Nuovo e utile

Un intervento per la lingua italiana: la Crusca dice sì

Nelle ultime settimane la sottoscritta – e con lei questo piccolo sito – si sono ritrovati, per via della petizione sull’uso consapevole dell’italiano, travolti da un’onda anomala di parole, opinioni, commenti, richieste… e tanto altro.
Bene: l’esortazione “dillo in italiano” è stata raccolta. La simpatia, il consenso e le adesioni hanno ampiamente superato  le attese.Qui la rassegna-stampa, così ampia che è stato necessario dividerla in quattro parti:
prima parte (da 18 al 23 febbraio 2015),
seconda parte (dal 24 al 25 febbraio 2015),
terza parte (dal 25 febbraio al 9 marzo 2015),
quarta parte (aggiornamento dal 10 marzo 2015 a febbraio 2016).

Ora l’Accademia della Crusca – lo scrive il suo Presidente – accoglie l’invito a farsi portavoce e autorevole testimone della richiesta collettiva di privilegiare, quando è  possibile, l’impiego di termini italiani nelle leggi, negli articoli dei giornali, nella comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni e delle imprese. E, grazie al sostegno di tanti, il suo intervento per la lingua italiana avrà maggior forza.

C’è un’ulteriore buona notizia: a seguito di questa petizione, nei prossimi mesi l’Accademia della Crusca lancerà, sul tema dei forestierismi, un’iniziativa innovativa e del tutto inedita di condivisione in rete. Qui sotto potete leggere la lettera inviata dal Presidente Marazzini. Qui potete vedere l’originale della lettera.
A tutti quelli che hanno aderito partecipando all’avventura di #dilloinitaliano, mille e mille volte grazie. Uno specialissimo grazie all’Accademia della Crusca, per tutto quel che sta facendo e farà. Agli amici di NeU, un grande grazie sia per il sostegno, sia per la pazienza. Dal prossimo articolo torniamo a chiacchierare, come sempre, di quel che accade di interessante tra creatività e pensiero creativo, scrittura, comunicazione e dintorni. Restate con noi. 🙂

_______

Cari Sottoscrittori della petizione,

sono il Presidente dell’Accademia della Crusca. So che si sono ormai quasi raggiunte le 70.000 firme.
Vi ringrazio per l’attenzione che avete dimostrato alle questioni che riguardano la nostra lingua e per la fiducia riposta nell’Accademia della Crusca. Ringrazio anche Annamaria Testa per aver lanciato efficacemente una petizione che ha raccolto consensi così ampi e importanti.

Tutte le vostre firme sono già idealmente sul mio tavolo, o meglio sul tavolo del “Direttivo” dell’Accademia della Crusca, l’organo che ne assicura il funzionamento, assieme al Collegio di tutti gli Accademici (che però si riunisce solo due o tre volte l’anno, mentre il Direttivo viene convocato tutti i mesi, come un Consiglio di amministrazione, per intenderci).

Posso preannunciare quello che farò in quanto Presidente. Intendo accogliere le istanze espresse dalla petizione “Un intervento per la lingua italiana”.

Non vogliamo fare la guerra all’inglese, ma vogliamo rammentare ai parlanti italiani che in molti casi esistono parole italiane utilizzabili, comode e trasparenti. Vogliamo provare a proporle a tutti come possibile alternativa, per promuovere la grande ricchezza lessicale ed espressiva della nostra lingua.

Quando Annamaria Testa è venuta a Firenze per presentarci la petizione, abbiamo insieme immaginato un’iniziativa concreta, che può aprire una nuova prospettiva di partecipazione.
Il Direttivo si riunisce nei prossimi giorni: se non porrà ostacoli, progetteremo un sito Internet di facile accesso e consultazione, per aiutare tutti a orientarsi tra vecchie e nuove parole straniere entrate nel nostro lessico, per capire quali sono i significati, gli usi, le alternative valide e possibili.
In questo sito potranno anche trovare posto segnalazioni, suggerimenti, commenti e contributi che vengono da voi. Non si tratta infatti di imporre delle scelte, ma di cercare il consenso largo e la partecipazione attiva degli italiani e di tutti coloro che amano la nostra lingua. Vogliamo far partire al più presto questo sito.

