mister Chu che in Francia ci riescono benissimo (fino a diventare ridicoli a dire il vero) a tutelare la loro lingua, è semplice questione di volontà e di amore per la propria lingua.

  24. Ciao Annamaria,

    credo che l’uso/abuso di termini Inglesi sia legato anche al fatto che ci si confronti con interlocutori stranieri e da qui la necessita’ di rendere più’ comprensibile l’Italiano che, oggettivamente, non e’ semplicissimo. Credo…

    Per esempio teaser e’ più simile a “intrigante perché’ ti coinvolgo con qualcosa che ti interessa…” I’m
    teasing you =… ti prendo un po’ in giro perche’ so che questo argomento ti coinvolge.
    Anteprima e’ più’ preview.

    1. Anche qui spacchiamo il capello in quattro: è ovvio che un’anteprima (o un prossimamente, o un promo) debba invogliare chi lo vede ad andare al cinema.

  25. Aggiungerei Social Street, che non ha una precisa corrispondenza letterale in italiano ma, essendo un fenomeno relativamente recente, si potrebbe trovare.
    Comunque complimenti, concordo su tutta la linea.
    Ivan TAFKAI

  26. La spesa per il ticket sanitario Italiano si traduce in Americano con Fee.

    Ultima considerazione… stiamo vivendo in tempi che cambiano a velocità’ straordinaria… i social network (traduzione?) stanno modificando la nostra vita… perche’ non inglobare di buon grado parole e termini che racchiudono concetti quasi universalmente riconosciuti e accettati investendo maggiori energie nel corretto uso dell’Italiano? Vedi congiuntivi assassinati, mancata rilettura dei post (traduzione breve ed efficace?). Curioso che tutti usino Facebook: tradotto?

    Un abbraccio

    1. Ma perché “reti sociali” e “intervento” non vanno bene? Il primo ha una sillaba in più, il secondo ben tre, ma se ragioniamo così allora è bene dire addio all’italiano e usare direttamente l’inglese, senz’altro più sintetico dell’italiano.
      Facebook non vedo perché dovremmo tradurlo, dato che è un nome proprio. E comunque non sarebbe “faccialibro” ma, propriamente, “libro delle facce”.

  27. Salve Annamaria,
    bel post (ops) e bei contenuti che seguo sempre.
    Andando in controtendenza, però, manterrei una parola inglese invariata: coach. Ormai il coaching non è più un semplice allenamento ma una combinazione di insegnamento, allenamento, motivazione e lavoro sugli obiettivi che forse è intraducibile con un solo lemma.
    🙂 grazie!

    1. E’ vero: ‘Blitz’ e’ tedesco per ‘lampo’. Ma nel senso di ‘incursione rapida’ viene dall’uso inglese con riferimento particolare a ‘the Blitz’, il bombardamento tedesco di Londra durante la Seconda Guerra Mondiale.

  28. Per Mario.
    Credo che Vendor Rating stia per Classifica dei Fornitori e non dei Venditori… o sbaglio?

      1. Esatto Franco. Vendor Rating è la classifica dei fornitori. Mi scuso dell’errore e ti ringrazio per la segnalazione.

  29. sarebbe interessante, e credo divertente e buffo, tradurre dall’inglese all’italiano alcuni di quei biglietti da visita (o curriculum) con cariche quasi “cosmiche” che ogni tanto ci capitano tra le mani … e sarebbe altrettanto curioso ed interessante domandare agli interessati: … tutto questo in italiano significa che lei è … e sa …?
    per quanto mi riguarda, negli anni ho appreso che: chi le cose le sa, non ha bisogno di nascondersi dietro improbabili paroloni stranieri, lo dimostra coi fatti …

      1. ahahah, sì e ho visto di peggio … ma forse quelli avrebbero voluto scrivere Ciao e il T9 li ha erroneamente corretti in Ceo … che tradatto nel mio scarsissimo inglese leggo Sì-o, un po’ come zio nel dialetto delle mie parti 😉

  30. Sono molto d’accordo, anche perché spesso le parole straniere sono usate non perché più chiare di quelle italiane ma proprio perché più confuse e quindi adatte quando non si sa bene cosa si stia dicendo. Mi permetto solo di fare due osservazioni pignole:

    1. “Blitz” non è inglese, ma è tedesco, vuol dire “fulmine”, come in “Blitzkrieg”, cioè “guerra lampo”. Probabilmente “blitz” ci arriva tramite l’inglese (“the Blitz” cioè i bombardamenti nazisti sull’Inghilterra).

    2. “File” non significa (più) “documento”. Un file memorizzato su un dispositivo digitale può essere un documento ma può anche essere un eseguibile. Per intenderci: un file .doc è un documento che può essere letto con Word, ma anche l’applicazione Word è memorizzata in un file (anzi, più di uno) che non può certo essere chiamato “documento”. Credo che non esista in italiano corrente un sostituto indigeno della parola “file”.

    1. Fino a tempo fa sul sistema operativo della Apple veniva usata la parola “archivio” al posto dell’orrendo “file”. Potremmo continuare a usarla…

    2. Ad onor del vero (e di precisione), in ambito giuridico il termine “documento” sta ad indicare qualsiasi elemento materiale idoneo a rivestire scopo informativo e ricognitivo nel tempo. Si parla di prova documentale come di ogni “cosa” idonea a rappresentare un fatto, in modo da consentirne la presa di conoscenza a distanza di tempo. A titolo d’esempio: certificati, lettere, libri contabili, fotografie, riproduzioni fono/video-grafiche.
      Personalmente preferisco attribuire alla parola italiana una specifica definizione dal significato più ampio, sebbene tratta in via estensiva da un ambito settoriale, che non ricorrere al prestito di lingua straniera.
      Mi rendo comunque conto che nell’uso comune per “documento” si intende unicamente il supporto materiale e virtuale in cui comunicare per mezzo di caratteri grafici.

      1. Maddalena, un file è un insieme ordinato di dati o istruzioni: Mauro Vanetti cita proprio l’esempio di un “file eseguibile”, quello che gli “informatici vecchio stampo” chiamerebbero .exe, poiché questa è l’estensione più utilizzata in ambito Dos/Windows.
        Personalmente, limiterei il concetto di documento solo agli insiemi di dati (testi, immagini, video, musica…), mentre l’insieme documento & eseguibile non ha un corrispettivo italiano esatto.
        Quindi sposterei “file” nella stessa colonna di “mouse”, tra le parole inglesi obbligate per mancanza di alternativa.
        Tutto… IMHO 🙂

        1. “Obbligate” solo perché non abbiamo voglia d’usare parole italiane. Gli spagnoli e i francesi traducono sia “file” (“archivo” e “fichier”) sia “mouse” (“ratón” e “souris”).
          Se avessimo usato anche noi un traducente dall’inizio nessuno avrebbe niente da dire, ma siccome non l’abbiamo fatto adesso ci sembra uno scandalo dire “archivio” o “topo”.

