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Esperienze 9: i terremotati, i soccorsi, il volontario e il bagno chimico

Ricevo e pubblico volentieri il contributo che mi invia Giancarlo Manfredi, volontario della Protezione Civile, sulla propria esperienza nelle terre emiliane del terremoto. Del resto, da anni si parla molto e si pratica meno l’innovazione dal basso: la possibilità che singoli cittadini presentino idee utili a migliorare le cose. E questo mi sembra un caso del genere.
Già che ci siamo: vi ricordo che è ancora attivo il numero 45500 per mandare due euro di aiuto con un sms da cellulare. Dai, fatelo, già che siete seduti belli comodi davanti a questo schermo…

Sostiene Pirandello che in ciascuno di noi si ritrovano a convivere differenti personaggi; verissimo, solo che ci vorrebbe un segno distintivo, un po’ come nei film western, un cappello bianco per distinguere i buoni e uno nero per i cattivi.
Per quanto mi riguarda ogni tanto indosso il berrettino blu di volontario della Protezione Civile e questo, nel migliore dei casi, fa di me un (ingenuo) idealista con il sogno di un futuro migliore dove le persone e le comunità si prendano finalmente cura le une delle altre.
Dall’ultima “missione”, però, sono rientrato piuttosto deluso e con la sensazione di essere stato niente affatto utile e forse un po’ strumentalizzato.

I giornali hanno parlato di colonne di soccorritori inviate con una certa enfasi, ma in evidente ritardo, di contrasti tra i coordinatori dei diversi enti coinvolti, di campi senza servizi igienici. Per quanto mi riguarda, ho visto piantare (di fronte ai fotografi) bandiere “foreste” in terre disastrate, regioni che litigavano con le province che litigavano con i comuni che litigavano con…, campi con bellissime tende allineate, ma neanche un bagno chimico, soccorritori affranti dalla calura padana ristorati dai terremotati prima di essere cortesemente mandati “a cagher”.
Fermo restando che la Protezione Civile è un sistema integrato del quale il volontariato è solo una delle componenti, e pur testimoniando l’opera meritevole di tante persone, credo che le cose siano andate come riportato dai quotidiani.

Io posso aggiungere il ricordo di una notte intera passata a guidare alla luce dei lampeggianti, di una bassa padana ancora accampata (a oltre una settimana dal sisma) nelle tende e nelle auto di fronte a case (e ville e fattorie e chiese) disastrate, di una popolazione presa alla sprovvista e resa insicura dal susseguirsi di scosse malevole.
E il caldo e la voglia di un caffè, l’indecisione su cosa dover fare, il desiderio di aiutare, i racconti dei vecchi sulle panchine e le voci su misteriose prospezioni petrolifere; il tutto concluso in un rientro, anticipato quanto inatteso.

Vorrei essere un bravo “disaster manager” (e non lo sono) eppure, con tutti i miei limiti, mi appare evidente che nell’occasione sono venuti meno alcuni dei principi basilari delle buone pratiche di intervento nelle calamità.
Come ad esempio inviare, fin dal primo momento, un team (immaginate un camper attrezzato con computer e apparati radio-satellitari) per la prima valutazione sul campo, incaricato di coordinare una risposta congiunta con le altre forze impegnate, di prendere contatto con le autorità locali e di determinare, nel rispetto del principio di sussidiarietà, che cosa serve realmente alla mitigazione della crisi.
Questo avrebbe permesso di predisporre per tempo i trasporti pesanti, pianificando con precisione le strutture che si dovevano realizzare, e di identificare tra le varie associazioni di volontariato solamente il personale qualificato e necessario agli specifici compiti previsti (dai cuochi agli elettricisti, dagli psicologi agli animatori) per poi farlo viaggiare, tramite autobus di linea (risparmiando così sui costi e sulla fatica delle persone), in tempi più rapidi.

