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Impaginare le notizie in un mondo scompaginato

Questo articolo parla di notizie e del perché c’è bisogno di impaginare le notizie. E parla del rapporto che col mondo abbiamo tutti noi.
Ne parla perché poche volte come in queste ultime settimane il mondo mi è apparso scompaginato, e ancor più scompaginata mi sembra l’immagine del mondo trasmessa dai mass media. E, guarda un po’, il contrario di “scompaginato” è “impaginato”.

Viviamo in tempi complessi e veloci, bellezza. Fattene una ragione.

Vabbè, grazie tante. Ma per farmene una ragione devo ragionarci sopra.
Non è solo una questione di simultaneità: è ovvio che, più l’informazione è istantanea e concitata, più rischia di risultare frammentata, caotica e contraddittoria.
È anche una questione di quantità, di disordine e di assenza di gerarchie: che cosa è più importante. Che cosa è più preoccupante. A che cosa dovrei dedicare attenzione, che cosa potrei permettermi di trascurare. Che cosa va mostrato e che cosa non va mostrato.L’informazione sul mondo appare scompaginata, credo, anche perché oggi pochi dei mass media che trasmettono informazione si preoccupano di impaginare le notizie. E parlando di “impaginare” intendo proprio il lavoro materiale del selezionare e del disporre ordinatamente in una serie di pagine tutti i fatti del giorno. Insomma, dell’attribuire a ciascun testo un rilievo, una posizione e un contesto. E, con ciò, un senso, all’interno di una narrazione più ampia.
È il lavoro che ha sempre fatto la grande stampa d’informazione: scegliere le notizie, ordinarle per importanza assegnando un peso a ciascuna. Dividerle per tema e per ambito, integrare testi e immagini. Collocare infine l’informazione così strutturata nella pagine di carta di un giornale, offrendo, proprio attraverso l’impaginazione, chiavi di lettura implicite ma efficaci perché intuitive, costanti e rassicuranti.
Per mettere a confronto diversi punti di vista, in passato bastava confrontare il modo in cui diversi giornali impaginavano le notizie.

impaginare le notizie 1

Ma dai, navighi in rete da vent’anni e non te ne sei accorta? Tutti i siti web sono impaginati, e molti hanno grafiche bellissime…

Non è la stessa cosa. In rete l’impaginazione è spesso puramente identitaria ed estetica, nel senso che ti fa capire subito su che sito sei, e quanto è moderno e alla moda. Ma raramente l’impaginazione ti dice se quel che stai leggendo è rilevante. La carta funziona per selezione, lo schermo per flusso e accumulazione. La carta è normativa, lo schermo è seduttivo. La carta vuole orientarti, lo schermo vuole acchiapparti.
Nelle prime pagine delle testate online, e anche di quelle più prestigiose, si affollano molte più notizie che nella prima pagina di un quotidiano. A spanne, direi tra le dieci e le venti volte tanto, e in certi casi di più. E ci sono i resoconti dell’ultima ora e gli articoli di cinque o dieci giorni fa (l’edizione online, del New York Times peraltro molto strutturata, mette in chiaro le date degli articoli più vecchi, ma molti altri non lo fanno) i pettegolezzi, i video curiosi, le gallery fotografiche, la pubblicità. Tutto mescolato assieme.

…perfino gli aggiornamenti su Facebook e Linkedin sono impaginati, e anche i tweet: prova a uscire dall’impaginazione che prevede 140 caratteri, se ci riesci.

Appunto: è un’impaginazione puramente identitaria: per questo qualsiasi aggiornamento sui social media è formalmente uguale a ogni altro. I 140 caratteri (oggi qualcuno di più) previsti dalla gabbia di Twitter sono gli stessi che hanno a disposizione il papa, Obama, o un qualsiasi complottista fuori di zucca.

Vuol dire che i social media sono democratici. E sono veloci, moderni, ubiqui e gratuiti. Di che ti lamenti?

Macché gratuiti. In rete tutti paghiamo, eccome, in termini di tempo speso e di informazioni conferite durante la navigazione. Ma non è questo il tema adesso.
Il 50 per cento dei ragazzi oggi si informa attraverso il flusso disordinato dei social media. Siamo certi che ciascuno di loro la fa, la fatica mentale di mettere le informazioni in ordine di importanza, di organizzarle per ambito, di connetterle tra loro e magari, già che ci siamo, di verificare l’affidabilità delle fonti? E non è solo una questione di fatica, ma anche di competenza: ogni singolo utente dovrebbe diventare, per così dire, il giornalista di se stesso. Dubito che questo succeda.
E ancora. Anche i telegiornali sono “impaginati” secondo un format, ma è una struttura meno evidente di quella dei giornali, per il semplice fatto che si sviluppa in modo diacronico: la carta stampata ce l’hai tutta davanti, la tv si vede momento per momento. Senza contare che, per esempio, in una diretta televisiva per forza di cose salta ogni struttura: anche in quel caso, l’informazione diventa puro flusso.

