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Esperienze 10: che bel libro di scuola… l’ho fatto io

Parla di professori coraggiosi e studenti intraprendenti Emanuela Zibordi, che sta provando a introdurre libri di testo autoprodotti nell’istituto in cui insegna. Pubblico volentieri il suo contributo.
Se l’argomento vi interessa, vi suggerisco di leggere anche questo e poi questo articolo, e di dare un’occhiata al sito bookinprogress.

Sono Emanuela Zibordi, insegnante di Scienze Motorie con specializzazioni in didattica e nuove tecnologie. Insegno in un Istituto Superiore a Mirandola, in provincia di Modena, e non adotto testi didattici anche se il mercato ne offre parecchi.  Ma forse proprio l’essere avulsa dal mercato editoriale scolastico mi ha spinto a osservare l’uso che, nella didattica quotidiana, docenti e studenti fanno dei libri di testo.

La mia curiosità ha riguardato anche le mie figlie mentre frequentavano il Liceo. Sono arrivata alla conclusione, spesso condivisa con colleghi amici, che la spesa sostenuta dalle famiglie non abbia un riscontro di efficacia ed efficienza nell’uso di strumenti che sono sottoutilizzati, e a volte completamente sostituiti da altre risorse alternative.

Gli esami di Stato sono un’altra situazione in cui si intuisce lo scarso utilizzo dei testi. Ai docenti commissari esterni è segnalato il testo in adozione, ma gli studenti si trovano in imbarazzo quando, per esempio, il commissario stesso apre una pagina e chiede di commentare il contenuto: gli allievi non hanno studiato lì, ma spesso sugli appunti delle lezioni o su altre risorse.
Tutto questo, è chiaro, si svolge in buona fede, ma è sintomatico del fatto che il docente titolare è costretto ad indicare il testo che, però, ha poco o per niente seguito durante le sue lezioni. Come si può ben immaginare la situazione danneggia gli studenti, specialmente nel suo impatto emozionale.

L’idea di trovare una soluzione a queste condizioni, non più coerenti con le esigenze della scuola moderna, mi è venuta integrando alcune esperienze di formazione alle quali ho partecipato, già dal 2008, in varie strutture educative in Italia e all’estero: la prima si riferisce al MOOC (Massive Open Online Course), che aveva come oggetto “OER – Open Educational Resources” (Risorse Educative Aperte) organizzata dalla Utah University. La seconda nel corso, sempre in modalità MOOC, “CCK- Connectivism and Connective Knowledge” (Connettivismo e Conoscenza Connettiva) organizzata dalla Manitoba University. La terza, Realizzare ebook in formato ePub: l’interesse verso la lettura digitale mi è venuto a seguito della distribuzione di ebook anche nel nostro Paese e mi ha subito coinvolta come assidua lettrice.

Si è trattato allora di far coincidere l’esigenza di ottenere risorse educative aperte, create in ambiente connettivo, ovvero collaborativo in rete tra docenti e studenti, rese disponibili nei formati richiesti dai dispositivi mobile, come smartphone, tablet, ereader ed anche per il classico PC. Tutto questo per arrivare gradualmente a pubblicare testi scolastici che sostituissero quelli delle case editrici e fossero  più funzionali perché adattati al contesto di classe o per più classi. Costruiti coinvolgendo gli studenti che li integrano cercando risorse aggiuntive in rete, e stimolanti l’interazione tra i soggetti che partecipano al processo di insegnamento/apprendimento.

Non è stato immediato trovare strumenti che permettessero un approccio costruttivo facile anche a quei docenti che hanno poca dimestichezza con le nuove tecnologie. Al momento, la metodologia che propongo è quella che permette un approccio WYSIWYG (ciò che vedi è ciò che ottieni), evitando di entrare nel dettaglio dei codici di scrittura dell’ePub.
Tutti gli applicativi online e offline per creare e pubblicare questi testi sono gratuiti, condizione indispensabile perché siano fruibili dagli studenti e dalle scuole. Nella mia, in particolare, dopo un primo timido tentativo, – qui la piattaforma moodle dell’IIS G.Luosi, dove sono disponibili alcuni etext – si stanno attivando alcune sperimentazioni con colleghi “coraggiosi” e studenti “intraprendenti”, che hanno anche il compito di fornire alcune competenze digitali importanti per il long life learning, orientate a migliorare la motivazione all’apprendimento non più individuale ma cooperativo, non più calato dall’alto, ma costruito rispettando anche gli interessi personali specifici.
L’ebook “Testi scolastici 2.0” dà indicazioni procedurali, step by step, ed ha l’obiettivo di consentire la produzione di testi in formato .pdf anche stampabile, .epub per smartphone e tablet e .mobi per kindle. Le indicazioni per l’acquisto, al prezzo di 0,99 €, a questo link.

