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Nuovi fenomeni: gli esperimenti sociali in video

Gira in rete una crescente quantità di video che mostrano il meglio (e più frequentemente il peggio) di tutti noi. Ma di che si tratta? Leggete qui, e guardate i video: o sono linkati in arancione, o appaiono direttamente su questa pagina.

C’è, per esempio, un breve video ceco che indaga le reazioni dei passanti al malessere di un tizio vestito da vagabondo, e a quello del medesimo tizio vestito da dirigente, con tanto di copia di Forbes tra le mani: le persone non intervengono in un caso e nell’altro sì. Il fatto che questa lezioncina sull’indifferenza nei confronti dei vagabondi serva a vendere un periodico che si occupa di affari e finanza la rende, se possibile, ancora più disturbante.
Torna su un’idea analoga, ma con diversi buoni motivi in più, questo video prodotto dalla New York City Rescue Mission. Tesi: i senzatetto sono invisibili, e nei loro panni perfino un parente stretto non viene riconosciuto.
Se i due video precedenti vi hanno messo a disagio guardatevi quest’altro, che viene dalla Norvegia e, invece, potrebbe commuovervi: un ragazzino è solo, al freddo, a una fermata d’autobus, e…

Video così si guadagnano migliaia di condivisioni in rete e appaiono sempre più spesso su YouTube: provate a cercare “social experiment”. Il primo che ricordo di aver visto mostra il famosissimo violinista Joshua Bell che, in una mattina di gennaio, suona Bach per quaranta minuti alla stazione della metropolitana.

Gli passano davanti centinaia di persone. Solo sei si fermano ad ascoltare. Venti gli danno qualche soldo e Bell mette insieme 32 dollari, eppure poche sere prima ha fatto il tutto esaurito a Boston: ingressi a 100 dollari, e tutti in piedi ad applaudire. L’articolo che racconta questa storia si intitola Pearls before breakfast ed esce sul Washington Post. L’autore, Gene Weingarten, ci si guadagna il Premio Pulitzer nel 2008.

Gli esperimenti sociali in video titillano, nel bene o nel male, e a volte con espedienti discutibili, il nostro voyeurismo e le nostre emozioni. Alcuni sono struggenti, pochi sono divertenti, molti sono sgradevoli. Eppure il loro stesso moltiplicarsi ci dice che, in un modo o nell’altro, coinvolgono. Per capire come e perché può essere interessante avere qualche coordinata in più.  E, dunque, di che roba si tratta, e da dove arriva? In realtà, ci sono precedenti di due tipi: il primo rimanda alle scienze sociali, il secondo all’intrattenimento televisivo.

Parliamo del primo. La psicologia sociale studia l’interazione tra individui, gruppi, contesti ambientali e ha una forte componente sperimentale. La definizione e la modalità del “social experiment” vengono da lì: persone inconsapevoli vengono coinvolte nella messa in scena di una situazione più o meno estrema, e il ricercatore registra le loro reazioni.
Uno degli esperimenti più noti viene attuato nel 1961 da Stanley Milgram, lo stesso che mette alla prova la teoria dei sei gradi di separazione.
L’esperimento di Milgram ha come oggetto l’obbedienza all’autorità. È una faccenda cruenta, a base di (finte, per fortuna) scariche elettriche, che i soggetti dell’esperimento, incitati dallo sperimentatore, devono infliggere a una persona ogni volta che questa sbaglia nello svolgere un compito (in realtà si tratta di un attore che simula dolore, e alla fine finge di svenire). Qui trovate una spiegazione dettagliata.
L’esperimento è noto perché la maggior parte dei partecipanti ignora il dolore della vittima e continua a infliggere scariche elettriche come prescritto e previsto.

Un esperimento analogo, ancora più noto, è lo Stanford Prison Experiment che si svolge nel 1971, nel seminterrato dell’istituto di psicologia dell’Università di Stanford, modificato per somigliare a un carcere. Lo psicologo Philip Zimbardo divide 24 dei suoi studenti, selezionati tra i più sani ed equilibrati, in “guardie” e “detenuti”. L’esperimento vuole indagare le dinamiche dell’abuso di potere e dovrebbe durare due settimane. Viene interrotto dopo sei giorni perché le persone entrano nel ruolo al di là di ogni aspettativa e la situazione degenera troppo in fretta. Qui la spiegazione dettagliata dell’esperimento. Qui il sito dedicato.
La vicenda viene raccontata in diversi film (tra questi The Experiment di Paul Scheuring, con Adrien Brody).

Ed eccoci alla componente di intrattenimento. Già a partire dalla fine degli anni Quaranta negli Stati Uniti ha molto successo un format televisivo basato sulla Candid Camera (telecamera nascosta): si tratta di situazioni curiose ma tutto sommato inoffensive che coinvolgono persone comuni, le cui reazioni vengono filmate e riproposte con l’accompagnamento di risate registrate. Guardatevi l’episodio Car without a motor.
Nanny Loy importa qui da noi il format nel 1964, con la trasmissione Specchio segreto, aggiungendo una componente surreale, che va oltre la pura spettacolarità. Guardate l’episodio della scala mobile.

Ad oggi YouTube propone quasi 500.000 filmati con “social experiment”: sesso, disagio, abbandono, indifferenza, violenza i temi più ricorrenti. Molti sono prodotti da singoli utenti che puntano sul voyeurismo e l’indignazione a buon mercato per guadagnarsi un facile successo in rete.
A questi vanno aggiunti i video di prankvertising: “prank” significa scherzo, ma si tratta spesso di scherzi discutibili, che hanno l’obiettivo di suscitare attenzione attorno a un prodotto o a un’offerta. Ecco il finto rapimento di un neonato dal passeggino. Ecco Test drive, per Pepsi Cola. Ma c’è anche, per esempio, un poltergeist nella caffetteria.

