persuadere

Persuadere: un’idea vecchissima. Nuovissima. Tostissima – Idee 79

Che cosa significa persuadere, e come ci si può riuscire attraverso la comunicazione? A ben guardare, il nocciolo di ciò che chiamiamo comunicazione persuasiva è di una semplicità disarmante: se non puoi obbligare qualcuno a fare qualcosa che tu vuoi che faccia, non ti resta che convincerlo con le buone.

PASSATO REMOTO. Alla faccia di chi pensa che si tratti di roba recente e massmediatica, le radici della comunicazione persuasiva affondano in un passato davvero remoto, retrocedendo fino alla nascita dalla pubblicità e dalla propaganda (se volete scoprire le differenze tra le due, guardatevi questo articolo). E, retrocedendo vertiginosamente, fino alla predicazione di Sant’Agostino, e prima ancora al Cicerone secondo cui un discorso deve docere o probare, delectare, movere e flectere (spiegare o provare, intrattenere, commuovere e piegare gli animi).
E, retrocedendo ancora, ad Aristotele, che formalizza le dinamiche del discorso persuasivo, e retrocedendo ancora a Corace e a Tisia, i primi a scrivere un manuale di retorica raccogliendo argomentazioni utili a convincere i giudici dei tribunali a restituire ai contadini le terre che il perfido tiranno di Siracusa aveva rubato per sé.
E siamo nel 465 avanti Cristo.

L’ARTE DI PERSUADERE. Per sua natura intima, il persuadere esclude non solo la minaccia e il ricatto, ma anche mosse sleali come l’appello alla pietà, o alla cieca fiducia. Se si deve ricorrere a questi espedienti, significa che la persuasione non basta.
La persuasione può tollerare, invece, la lusinga, l’adulazione, il mettere in guardia contro futuri dolori, o la suggestione di futuri piaceri, l’ambiguità, il presupposto non detto, la conseguenza non dichiarata. Forse nessun mezzo è troppo lieve per esser usato nella persuasione.
Così scrive Massimo Piattelli Palmarini in un librino – L’arte di persuadere – che resta fondamentale. Se volete, potete leggervelo qui. E anche fare un download.

LA SPINTA GENTILE. Ma l’antichissima arte di persuadere, nei suoi presupposti se non nella sua forma classica, squisitamente verbale e fondata su artifici retorici, in questi anni e con un tocco di neuroscienze e teoria delle decisioni trova nuove applicazioni altamente creative.
È, per esempio, il Nudge, la spinta gentile. Infiniti i casi: dal convincere i maschietti a prendere la mira in bagno, all’idea taiwanese di abbinare una lotteria agli scontrini fiscali in modo che le persone siano incentivate a chiederli, dalla finta fermata d’autobus per evitare che pazienti con Alzheimer si perdano in città agli incentivi (caffè in omaggio, sconti… e queste sono idee italiane) per la raccolta differenziata.

HUMOUR E ATTIVISMO. L’altra importante, efficace declinazione contemporanea della comunicazione persuasiva fa capo a tutte le pratiche di attivismo politico non violento, fondato sullo humour e su un uso accorto ed evoluto di tutte le tecniche di comunicazione. Ne parla anche Adriano Sofri, rintracciando precedenti storici che vanno da San Francesco allo sciopero milanese del fumo nel 1848, contro gli occupanti austriaci.
Qui, scaricabile, l’edizione italiana di Dalla dittatura alla democrazia – come abbattere un regime, di Gene Sharp, il “von Clausewitz della nonviolenza”, studioso e docente di Scienze politiche all’Università del Massachusetts. In appendice, si trovano anche 198 suggerimenti per condurre una rivoluzione non violenta: Il testo è stato tradotto in quasi trenta lingue.

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8 risposte

  1. ciao,
    non ho avuto modo di cliccare sui link arancioni, ma lo farò nei prossimi giorni. Posso solo dire che le mie tecniche persuasive(non perfettamente programmate) hanno avuto risultati soddisfacenti solo quando avevo ben presente i lati deboli delle persone che volevo persuadere. Per esempio: un amico molto egocentrico e narciso, un collega ipocondriaco, mia madre un filo paranoica. Mi sembra che se si fa leva sul lato debole, la persuasione abbia maggiori possibilità di riuscire. Lo so, non è lodevole ed è un pò meschino..
    ma quando si tratta di fini e mezzi (e poco tempo a disposizione) a volte gli scrupoli si ridimensionano e si soffocano anche.

  2. La persuasione malevola ha le gambe corte: per fortuna! Eccessivo ottimismo? Non credo. Ho lavorato come educatrice in un asilo nido. Sono bastati pochi mesi (e due figli miei) per capire che la persuasione è di successo quando lascia un buon ricordo. Le promesse, i lati positivi di un contenuto/un’idea/un’azione che evidenziamo devono essere veri. Il vestito che compro deve starmi davvero bene. Lo so, esistono faciloni che si convincono facilmente. Non tariamoci però su costoro, cerchiamo di essere bravi e… veri!

  3. Persuadere è una azione a cui io personalmente assegno una accezione negativa perchè implica uno studio volto a capire dove poter colpire il tuo interlocutore nei suoi punti di debolezza. Siamo sempre al solito dilemma; non vi è in realtà necessità di colpire se ciò che proponi ha il plus (novità e utilità come ci suggerisce Annamaria) necessario.
    Verità, trasparenza, utilità non necessitano di persuasione

    1. Scusate la domanda: agire sull’emozionalità attraverso una buona (sana??) comunicazione rientra nella sfera della persuasione? movere e flectere (commuovere e piegare gli animi) può realmente essere una leva per una sana affermazione di un brand al di là del vero apporto di utilità?

  4. Movere, flectere… già Cicerone è convinto che queste siano le virtù dell’oratore (ma a queste il medesimo Cicerone antepone anche “probare o docere” e “delectare”).

    E sì, qualsiasi buona (sana) comunicazione che non sia puramente strumentale (l’orario ferroviario, per dire) ha, credo, una componente persuasiva.

    Aggiungo che la persuasione non serve solo là dove c’è autorità assoluta: chi può imporre non ha bisogno di lambiccarsi per persuadere. Un’ampia, esauriente e appassionante trattazione dell’argomento è nel libro di Piattelli Palmarini linkato più sopra. Dagli un’occhiata… merita.

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