Contiamo anche di organizzare un “Osservatorio sui neologismi incipienti” a cui parteciperanno varie forze e organizzazioni che si sono ritrovate a Firenze nei giorni 23 e 24 febbraio 2015 (Coscienza Svizzera, Società Dante Alighieri, Accademia della Crusca, ecc.).

In questo caso si tratta di compiere una verifica internazionale sulla circolazione di neologismi e anglicismi, verificando la possibilità di rimpiazzo in un continuo dialogo con i legislatori e con tutti gli interlocutori istituzionali e professionali.

Inoltre l’ufficio Consulenza dell’Accademia lavora già a pieno ritmo, molte volte discutendo proprio di forestierismi (a proposito: vi invito ad andare a vedere il nostro sito).

Il Direttivo stabilirà anche i modi più opportuni per sollecitare Governo, Pubbliche Amministrazioni, media e imprese a un più consapevole uso della lingua italiana.
La visibilità e il consenso ottenuti dalla petizione che avete firmato hanno, di fatto, già acceso su questo tema un’attenzione che manterremo viva.
Questo non è che l’inizio. Altre idee matureranno via via.

Vi saluto con viva cordialità
Claudio Marazzini
(Presidente dell’Accademia della Crusca)

Firenze, 9 marzo 2015

18 risposte

  1. ” Il Direttivo stabilirà anche i modi più opportuni per sollecitare Governo, Pubbliche Amministrazioni, media e imprese a un più consapevole uso della lingua italiana”
    Andrebbe specificato che anche la TV di stato (la più seguita dagli italiani) che va sollecitata ! Il romano non fa parte della lingua Italiana ma di un dialetto che è cultura regionale.

    1. Ciao Giuseppe. “Media” significa appunto giornali e televisioni. Prima fra tutti, appunto, la Rai.
      Devo aggiungere che, personalmente, son sono infastidita dagli accenti regionali, a patto che siano lievi e che il linguaggio impiegato sia chiaro e corretto.
      Per esempio.
      Credo di parlare un discreto italiano ma arroto la erre (e non ci posso far niente). E immagino si percepisca che sono nata a Milano e non a Roma, a Cagliari, a Bari o a Firenze.
      Credo che “lieve” sia la parola-chiave.
      Come in tante altre faccende, anche in questa è una questione di misura, no?

      1. Grazie per il chiarimento.Ci tenevo comunque a sottineare “LA RAI”
        Sono pienamente d’accordo sull’aggettivo lieve, ma questo non si addice affatto alla RAI.
        Come posso inoltrarti una copia della lettera (che ritengo molto esplicativa)inviata via mail qualche giorno fa a Massimo Gramellini?

  2. Una bellissima notizia, ma io me l’aspettavo, quando ho visto che le firme aumentavano die 10.000 ogni due giorni (esagero?). E lo speravo! Grazie Annamaria!
    Ora provo a copiare la rassegna stampa senza combinare guai, è davvero ampia!

  3. Lodevole iniziativa, ma lo snobismo è snobismo e anche togliendogli queste forme, ne troverà altre, così come il camuffamento semantico delle idee scarse o poco accettabili. Tecnicamente parlando, guardando alla storia della lingua italiana, come quella delle altre lingue, da secoli importiamo vocaboli stranieri, con profitto e utilità. L’abuso non è regolamentabile, la proposta di alternative è utile ma non verrà raccolta da chi vuole apparire “cool” (sic). La mia idea è invece di promuovere l’italianizzazione delle parole straniere, in termini sia di grafia che di pronuncia che di derivazione. Di esempi ce ne sono. Interessante ad esempio l’uso dei vocaboli inglesi che si fa nel mondo sportivo: “snobordaro”, “grabbare” ecc. Ma anche in quello informatico: “postare”, “taggare” ecc. Il modello, a mio avviso, è la parola “fricchettone”: grafia e pronuncia italiana, e suffissazione nostrana. Prendere, masticare, ingerire o sputare. Inutile lasciare nel piatto. Cordiali saluti

    1. Ciao Aldo.
      Ci sono tanti modi per gestire i forestierismi: prenderli a prestito, tradurli, adattarli, ricalcarli… questo bell’articolo sulla Treccani ne dà conto.
      http://www.treccani.it/enciclopedia/forestierismi_(Enciclopedia_dell'Italiano)/

      Ovvio: si tratta sempre di proporre, e nulla può essere imposto (ciascuno, per fortuna, resta libero di parlare come preferisce). Ma mi auguro che il nuovo sito potrà dare un contributo importante, sia facendo crescere la consapevolezza collettiva sul tema, sia proponendo valide alternative.

