tempo della rete

Il tempo della rete e quello della psiche

Per quanto tempo è per sempre?, domanda Alice.
A volte, solo un secondo, risponde il Bianconiglio.

IL TEMPO DELLA RETE È FRAMMENTATO. Maurizio Ferraris scrive che, con l’avvento della rete, nel giro di una manciata di decenni siamo passati da una rigida e riconoscibile strutturazione del tempo di vita e di lavoro, modellata sui ritmi della produzione industriale, a un flusso indistinto di attività che si interrompono costantemente a vicenda perché ciascuna sembra richiedere la nostra urgente attenzione. Non solo: Il moltiplicarsi delle interruzioni che ha luogo in un archivio infinito non ci porta, come ingenuamente si potrebbe credere, nel cuore dell’attualità, ma in un’ucronia in cui tutto è contemporaneo di tutto. Insomma: il tempo della rete non “fluisce”.

IL TEMPO DELLA RETE È ANACRONISTICO. In questo contesto ci si ritrova immersi, proprio come accadeva nelle società arcaiche e pretecnologiche, in un eterno presente. Il carattere fondamentale della nostra epoca è l’anacronismo, scrive Ferraris, che torna poi sul tema con alcuni esempi: c’è la vicenda del necrologio dello scrittore Chiunua Achebe che, ripostato sui social network, scatena una quantità di mesti commenti anche se Achebe è morto due anni prima. Ci sono i concorrenti all’Eredità, convinti che Hitler sia salito al potere nel 1948 (secondo Ilaria), nel 1964 (secondo Matteo), nel 1978 (secondo Tiziana).

UN CONTINUUM DI INFINITI “ADESSO”. Di fatto, nel fluire del tempo della rete, ciò che è passato e ciò che è contemporaneo si somigliano e sono ugualmente accessibili: l’occhio del navigatore si fa catturare da immagini e storie, e il tempo della rete appare privo di date. Di “eterno presente del web” ho scritto nel 2012 a partire da una fantastica storia di giornalismo sportivo e piccioni viaggiatori raccontata da David Randall: la storia è ancora buona e, l’abbiamo appena visto, la data è irrilevante.
Bene: tutto ciò sembra significare che in rete il nostro “adesso” soggettivo scorre, o procede, all’interno di un continuum fatto di innumerevoli contemporaneità. Ma quanto dura effettivamente, nella nostra percezione, il tempo che noi chiamiamo “adesso”?

QUANTO DURA “ADESSO”? Ne scrive New Scientist (l’articolo è uscito, tradotto, sul numero 1090 di Internazionale).
L’adesso, secondo i neuroscienziati, è l’attimo di cui siamo coscienti: il nostro presente psicologico. Il cervello lo costruisce integrando e sincronizzando le diverse percezioni degli stimoli (sonori, visivi) che ci arrivano dal mondo esterno. Dura tra i due e i tre secondi: un tempo sorprendentemente lungo, dicono i ricercatori.
È la combinazione degli adesso a darci il senso della continuità, costituendo un periodo di circa 30 secondi: è l’”adesso dell’io”, e ci sembra coincidere con il momento che stiamo vivendo tra ciò che è successo prima e ciò che succederà dopo. Ma si tratta di un adesso elastico: se coincide con un momento critico di massima allerta (per esempio, con un incidente automobilistico) percepiamo tutto quanto come se si svolgesse al rallentatore, e l’adesso sembra durare molto di più. Un analogo, e assai meno rischioso, effetto di dilatazione del presente si può ottenere grazie alla meditazione.

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IL TEMPO DEI SOGNI. Il mio sospetto è che, se pensiamo al tempo della rete, la percezione dell’adesso possa cambiare: gli stimoli sono circoscritti al perimetro dello schermo, e nella scarsa distanza che sta tra lo schermo e il nostro naso si sviluppano interi e, come dice Ferraris, ucronici universi che appaiono e scompaiono in un clic. L’adesso potrebbe contrarsi per via delle continue interruzioni (compresa l’apparizione di fastidiose e a volte rumorose finestrelle pubblicitarie). Ma la mia sensazione è che, invece, sul web l’adesso si dilati e si sfuochi, appunto, nell’ucronia. Insomma: un adesso per certi versi simile a quello dei sogni.
Dunque, sarebbe interessante confrontare la durata dell’”adesso” che viviamo compiendo azioni che cominciano e finiscono nel mondo reale (cucinando, chiacchierando, trasportando una valigia pesante) e quella dell’adesso che viviamo navigando nell’ucronia che è la vera dimensione del tempo della rete. Sarebbe anche interessante vedere se l’adesso delle persone che passano molto tempo in rete varia rispetto all’adesso di chi frequenta poco il web.

In attesa di ulteriori studi, chi vuole potrebbe cominciare a starci un po’ più attento. Magari per decidere che, al fine di disintossicarsi e rcuperare un normale senso del tempo, fare una passeggiata può essere una buona idea. Chi vuole ragionare di tempo e di tempo della rete, di attimi e di ucronia continuando a navigare, invece, può dare un’occhiata all’attimo precedente 10 fotografie che hanno cambiato il mondo. La rassegna è stata già pubblicata nel 2012 su Taringa!, un sito argentino. E forse, prima o dopo, da qualche altra parte. Ma, se non l’avete mai vista, è come se fosse stata pubblicata adesso adesso.