        2. Marco, ma non ti sei già risposto da solo? 🙂 Se ci si riferisce a singoli documenti di testo o di riproduzione audio e video possiamo parlare, appunto, di “documenti” o di “dati”. Se ci si riferisce ad insiemi di dati con diversità di funzione (cioè dati virtuali utili alla ricognizione, al calcolo e a qualsiasi altro scopo), possiamo parlare di “archivi”, com’è già stato fatto notate. Se ci si riferisce specificamente a dati .exe, possiamo parlare, come li hai già nominati tu, di “eseguibili”, o anche di “applicativi” e, più genericamente, di “programmi”.
          Mio fratello, con genuino spirito d’orgoglio informatico, sostiene che poiché circa il 90% (quantità non documentata, ma verosimile) delle invenzioni nel settore proviene dagli Stati Uniti è condivisibile e diretta conseguenza il fatto che abbiamo dovuto importare l’originale terminologia specifica di riferimento. Io ritengo che finora sia tranquillamente possibile trovare dei corrispondenti in Italiano (invero finora, a mio avviso, senza la necessità di creare dei neologismi) che siano più o meno efficaci e idonei allo scopo. 🙂

  31. Il termine “stakeholder” come potrebbe essere tradotto: compartecipanti, soci, finanziatori?
    E “influencer”? Influenti?

    1. Nel campo in cui lavoro (sviluppo territoriale), stakholders è tradotto letteralmente come portatori di interessi, o attori (sottinteso: dello sviluppo, o dell’economia locale).

  32. Ottima iniziativa: molto spesso l’uso di parole straniere impigrisce il cervello: quando si dice che la parola giusta in italiano “dipende dal contesto”, si vuol dire che bisogna pensarci su e trovare l’espressione più adatta. Invece usando la parolina inglese si evita la fatica di contestualizzare, si perdono le sfumature, si appiattisce l’espressione. Detto questo un solo appunto sulla nota introduttiva: apartheid non è inglese, ma afrikaans.

    1. In alcuni sport di provenienza inglese certi termini sono intraducibili. E’ il caso del “grip” nel golf.
      Altri termini golfistici che in italiano perderebbero il loro significato: shaft, shank, par, birdie, bogey, slice, fade, draw, handicap.

  33. Condivido anch’io l’iniziativa… cum judicio 😉
    Lascerei stare snob, per il quale le traduzioni proposte non mi sembrano convincenti e che oltretutto viene dal latino – contrazione di “sine nobilitate”, senza nobiltà.
    Aggiungerei premier > primo ministro e governance, che è semplicemente… il governo, inteso non come gruppo di persone incaricato di governare ma come attività/strategia di governo.

    1. Ciao Monica. A proposito di “snob”, il vocabolario Treccani dice questo:
      snob ‹snòb› s. ingl. [parola che significava in origine «cittadino di basso ceto» e nell’ingl. dialettale «ciabattino», assunta nel gergo studentesco inglese per indicare una persona estranea all’ambiente, passata quindi a significare «persona non fine, non adeguata a un ambiente colto e raffinato», e diffusa in Europa dal romanzo The book of snobs (1848) di W. Thackeray; è priva di fondamento l’opinione, molto diffusa, che sia un’abbreviazione della locuz. lat. s(ine) nob(ilitate) «senza nobiltà»] (pl. snobs ‹snòb∫›), usata in ital. come s. m. e f. e agg. – Chi ammira e imita ciò che è o crede sia caratteristico o distintivo di ambienti più elevati; chi ostenta modi aristocratici, raffinati, eccentrici, e talora di altezza, superiorità.
      http://www.treccani.it/vocabolario/snob/

  34. Il paradosso si conclude con una parabola sferica: termini inglesi (di cui abbiamo noti corrispondenti) addirittura coniugati in italiano. Deliverare, schedulare… Vi giuro.

  35. Plaudo all’iniziativa.
    Vorrrei sottolineare anche i neologismi italiani derivati dall’inglese anche quando abbiamo degli ottimi vocaboli originali:
    Customizzare invece di Personalizzare
    Scannerizzare invece di Scansionare (anche Scansire)

    1. Per rimpolare il lessico italiano ed estrudere un po’ di vocaboli stranieri dai nostri dizionari bisogno però essere flessibili e non schizzinosi (qualcuno direbbe choosy 🙂 quindi si personalizzare per customizzare, che è orrendo, ma non si può più ancora storcere il naso per scannerizzare quando ormai l’aggeggio che si usa è lo scanner, semmai chiamiamo quest’ultimo scannerizzatore. Che è parola italiana se non nell’etimo ma nella morfologia e nella pronuncia.

  36. E di brainstorming (che detesto! non è meglio usare anche una perifrasi in italiano, tipo: riunione strategica, riunione risolutiva, incontro per risolvere)?
    E di outfit, ne vogliamo parlare?
    La shopping bag (borsa per la spesa), la clutch bag (la pochette o bustina), total look (immagine complessiva), oversize (oltre misura), help desk (ufficio assistenza), il blush (fard)?
    Per i verbi:
    spammare (fare pubblicità a qualcuno o qualcosa);
    postare (inviare il commento);
    linkare (creare un collegamento);
    interfacciare (che peraltro è tremendo perché viene usato al posto di “relazionarsi, confrontarsi con…” invece l’”interfaccia” da cui proviene il verbo, in informatica prevede un terzo agente che ne mette in relazione altri due, quindi è una castroneria al cubo).
    Se me ne vengono in mente altri, poi aggiungo.

    1. il brainstorming è un processo. quando si usa il termine per ciò che è realmente, la perifrasi non traduce adeguatamente.

      altro è usare il termine tanto per crogiolarsi nel vocabolo, mentre si farà un semplice incontro.

      1. Dall’Enciclopedia Britannica:
        An important variety of decision support systems enables a group of decision makers to work together without necessarily being in the same place at the same time. These group decision systems include software tools for brainstorming and reaching consensus.

        E tutta sta pappardella non può davvero essere tradotta in “riunione/incontro per risolvere…”?
        Bah! Per usare bene le parole straniere, bisogna anche conoscere il contesto, la mentalità, il modo di vivere e di pensare del tale popolo. Brainstorming noi non lo useremo mai bene.
        Quindi dovremmo utilizzare la terminologia che ci è più congeniale.
        Non veniamo da due secoli di Far West, ma da secoli di storia, di civiltà, di buone maniere, di filosofia e giurisprudenza.

        1. Anche dalla definizione che riporti si evince che il brainstorming è un “sistema a supporto delle decisioni di gruppo” ovvero un processo.
          Il brainstorming è una tecnica, con le sue regole, per incoraggiare la produzione di idee, immaginare possibilità, punti di vista, ovvero per aprire, allargare lo sguardo entro cui – solo in una fase successiva – trovare una soluzione condivisa. Una regola del brainstorming ad esempio è la sospensione del giudizio: non esistono idee sbagliate. Una riunione di brainstorming è il contrario di una riunione risolutiva, per me è casomai una riunione preliminare in cui si dedica tempo all’esplorazione delle possibili alternative.