      1. Sì infatti. Tecnicamente parlando, concordando sull’evitare gli acclimatamenti (specie se segno di provincialismo culturale) penso sia più utile promuovere l’abitudine agli adattamenti rispetto ai calchi. Aggiungo però che alcuni forestierismi consentono l’identificazione precisa dell’oggetto evitando sinonimi e confusione, anche più che non nella lingua originale. Per fare un esempio un po’ sciocco, un mouse è un mouse, e sappiamo, a differenza dei parlanti inglese, che non ci si riferisce a un topo. Altro discorso vale ovviamente quando l’intento è opposto alla chiarezza, ovvero quando accade quel che in linguistica si definisce “effetto straniamento”, cioè usare una parola o una locuzione (straniera, in questo caso, ma può essere anche un vocabolo colto) appositamente per far capire meno (o per far credere qualcos’altro), cosa che purtroppo avviene spesso, ad esempio, in politica. Il mio, in sostanza, è un invito a rendere l’iniziativa ancor più battagliera e sostanziale, e non puristica.

  4. L’argomentata ragionevolezza di un’iniziativa non ne garantisce sempre il successo, e per questo dobbiamo ancor più rallegrarci per gli esiti della petizione, che in tanti abbiamo considerato intimamente “nostra”, esprimendo qualcosa di più di una formale gratitudine per chi ha saputo promuoverla come strumento per dare voce a un “comune sentire” rimasto troppo a lungo confinato nella rassegnata, e talvolta finanche frustrata, percezione dei singoli. L’attenta analisi della rassegna stampa, dei fraintendimenti che pure vi si possono trovare, e di tutte le “ricadute” di diverso segno, sarà il punto di partenza per agire nella giusta direzione all’insegna di una sempre più condivisa persuasione. Perché “dillo in italiano” non ha bisogno di pretoriani, guardie rosse, pasdaran e simili, ma per l’appunto di persone dotate di buon senso, capaci di fare i conti anche con i propri riflessi condizionati e di chiedersi per esempio “Come si dice gap in italiano?”, esattamente come ci si dovrebbe chiedere come si dice in inglese “spegnere un incendio” oppure “passare a prendere qualcuno” e così via. insomma, una tensione creativa costante per l’italiano, per l’inglese e per ogni altra lingua, e perché il nostro prezioso cervello coltivi una matura e adulta relazione fra le lingue.

  5. Buongiorno,
    sul comunicato del Direttore dell’Accademia mi è sembrato terribilmente smorzato da quella frase sul Direttivo: “se non porrà ostacoli,…”.
    Sono io il primo ad anticipare ogni evenienza, anche nella comunicazione sul lavoro, ora so che brutto effetto può fare ai clienti e ai colleghi…

    Riguardo ai regionalismi nella televisione pubblica sono d’accordo che la lingua italiana ‘iperurania’ sia da evitare: la parlino pure i giornalisti, ma non è necessario che tutta la televisione parli un italiano che non esiste nella realtà.
    Però… però non si parla di eccessi di regionalismi, ma solo di romanesco.
    Quando mai si sente un accento ligure in televisione? O friulano?
    Non saprei nemmeno riconoscere un accento della Valle d’Aosta o del Molise: che fanno gli abitanti di queste regioni di solito?

    Evidentemente non fanno comparsate in televisione. 🙂

  6. Io vorrei spezzare una lancia a favore della parola “oppure” sostituita da “piuttosto” a ogni piè sospinto.Quando la sento pronunciare a sproposito mi viene il nervoso.

