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Salmann: la pubblicità, il mood di Moody’s e il senso del limite

Che ci fa un teologo spiritoso e piuttosto fuori dalle righe, prete e monaco benedettino, a un convegno di  aziende che investono in pubblicità? E, soprattutto, che cosa dice? Beh, dice alcune cose curiose – per esempio, paragona le rating agencies al serpente biblico –  e qui sotto trovate una sintesi.
Questo è il terzo degli interventi al Summit Upa che vi racconto. Qui trovate Sassoli de Bianchi e qui trovate Giavazzi. Ne mancano ancora due.

Elmar Salmann – Mi è stato chiesto di collocare l’economia in un paesaggio più ampio.  Dunque vi parlo dell’uomo democratico, dell’uomo economico e dell’uomo pubblicitario, per concludere con alcune note morali e massime teologiche.
L’homo democraticus nasce nel primo decennio del Novecento con la sociologia, la psicologia del profondo, la pittura astratta, la musica da Mahler a Schönberg, i movimenti di emancipazione delle donne e la nuova attenzione ai bambini (da Adler a Piaget e alla Montessori, ndr). Ma tutto si interrompe con le due guerre e i movimenti totalitari.
Ciò che prima era patrimonio delle avanguardie, nel ‘68 diventa patrimonio di tutti: il nuovo uomo democratico è comunicativo, mobile, autonomo, emancipato… nessuno di noi potrebbe ritornare agli anni ’50. È democratico non tanto a livello politico quanto nella psiche e nello sperimentarsi. Contiene e media tanti mondi. È  sensibile, sensuale, esterico, erotico, sportivo: l’uomo “della grande salute” secondo Nietzche. Del resto anche il Dio cristiano è trino, pluriprospettico e dialogico.
Ma homo democraticus è anche contradditorio. Vuole libertà e sicurezza, lo stato debole e lo stato garantista, la privacy ma anche la trasparenza, la meritocrazia ma le risorse free, vuole viaggiare veloce ma odia il rumore degli aerei, è iperadulto ma infantile, é insieme illuminista e romantico. Per la politica non è facile conciliare tutte queste anime.

Oggi per la prima volta l’economia domina sentimento e sensibilità umane, nel bene e nel male. Si è creata una società inventiva e creativa, che ama investire, scommettere e speculare. È un mondo di comunicazione aperta, che la cultura economica ha unito più della politica. È un mondo di welfare e di wellness.
Non è casuale che tutto questo si esprima in termini usati anche dalla teologia: debito, credito, fiducia, sacrificio, conversione. Il linguaggio degli analisti finanziari è altrettanto mitologico di quello dei teologi. Ma c’è un prezzo: il linguaggio economico è vorace e  fagocita tutto, dimensione politica, res publica, simboli religiosi… l’uomo viene visto come consumatore e la parola “consumo” ci consuma. Vogliamo ridurre l’uomo a questo? La parola valore è sulla bocca di tutti: vescovi, politici, economisti. Ma che cosa significa? Che cosa indica davvero? E chi giudica  il valore di che cosa? La rating agency esprime un magistero assoluto, ma a nome di chi parlano gli analisti? Moodys determina il mood… ha un potere che esula da ogni controllo, e influenza umori globali.

La pubblicità è più interessante dell’arte moderna. È la festa del linguaggio e delle metafore: crea utopie e fiabe, legami tra cielo e terra, tra prodotti e inconscio, lavora sui meccanismi sociali. È quasi uno spettacolo escatologico (relativo al destino e alle finalità dell’uomo e dell’universo, ndr). In un mondo in cui tutto è relativo, la pubblicità è il regno dell’iperbole: usa parole come “iper”, “super”, “assolutamente” e ri-crea mondi salvifici attorno a un prodotto. Ma può mantenere le sue promesse?
Il risultato è una società isterica ed eccitata, facile preda della depressione, sia economica sia psicologica, e del disinganno. I prodotti non danno felicità: lo sport nazionale degli europei e degli americani è dichiararsi vittime del sisteme e delle false promesse (e chiedere risarcimenti).
Ma questo è il destino anche della teologia: Dio ha voluto comunicarsi tramite la creazione, ma è bastato che il serpente, la prima rating agency, svalutasse l’intera impresa con una singola domanda retorica per creare nell’uomo uno sguardo scettico e depressivo sul mondo.
Sia l’economia sia la teologia oscillano, come vedete, tra humour e tragedia.

Minima moralia e massime teologiche: nella parola “mercato” è sottinteso l’incontro dell’agorà (la piazza, il luogo d’incontro e di confronto). L’economia è un mondo di mediazione, professionalità, garbo ed efficacia e l’Europa ne è la fucina. Io, che sono professore e prete, vorrei imparare dal bottegaio del Testaccio e dai modi di Confindustria.
Ma l’uomo democratico, pubblicitario, romantico ed economico tende a una crescita sconfinata e ad esigere troppo da sé e dai figli. È quello che chiamiamo stress: l’eccesso di pressione sulla limitatezza. Ci vogliono limiti alle persone, al tempo, alla vita private e professionale. Vorremmo essere ubiqui e immortali: nessuno si ritira al momento giusto, anche se questo sarebbe l’arte della vita.
Il limite è un punto delicato: ogni progresso getta un’ombra, e perfino di troppa fitness si può soffrire. Vedere la morte come sconfitta della tecnica produce una schiera innumerevole di dementi.
Ci vuole una sensibilità al limite, non come restrizione ma come benedizione difficile. E bisogna evitare l’omologazione babelica di mondi incompatibili tra loro: economia, società, stato, cultura, religione… sono cose diverse, e la diversità va garantita. Alla religione spetta il compito di ricordare la relatività di tutte le cose.
L’unica cosa assoluta e fragile è la persona umana, che è più che lavoro, fitness, progresso… la persona umana emerge anche nella sconfitta. E cosa saremmo senza la sconfitta, e l’esperienza del risorgere?
Infine: Dio esiste, e non siete voi. Quindi, rilassatevi, per un momento.

3 risposte

  1. P. Salamann è una persona giocosa, libera, curiosa e intelligente. Gioiosa. Non mi stupisco affatto fosse tra voi. Piuttosto complimenti a chi lo ha “pescato” 🙂 il suo richiamo alla fragilità, mi ricorda un’altra persona di grande coraggio e creativa. La filosofa Michela Marzano. Ha saputo curvare la riflessione filosofica secondo la luce di una sensibilità/esperienza della fragilità che riesce a parlare a noi contemporanei. Quasi fatta apposta per i tempi non facili che attraversiamo: per dar loro respiro e una coloritura meno cupa. Approfitto dell’occasione per dirvi grazie del bel lavoro che fate con nuovo e utile. Rodolfo

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