parola scritta orizzonte

La parola scritta ha un tono di voce? – Idee 143

La parola scritta è, in primo luogo, parola. La scrittura la rende permanente e la separa dalla voce materiale di chi l’ha pensata.
Se penso la parola “orizzonte”, poi posso dirla (urlarla, sussurrarla, sibilarla…), e chi mi conosce di persona sa che verrà comunque fuori qualcosa di simile ad “ovizzonte”, pronunciato da una voce femminile che arrota le erre, che non è particolarmente squillante e che, secondo i casi e i contesti può, come qualsiasi altra voce, suonare divertita, annoiata, allarmata, gioiosa, didattica, triste, entusiasta…

Eppure la parola scritta, proprio per il suo essere “parola”, conserva un proprio suono, che con la voce materiale di chi l’ha scritta non ha niente a che fare. È un suono che può risuonare innumerevoli volte, restando simile a se stesso e riconoscibile, ma assumendo infinite possibili sfumature.
Ed è, notatelo bene, il lettore ad attribuire quelle sfumature di suono a ciascuna parola scritta: lo fa secondo la sua competenza nella lettura, il suo gusto, il suo umore del momento.  E in relazione al fatto che stia leggendo il testo in fretta, scorrendolo con lo sguardo come fa un notaio che ricapitola le clausole di un atto prima della firma. O lentamente, come un buongustaio che assapora ogni caratteristica di quanto sta assaggiando.
Si tratta del suono immaginato o rievocato nella lettura silenziosa (e, allora, risuonerà nella mente di chi legge). O si tratta di un suono riprodotto e reinterpretato nella lettura o nella recitazione a voce alta.

Di che cos’è fatto il suono dei testi, allora? In primo luogo, è fatto del suono che deriva dalla specifica struttura (vocali e consonanti unite in una stringa di segni) di ciascuna parola scritta: se il suono delle parole, nella scrittura, si perdesse, non riuscireste a cogliere neanche le rime e le assonanze di una poesia.
Ma il tono di voce, nella parola parlata e ancora di più in quella scritta, non è fatto solo di suono delle parole: il punto è che non esistono parole pure e semplici. Vi sono soltanto parole con gesti o con tono di voce o con qualcosa del genere […] dobbiamo ricominciare tutto da capo e supporre che una lingua sia prima di tutto un sistema di gesti. Dopo tutto gli animali hanno solo gesti e toni di voce, scrive Gregory Bateson in quel testo complesso, affascinante e oggi, purtroppo, quasi dimenticato che è Mente e natura. È un’intuizione importante.

parola scritta orizzonte

Dunque, il suono della parola scritta è fatto sì della risonanza di ogni singola parola, ma anche di qualcos’altro. Anzi, di tutto quant’altro può aiutare il lettore a immaginare, intuire, ricostruire, a partire da quello che potremmo chiamare il “suono mentale” della parola, anche tutte le sfumature sonore (il tono di voce o il “gesto”, per dirla con Bateson) che quella parola scritta avrebbe avuto, nelle intenzioni dell’autore, se fosse stata una parola parlata.
Che cos’è il “quant’altro”? In primo luogo, è la forma in cui quella parola si presenta davanti ai vostri occhi. Leggete “ORIZZONTE” scritto in grandi lettere maiuscole, su un enorme cartello? Bene: se è scritta in bianco sbiadito su un lugubre cartello nero, che tono assume nella vostra mente la parola? E che tono assume se, invece, è scritta in lettere celesti su un cartello color crema?