Ormai dovrebbe essere piuttosto chiaro: la maggior parte delle persone, se messe nella condizione di dare il peggio (oppure il meglio) di sé, lo faranno, e se messe in una situazione spaventosa si spaventeranno. Spettacolarità, voyeurismo, emozione e immedesimazione garantiranno a ogni video una dose di successo in rete.
Ma quando ‘sta roba esce dal contesto (in teoria, piuttosto sorvegliato) dei laboratori, e quando svanisce la bonarietà delle vecchie candid camera televisive, qual è il limite? Qualcuno sta cominciando a chiederselo. E ci sarebbe anche da domandarsi che cosa succede se, magari, un malcapitato reagisce in maniera esagerata, facendosi male, infuriandosi o pigliandosi un coccolone.

Questo post esce anche su internazionale.it
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12 risposte

  1. Che la pubblicità rincorra queste forme è la naturale conseguenza del fatto che l’adv da tempo ha dimenticato il prodotto a favore dello spettacolo. Uno spettacolo che, in base alle prprie leggi, deve continunamente superare i propri limiti per avere sempre più spettatori. Quindi non credo abbia molto senso chiedersi qual è il limite. Avrebbe più senso chiedersi quale strada dovrebbe percorrere l’adv.

  2. Ciao Annamaria,

    bello questo post, è un tema che mi interessa da tempo, soprattutto riguardo al confine tra lecita documentazione e analisi dei comportamenti e manipolazione e sfruttamento dell’emotività delle persone.

    Senza cadere nella nostalgia, ma come pura annotazione sulla mutata concezione della deontologia, rimpiango l’intelligenza, l’ironia e l’efficacia dello sguardo di Nanny Loi dietro il suo “Specchio Segreto” e deploro quello lacrimevole o sensazionalistico
    di una certa ADV che, quando non è banale e bigotta, a volte risolve il problema di share puntando al pietismo e al voyeurismo morboso oppure ancora all’effetto splatter, senza la minima considerazione o rispetto per il pubblico.

    In Comunicazione, un conto è colpire i sentimenti, un altro ferirli. Non capire la differenza è grave.

    In particolare ti segnalo questo spot che ha avuto non poco successo:

    https://www.youtube.com/watch?v=Am5DBsqtzPQ

    Immagina se in quel bagno entrasse un cardiopatico, oppure una persona molto fragile emotivamente, oppure qualcuno con una personalità bordeline per problemi suoi. Non c’è obiettivo di comunicazione sociale che possa giustificare una tale manipolazione irresponsabile e irrispettosa delle persone.

    Ho pensato alla reazione che avrei avuto io: sarei uscito da quel bagno piuttosto scosso e avrei chiesto di vedere subito il proprietario del bar.

    Il resto non te lo dico, sarebbe splatter 🙂

  3. Freschi, freschi… si fa per dire: 1990, ma su youtube da pochi giorni.

    Quello che desidero condividere è un lungo lavoro di ricerca cresciuto intorno al Laboratorio di Informatica da me diretto.
    La Candid Camera è stata realizzata in collaborazione con la RAI, quando investiva sulla cultura.

    http://www.youtube.com/watch?v=K5hPeFr03YE

    http://www.youtube.com/watch?v=DrAtiZ6nyLI

    http://www.youtube.com/watch?v=nkannf4nuVQ

    Una curiosità. Sulle Candid Camera realizzate da Nanni Loy ci sono molte perplessità in merito alla tecnica utilizzata.
    Saluti a tutti (*_))

  4. Non l’ho specificato, ma credo si capisca comunque: queste Candid Camera erano una ricerca su come gli adulti rispondono alle richieste di aiuto delle bambine e dei bambini (*_))

  5. Dal laboratorio al gioco televisivo

    E’ opportuno ricordare che una situazione sperimentale come quella ideata da Milgram sarebbe stata, a distanza di alcuni anni, giustamente ritenuta inammissibile dal punto di vista del codice deontologico adottato dai ricercatori in psicologia. Si pensi allo stato d’animo dei partecipanti che a fine esperimento si rendevano conto di avere adottato un comportamento di obbedienza supina all’autorità, anche se questo poteva provocare dolore fisico negli allievi. Sapere che tutto si era realizzato grazie alla finzione di un attore che simulava espressioni di paura e sofferenza non diminuiva i pericoli della scoperta di una propria debolezza di tipo morale.
    Purtroppo recentemente la cultura televisiva basata sul sensazionale e sulla violenza morale ha riscoperto il vecchio paradigma di Milgram. In Francia, un reality show dal titolo Zone Xtreme prevedeva che dei concorrenti di un gioco a quiz dovessero infliggere ai loro colleghi scariche elettriche fino a 480 volt (simulate come nell’esperimento classico), quando essi davano risposte errate. Gli ideatori del programma dichiaravano di considerarlo una sorta di denuncia delle possibili conseguenze estreme dei reality show, ma è doveroso ricordare che il pubblico che assisteva sembrava perversamente attirato dalla componente di violenza presente nello scenario rappresentato.

  6. due piccole cosette, in calce al bell’articolo:

    manca il riferimento al film tedesco del 2001 “Das Experiment” (molto più bello del remake americano) tratto dal libro Black Box di Mario Giordano, e soprattutto un riferimento al libro “L’effetto Lucifero. Cattivi si diventa?” edito da feltrinelli e scritto proprio da Philip Zimbardo.

    p.s. Poi, se vogliamo, tra gli esperimenti sociali citerei anche “la terza onda” di Ron Jones e soprattutto l’esperimento “Klee-Kandinsky” o “teoria dell’identità sociale (SIT)” di Henry Tajfel.

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