  7. Dall’opuscolo di “Zero” dedicato al Fuorisalone Milano, introduzione “Benvenuti a Milano”: “…Nel caos informe del Fuorisalone potete spostarvi secondo desideri e curiosità: i makers, l’oriente, l’Expo, i palazzi nascosti, le feste, and so on. Ne uscirete di sicuro più foolish, ma difficilmente hungry.” Evito ogni commento (ovvero, “no comment”).

  8. Ho già scritto tempo fa un commento sul vostro sito ma ora sono proprio esasperato e riscrivo.
    La settimana scorsa guardavo RAI 1 e parlavano in dialetto romano, vado su RAI 2 e parlavano in dialetto romano, vado su RAI 3 e parlavano in dialetto romano.
    C’è estremamente bisogno che qualcuno che può far giungere la sua voce a un vasto pubblico (l’accademia della Crusca ?) si occupi del problema della scandalosa “romanità” in RAI.
    Tutti i canali RAI sia di televisione che di radio non ne sono esenti.
    Ai TG ogni volta che per un qualsiasi evento si dice “ sentiamo cosa ne pensano gli italiani” c’è sempre un’intervista o ad un mercatino rionale romano oppure in un ambiente pubblico di Roma; ogni volta che si dice ”sentiamo come la pensano gli studenti italiani” l’intervista è sempre fatta al solito liceo romano laddove gli studenti intervistati addirittura parlano un loro slang quasi incomprensibile.
    Tutte le trasmissioni radio e televisive sono piene di “te cche cc’hai , te che’ffai “ anche pronunciati da autorevoli giornalisti.
    E’ questo la nostra nuova lingua? A scuola mi hanno insegnato a dire TU CHE COSA HAI, TU CHE COSA FAI etc. e vorrei che i miei figli che guardano spesso la televisione continuassero a parlare italiano proprio come gli hanno insegnato a scuola.
    Mesi fa ho sentito con le mie orecchie un’inviata del TG1 dire (non mi ricordo l’argomento) “ ma a quel signore non gli ne può fregar de meno” !!!!
    ANCHE I canali radio rai sono pieni di pseudo-comici che pensano che il solo parlar romanesco faccia ridere. La domanda è :ci dobbiamo proprio adattare? Lo sanno alla RAI che anche ad es. città come Trapani, Bari , Udine , Aosta etc.. fanno ANCHE parte del suolo e della cultura Italica ?
    Ovviamente non ne faccio una questione di accento: ciascuno parla con l’accento che ha “ricevuto” fin da bambino e non lo può cambiare; se un giornalista , un presentatore un intrattenitore fa bene il suo lavoro non può certo cambiare il proprio accento; quello che non giustifico è che si parli non con accento romano ma in DIALETTO romano.
    I dialetti che abbiamo in Italia sono una grande risorsa, ma quando si parla ad un vasto pubblico non si può imporre un particolare dialetto che fa soprattutto presa sui bambini,
    A meno che non si voglia far diventare il dialetto romano la nostra nuova lingua ufficiale.
    Nelle fiction RAI si parla solo romano, e poi quando a parlare sono i bambini, poveretti loro !
    Bene, vengo al dunque: penso che tutto quello di cui sopra faccia un gran male alla nostra RAI, perché queste cose ne offuscano le eccellenze che senza dubbio ci sono.
    In fondo è in RAI che ci sono i programmi migliori e fior di giornalisti; dispiace dover cambiare canale quando si ascolta un certo modo di parlare.
    Spero che qualcuno che ha la possibilità di farsi sentire più del sottoscritto cominci a sollevare questo problema.
    Cordialmente

    Giuseppe Strata

  9. Salve Annamaria, sono una studentessa laureanda e la mia tesi che presto discuterò affronterà la questione degli anglicismi e del fenomeno Itangliano. Ho letto tutti i tuoi articoli e mi sono informata sull’argomento.. ma non riesco a trovare nessuna notizia riguardo il sito che il presidente Claudio Marazzini nella lettera ai sottoscrittori della petizione aveva promesso, cioè “il sito Internet di facile accesso e consultazione, per aiutare tutti a orientarsi tra vecchie e nuove parole straniere entrate nel nostro lessico, per capire quali sono i significati, gli usi, le alternative valide e possibili”. Potrebbe gentilmente aiutarmi a capire se effettivamente un sito del genere è stato creato?
    grazie,
    Simona

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