Infine, non sarebbe stata cattiva idea far precedere l’arrivo “dei nostri”, da una task force con il compito di predisporre la logistica (anche i volontari mangiano, dormono e fanno pipì)  e un posto di comando, controllo e coordinamento.
Voglio sperare, anzi credere, che molti dei problemi qui raccontati siano stati in seguito risolti; resta comunque valido il messaggio su quello che deve realmente guidare la fase successiva ai primi soccorsi: il rispetto per le popolazioni colpite, la solidarietà e la consapevolezza di essere ospiti venuti a dare una mano e non a imporre soluzioni non condivise o, peggio, nuovi stili di vita.

Domandiamoci poi se è possibile giustificare ritardi, incomprensioni e inefficienze solo con la congiuntura economica o con le recenti modifiche al quadro normativo della Protezione Civile, laddove imposte tramite un decreto legge non pienamente condiviso da molte delle componenti sociali coinvolte.
In realtà da alcuni mesi stiamo assistendo a un vuoto di potere che determina a sua volta una situazione di competizione dei diversi attori istituzionali per il controllo delle (sempre minori) risorse disponibili: ritengo che quest’ultima considerazione spieghi meglio di molte altre ipotesi ciò che sta realmente accadendo.
Concludo dicendo che se ancora oggi la fase d’emergenza in Emilia non può ritenersi terminata, temo purtroppo non sarà certo l’ultima calamità che ci troveremo ad affrontare (“Così va la vita”, diceva il personaggio di un romanzo dello scrittore Kurt Vonnegut). Tuttavia, fino a che non ritroveremo il giusto spirito di una Protezione Civile condivisa e ben coordinata e di una cultura della sicurezza diffusa e applicata, potremo solo limitarci a improvvisare.

“Vivere nel rischio significa saltare da uno strapiombo e costruirsi le ali mentre si precipita.” (Ray Douglas Bradbury)

11 risposte

  1. condivido tutto, anche se a distanza di anni, (ho vissuto il terremoto in friuli) ricordo con emozione e gioia il prodigarsi di alpini e volontari. a volte c\\\’erano più tende, più cibo, ma….. siamo fatti così. non siamo organizzati nelle nostre manifestazioni e anche nel resto. è il ricordo di quel periodo. angelo boreatti

  2. E’ molto elegante, ma è una bordata considerevole. Possibile che l’efficacia della protezione civile sia svanita in pochi mesi, per aver rimosso un vertice molto impegnato in altre faccende?

  3. Chiariamoci (anche se credo sia già abbastanza chiaro dal testo). Sulla buona fede, l’impegno, l’abnegazione e la generosità dei tantissimi volontari che nelle emergenze, dai tempi dell’alluvione di Firenze e del terremoto del Friuli fino ai ricorrenti nubifragi liguri, hanno dato un aiuto sostanziale alle popolazioni, non si discute. Ma in una logica di organizzazione dei processi, e proprio perché i volontari sono una preziosissima risorsa, individuare le aree di miglioramento utili a rendere più efficaci la loro presenza e il loro impegno mi sembra una buona idea. Aggiungo un’altra cosa. Già a metà anni Settanta ho frequentato in Statale un indimenticabile corso tenuto da Lucio Gambi, intitolato Le catastrofi naturali sono prevedibili. Libro di testo, l’omonimo, ancora attuale saggio di Marcel Roubalt. Certo: dei terremoti non si può sapere. Ma le alluvioni, le esondazioni, i crolli, i nubifragi devastanti sono spesso figli di una dissennata politica territoriale. Catastrofi, appunto, “prevedibili” perché, in qualche modo, favorite da cattive pratiche. Che cosa è cambiato in quarant’anni? Beh, una cosa almeno è cambiata: tra telefoni cellulari e web è infinitamente più facile tenersi in contatto e coordinarsi (ricordo che negli anni Settanta c’erano telefoni fissi, radio, telex e… basta. Nemmeno il fax). Fare alcune delle cose che Manfredi suggerisce non dovrebbe essere impossibile. Ottimizzare e rendere più efficienti i soccorsi attraverso un uso accorto e intensivo non dovrebbe essere impossibile. E anche attuare serie politiche territoriali non è impossibile. E mettere a punto normative semplici, comprensibili e adeguate. E controllare che vengano rispettate. E…

  4. Senz’altro. Senza ironia sulle vicende che hanno interessato la Protezione Civile, credevo che fossimo più avanti e che i risultati raggiunti fossero sufficientemente consolidati. Se non è così (e non è così, mi pare di capire) bisogna cominciare praticamente dal foglio bianco, come suggerisci, per aiutare al meglio chi è colpito ma anche per rispetto di chi si presta.