          1. Sì e lei mi sa dire in quanti in Italia lo usano esattamente in questa accezione?
            Io ho partecipato a molti brainstorming e mai ho visto questa successione di regole, regoline e cavilli vari.
            E’ questo l’aspetto più orrido dell’uso smodato dell’inglese, che come ho già detto, la lingua, Umberto Eco docet, è specchio della civiltà che la crea.
            Adottare la terminologia di un altro Paese senza conoscerne la mentalità, usi e costumi, porta a queste scempiaggini, per cui per fare i ganzi si dice interfacciarsi invece di relazionarsi e chi conosce l’italiano, si rotola dal ridere.
            Se devo parlare l’inglese per fare il fenomeno e sparare poi termini “ad minchiam”, preferisco stare (come faccio) ore sul sito dell’Accademia della Crusca e imparare bene la mia lingua, che peraltro è la seconda più difficile al mondo, in modo da sviluppare nel contempo le mie capacità logiche.

  37. File significa archivio, infatti i files sononarchivi di dati, che questi siano dati da leggere, da scoltare, da guardare o da eseguire, non è importante… rimane pur sempre un archivio di dati

  38. Sopra a tutti:
    Stage nel senso di tirocinio che viene pronunciato come stage uguale palcoscenico.

    1. Perché dire “tirocinio” è difficile e molto molto lungo; quindi si preferisce usare un termine straniero, pronunciandolo male, per giunta.

    2. Segnalo che la parola “stage” non è inglese ma francese (e quindi dovrebbe, a rigor di logica, essere pronunciata alla francese con il suono “a”). E’ una latinizzazione della parola “stagium” “demeure” ed era usato in questo significato nel vecchio francese. nel significato di “tirocinio”, è apparso verso il seicento.

  39. Buongiorno, Annamaria. Grazie per questo elenco! Trovo anch’io assurdo utilizzare un termine di un’altra lingua quando esiste un perfetto corrispettivo italiano.
    Ecco il mio contributo: ho discusso molte volte con un responsabile commerciale che ripeteva in continuazione: “I miei venditori sono skillati!”. Perché usare (e italianizzare) “skills” quando puoi dire che i tuoi venditori sono “qualificati” o “competenti”? Grazie, Fabrizio

  40. come tradurreste mobbing, che viene da to mob, circondare, assediare. Oppure stalker, che letteral. dovrebbe significare più o meno: colui che insegue in modo furtivo

  41. Le rare volte in cui accendo la tv e si parla di “Jobs act” invece che di Legge sul lavoro mi sale il veleno, per esempio.

    1. bravissimo ! Ho detto e ridetto la stessa frase, quando la televisione di stato al telegiornale ( news) per voi fanatici della lingua inglese, dicono, JOBS ACT, quanti Italiani realmente riescono a capire? Non e piu bello dire ” Legge sul lavoro” ?

  42. escort…

    perché fa più fine dire che un politico frequenta delle escort, anziché dire che va a mignotte

  43. La comunicazione è un atto collaborativo secondo il quale chi parla e chi ascolta cooperano per intendersi nel modo meno equivoco possibile. Vedo dai commenti che ci sono alcuni più realisti del Re, che passano da un eccesso all’altro. Proprio ieri ho assistito a un lungo dialogo fra programmatori informatici che s’intendevano alla perfezione. Ovviamente non facevano nulla -non era necessario- per farsi capire dagli altri astanti, i quali dicevano: per me ciò che dicono è arabo. Sono stato anche all’ufficio postale: le indicazioni per selezionare la categoria di operazione, per mettersi in coda prendendo il numero progressivo corretto, è stato arduo per me e per i tanti vecchietti che fondavano la scelta sul passaparola. Ovviamente la mentalità burocratica si esprime per sé stessa, evitando di parlare un linguaggio comprensibile per i suoi interlocutori, in modo da sancire la superiorità.
    Renzi, con il suo jobs act, dimostra di non voler farsi capire dai cittadini, (più prossimi agli anziani in coda allo sportello postale che agli informatici) ma intende veicolare, tramite l’uso di una terminologia astrusa (e sbagliata, dato che act non corrisponde a progetto ma a atto legislativo già consolidato, e lui la legge per ora se la sogna) la sua diversità, la sua modernità, puntando più sulla connotazione che sulla denotazione. Non capisco cosa dice, però lo dice in inglese, e ciò indica che ne sa più di me. Ritengo che questa sia una tattica forse vincente ma di certo insultante e sicuramente squalificante per chi la adotta.

  44. questo vince un premio.
    entro nel sito di una spa 4 stelle…e trovo:

    * PER LUI: 1 hole in one treatment

    per favore chi gli dice che ALL (tutto) in one è diversissimo
    da HOLE (buco) in uno?

    1. Certamente errato e sicuramente ambiguo … ma coloro che lo hanno letto ed hanno prenotato cosa pensavano di trovare ??? Una Hall, un All o un Hole ???
      Nel dubbio io cambierei SPA … 🙂

      1. loro ne sono molto conviti, invece…
        contenti loro…

        dal loro ufficio mktg

        Ci teniamo a precisare che non si tratta di un errore; il trattamento HOLE in ONE rientra infatti nella categoria dei protocolli SPA studiati per Golfisti SWING&SPA come potrà vedere a questo link:http://www.termedisaturnia.it/it/spa/natural-reset-percorsi/percorsi-spa/swingspa.
        Hole in One è in gergo golfistico l’espressione con cui si indica il grande successo di andare in buca al primo colpo.

        1. OK, avrei dovuto verificare prima di giudicare… mea culpa …!!!
          Resta il fatto che “andare in buca al primo colpo” legato alla parola “trattamento” pare un bel “colpo” di marketing … double meaning voluto o
          casuale ???

          1. Provocazioni a parte, è evidente cosa intenda offrire il pacchetto HOLE in ONE, testo e immagini tolgono qualsiasi dubbio; tra l’altro la stragrande maggioranza di coloro che scelgono strutture come questa conoscono sicuramente il significato del termine.

            Questo credo sia un esempio dove il termine inglese ha un significato specifico e sovrasta di gran lunga una eventuale traduzione in italiano che:

            1. non avrebbe la stessa forza comunicativa;
            2. non avrebbe senso nei confronti di una clientela internazionale.

            In ogni caso questo potrebbe essere un semplice esempio di come si possa giocare con le parole, come se in un centro SPA dedicato al Football fosse disponibile un Penalty treatment … trattamento rigoroso o altro … ??? 🙂

          2. nella pagina dedicata ai golfisti ci può stare.
            Lì invece dove è proposto come trattamento per la coppia mi sembra un colpo basso.
            🙂

      2. La “hole in one” è il sogno di tutti i giocatori di golf.
        Può essere che quella SPA sia collegata a un circolo golfistico?

        A questo proposito: come si può tradurre Resort?

        1. Edit. Mentre rispondevo Paola ha già dato la spiegazione.

          (Non c’è modo di modificare gli interventi?)

          1. dal sito wp…lascio in inglese 😉

            That’s not possible. You cannot delete any comments you submitted to someone else’s blog. You can only comment again or use a contact form if they provide one, and ask them to remove it, and they do NOT have to agree to do so.