Le immagini sono di Vincent Bourillhon. Questo articolo esce anche su internazionale.it
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9 risposte

  1. Credo che un aspetto positivo della unicronia stia nel non dimenticare il passato, almeno quello che del passato è meritevole di ricordo nel presente e per il futuro. Spesso però nel web c’è la tendenza a non datare e diffondere le fonti, di foto e contenuti: forse per dare risalto alla propria capacità di scoprire quello che altri non conoscono? O forse nella bulimica aspettativa che gli altri commentino “Wow, che post incredibile e originale ci hai regalato…!” E allora dico grazie anche a questo tuo post, Annamaria, che come tua abitudine dà a Cesare quel che è di Cesare e mette in guardia dalle sciocche suggestioni (e manipolazioni a volte inconsapevoli), sia in rete che nella vita. In fondo, il tempo di imparare non è mai perso, sia se sia passato, presente o futuro.

  2. Qualche settimana fa ero con un gruppo di colleghi impegnati in una visita ad una esposizione di lavori fatti da persone con problemi psichici.
    Ho assistito allo scatenarsi di smartfone intenti a fotografare e a inviare a chiunque in rubrica, pardon: watshappare a raffica immagini degli oggetti.
    Mi sono chiesto cosa avrebbero pensato i destinatari di un’immagine decontestualizzata, ricevuta mentre si è impegnati in tutt’altro.
    Mentre la nostra piacevole reazione era il risultato di un percorso molto più ampio iniziato tre ore prima, i tanti che hanno ricevuto le immagini ignorando il prima e il dopo, ficcate a forza in mezzo ad altri pensieri, ovviamente non hanno colto quasi nulla di ciò che aveva generato l’entusiasmo. Ah, sì? Sì, me l’hai mandate? Mi pare… devo andare a rivedere…
    Il giorno successivo, tornando in treno (frecciarotta) dalla Capitale mi sono ritrovato l’ennesimo vicino che si è esibito nel solito dispiegamento dei possedimenti teleoinformatici, e li possedeva tutti. Per quattro ore è stato un saltare rumoroso e ininterrotto di palo in frasca. L’incapace, assessore alla cultura di un grande comune non lontano dal mio, non è riuscito, nell’intero corso del viaggio e nonostante le spiegazioni dell’ennesimo consulente interpellato a gran voce, a modificare un indirizzo nella rubrica. In compenso ho appreso molto del mio vicino e dei tanti st…zi –sua affermazione valida per tutti i contattati, escluso, ovviamente, quel genio momentaneamente in linea–che compongono il suo ambiente.
    La totale dipendenza dal mezzo e l’immersione nell’eterno presente di molti, troppi, mi preoccupa. La condivisione dell’insignifcante rende omologhe le foto dell’attimo precedente a quelle dell’attimo successivo, senza distinguo.
    Cosicché, anche se l’avvenimento in atto è proprio quello che cambierà il mondo, non siamo più in grado di riconoscerlo.

  3. Articolo di importanza oserei dire capitale per chi “vive” la rete con la consapevolezza delle sue enormi potenzialità ma anche degli “effetti” che, senza volere indulgere ai lagnosi teoremi degli spregiatori dell’Età- Della-Tecnica, certo non si possono banalmente ignorare. Articolo ricco e, almeno per quanto mi riguarda, impossibile da “commentare” seriamente in poche batturte. Dietro il suo prepotente hic et nunc e dietro la sua spesso fuorviante pretesa di immediatezza, la rete presuppone, e addirittura impone, non solo una filologia, ma ormai anche una archeologia. Come e più di tutti i libri stampati. E questo è assolutamente stimolante, se solo se ne prende coscienza.

  4. Se cambia la nozione del tempo, si modifica anche la memoria. Cosa succede quando si affida la documentazione della propria esperienza a supporti esterni della memoria? Esperienza e memoria sono strettamente legati e la rete modifica entrambi

  5. ……… la domanda diventa Chi è il tempo? Non cosa è il tempo. Studente :
    Il tempo è l’esserci!……….
    (stamattina da un colloquio all’ esame di maturità, in barba a chi mette solo strafalcioni sprezzanti )
    Sempre complimenti ad AnnaMaria , team e lettori .

  6. Dunque, Giovan battista Vico con i suoi corsi e ricorsi storici aveva preconizzato una certa ucronia internettiana. Bergson, quello dell’eterno presente, non aveva tutti i torti.
    Allora, o questi signori erano geni visionari o avevano la sfera di cristallo.
    A proposito, per la percezione dilatata del tempo non necessaria una faticosa meditazione: bastano le canne.

  7. Anna Maria Corposanto, “l’aspettativa bulimica” mi piace un sacco. È ciò di cui mi vergogno e cerco di disintossicarmi. Ho perso coscienza da poco di ciò che significa il tempo nel web e di come spezza il mio tempo fisico. Per come io lo vivo il tempo del web è quel eterno presente di cui parla l’articolo di Annamaria Testa. Un tempo una goccia d’olio, a ognuno l’interpretazione.

  8. Maurizio Goetz, il tuo commento spiega bene il perché la mia sensazione che il web e Facebook in particolar modo, divide le emozioni dalle persone.

  9. Questo articolo ha diverse chiavi di lettura, per questo ringrazio Annamaria per il prezioso contributo ma anche per gli interessanti contributi. Anche il tempo della rete può essere tempo produttivo, tempo libero, tempo sociale e tante altre cose, ma per noi come spiega Annamaria è importante il tempo cosciente, ovvero il tempo in cui noi siamo consapevoli. Ho riletto l’articolo arricchito dai commenti e mi ha suscitato nuove domande e nuovi pensieri, facendomi riflettere sulla relazione tra tempo ed esperienza.

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