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Lettura, libri e lettori (svaniti): che sta succedendo in Italia?

Se per caso voleste sapere (beh, potreste, e non sarebbe una cattiva idea) come vanno oggi la lettura e i libri in Italia, questa pagina è per voi. Ci sono dati, fatti, e alcune considerazioni.
L’Associazione italiana editori (AIE) ha presentato gli ultimi dati sull’andamento del mercato dei libri. È successo, come ogni anno, a Venezia, alla Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri.

LETTURE CONTRASTANTI. Persi più di un milione di lettori!, titola l’Huffington Post. Il mercato dei libri cresce!, titolano Il Post e il Sole24Ore. Le vendite online spingono la carta!, titola il Corriere della Sera. Il libro salvato da anziani e ragazzini!, titola l’Espresso, Lettura al -3,1 nel 2016, titola l’Ansa. Siamo sommersi di libri che nessuno legge!, titola Linkiesta.
La cosa curiosa è che tutte queste affermazioni sono veritiere, anche se sembrano dire cose opposte. Per venirne a capo devo mettere in fila qualche numero e qualche figura.
E poi devo porre una serie di domande a Gianni Peresson, responsabile dell’Ufficio studi di AIE. E infine vorrei capire se c’è qualcosa di sensato e utile che potrebbe valer la pena di fare. Queste sono le parti più interessanti, ma senza i numeri non ci si arriva.
Dunque, cominciamo da quelli.

QUANTO VALE IL MERCATO DEI LIBRI IN ITALIA. Il valore del mercato dei libri, che ha subito un calo fortissimo tra il 2011 e il 2014, cresce del 2,3 per cento tra 2015 e 2016, e cresce anche se le copie vendute sono in calo: 86,4 milioni nel 2016 (dati Nielsen).
Il motivo dell’apparente miracolo è presto spiegato: aumentano (un poco) i prezzi di copertina, e diminuiscono gli ebook venduti a prezzi stracciati.

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Il valore del mercato resta però molto al di sotto della quota raggiunta nel 2010: si recuperano solo 20 milioni sugli oltre 240 persi in soli cinque anni. Questo dato, però, non include le vendite (stimate in 120 milioni) di Amazon, che nel 2010 non c’era e nel 2016 c’è, eccome. Comprendendo Amazon, i risultati migliorano e la perdita si riduce in modo più consistente.

In Italia il mercato dei libri cresce in valore comunque meno di quanto crescono i mercati di altri paesi. Per esempio, gli Stati Uniti arrivano nel 2016 al +3,3 per cento e la Russia conquista un +8 per cento, dovuto però a un forte aumento dei prezzi.

IL LETTORE SVANITO. Il numero complessivo dei lettori italiani cala del 3,18 per cento tra 2010 e 2016 (e infatti la presentazione dell’AIE, da cui sto prendendo dati e tabelle, è intitolata “Il lettore svanito”. Qui potete scaricarla). Questo è forse il dato più rilevante.
Il lettore svanito potrebbe essere un buon titolo per un libro giallo, ma è un pessimo pronostico se tu produci o vendi libri e se sono i lettori a fare il tuo mercato.

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DOMANDA E OFFERTA. I mercati sono fatti di domanda e offerta, e se diminuisce la domanda c’è un problema. Una soluzione di breve periodo è diminuire i prezzi. Un’altra è aggiornare o ampliare l’offerta, una terza è renderla più visibile e desiderabile.
La prima soluzione riduce i ricavi, le altre due chiedono investimenti, idee, energia e una progettualità a lungo termine.

PERCHÉ CALANO I LETTORI. Dal 2010 a oggi sono calati molto, purtroppo, i “lettori forti”: le persone che leggono almeno un libro al mese. Corrispondono al 13-14 per cento del totale dei lettori ma comprano il 30 per cento circa delle copie vendute. Per potersi definire “lettori”, invece, basta dichiarare di leggere almeno un libro all’anno, su carta o su schermo.
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A motivare il calo concorrono diverse cause: oggi le persone hanno meno soldi e più alternative per l’intrattenimento, tra video, social media e altre seduzioni (spesso gratuite) della rete.
In altre parole: oggi le persone possono investire il loro tempo libero, che è una risorsa limitata, in una gamma di offerte molto più ampia che nel recente passato.