  45. Può essere utile alla discussione la classificazione dei prestiti (forestierismi) indicata da Giovanni Adamo e Valeria Della Valle in Le parole del lessico italiano, in alternativa alla distinzione classica è tra prestiti di necessità e di lusso:

    1 forestierismi insostituibili, ormai radicati nell’uso, soprattutto per la loro concisione, efficacia espressiva e adeguatezza nominativa, come computer;

    2 forestierismi utili, che ripropongono espressioni straniere alle quali i parlanti sembrano adeguarsi senza sforzo eccessivo, facilitando l’uso di formule denominative di circolazione internazionale, come autobus;

    3 forestierismi superflui, che si affiancano a espressioni italiane già in uso o facilmente ricavabili e sono mossi spesso dalla volontà di ostentare consuetudine con tendenze o conoscenze linguistiche straniere, come nel caso dell’inglese ticket, molto spesso abusato in luogo di ‘biglietto’ o ‘buono’.

    Mi sembra che le indicazioni di questo articolo siano chiare: l’elenco riguarda gli anglicismi superflui, per i quali in italiano esiste almeno una parola o una polirematica equivalente (non è il caso, ad esempio, di brainstorming).

  46. Concordo e sottoscrivo, usare parole che hanno corrispondenze nella propria lingua è controproducente e può portare ad un uso improprio delle parole straniere da parte di persone che hanno una scarsa conoscenza linguistica. Ho solo un appunto da fare: benchmark nel linguaggio aziendale non può essere indicato come “punto di riferimento” o “pietra di paragone” perché non si capirebbe di cosa si sta parlando. Piuttosto, lo si può definire “confronto” (tariffario, ad esempio)ma ovviamente dipende dal contesto.

  47. The first time I heard the term ‘Jobs act’ on the news I thought they were talking about someone called Joe Backt,or Sbackt! (I’m English, by the way). Mi piange il cuore quando sento stritolare la mia lingua da chi è ovviamente digiuno di conoscenza dell’inglese, cioè la maggioranza dei giornalisti alla televisione e radio.
    Che bisogno c’è di cercare frasi stranieri per concetti che si possono esprimere perfettamente in italiano? Snobbismo(altra espressione esterofila)? Per non parlare delle invenzioni del tutto superflue di certi politici anglofoni, tipo ‘roadmap’ (che cavolo vuol’dire, a parte mappa stradale, che ha ben poco da vedere con la guerra in Iraq!)
    Altre bestialità sentite alla radio: cash trapping oppure strapping, immagino la seconda ma è difficile capire dalla pronuncia, fiscal compact (cosa sarà mai??) e spending review che non da assolutamente l’idea di riduzione delle spese. E le varie ‘sexy shop’ che si vedono in giro mi fanno sempre venire in mente un negozio vestito in modo succinto che sospira e fa le moine a chi passa, come una vera professionista. Sexy è una qualità che si può dare ad una persona (tipo George Clooney e compagnia) o una voce, una camminata, un modo di fare, non certo ad un negozio.
    Sarebbe bello imparare una lingua invece di castrarla.
    Bel lavoro e continua, perchè c’è ne ancora tanto da fare. Ciao

    1. Naturalmente lo stesso si può dire delle parole italiane usate a sproposito nel resto del mondo. “Latte” anyone?

  48. Completamente d’accordo con l’articolo, sono anni che nel mio ambiente cerco di usare l’espressione italiana invece di quella (ab)usata in inglese. Sarebbe quasi una rivoluzione se, come faceva mio padre negli anni 80, tornassimo tutti a usare “calcolatore” invece di “computer”.

    Altri esempi:

    – Slideshow: sequenza di immagini e testi che scorrono (?)
    – Slide: diapositiva (?)
    – Photogallery: galleria di foto
    – Conference call: chiamata aperta a più persone (?)
    – taggare: ?
    – open day: giorno di apertura al pubblico
    – developer: sviluppatore
    – web designer: grafico su formati elettronici (?)
    – multitasking: in grado di assolvere a più compiti contemporaneamente
    – self-control : autocontrollo
    – personal trainer: allenatore personale
    – concept: ?
    – board: ?
    – manager: gestore (?)
    – network: rete
    – staff: personale
    – team: squadra
    – vision: visione d’insieme (?)
    – car sharing: condivisione delle automobili (o uso condiviso delle auto)
    – cloud: ?
    – shakerare: mescolare agitando
    – shock: forte emozione

    Ce ne sono a milioni! Del resto una delle mie canzoni preferite è “Voglio una donna” di Vecchioni che dice: “Prendila te quella che fa il leasing / che s’innamori di te la Capitana Nemo / quella che va al briefing / perchè lei è del ramo / e viene via dal meeting / stronza come un uomo / sola come un uomo”.

  49. Annamaria, complimenti e grazie.
    KO(KNOCK-OUT) – fuori combattimento
    OK(OKAY) – va bene
    BABY(pensioni, squillo ecc)- pensioni anticipate – ragazzine (ahimè) facili
    TOY BOY – giovane soddisfacarampe?! Tutta invidia 😉
    OUTFIT = stile personale
    DRESS CODE = regole d’abbigliamento

  50. Forse qualcuno ha già sollevato la questione nei commenti precedenti (son molti e non ho tempo di leggerli tutti).
    “Blitz” non è una parola inglese, ma tedesca (der Blitz), che significa fulmine. E’ entrata una settantina di anni fa nell’uso italiano attraverso la locuzione tedesca Blitzkrieg (guerra lampo). L’uso che ne fa l’inglese è, anche nel suo caso, un prestito dal tedesco.

  51. Finalmente!!! Però, è come dare le perle ai pigs! Pardon, anzi… scu-sa-te: ai porci. (Acc! Ho la testa piena di quel che sa di nulla… Sto diventando anch’io, un tantinello allogeno?)

  52. Eccone un’altra: storytelling.

    Antica forma di narrazione, precedente al teatro, praticata dagli aedi nell’antica Grecia, dai menestrelli medioevali fino alle tante mamme che narrano le storie della buona notte.

    Era complicato chiamarla narrazione?

    Sì lo so è molto di più: è storia nella storia, è improvvisazione, è tono di voce…

    C’è chi fa affari!
    http://www.scuolaholden.it/on-earth/

    Saluti a tutti (*_))

  53. suggerirei di inserire nella lista un termine abusatissimo soprattutto da chi scrive di moda: OUTFIT. Non sarebbe meglio dire completo o insieme?

  54. Aggiungerei due anglicismi un po’ di nicchia, ma che stanno avendo una certa diffusione:
    hill holder: sistema elettronico che permette ad un’autovettura dotata di cambio manuale partenze facilitate in salita (per cui l’automobile non scivola all’indietro anche se il guidatore non sa dosare convenientemente la pressione sui pedali di freno e frizione).
    lurker: persona iscritta a una mailing list o che frequenta varie comunità virtuali, leggendone con grande attenzione i messaggi, ma senza scrivervi mai.

