prospettiva

Il senso della prospettiva. Cioè, il senso di tutto – Metodo 33

Prospettiva: al di là dell’ovvia importanza sotto il profilo pittorico e figurativo, e del tributo che tutti dobbiamo riconoscere a Filippo Brunelleschi che ne intuisce le regole (e a Piero della Francesca che la celebra, e a Picasso che la scardina…) è l’idea in sé ad appassionami.
Adesso vi dico come mai e, magari, riesco a trasmettervi la mia passione.

È il senso della prospettiva a mettere ordine, gerarchie e senso nel rapporto (materiale, mentale, culturale, affettivo) tra ciascuno di noi e l’intera realtà. E tra ciascuno di noi e il suo immaginario. Ma non solo: l’ordine è netto, ma fluido. Scegliamo una direzione e muoviamo un passo, e riusciamo a modificare l’universo. O, grazie a un repentino cambio di prospettiva, possiamo scoprire un universo del tutto differente. Meraviglioso, no?
Èd è il senso della prospettiva a metterci in rapporto sia con il passato sia con il futuro. Anche questo è un paesaggio mutevole, non solo perché fatalmente ci muoviamo lungo la freccia del tempo, ma perché, immaginando, o leggendo storie, o grazie a un film, o ricordando, possiamo forzare i limiti. Meravigliosissimo.
Basta. Torno al punto sennò esagero, e vi propongo subito alcune prospettive sulla prospettiva.

ASSE CENTRALE. In un video di meno di due vertiginosi minuti, la nitida geometria della prospettiva in asse centrale di Kubrik. Un piccolo capolavoro di rigore, fatto di capolavori di rigore. Non perdetevelo.

SOTTO IL PAVIMENTO, SOPRA IL SOFFITTO. Il fotografo Michael Rohde propone un punto di vista impossibile. Guardate, e provate a raccapezzarvi. E poi saltate subito, con il lavoro di Menno Aden, esattamente dalla parte opposta.

PROSPETTIVE DIVERSE. Uno dei più begli spot di tutti i tempi (e non sto scherzando) vi dice come il senso di ciò che vedete può cambiare  in relazione alla prospettiva che il vostro punto di vista vi offre. L’ha prodotto il quotidiano The Guardian, nel secolo scorso.

Dicevo qualche riga fa che ogni prospettiva è frutto della relazione tra un soggetto che osserva (e il punto di vista da cui osserva) e tutto quanto viene osservato.
Se vi va, potete leggere su NeU qualcos’altro sul concetto di punto di vista, sulle sue implicazioni creative, su quel che succede quando, cambiando il vostro sguardo, cambiate quanto state guardando. Il punto di vista è, come dire? la sorgente di ogni prospettiva. Nel post trovate diversi altri esempi che meritano.

7 risposte

  1. Passione trasmessa, post interessantissimo. A me gira sempre la testa, adesso molto mi è più chiaro. Grazie tante. 🙂

  2. Come diceva la professoressa in Amarcord: la
    pro-spet-ti-va: e dentro il biscotto nel capuccino! Anche quel gesto era prospettico…

  3. GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE. Dopo una giornata non proprio magnifica, ci voleva un tempo non breve per leggere e per scrivere.

    Tre pensierini, per questo tema poderoso e affascinante, su Caravaggio, Hitchcock, i giardini Zen e l’antropologia.

    – Penso a Caravaggio, alla “Cena in Emmaus”: si narra un evento e la prospettiva “chiama” l’osservatore nell’evento stesso

    – Penso a Hitchcock, alla inquietante “La finestra sul cortile” in cui la finestra mette in relazione “il dentro” e “il fuori”; a “Vertigo”, allo spaesamento, e alle prospettive deformate

    – Penso al famoso crossing nel quartiere di SHIBUYA di Tokyo. Quando sei dentro non percepisci la potenza, devi vederlo “stando fuori” per cogliere la sua forza

    – Penso ai giardini Zen e di quanto Edward Hall ha scritto e a quanto è vero

    “I loro giardini non sono disegnati solo per essere guardati con gli occhi: l’esperienza di passeggiare in un giardino giapponese comprende una gamma insolitamente ricca si sensazioni muscolari. Il visitatore è costretto di volta in volta a guardare dove mette i piedi, avanzando cautamente per un cammino fatto di sassi irregolarmente intervallati attraverso un laghetto.
    Ad ogni masso deve fermarsi per vedere dove dirigere il passo successivo (…) Il visitatore deve levare prontamente lo sguardo, arrestandosi per un momento a cogliere la prospettiva fuggevole di un paesaggio che svanisce non appena muove il piede verso un nuovo appoggio.”

    – Infine penso alle implicazioni antropologiche della prospettiva. Conoscere etnie e popoli del mondo significa “mettersi dei loro panni”. Vale anche per coloro che, nel nostro paese, sono diversi da noi (*_))

  4. Illuminante. Anche io sono sempre stato affascinato dalla prospettiva. 🙂
    Pensando al suo senso in rapporto all’immagine e al tempo, mi viene in mente il fatto che in una visione prospettica (centrale) il punto più lontano è anche il punto di maggiore attrazione e può essere allo stesso tempo punto di fuga o punto di arrivo (sia fisico sia mentale). È un movimento verso qualcosa che arriverà perché in questo tipo visione non c’è passato e non si può guardare indietro.
    Mi fermo qui altrimenti vado in loop anche io!
    Grazie.

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