RAGAZZINI E ANZIANI. Cresce, rispetto al 2010, la lettura di chi ha più di 45 anni (+ 4,9 per cento) e di chi ha più di sessant’anni (più 9,6 per cento rispetto al 2010). È un dato positivo ma non sorprendente: i baby boomers sono invecchiati, sono più scolarizzati delle generazioni precedenti, magari non tutti sono così a loro agio in rete e quindi leggono di più.

Anche bambini e ragazzi fino ai 17 anni continuano a leggere più della media nazionale: sono lettori per il 47,3 per cento, contro il 39,5 per cento di lettori sul totale della popolazione. Ma nel 2010 la differenza era ancora maggiore: 11 punti, e i ragazzi lettori erano quasi il 60 per cento.
Non appena l’età cresce, la propensione a leggere cala, e di tanto (meno 25,4 per cento nei lettori tra i 20 e i 44 anni rispetto al 2010).

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PREOCCUPANTE E SCONFORTANTE. Dunque: oggi bambini e ragazzi leggono meno che nel 2010. In numero assai maggiore che nel recente passato, crescendo, smettono di leggere. E non è per niente detto che, crescendo ancora e invecchiando, riprenderanno. In una logica di lungo periodo, questa è una tendenza preoccupante.

Il dato più sconfortante, e non nuovo, è che meno del 40 per cento degli italiani legge almeno un libro all’anno. Lo ripeto: sei italiani su dieci non hanno aperto un libro, mai, nel corso dell’intero 2016. E non è solo questione di analfabetismo funzionale: un laureato su quattro non ha letto neanche un libro lo scorso anno.

CARTA E SCHERMO. Due ultimi dati notevoli. Se le persone che leggono solo ebook restano una piccola minoranza (il 3 per cento), crescono le persone che integrano libri ed ebook, letti anche sul telefonino: dal 28 per cento del 2015 al 37 per cento del 2016. E infine: mentre nel 1990 in Italia c’erano 2540 editori attivi con 13.203 titoli pubblicati, nel 2016 ci sono 4608 editori attivi con 62.250 titoli pubblicati.

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In sostanza: sembrerebbe che sempre più editori pubblichino sempre più libri (ed ebook) per sempre meno persone che leggono.
Ma è proprio così? Chiedo lumi a Gianni Peresson. Trascrivo qui sotto quel che mi dice.

PRATICHE POCO VIRTUOSE. In realtà, in numero di titoli per abitante pubblicati oggi in Italia è allineato con quello delle altre editorie mondiali: nessun editore cresce riducendo i titoli a catalogo, e i piccoli editori devono pubblicare di più per costruirselo, il catalogo.
Il guaio è che lo fanno comprando molto (e spesso a caso) all’estero. Oggi i costi di pubblicazione sono molto contenuti e costa meno pubblicare un libro che fare una ricerca per metterne a fuoco le potenzialità e prendere una decisione a ragion veduta.

Un’altra pratica poco virtuosa è competere per imitazione invece che per diversificazione dell’offerta. Se hanno successo i dinosauri o la cucina vegana, le librerie vengono invase da cloni raffazzonati, invece che da titoli che potrebbero ampliare le alternative a disposizione dei lettori.
Un buon esempio di diversificazione, invece, è offerto dalle guide turistiche, che oggi si differenziano per segmenti di pubblico e per stili di viaggio. Ed ecco nascere le guide per chi ama l’avventura, o per chi viaggia in camper, o per chi va in giro con il proprio cane.

ADDIO LETTORI FORTI. È vero che i lettori forti calano: ne abbiamo persi 700mila tra il 2010 e il 2016. Ma, per quanto riguarda il totale dei lettori, può esserci una distorsione del dato: può infatti darsi che alcuni rispondano di non aver mai letto “libri” non considerando tali le guide turistiche, le graphic novel, i manuali o i libri di cucina.
Nel 2006 si è smesso di fare una domanda specifica per stanare i lettori occasionali e inconsapevoli, che forse per questo sono usciti dalle statistiche (ho la sensazione, però, che anche recuperare alla visibilità statistica una manciata di lettori occasionali non cambierebbe la sostanza delle cose).

LA GRANDE BATTAGLIA PER LA LETTURA. La situazione comunque – dice Peresson – suscita un moderato pessimismo. La grande battaglia per la lettura  è stata persa tra gli anni Ottanta e i Novanta, quando si è rinunciato a contrastare l’espansione televisiva creando un sistema di pubblica lettura in molte regioni.
E i libri, in Italia, non si trovano facilmente dappertutto. Iniziative e festival dedicati ai libri vanno benissimo ma, nel paese dei mille campanili, se non ci sono biblioteche e librerie sotto casa c’è poco da fare. E non tutti sanno o vogliono ordinare su Amazon.