9 risposte

  1. Tutto bellissimo, PECCATO che troppo spesso questi NUOVI manuali siano fatti con il copia-incolla. Al solito, dilettanti allo sbaraglio, e soprattutto in un ambito delicato come la scuola, non considerano che spesso i manuali sono frutto di ricerche didattiche su cui gli autori impiegano anni e NON un affastellamento di nozioni. Se i ragazzi non studiano non è colpa dei manuali, sarebbe come dire che il fatto che uno non legga sia imputabile ai libri!

  2. Concordo con Giovanna: purtroppo i contenuti sono spesso riassuntivi e disorganici e l’impaginazione grafica è penosa. A volte sono pagine e pagine di testo con qualche immagine di pessima risoluzione.
    Mia figlia ha a disposizione solo questo genere di materiale in una scuola media che si fregia di essere 2.0, ed intanto io, per ovviare alle carenze dei prodotti realizzati dai docenti, le ho comprato ugualmente i libri di testo…
    La verità è che non tutti i docenti (anzi, davvero pochi) sono in grado di produrre un sostituto al libro cartaceo.

  3. Ho trascorso più tempo nella scuola, come docente e coordinatore di sperimentazioni e laboratori che in azienda, dove peraltro avevo funzioni analoghe.

    Giustamente Annamaria mette a disposizioni esperienze che suscitano dibattito e aprono scenari possibili.

    Io non penso che il problema sia FARSI i libri di testo e cerco di sostenerne le ragioni.
    Innanzitutto gli studenti di ogni ordine e grado devono essere avviati alla pratica della ricerca della fonte sia essa esperienziale che documentale. Questa è una prassi consolidata nella scuola italiana a partire dai movimenti di rinnovamento degli anni sessanta. Inoltre esistono ottimi libri di testo, anche se é centrale leggere molti libri e avviare pratica di laboratorio.
    Faccio esempi in cui ero protagonista: la SPERIMENTAZIONE VERICALE (con laboratori espressivo-creativi, con gruppi di livello per gli insegnamenti di base) a Milano alla Casa del Sole.

    http://www.casadelsoleonline.it/template.php?pag=4004

    A questo proposito devo aggiungere, con buona pace di Sir Ken Robinson, che evidentemente non conosce le eccellenze delle scuole materne ed elementari emiliane e non solo, che queste pratiche di laboratorio, sono diffuse a macchia di leopardo nel nostro paese. Nell’asilo-nido di mio nipote a Bologna, la pratica creativa é cosa ovvia.

    Certo, a partire dagli anni 90 i tagli alla scuola pubblica, lo svilimento del tempo pieno (che era un progetto pedagogico, non un parcheggio), hanno fatto il resto.

    La responsabilità è nella miopia della classe politica tutta che sulla cultura non ha un orizzonte ampio. AMEN (*_))

  4. Vi ringrazio degli interventi. 🙂
    Questo libro non ha la pretesa di creare il testo scolastico ideale, ma di coinvolgere gli studenti nella sua creazione, dando attenzione al processo, non tanto al prodotto. Per questo motivo si è puntualizzato sul “2.0” secondo il significato che comunemente è accettato per il web: contenuti creati dal basso in ambiente connettivo.

  5. Siamo un piccolo gruppo di docenti di Roma. Anche noi ci stiamo attrezzando per fare qualcosa di simile a ciò che stai facendo tu. Obiettivi per ora limitati, forma semplice, cerchiamo di sfruttare le potenzialità di Internet: stiamo facendo un libro di geografia unendo i nostri ricordi di viaggio e, ovviamente – di studio, foto nostre o prestate da amici, le voci dei nostri alunni, le loro e le nostre ricerche su internet: siti, filmati, audio, animazioni e testi. Teniamoci in contatto per scambiare esperienze. Grazie

  6. Sono almeno cinque anni (insegno da dieci) che accarezzo l’idea di autoprodurmi i libri di testo (grammatiche escluse), collaborando e coinvolgendo la classe. Quello che mi urta è che si tratterebbe di una mole di lavoro spaventosa, di una responsabilità enorme (in fin dei conti parliamo di formare degli studenti) che non è assolutamente ripagata dallo stipendio; sarebbe non un secondo, ma se fatto bene e onestamente (come intenderei farlo), anche di un secondo-terzo se non quarto lavoro. Chi ce la fa in 36 ore settimanali? La prospettiva di far risparmiare le famiglie mi suona un po’ come scaricare lo sforzo sui docenti malpagati, risucchiando loro l’unica risorsa che loro mestiere ancora conserva: il tempo. Senza contare le resistenze in seno a colleghi e genitori – si fa presto, spinti da gelosie e calunnie a far discorsi del tenore: “quello promuove chi usa il suo testo!”, insomma c’è anche un conflitto di interessi non indifferente! Ogni tanto sogno un’editoria creativa e condivisa, poi la realtà mi riporta a terra…

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