parola scritta orizzonte

La forma dei caratteri tipografici, la loro dimensione, il colore, il supporto su cui appaiono influenzano la lettura e l’interpretazione della parola scritta. Se volete che questo influsso sia minimo, scrivete testi nel modo più neutro possibile: in caratteri neri su fondo bianco. Se volete trasmettere qualche sotto-messaggio emozionale, lavorate su colori e forma dei caratteri. Per esempio, se volete che il testo appaia più rassicurante di quel che è, aggiungete qualche colorino, mettete qualche carattere grazioso e incrociate le dita. Non sto scherzando: ve la ricordate, la veste grafica del documento governativo intitolato La buona scuola?
Forma e colore dei caratteri possono, nel tempo, diventare così dominanti rispetto al puro suono e al significato della parola da trasformarla in qualcos’altro: un marchio. Quello dei marchi è un mondo a parte, e ne riparleremo. Ma intanto seguite questo link e guardate che cosa la grafica può fare con una singola parola.

parola scritta orizzonte

Torniamo alle parole e al loro suono. Che c’è intorno a ciascuna parola scritta? Di solito, ci sono pause, e altre parole. Sia le pause, sia le altre parole influiscono sul suono mentale di ciascuna singola parola. Per esempio: vi sembra che la parola “orizzonte” così come la trovate nel terzo verso dell’Infinito di Leopardi suoni come suona in questo titolo (La Fed alzerà i tassi d’interesse? Gli scenari all’orizzonte) del Sole24Ore?
Per certi versi, si può immaginare che ogni atto di scrittura consista nell’aprire un (interminabile) negoziato tra autore e lettori. Oggetto del negoziato: l’interpretazione del testo.
Il suo senso.
In altre parole: quel che il testo “dice” davvero, a partire dal tono di voce che acquistano le parole, accostate una all’altra. L’autore può impiegare una serie di artifici per suggerire un tono di voce. Questi artifici riguardano sia la scelta delle singole parole da accostare, sia la costruzione delle frasi, sia il ritmo che la punteggiatura e gli spazi vuoti che circondano il testo suggeriscono. Il lettore può trascurare, in tutto o in parte, le indicazioni implicite dell’autore. O può decidere di infischiarsene.
Quanto più le indicazioni implicite dell’autore sono nette e coerenti, tanto più infischiarsene può risultare difficile e tanto più l’autore riesce a parlare attraverso la propria voce (non quella materiale: quella mentale) nel testo. Nella prossima puntata vediamo come.
Se vi è piaciuto questo articolo potreste leggere,sullo stesso tema:
Tono di voce. La parte emozionale di quel che diciamo
Come parlano i testi. E come scriverli perché parlino
Stile e tono di voce: qual è la differenza per chi scrive

 

12 risposte

  1. “ogni atto di scrittura consista nell’aprire un (interminabile) negoziato tra autore e lettori”. Non proprio interminabile, come mostrava Eco ne “I limiti dell’interpretazione” (Bompiani, 1990)

  2. Ciao Giacomo. “Interminabile” nel senso che ciascun nuovo lettore rinegozia col testo. Non nel senso che ciascun negoziato può andare avanti all’infinito (anche se il lettore se ne infischia, certo, qualche limite c’è. Per esempio, difficile scambiare il testo qui sopra per l’estratto da una guida turistica di Amsterdam, o per un elenco di istruzioni sul come coltivare i ravanelli).
    Questa la mia intenzione.
    Ma, rileggendo, mi rendo conto che anche la tua interpretazione di quanto ho scritto non fa una piega. 😉

  3. Bellissimo articolo (come sempre).
    Un paio di anni fa, a Lisbona, al museo Saramago c’erano questi ragazzi brasiliani che stavano conducendo un progetto video. Chiedevano agli avventori di scegliere, dalla grande biblioteca mono-autore ma poliglotta, il loro testo preferito, e di leggerlo ad alta voce, nella loro lingua.
    Mi sono accorta che Il Vangelo secondo Gesù, letto da me, cambiava. I periodi di Saramago hanno come un’estetica propria, dettata dal ritmo delle virgole e interpretata dal mio essere profondo, senza il filtro della fisicità e del suono. Ma la mia voce era di troppo, attribuiva significati ulteriori e fuorvianti.