BIBLIOTECHE, LIBRERIE (E INTERNET). La spesa media annua per i libri delle biblioteche scolastiche – dice Peresson – è un irrisorio 50 centesimi per studente (questo mi fa pensare che si spenda molto di più per la carta igienica, e non è un bel pensiero). Tuttavia la situazione è variegata, e In Italia oggi ci sono biblioteche, e anche biblioteche scolastiche, di assoluta eccellenza.

Librerie, biblioteche e biblioteche scolastiche sono un’infrastruttura culturale tanto trascurata quanto indispensabile per preservare la propensione alla lettura (che, aggiungo, è fragile e va coltivata. Leggere è sì gratificante, ma anche faticoso. Meno le persone sono allenate a leggere, meno sono propense a farlo).
Non a caso, è proprio nei comuni più piccoli e meno serviti che si perdono più lettori tra il 2010 e il 2015. (qui la presentazione completa su biblioteche e librerie).

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Paradossalmente, internet potrebbe aver rallentato il processo di disaffezione alla lettura, offrendo sia la possibilità di comprare libri online a chi abita nei posti più remoti (o, aggiungo, a chi come la sottoscritta ordina libri a mezzanotte), sia la possibilità di leggere: in effetti, grazie alla rete, non si è mai letto e scritto tanto come negli ultimi vent’anni.
Ma che cosa si può realisticamente fare, oggi, per promuovere  la lettura e i libri?

TEMPI LUNGHI, PROSPETTIVE BREVI. In realtà – è ancora Peresson a dirlo – per interrompere l’emorragia dei lettori, per conservare l’attitudine alla lettura (e, aggiungo, un altro bel po’ di competenze cognitive di pregio) e per aiutare l’editoria italiana a sopravvivere, cosa che non guasta, bisognerebbe in primo luogo varare un piano quinquennale per lo sviluppo del sistema delle biblioteche pubbliche, integrato con il sistema delle biblioteche scolastiche.

Ma c’è poca speranza che lo si faccia: le ricadute sarebbero sì importanti, ma si vedrebbero nei tempi lunghi. E le prospettive dei decisori politici e amministrativi sono spesso a breve e a brevissimo termine.
Purtroppo, a oggi non abbiamo nemmeno studi diretti sulla correlazione diretta tra presenza di biblioteche e librerie e accrescimento della propensione alla lettura: sia gli editori, sia il Centro per il libro e la lettura (Cepell) non hanno i soldi per farle.

Ma alcuni dati indiretti dicono che i risultati potrebbero essere interessanti. Ed è intuitivo il fatto che chi entra in biblioteca o in libreria vive un’esperienza immersiva: arriva con un’idea, ma scopre sempre anche qualche altra possibilità (e, aggiungo, si sente parte di una comunità).

ALLARGARE LE PROSPETTIVE. La seconda cosa da fare, per l’editoria italiana, sarebbe allargare le proprie prospettive internazionali. Certo, abbiamo un mercato che coincide con la nostra area linguistica. Ma molti italiani (editori compresi) pensano solo all’Italia e alla Svizzera italiana, trascurando il fatto che l’italiano è la quarta lingua più studiata al mondo. Le stime più caute dicono che i parlanti italiano sono (almeno) 120 milioni.

Ma internazionalizzarsi significa anche vendere più diritti all’estero, fare coedizioni (in questo sono bravi gli editori per bambini e ragazzi) guardare con attenzione al mondo del cinema e della tv o dei videogiochi e trovare modalità di scrittura “esportabili” in altri media (in questo sono bravi ancora troppo pochi autori. Peresson cita Carrisi, Lucarelli, Camilleri).

RAGIONARE IN MODO STRATEGICO. La terza, e la più importante cosa che gli editori italiani dovrebbero fare è cominciare a ragionare in modo strategico. Vuol dire confrontarsi coi dati e trarne conseguenze e visioni utili a fare progetti di lungo periodo. E a prendere sensate ed efficaci decisioni editoriali e di comunicazione. Solo qualcuno ci riesce.