Ogni epoca trova il proprio modo di narrarsi. Dimmi quanta gente trovi in metropolitana con un quotidiano in mano, e quanta con un telefonino.

Non ce l’ho su coi social media né con la rete, e non sto dicendo che l’offerta di informazione dovrebbe diminuire. Dico che dovrebbe aumentare in modo consistente la nostra capacità di gestirla, l’informazione, che gestirla è un lavoraccio, ed è un lavoraccio che richiede preparazione e competenza, e che quando l’informazione non viene organizzata la visione del mondo si scompagina, l’ansia cresce e scompagina anche la nostra capacità di decidere da buoni cittadini.

Ma brava. Preferisci che qualcuno scelga e gestisca l’informazione per tuo conto, e te la “impagini” alla vecchia maniera, invece che prenderti la responsabilità di farlo in prima persona?

Oggi in rete la “vecchia maniera” non esiste più, e amen. Ma una nuova maniera va trovata. Ti faccio un esempio che riguarda il grado zero dell’impaginazione, ed è la sezione “immagini” di Google. Prova a digitare “isis” e osserva cosa vien fuori: migliaia di foto di pura, spaventosa propaganda, senza uno straccio di paratesto, un banner, niente che protegga o orienti il lettore. Nessun contesto. Ma che senso ha?
Google sta facendo un lavoro interessante di impaginazione sulle informazioni mediche, proprio nel senso che isola le più affidabili e rilevanti. Forse questa operazione andrebbe estesa anche ad altri ambiti sensibili.

impaginare le notizie 2

…vorresti affidare a Google la selezione delle immagini, proprio un attimo dopo che è scoppiato uno scandalo perché Facebook ha provato a fare una cosa del genere con i Trending Topics?

Il fatto che io non abbia una soluzione non significa che il problema non esiste. E no: non ho una soluzione. Ma credo che sia venuto il momento di porsi il problema.
Per esempio, sulla Repubblica Michele Serra scrive per noi società mediatica, qual è la dose di orrore necessaria per sentirsi “informati”?… le urla, la morte, lo sgomento delle vittime, sono cose da pubblicare e postare a prescindere, a tonnellate, o ci vorrebbe una drastica cernita?
Condivide questa prospettiva il docente di semiotica Paolo Fabbri: pubblicare le immagini è una scelta in sé, ma le immagini in se stesse non hanno un significato. È il linguaggio ancora che le seleziona, le ancora, le appoggia… noi non abbiamo bisogno di pura documentazione, abbiamo bisogno di pertinenza, di dare significato ai segni.
Appunto: si tratta di scegliere, contestualizzare, e (rieccoci!) impaginare. Ma chi sa e può impaginare, specie nel momento in cui i confini tra informazione prodotta da professionisti, informazione prodotta dai cittadini e propaganda prodotta dai peggiori soggetti (Henri Lévi parla di califfato più Twitter) si vanno non solo assottigliando ma anche, per assenza di impaginazione, confondendo?
Le cose non miglioreranno, se solo teniamo conto del fatto che nel 2020, secondo Cisco, l’82 per cento del traffico in rete sarà costituito da video. Un ingovernabile e inestricabile flusso fatto di migliaia di migliaia di flussi.

Tesoro, tu sei consapevole del fatto che anche questo articolo finisce nel flusso della rete? Che apparirà come uno dei millanta rettangolini su Facebook?

Incrocio le dita, confido nella competenza dei pochi lettori che sono arrivati fino a qui e nella loro voglia di continuare a ragionare su questo tema. E poi: a costo di apparire antiquata, nostalgica e passatista, scrivo e navigo in rete ma mi tengo stretta anche i giornali di carta, belli impaginati come sono. Finché ci sono.
Una versione più breve di questo articolo esce su internazionale.it Se questi temi vi interessano, potreste leggere anche:
Propaganda. Che cosa è, come funziona, perché è tossica
Paradosso della visibilità. Come i media premiano chi deplorano

16 risposte

    1. Ciao Hladik.
      Grazie!
      No, non conoscevo la pagina. Molto interessante, e grazie anche per averla segnalata. Qualche anno Fabrica aveva progettato qualcosa di analogo, e altrettanto impressionante, sulle immagini, ma non riesco più a trovarlo.