  5. Buongiorno, sono l’autore del post. Volevo solo confermare ai lettori di NeU la mia disponibilita’ a rispondere a eventuali dubbi o richieste di chiarimento sul tema del Volontariato nell’ambito della Protezione Civile e delle emergenze. Limiti alla discussione sono, ovviamente, la mia competenza in materia e soprattutto il rispetto della netiquette e della discussione civile che e’ dovuta ad Annamaria Testa che ospita la discussione. Spero sia comunque risultato chiaro che l’articolo in oggetto nasce con la volonta’ di proporre critiche costruttive a seguito di un’esperienza non proprio esaltante. Soggetto del tema pero’ non e’ il mio hybris ferito, ma la necessita’ di fornire una diversa assistenza alla popolazione emiliana oltre alla presa di coscienza sul fatto che anche la Protezione Civile mi pare stia vivendo la crisi del tempo presente… Giancarlo Manfredi

  6. Aggiornamenti, notizie, FAQ, istruzioni dai comuni di Campogalliano, Carpi, Novi di Modena e Soliera a questa pagina.

  7. Altri due indirizzi (grazie a Giorgio Fontana per la segnalazione) per tenersi aggiornati e capire come dare una mano. Hackathon Terremoto Bologna è un gruppo di ingegneri, informatici e service designer che hanno deciso di far convergere le proprie conoscenze e professionalità per creare applicazioni e software open source a supporto della Protezione Civile e dei tanti altri enti impegnati nell’affrontare le emergenze quotidiane che il terremoto ha creato. A questa pagina gli indirizzi di blog e gruppo Facebook. Un’altra raccolta di info, immagini, news e istruzioni, aggiornata e molto seguita, è intitolata Terremoto Provincia di Modena e Ferrara

  8. Segnalo una notizia che – ne sono convinto – fara’ piacere a molte persone: fermo restando che nelle emergenze le priorita’ sono sempre rivolte alle persone, ci sono tuttavia dei segni, dei piccoli simboli che ci fanno ricordare il nostro essere umani anche nelle calamita’. Ad esempio oggi sul sito del Giornale della Protezioni Civile si trova il seguente articolo: “Sisma: salvare le biblioteche, in arrivo la Bibliotenda” Tra i tanti tesori danneggiati dai terremoti che hanno colpito la Pianura Padana ci sono infatti anche le biblioteche, luoghi fondamentali di cultura aperti a tutti. Molte iniziative in sostegno, tra cui una Bibliotenda per il campo di Cavezzo… Il resto dell’articolo e’ disponibile all’indirizzo: http://www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it/index.html?pg=1&idart=6307&idcat=3#.T-WdRCAJvuI.facebook Giancarlo Manfredi

  9. Continuo con le segnalazioni per chi fosse interessato ad approfondire il tema: dal 27 giugno per 30 giorni sara’ disponibile, sul sito della rivista Wired, il documentario “Comando e controllo” di Alberto Puliafito. Si tratta di un’indagine che racconta il terremoto dell’Aquila da un punto di vista del tutto particolare e che ,partendo dalla quotidianità dei terremotati abruzzesi, arriva alle conseguenze dalle molte trasformazioni del Dipartimento Nazionale di Protezione Civile… Ecco il link dell’iniziativa: http://tv.wired.it/news/2012/06/22/terremoti-e-media-da-mercoledi-il-documentario-comando-e-controllo.html Giancarlo Manfredi

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