    1. Io direi “retroterra” il background culturale, è il “retroterra culturale” non il “retroscena culturale”

  55. È un articolo fantastico, però sul SUV= fuoristrada non son d’accordo. Il suv è qualcosa tipo “Gippone suburbano”. Non è assolutamente fatto per andare fuori strada è una macchina come diremmo a Milano “gran’grosa e ciula”

    1. Sto rileggendo Luigi Meneghello. La lingua madre, nel suo caso il dialetto di Malo (Vicenza), è la lingua, e le parole hanno un significato autentico, intimamente correlato alle cose. Le lingue apprese (italiano e inglese) -Meneghello è stato docente per oltre trent’anni in Inghilterra- sono in qualche modo superficiali, sovrastrutturali. Suv, sport urban veicle, è uno stupido acronimo, non meno dei veicoli che indicano. Si mostrano -veicoli e termini inglesi- per far credere di essere, ma sappiamo che è solo apparenza.

  56. Aggiungo:
    FITNESS
    HOBBY
    HOME(PAGE,BANKING ecc)
    HI-FI
    HIGHT TECHNOLOGY
    HINTERLAND
    HOOLIGAN
    RECORD

  57. “Retroscena” in italiano rimanda ad aspetti di una vicenda di interesse generale tenuti nascosti (o semplicemente ignoti) al pubblico. Per “background” proporrei “biografia”, “passato” o “storia personale”.

  58. Nella premessa Annamaria, mi pare, è stata chiara: non una crociata contro la lingua inglese, ma un ridimensionamento rispetto a ciò che può essere detto nella lingua italiana.

    Aggiungo un paio di considerazioni.

    La prima: per favore salvaguardiamo anche la sonorità delle parole.
    La seconda: salvaguardiamo la comprensione vera delle parole inglesi utilizzate.
    Mi spiego.

    La Spending review, già citata da Annamaria, credo trovi scarsissima comprensione da parte del pubblico, ma viene stra-usata. Evidentemente fa tendenza.

    Per fortuna è un pensiero condiviso.

    http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/parole/delleconomia/Spending_review.html

    Al prossimo commento (*_))

    1. Direi rispettivamente “bene (primario)” o “materia prima” e (molto semplicemente) “riunione” (o al massimo anche “riunione informativa”).

      1. Il Briefing – quando usato nel suo termine proprio – è una riunione in cui viene dato un incarico, dove si informano tutti i partecipanti di cosa si vuole ottenere, della storia del prodotto, di come è già stato comunicato (confezione, pubblicità etc), tempi e ruoli di ciascuno.

        1. È comunque una riunione. Non vedo la necessità d’usare il forestierismo (né d’inventare una parola nuova).

        2. Ciao Paola.
          “Brief”, quando il termine è usato in senso proprio, significa semplicemente “trasmissione sintetica (brief deriva dal latino “brevis”) di istruzioni o informazioni”.

          E il termine non riguarda solo la pubblicità: alla Casa Bianca c’è una Briefing Room, e dubito che ci si discuta di prodotti.

          1. certo, concordo.
            prodotto era un esempio.

            grazie per la lezione sul latino,
            non ci avevo pensato.
            mea culpa 😉

  59. Appena sentita, casualmente: “non posso, devo andare subito a comperare un costume nuovo. Domenica vado al mare e non posso sciortarmi su feisbuch con quello dell’anno scorso”.
    Notare che la ragazza è laureata in lingue e parla correntemente inglese e giapponese commerciale. Il livello è quello di una tredicenne mooolto sciocca, che si auto-ritrae col cellulare per condividere immediatamente la sua immagine filmata in rete. Faccio davvero fatica a credere che esista un mondo così.

  60. Mi auguro che questa magistrale iniziativa cresca e si diffonda. Perché mi pare che dopo la fatica di fare l’Italia, e quella non ancora completata di fare gli italiani, non è proprio il caso di smarrire l’italiano. Magari scopriremo che ci si può esprimere nella madrelingua, che oltretutto ha in serbo tante storielle da raccontare nascoste tra una sillaba e l’altra delle sue parole.

  61. sì, d’accordo, forse con l’unica eccezione di wishful thinking che, in inglese ha un eccezione più positiva, è un desiderio ma non infondato… speranzoso, direi!
    ciò detto è pur vero che le lingue si sono sempre evolute così, per prestiti di cui, a distanza di decenni e secoli si perde poi l’origine, facendoci percepire come “italiano” quello che era in origine “francese”

  62. Solo un’osservazione: SNOB è una parola nata in Inghilterra ma è un’ abbreviazione dal latino (Sine NOBilitate)

    1. Annamaria ha già riportato quanto dice il Treccani in linea al riguardo:
      «è priva di fondamento l’opinione, molto diffusa, che sia un’abbreviazione della locuz. lat. s(ine) nob(ilitate) “senza nobiltà”».

  63. Non sono mai riuscito a imparare l’inglese e ora son vecchietto, ma traduco frasi elementari. Però mia madre di 82 anni ha imparato la parola “Ticket”, l’è bastata!

  64. Non è proprio inglese, ma a me fa schifo l’uso di “supportare” per sostenere. Forse perché il suono mi richiama alla mente sopportare. Es. “Dovreste supportarmi su questa iniziativa…”

  65. Mi trovo d’accordissimo su tutto,specialmente sul fatto che proprio noi italiani siamo gli artefici di questo deturpamento della nostra bellissima lingua….e mi vergogno di coloro che dovessero pensare che chi parla italiano puro sia “un provincialotto”….perchè parlare la propria lingua qualificherebbe come provinciali?? Siamo proprio un popolo senza il minimo orgoglio identitario e di amore nei confronti della propria cultura….che tristezza..(e anche schifo a volte)
    ps: vogliamo parlare di “endorsement”??? il luogo di “sostegno, appoggio ecc..”??

  66. Inoltre aggiungo di non capire come mai ci si debba quasi sentire in difficoltà al punto da scusarsi se si cerca o si fa una battaglia culturale al fine di ritornare a parlare la propria lingua e non un’imitazione annacquata all’inglese e al francese spesso….ovviamente nulla contro l’inglese, infatti non ci impone nessuno di stravolgere la nostra lingua, ma siamo noi a farlo “con le nostre stesse mani” il che rende il fenomeno ancora più vergognoso…

    1. Son d’accordo. Per giunta anche gl’inglesi ci prendono in giro per l'(ab)uso di forestierismi…

  67. Mi sto ancora chiedendo perché il “Ministero delle politiche sociali” sia diventato il “Ministero del Welfare”, quanto i telegiornali hanno cominciato a definirlo così c’ho messo un bel po’ a capire di cosa parlassero.

    1. Perché così è molto più bello! “Welfare”, qualunque cosa significhi (questo non interessa proprio a nessuno!), ha un suono davvero sublime, poetico, a dir poco! E poi dà subito l’idea di un ministero importante, che funziona alla perfezione, efficiente. Le politiche sociali invece sono noiose, e un ministero che si chiami così non ha nessuna credibilità, per non parlare del nome privo di musicalità!