    2. Il layout del sito a cui linki sembra uno scimmiottamento del layout con cui windows 8 posiziona le app, ma è un pugno nell’occhio

  1. Sarà il caso di prendere molto sul serio queste considerazioni per imporre alla nostra mente di mettere almeno un po’ di ordine nella scompaginata sovrabbondanza dell’informazione d’oggigiorno senza cadere nello sterile dileggio della tecnica. La moderna riproposizione dle mare magnum e dell’indigesta moles nasconde infatti delle opportunità un tempo ignote, e accanto alla illusoria pretesa di fare della mitica casalinga di Voghera una esperta di dna mitocondriale, nonchè una turcologa e una attenta osservatrice delle banlieues di Nizza ( fra poco cercheranno la banlieue pure a Montecarlo, dietro il casino) ) si staglia la possibilità di informarsi per davvero. Forse il segreto è il formare una…COMPAGINE…di amanti della notizia, che sappiano infondere, ma anche letteralmente imprimere, il fascino dell’antica pagina nella farraginosità vorticosa dei rimandi di una rete ormai tentacolare.

  2. Grazie del bel contributo e della riflessione su un tema che considero sempre più cruciale, quello della comunicazione/informazione. Il mio lavoro di insegnante nella scuola secondaria superiore mi ha messo nelle condizioni di vedere come è cambiato negli studenti, soprattutto negli ultimi dieci anni il modo di informarsi, di comunicare e condividere i contenuti, soprattutto attraverso la rete, il loro rapporto con il testo scritto, il rapporto testo/immagine non solo fotografica, ma sempre più spesso in forma di video. Anche per questi motivi nella disciplina che insegno, storia dell’arte, sono sempre più necessari gli approfondimenti di storia della fotografia e del cinema, in generale dei molteplici linguaggi della comunicazione. Creare una consapevolezza critica rispetto all’informazione/comunicazione sarà sempre più importante anche per la moltiplicazione dei canali che internet è in grado di dare. Inoltre trovare un giusto equilibrio tra il modello Gutenberg cioè il giornale di carta (che io continuo ad usare) e quello digitale sarebbe già un bel risultato. Per inciso, trovo che il riferimento alla versione digitale del New York Times (che suggerisco sempre anche ai miei studenti come lettura o semplicemente di andare a vedere come è organizzato) sia più che appropriata nell’indicare non solo un giornalismo di alto livello, ma anche un modello “pulito” ed essenziale di presentare anche graficamente le notizie, dove ogni immagine/fotografia è attentamente pensata nella sua collocazione e in quello che presenta in modo funzionale al testo.

  3. Brava, Annamaria! Hai posto una questione davvero importante. Abbiamo terribilmente bisogno di avere delle mappe affidabili e di un criterio per valutarne l’affidabilità; cioè, in pratica, la reputazione.

  4. Grazie a Luigi, e a tutti. E dai, stiamo tutti un po’ più attenti a quel che ci capita (o meglio a quello che i motori di ricerca ci mettono) davanti al naso. 🙂

  5. Concordo, è un problema serio e importante, districarsi fra la marea confusa di informazioni, le fake news, i social che comunque già fanno una selezione di quello che ti mostrano. Trovare un equilibrio fra la libertà di informazione in rete e una informazione utile che non ti faccia perdere una marea di tempo è necessario, ma come farlo? Di qualsiasi automatismo si può avere il sospetto che orienti l’informazione che ti fa vedere, ma già oggi non ne facciamo a meno

  6. Gentile Anna Maria, Il problema qui analizzato, come ben sai, è un fenomeno che stanno vivendo in tutto il mondo i giornali, come i comuni lettori. E non solo, è un fenomeno che è e sarà sempre più in crescita. Stiamo vivendo uno tsunami di informazioni che si riversa sui nostri cellulari. Con tutte le conseguenze del caso. Il mondo sarà sempre più scompaginato e sempre più complesso. C’è qualcosa che però preoccupa maggiormente in Italia, rispetto all’estero. La mancanza di rilievo degli architetti dell’informazione italiani. Ossia. All’estero il mondo dell’informazione e le aziende di rilievo si sono rese conto del problema e sono corsi hai ripari. Sono stati arruolati e assunti squadre di architetti dell’informazione che progettano, ordinano, categorizzano e rimandano un significato ai giornalisti come ai lettori. Una notizia diventa informazione quando rientra all’interno di un contesto e quindi assume significato. Non è un problema di grafica ma di struttura. Non a caso il NYT piace. A rimettere ordine, oggi possono essere gli architetti dell’informazione, come sai. Ci possiamo tentare. Almeno sarebbe necessario iniziare.

    1. Ciao Stefania.
      Tutte le fonti e i riferimenti sono evidenziati in arancio e linkati.
      Il testo in sé, invece, beh, l’ho scritto io: diciamo che quarantanove anni di professione nel campo della comunicazione, vent’anni di docenza universitaria e un intero libro (Le vie del senso) dedicato ai rapporti tra testo, immagine e grafiche mi hanno regalato qualcosina da dire sul tema.

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