  4. La parola scritta parla e suona, e un testo letto in solitudine è uno spazio silenzioso destinato a popolarsi con gli accenti di ogni sillaba e i toni di ogni frase, con i timbri della voce dei protagonisti e le sfumature di ogni discrorso sussurrato o urlato. Oggettività e soggettività contribuiscono a disegnare un susseguirsi di tonalità ( tono non a caso significa “tensione”) ed effetti che creano nella nostra mente un concerto, una sinfonia mirabile ma anche un’accozzaglia di sibili sgraziati e di percezioni runorose. E questo vale per ogni parola e ogni testo, dal più frettoloso al più impegnato, e ne esprime insieme la potenzialità e il rischio. La scrittura parla di chi scrive e anche di chi legge, e gli orizzonti sono pressochè infiniti, da quelli visibili a occhio nudo fino all’orizzonte degli eventi. Di certo c’è sempre un tono scritto all’orizzonte

  5. Davvero complimenti per questo bellissimo articolo che coinvolge direttamente anche il mondo della traduzione, dove saper interpretare correttamente un testo con tutti i suoi segni è fondamentale. E grazie per il rimando ai mitici logo di Ji Lee: la creatività è nell’essenzialità!

  6. Bellissimo articolo!
    Ricco di spunti e di intuizioni (potentissima per me quella sul ‘negoziato’ tra autore e lettore sull’interpretazione, sia del significato che dell’intonazione, di un testo).

    A tal proposito ricordo con soddisfazione di avere partecipato come attore a delle letture interpretative di Pirandello e Svevo.
    Devastante il secondo: non lo si poteva leggere ad alta voce senza svenire per asfissia. Impossibile decidere che intonazione dare alla lettura.
    Chiarissimo Pirandello: la negoziazione finiva alla prima lettura di prova, quando Pirandello ‘chiudeva’ da subito ogni trattativa suggerendo una interpretazione quasi monolitica.

    Magari

  7. Mi unisco al coro di elogi e mi rincresce non farlo più spesso, visto che sono un frequentatore assiduo del blog.
    Mi è capitato spesso di provare un senso di frustrazione quando, dopo aver inviato una mail, mi sentivo (vedevo) rispondere con un tono (intuivo) che strideva oppure per me non era coerente con quanto e come intendevo dire la cosa.
    Da qui le mie continue ricerche di una fraseologia adeguata a ciò che volevo dire: un lavoro veramente “pesante”, di certo interessante, lungo. Infinito, forse.

  8. forma e contenuto.
    la forma influenza il contenuto e spesso anche viceversa. nella mia più recente esperienza mi accorgo sempre più spesso di quanto questo sia fondamentale in determinati frangenti. ho letto anche il post sul tono di voce. sarò molto più accorto nel parlare e nello scrivere (non so se questo sia bene o male) ora che so che esiste qualcuno che lo percepisce e recepisce. io ho una voce cangiante, ma non è dominata dall’intelletto (quindi usata consapevolmente per comunicare) quanto orientata all’interlocutore, in primis, e a contenuti ed emozioni in seconda analisi.
    mentre nella creazione di marchi gioca un ruolo determinante il contenuto. non ho mai analizzato un marchio dal punto di vista fonetico, non so se sono in grado di realizzarne uno efficace. in poche parole grazie per gli ultimi post

  9. Gentile Annamaria,

    Sono dovuto andare a rileggere il terzo verso del’Infinito perché non riuscivo a ripescarlo intatto dalla memoria. Facendolo mi sono ricordato – o forse ho notato per la prima volta davvero – che l’Infinito è ‘la’ poesia della ‘voce’:

    E come il vento
    Odo stormir tra queste piante, io quello
    Infinito silenzio a questa voce
    Vo comparando

  10. La parola scritta può vibrare nel silenzio del cuore dilatandosi con immensa dolcezza in ogni angolo dell’anima. Per chi ha il dono di tradurre la parola in versi, il suono di tante sillabe può essere la musica che scegli per trasmettere emozioni.

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