Sarebbe anche importante che gli editori raccontassero al loro pubblico quel che fanno di nuovo. Per capire, per esempio, com’è cambiata l’offerta editoriale per la scuola superiore e l’università basta dare un’occhiata a Pandoracampus, una piattaforma didattica per studiare, paragonare i contenuti dei libri di testo, verificare i propri livelli di comprensione e le curve di apprendimento.
Ma è cambiata intrinsecamente anche l’offerta di editoria professionale. Oggi chi compre un libro acquista anche un diritto all’aggiornamento online: in sostanza, non si vendono più libri, ma contenuti d’informazione e servizi.

AREE DI MIGLIORAMENTO. Restano però ampie aree di miglioramento. Per esempio, i tascabili potrebbero allargare il mercato, ma oggi sono solo il 4 per cento dei libri pubblicati. Eppure (lo diceva già Oreste Del Buono) vengono comprati anche da lettori forti.

Anche per quanto riguarda la comunicazione esistono aree di miglioramento. Per esempio, nessun editore – con l’eccezione dei romanzi rosa di Harmony – ha mai affidato la promozione di una collana a professionisti in modo continuativo e progettuale. Il difetto di fondo dell’editoria italiana – conclude Peresson – è essere nata come editoria di cultura e non essere orientata al marketing.

LIBRI, NON SAPONETTE. Ora vorrei sciogliere un equivoco. E perdonatemi se vi sembro accorata: in effetti, lo sono.
Fare marketing editoriale non significa “vendere i libri come se fossero saponette”, ma trovare modi efficaci per far incontrare buoni libri e lettori interessati, e per incoraggiare la lettura trasformando lettori deboli o potenziali in lettori effettivi.
Soprattutto, credo, fare marketing sul serio vuol dire promuovere, prima ancora che i libri, la lettura (qualsiasi tipo di lettura) restituendole accessibilità, desiderabilità e valore. È un obiettivo che dovrebbe essere condiviso da tutti: editori (di libri e non solo), librai, biblioteche, siti che permettono di acquistare libri in rete.

SINERGIE E BUONE PRATICHE. Si può promuovere la lettura sia rafforzando le infrastrutture culturali di cui parla Peresson, sia rendendo molto più visibili le buone pratiche, che ci sono, ed esplicitandone i costi, i risultati e i punti qualificanti, in modo che siano più facilmente confrontabili e replicabili.

E poi andrebbero messi a sistema la molteplicità delle iniziative e dei referenti (ehm… vogliamo ricordare che avremo due “saloni” del libro praticamente coincidenti, a distanza di poco più di 100 chilometri in linea d’aria, e che nemmeno si parlano fra loro?).

PROMUOVERE LA LETTURA. Si può promuovere la lettura anche facendo buona comunicazione mirata a raggiungere obiettivi specifici. Per esempio: incoraggiare i genitori a leggere ai bimbi più piccoli, raccontando loro perché farlo è importante.
Per esempio, diffondere la lettura collettiva ad alta voce. O la lettura in classe. E perfino sdoganare fantasy, fantascienza, fumetti: le forme di lettura più accessibili. O gli appuntamenti in biblioteca e in libreria.
Prima ancora di promuovere i singoli libri in Italia (o le singole collane) bisogna promuovere, credo, la lettura. Se non ci sono lettori, addio libri.

BUONI ESEMPI DAL MONDO. All’incontro veneziano dell’AIE ho portato e mostrato una rassegna di esempi internazionali virtuosi: video bellissimi, emozionanti, capaci di trasmettere valori e passione. Li ho messi subito online e vi invito a guardarli, ma solo dopo aver guardato i tre modesti, sussiegosi, fuorvianti e sgangherati esempi italiani che ho linkato nel medesimo articolo.
Poi, tirate voi le conclusioni.

Tra l’altro: la scarsità di risorse economiche a disposizione non è un alibi. Il video spagnolo intitolato Book, compreso nella rassegna, è intelligente, divertente e acuto. Per questo si è guadagnato oltre tre milioni di visualizzazioni in rete. Ha un costo di produzione irrisorio, e la diffusione in rete non ha costi.
Per parlare di libri e lettura in modo attraente e contemporaneo i soldi possono servire, ma più ancora servono idee attraenti e contemporanee.

CITTADINI LETTORI. Infine: promuovere libri e lettura con energia e determinazione (e, magari, un po’ di humor) tornerebbe utile, oltre che all’affannata industria editoriale italiana, all’intero paese.
I cittadini lettori possono essere anche migliori cittadini: più aperti al mondo. Più capaci di riconoscere le proprie emozioni e quelle altrui (sì, è dimostrato che leggere accresce l’empatia). Più consapevoli. Anche questo non sarebbe un risultato trascurabile, e varrebbe la pena di pensarci.
Ah, già: ma a chi importa dei risultati di lungo periodo?