      1. Attenzione …

        … credo che dietro ogni scelta di “quel tipo” e in “quei palazzi” ci siano SEMPRE logiche molto sottili, a volte molto fini, a volte anche un po’ subdole…:

        WEL-FARE = DEL FARE ?
        WEL-FARE = BEL FARE ?
        WEL-FARE = FARE BENE ?

        FARE-FARE-FARE … :
        – questo è la “forma” scolpita sui media;
        – questa è la “forma” che percepiscono i nostri ingenui occhi quando leggiamo quella parola;
        – leggiamo FARE e ripetiamo mentalmente una cosa tipo UELLFER … molto simile a WELL (fatto bene) …

        Magari mi sbaglio … ma se anche la riforma del lavoro sembra un buon prodotto probiotico con fermenti attivi (JOB-ACTS) … forse non sono poi così lontano dalla verità 😉

        1. Non credo proprio. I politici e i giornalisti prendono quel che vedono in inglese e lo copiano così com’è.
          Se facessero ragionamenti fini di certo saprebbero anche usare l’italiano.

  68. Applauso a scena aperta e qualche piccola nota:
    ASAP (As Soon As Possible) = prima possibile
    “Blitz” è tedesco 😉
    “Brand” è forse meglio tradotto da “Marchio”
    “Hard disk” = “Disco rigido” (esistono i dischi rigidi removibili)
    “Politically correct” non è “politicamente corretto”, le due espressioni generano contesti diversi

    Infine aggiungo:
    “To scan” = “Scandire” (fonte: radio3<-Accademia della Crusca). Quindi "Scandisco il documento e te lo mando per posta elettronica". Purtroppo però "scanditore" grida vendetta, quindi ci teniamo "scanner", dato che "digitalizzatore di immagini" è una pezza peggio del buco… 🙂

    1. Ciao Giovanni.
      Grazie per l’applauso! E anche per i suggerimenti.

      Blitz è, come molti hanno segnalato, tedesco. Ma, come altri hanno segnalato, il termine ha assunto un diverso significato in inglese, e noi con quel significato lo usiamo.
      Comunque nelle prossime settimane riproporrò la lista integrata da diverse centinaia di suggerimenti raccolti in rete. Cercherò di fare del mio meglio per darne conto. E probabilmente toglierò blitz.

      “Brand” è di solito inteso come “marca”. Infatti si parla di “brand image” (= immagine della marca), di “brand equity” (= valore della marca), di “brand awareness” (=conoscenza della marca) e di “brand reputation ( = reputazione della marca).

      Il marchio è qualcosa che puoi stampare. Di solito è composto da un logotipo (un nome, scritto in caratteri codificati e riconoscibili) che può o meno essere accompagnato da un simbolo, o pittogramma. La marca è qualcosa che non puoi stampare. È l’insieme di identità, valori, storia, notorietà, reputazione, attrattività (e altro ancora) che appartengono all’azienda.

      Un saluto cordiale.

      1. Gentile Annamaria,
        volevo informarla della lista di traducenti proposta dal forum Cruscate (scrivendo «Cruscate» su Google è il primo risultato). Non le chiedo certo di ricopiare l’intera lista, ché sarebbe un lavoro troppo lungo, ma sarebbe sufficiente un rimando, dimodoché il lavoro dei membri del forum acquisti visibilità.
        La ringrazio.

        Un cordiale saluto,
        Andrea

    2. Io suggerirei per
      “To scan” = “Scansionare”
      che oltre ad essere sinonimo di scandire, è infinitamente più usato nella lingua parlata comunemente da chi non vuole utilizzare l’anglicismo.
      “Brand” = anche Marca (oltre a marchio)
      Saluti

  69. Gentile Andrea Russo,
    ho trovato il forum, ma non riesco ad accedere alla lista. Se lei mi incolla qui il link (il rimando) la guardo volentieri.

    Per ricopiare una lista basta un clic, per capire quel che c’è dentro ci vuole più tempo. Ho dato un’occhiata alle discussioni. E… ehm, per esempio non me la sentirei di proporre la sostituzione di “bar” con “mescita”.

    Tuttavia.
    Come scrivevo un un altro commento, ho intenzione di riproporre i contenuti di questo post integrati e modificati grazie ai suggerimenti che sono stati prodotti online (centinaia di commenti qui e su diverse pagine Facebook).

    Ben lieta, dunque, di consultare anche la lista proposta da Cruscate, e naturalmente di citarla (ma devo essere in grado di rimandare alla pagina esatta).
    Un saluto cordiale.

    1. Non capisco: qualsiasi intervento che contenga un collegamento non viene inserito.
      Brevemente: dalla pagina iniziale di Cruscate, sezione «Lista forestierismi», poi «Lista dei traducenti», poi il collegamento che trova alla sesta riga (forestierismi), e infine vada su «Lista».

      Questa lista non ha carattere normativo, come vedrà, ma solo informativo. I membri di Cruscate vogliono semplicemente dimostrare che per qualunque forestierismo può esistere un corrispettivo italiano (o esso è già presente oppure è necessario un neologismo; ma la soluzione alla parola straniera c’è sempre).

      La ringrazio molto (anche della pazienza, visto che sembra che non possa darle il collegamento preciso, ma solo le indicazioni).

      Andrea Russo

      1. Buonasera Andrea,
        ho guardato l’elenco ma è difficile fare una cernita tra le soluzioni sensate, che riguardano i prestiti di lusso o neologismi che non si sono ancora affermati in italiano, e quelle che francamente risultano ridicole perché riguardano prestiti di necessità che fanno parte del lessico italiano da anni.
        Esempi:

        biberon: poppatoio
        Big Bang: gran botto
        boy-scout: piccolo/giovane esploratore
        cowboy: vaccaio
        fax: telecopia
        hardware: strumentario
        iceberg: isbergo, montagna di ghiaccio, ghiacciaio galleggiante, ghiaccione, mongelato
        Internet: interrete
        ketchup: salsa rubra
        mouse: selezionatore video, topolino
        radar: radiorilevatore
        server: serviente, servente
        skateboard: rollopattino
        skipass: tessera lasciasciare
        snowboard: nevepàttinoe
        software: programmario
        stress: defatigazione
        tailleur: taglierino
        toner: pigmento per fotocopiatrici
        topless: senzasopra
        whisky: guischi, guisco; acquavite di cereali
        windsurf: velopattino
        yogurt: mezzorado
        zoom: [obiettivo] transfocatore

        1. Buonasera Paolo,
          ridicole in base a quale criterio?
          Quelli che chiama prestiti di necessità sono parole straniere per le quali non sono stati trovati subito dei traducenti. È chiaro che poi dopo tanti anni sia difficile usare un termine italiano: se lo si fosse usato dall’inizio, nessuno avrebbe niente da ridire. Come nessuno ci guarda strano quando ordiniamo una bistecca, adattamento dall’inglese “beefsteak”.