L’immagine che illustra questo articolo è di Barbara Wildenboer. Tutte le tabelle sono prodotte dall’Ufficio studi AIE. Le tabelle sulla lettura sono elaborazioni AIE su dati Istat. Questo articolo esce anche su internazionale.it

21 risposte

  1. Ciao Annamaria,
    in diverse occasioni ho pensato di regalare dei libri ad una biblioteca comunale ma pare si tratti di qualcosa di burocraticamente impossibile.
    Che tu sappia, esiste una procedura standard per donare libri -ovviamente in buone condizioni- alle biblioteche? Oppure, esistono associazioni/enti interessate a riceverli e dotate di un sistema autonomo per raccoglierli?

  2. Che bella antitesi che si è creata nella mia mente. Sono in treno di ritorno da Torino dove la Scuola Holden/ Fronte del Borgo ha organizzato due pomeriggi dedicati alla lettura, a come la scuola può creare un rapporto virtuoso tra ragazzi e libri. Lo ha fatto con semplicità, ha inviato cinque scrittori e uno scienziato e ciascuno ha fatto, benissimo, il “compito “, M. Murgia ha suggerito strategie operative, F.Geda riflessioni e titoli, M. Missiroli ha raccontato come è diventato lettore. Si può, basta chiedere alle persone che lo sanno fare e avere, a scuola, voglia di sperimentare.

  3. Come dicevo su Facebook, io sono una di quelle persone che storcono il naso a veder definire “lettori” gli acquirenti di almeno un libro durante l’anno. Ad esempio in questo modo vengono conteggiate anche quelle persone che comprano per fare un regalo (hai presente, quelli che spesso si beccano in coda per chiedere aiuto a un commesso e ci tengono a ribadire che loro in libreria non ci entrerebbero proprio, però devono fare un regalo e mannaggia, il destinatario legge, quindi gli troviamo un bel bestsellerone con cui si va sul sicuro?), ma va bene, questo è un problema “minore”. Ma la io lettrice reale e la Laura lettrice per i dati AIE sono due persone molto diverse!
    A inizio 2015, di fronte all’edizione sul 2014 di questa presentazione (stesso titolo, stesso allarme, i lettori si stanno estinguendo che neanche i dodo e tutto l’ambaradan), ho deciso quasi per gioco di cominciare a tenere conto la “provenienza dei libri che leggo”, in tandem con una piccola nota spese libraria per cercare di tenere la me accumulatrice compulsiva di libri a bada. Ecco i miei “dati” di lettrice per il 2016:

    Secondo i criteri dell’AIE, se non mi sbaglio, l’anno scorso avrei letto 73 libri, contando i miei acquisti senza i fumetti da edicola e i libri usati (altrimenti saliamo a 92). Ho escluso anche sei libri che ho acquisito con dei buoni omaggio IBS ricevuti grazie alle prenotazioni Evenbright per il Festival della Comunicazione a Camogli, perché non essendo soldi miei… Però se contiamo anche quelli mi attesto su un 79/98 con usato e fumetti seriali. Ho acquistato principalmente ebook in offerta, quindi non ho speso una cifra esageratamente da capogiro, però direi che ho fatto la mia parte per il mercato editoriale italiano. Aggiungo che sono in flessione, perché nel 2015 avevo comprato 104 titoli in totale spendendo almeno 150€ di più (si vede che ho rinunciato al Salone del libro).

    Se vado a prendere il mio schema letture, però, la situazione è molto diversa. Ho effettivamente letto 203 libri, infatti, che si dividono in questa maniera:

    * Biblioteche (100)
    * Acquisti (58)
    * Prestiti amici/parenti (17)
    * Omaggio Premio Strega (12)
    * Ebook gratis (10)
    * Regali (6)

    Circa la metà dei libri che ho letto provenivano da biblioteche (di cui 29 titoli da Media Library Online), poco meno di 1/4 sono acquisti (ma solo 41 acquistati durante l’anno, altri sono titoli provenienti dal mio immenso mucchio in attesa – 15 acquistati nel 2015 e 2 nel 2014). Quest’anno sono stata inoltre selezionata per la giuria popolare dello Strega, quindi ho ricevuto i 12 titoli finalisti in omaggio dalla Fondazione Bellonci, ho letto una decina di classici recuperabili online gratis in maniera legale, ho ricevuto tanti consigli da amici lettori che mi hanno prestato libri di loro proprietà (17 titoli) e ho ricevuto alcuni libri in regalo (6).