          E comunque non si obbliga a usare questi traducenti, ma si cerca di far vedere che volendo il modo per parlare un po’ di più in italiano c’è…

        2. Per “cowboy”, più che vaccaio, proporrei “buttero”, termine relativo ai mandriani a cavallo della Maremma toscana

  70. Vedo che anche qui, per annotare il proprio commento, è scritto tutto in inglese….
    ” Name” , Website , Your Comments ” …
    Va beh…
    Io odio la parola BOX, un tempo si diceva alla francese , ossia Garage …. comunque io preferisco mille volte dire Garage invece che Box, se proprio voglio usare un termine straniero al posto del corretto “autorimessa”.
    Tanto tempo fa, quando io ero piccola, il Box era invece il recinto nel quale si facevano giocare i bambini, poi non so perchè è diventato l’autorimessa.
    Buon pomeriggio !
    Pandi

  71. Tutti questi termini sono utilizzati in precise situazioni, in precisi ambiti e ambienti determinati, legati spesso al mondo del lavoro (es. quando un’azienda si presenta fa letteralmente la collezione di termini di questo tipo). Quindi direi che ci sono dei precisi responsabili di questi obbrobi linguistici! E poi ci meravigliamo se le aziende italiane non vanno bene! E purtroppo si sprofonda con loro…

  72. Eccone un altro, obituary.
    Esempio “Tranquilli, questo non è un obituary: sarebbe fuori luogo, visto che l’impresa di pagina99 continua, sia sulla carta, con il settimanale che resta in edicola più forte di prima, che sul web”
    In italiano si dice necrologio. Dal Vocabolario Treccani: “Necrologia, annuncio funebre, o breve articolo di giornale o rivista con cenni sulla vita e le opere di un estinto: i giornali hanno pubblicato un commosso n. della nobile figura dello scomparso”

  73. Titolo della Stampa di oggi:

    Quei frame d’amore nei selfie #aftersex

    Un unico sostantivo italiano su quattro!
    Frame = fotogramma.

    1. Detesto l’espressione social housing utilizzata dalle aziende pubbliche per l’edilizia economica popolare o casa popolare, sarebbe interessante capire chi ha sentito il bisogno di operare questa modifica che certo non aiuta gli utenti a cui è destinato il servizio. Ridicoli.

  74. Questa lista mi ricorda qualcosa del tipo:

    speculum non speclum
    vetulus non veclus
    columna non colomna

    Forse è già troppo tardi.

  75. “Appeal” -> “attrazione” non funziona (l’appeal si esercita, l’attrazione si prova). Semmai “attrattiva”, anche se non è una parola bellissima. Come dire, manca di appeal… 🙂

  76. Trovo che “sexy” molte volte possa essere efficacemente tradotto con “sensuale” che ha una connotazione meno forte di erotico

  77. Sul sito ww.poste.it ho trovato:
    trading on line
    SpecialCashPostepay
    moneygram

    Ho cercato di accedere all’ultima parola per sapere che cosa fosse ma il sistema mi ha risposto che il servizio era momentaneamente sospeso e che si scusava per il disagio.

  78. Mi associo ad Andrea Russo per “reti sociali” anziché “social network”: non mi sembra affatto “intraducibile”. La versione italiana poi è anche più bella, rende subito l’idea, no?
    Credo che spesso l’irruzione delle parole inglesi sia dovuta a una forma di pigrizia: invece di cercare una traduzione, ci si adatta a usare quel termine (“availability”, “storage”, “store”, “paper”, “upload” ecc.) di cui si capisce bene o male il senso, ma con risultati ridicoli, sconcertanti, se non dannosi.

  79. Io non sono contro l’uso nella nostra lingua di parole coniate dagli americani e che identificano prodotti o conoscenze “made in USA”. Pertanto accetto anche computer, anche se sono sicuro che l’adozione di “elaboratore”, o di un altro termine autarchico, non ritarderebbe di un nanosecondo l’avanzare dell’informatica nella penisola.
    Il fatto è che nella loro precipitazione imitativa, gli Italia- ni – popolo afflitto da un cocente bisogno di seguire le mode, specie se mode straniere – non si fermano a “computer”. Vanno oltre, ben oltre, masticando parole e frasi mal comprese, senza accorgersi di suscitare il riso. A chi usa “jackpot” al posto di monte premi, “flop” invece di fiasco – questa parola italiana usata quasi universalmente – “killer” invece di assassino (o omicida, o uccisore, o sicario), e che ricorre gioiosamente all’espressione “traffico in tilt”, che consacra nella Gazzetta Ufficiale l’espres- sione “Question time”, e che ha un ministro del “Welfare”, devo dire che trovo molto meno ridicoli i Francesi. Adesso anche la parola italianissima “tifoso”, così espressiva tanto da essere usata anche dagli stranieri, è diventata rara nei giornali della penisola, sostituita sempre più da “supporter”, parola, evidentemente, più avanzata sul piano tecnologico come lo è computer nei confronti di “calcolatore”, “ordinatore”, “elaboratore”.
    Le parole “international”, “welfare”, “killer”, “jackpot”, “flop”, comicamente pronunciate dagli Italiani, con suoni forti e vibranti che fuoriescono dalle loro bocche come da canne d’organo, lungi dal garantire una patente di cosmopolitismo e di progressismo riescono solo a far ridere.
    L’inglese è senz’altro una lingua straordinariamente ricca, bella, e soprattutto utile perché lingua della più grande potenza economica e militare, e inoltre perché diffusa in tutto il mondo. Ma bisogna poterla capire, parlare in tutta la sua ricchezza o almeno con una certa proprietà, e pronunciarla in maniera comprensibile. Allora sì che potrà sostituire efficacemente, in tutto o in parte,
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    le lingue nazionali, a mo’ di nuovo esperanto. Nel frattempo, parliamo tra noi “come ci ha fatto nostra madre”.
    L’importazione acritica di termini stranieri rivela non vita- lità, ma spirito passivo d’imitazione… Parlare americano come sembrano voler fare gli Italiani somiglia un po’ al gesto di quelle bambine che si pavoneggiano dopo essersi infilate per gioco la gonna e le scarpe con i tacchi alti della madre, e che poi ince- spicano ad ogni passo. Così fanno loro con l’inglese, sorta di formula magica di Aladino, con la quale non riusciranno mai ad aprire la sperata caverna del tesoro.
    Io so che gli Italiani non possiedono la sensibilità necessaria per trovare ridicolo un popolo che scimmiotta un altro popolo. Ed è, secondo me, un vero peccato.

  80. Concordo solo in parte. Molte di queste traduzioni sono inappropriate. Il linguista De Mauro distingue tra prestito d’uso e prestito di lusso. Il primo consiste nell’uso di parole prese da altre lingue, che non hanno un esatto corrispettivo nella propria. Mentre il secondo caso è quello di parole che si potrebbero sostituire con il corrispondente termine in italiano. Per esempio “file” non è uguale a “documento”, perché chiamare un file con estensione mp3 “documento” è fuorviante. La parola “file” non ha un corrispettivo in italiano.
    Poi ci sono i cosiddetti falsi amici, per esempio “authority” non significa “autorità”, per lo meno non nel significato attribuito agli organismi così definiti. Anche “politically correct” è un falso amico: “politicamente corretto” in italiano richiama alla mente qualcosa di politico, mentre in inglese il termine assume un significato più vasto (derivante probabilmente da “policy” e non da “politics”). Anche parole come “privacy”, o “suv” sono prestiti d’uso (un fuoristrada non è uno “sport utility vehicle”).
    Segnalo inoltre che “center” è americano, non inglese. In inglese si scrive “centre”, termine più vicino alla sua origine latina, ma con la stessa pronuncia di “center”.

  81. “award” oltre che con premio di può tradurre con riconoscimento; la differenza è che un premio da’ l’idea di qualcosa che abbia un valore materiale mentre un riconoscimento può essere un semplice pezzo di carta (magari tipo pergamena)

  82. “authority” oltre cha all’italiano autorità indica anche un ente o agenzia preposto ad un’attività generalmente ma non necessariamente di controllo; questo secondo significato non c’è in realtà nella parola italiana se non allorché la si usa scimmiottando la parola inglese. In questo caso sarebbe meglio il termine Agenzia o, meglio, Ufficio(ripristinando il significato che la parola aveva fino al XVIII secolo)

  83. Visto che ci troviamo suggerirei anche di eliminare alcune parole apparentemente italiane, in realtà parole inglesi italianizzate come “digitare” nel significato di scrivere su una tastiera oppure “imputare” che dall’originario significato giudiziario ha assunto il significato di caricare dati su un calcolatore (inglese “input”)

  84. Il bello è che molte parole inglesi usate in ambienti scientifici ed economici sono di derivazione latina. Un esempio è “manager”, sorta di parola magica in tutte le organizzazioni: dal latino manu agere, portare per mano, riferito ai cavalli (castigliano manear, italiano maneggio), obiettivamente non è facile identificare in italiano una sola parola che vada bene per tutte le sfumature, forse la più adatta è Gestore

  85. Dalla notte dei tempi le lingue si sono sempre scontrate e incontrate per mescolarsi e trasformarsi. Tuttavia, io che abito a Parigi da ormai 25 anni, non riesco più a leggere per esempio i giornali italiani : sono persa tra il day hospital, il job act, lo share, il bipartisan e tutti gli altri anglicismi usati negli ultimi tempi. La creatività italiana, che ha dato per esempio tutti i termini musicali al mondo intero, è in panne (per dirla alla francese) cioè bloccata, all’arresto…Ma se perfino la gloriosa Treccani usa Community, password, login sul suo sito e che dire di questo articolo al quale sto “addendo a comment” in mio “name”…Non ci resta che sperare in un “bond” francese (salto brusco, impulso)dell’estro nazionale per liberarci dal “bond” inglese(legame)di sottomissione attuale!

  86. Magnifico articolo, grazie. Penso che i giornalisti italiani abbiano una certa colpa in questo imbastardimento della nostra lingua. Tutte le volte che leggo un articolo su un giornale italiano, che non sia di cronaca o di politica italiana, mi rendo conto che e’ stato copiato da un articolo americano o inglese. Oppure cita pari pari i risultati di una ricerca fatta in America. O un pensiero o una moda americani, o anglosassoni. Quindi penso che purtroppo quello del linguaggio sia un sintomo di una causa ben piu’ grave, e cioe’ che non c’e’ piu’ nulla di ORIGINALE che esce dall’Italia. Che peccato!

  87. Pensate, c’è gente che crede che non inserendo la parola ” problem solving ” nel curriculum vitae , non viene preso dalle aziende neanche in considerazione… che popolo che siamo diventati. Mi vergogno dell’ Italia.

  88. In inglese il verbo “to implement” significa attuare, eseguire, effettuare, compiere. Nel presunto italiano parlato nelle nostre aziende sono nati il verbo “implementare” ed il sostantivo “implementazione” che si potrebbero rendere, un buon italiano, con “attuare” ed “Attuazione”

  89. Arrivederci a problemi finanziari. C’è qualcuno là fuori che ha difficoltà a ottenere un prestito o c’è qualcuno là fuori che sono stati umiliati da amici e parenti a causa di fondi insufficienti e si sentono oppressi. Contatto Gova Financial Co, Ltd. Ci offrono prestiti a singoli o imprese con un basso tasso di interesse del 2% garanzia. Con credito a lungo termine da due a 50 anni al massimo. Offriamo il seguente tipo di prestito: Rifinanziare prestito, prestiti investimenti delle imprese, auto o veicoli prestiti, consolidamento del debito, prestiti residenziali, i prestiti personali, i viaggi e le vacanze di prestito, e molti altri. Applicare ora contattando direttamente il direttore di approvazioni di prestito via e-mail: info.gfcltd@gmail.com

  90. Bell’articolo, condivido pienamente.

    Che aggettivi useresti per tradurre la parola “ultimate” specialmente in riferimento a beni di lusso, ad esempio un’espressione tipo “the ultimate blend of…”
    A volte ho difficoltà più che altro a tradurre concetti così

    1. Grazie Annamaria! Sono stata così impegnata ultimamente, che ho solo visto il tuo commento adesso.

  91. Quello che mi crea più fastidio e mi fa indignare è l’uso dell’inglese negli atti ufficiali dello stato (parlamento,governo etc.) Cioè le istituzioni che dovrebbero utilizzare valorizzare e preservare la lingua italiana

  92. Oh la Peppa! Browser si dice(va) navigatore. Io c’ero quando internet ha iniziato a diffondersi e ci si collegava con il modem manualmente. Allora Google non lo conosceva nessuno e si usava Altavista o Netscape Navigator.

  93. Per favore, sig.ra Annamaria, riproponga questa iniziativa. 8 anni dopo la sua conferenza su TEDx la situazione è davvero fuori controllo. Firmerei molto volentieri una lettera aperta al CdM e all’ordine dei giornalisti a questo riguardo, per il contenimento degli anglicismi superflui e per la valorizzazione della nostra (bellissima) lingua. Saluti!

    1. Caro Pierpaolo,
      ti ringrazio davvero per l’apprezzamento ma… per questa causa ho già fatto tutto quanto potevo, investendo tempo, energie e considerevoli risorse personali.

      Ci sono diverse istituzioni preposte alla tutela della nostra lingua, dall’Accademia della Crusca alla Società Dante Alighieri, che hanno persone, finanziamenti e strumenti che io non ho.

      Ci sono insegnamenti universitari, docenti, esperti, cultori della materia… c’è l’Ordine dei Giornalisti.

      Ci sono proposte di legge governative, sulle quali si può discutere.
      https://accademiadellacrusca.it/it/contenuti/nuove-leggi-sull-italiano-ma-sono-davvero-politica-linguistica/32205

      Ci sono i ministeri. per esempio, il Ministero degli Esteri e quello dell’Istruzione, che a diverso titolo si occupano di questo tema.

      Insomma… non può tutto stare appeso all’iniziativa della sottoscritta, no?

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