    Lo so, io sono un lettore mostro mitologico (Medusa, gli unicorni sono leziosi), però i dati sono completamente diversi. I 100 libri recuperati in varie biblioteche spariscono nel nulla, i libri prestati dagli amici figuriamoci (anzi, che brutta abitudine per gli editori!), i regali conteggiati come letture di chi li ha comprati per me. Gli ebook gratis li ho rimediati tramite LiberLiber e il Project Gutenberg, quindi a loro volta sfuggono alle statistiche.

    Senza arrivare alle Meduse come me, però, ci sono moltissime persone che leggono esclusivamente titoli che possono trovare in biblioteca (ho svolto un periodo di volontariato nella mia biblioteca di paese e già in una realtà relativamente piccola sono tante persone), vuoi per problemi di spazio in casa, vuoi perché sono pensionati che non possono spendere denaro in hobby, vuoi perché sono bambini con genitori che allo stesso modo preferiscono non acquistare libri, che sono davvero lettori svaniti. Anzi, sono lettori inesistenti, per l’AIE. Non comprano, non spendono, quindi non interessano, questa è la verità.

    Sempre citando la mia biblioteca, che per essere di paese può contare un catalogo di almeno 25.000 titoli, quindi non è proprio piccola, essa è talmente ben organizzata che le classi di due comprensori scolastici dei dintorni almeno partecipano ad attività, lezioni e presentazioni, oltre a prendere libri in prestito dalla biblioteca. Invece che investire nella biblioteca di classe, da me si preferisce portare i ragazzi alla biblioteca civica, intanto per mostrare loro che c’è (e spesso i bambini e i ragazzi ci tornano accompagnati dai genitori, che magari a loro volta non la conoscevano), dove il catalogo è sicuramente più vasto di quanto non potrebbe essere la bibliotechina di classe. La biblioteca inoltre fa parte del progetto Nati per Leggere, quindi organizza eventi e attività per i neogenitori e i loro bambini, svolgendo un ruolo sociale e di avvicinamento alla lettura di tante persone diverse. E ribadisco, non è la biblioteca centrale di Milano!

    Se *leggere* è il nocciolo della questione, secondo me tutte le analisi saranno zoppe finché non si potranno conteggiare anche i dati delle biblioteche (spersonalizzati e resi anonimi, ovviamente). Se è *comprare*, sarebbe meglio non gridare all’estinzione dei lettori. Non siamo dodo, non facciamoci trattare come tali!

    1. Ciao Laura, grazie, davvero, per aver raccontato la tua appassionata (e magnifica) storia di lettrice.
      Mi tocca però sciogliere un equivoco.
      I dati sulla lettura sono diversi da quelli sugli acquisti. Le elaborazioni AIE sui lettori sono fondate su dati Istat, e l’Istat non va a chiedere alle persone “quanti libri hai comprato?” ma “quanti libri hai letto? (se tu guardi la presentazione AIE, che è linkata in arancione nel testo, vedi che sotto la tabella c’è scritto “elaborazione su dati Istat).

      È ovvio che la domanda sia fatta così: altrimenti sfuggirebbero al calcolo, per esempio, tutti i frequentatori di biblioteche. O tutti i membri di una stessa famiglia che leggono un singolo libro 🙂
      Quindi c’è una buona notizia (i dati non sono campati per aria) e ce n’è una cattiva (i lettori stanno, effettivamente, diminuendo).

      Guarda a questa pagina, se vuoi una conferma (i dati sono stati rilasciati a inizio 2016): http://www.istat.it/it/archivio/178337

      Piccola nota di metodo: Istat svolge le sue indagini ogni anno su un campione di 24.000 famiglie, statisticamente rappresentative della popolazione italiana. È un campione enorme, e c’è poco da sperare che i dati ricavati non siano rilevanti. Alla pagina che ti ho linkato, nella colonna di destra, è possibile scaricare l’intero documento. Una lettura molto interessante, anche perché mette in relazione la propensione a leggere e la (scarsissima) literacy degli italiani. Un tema sul quale è tornato molto spesso anche il grandissimo Tullio De Mauro.

  4. Per favore, qualcuno spieghi agli accademici e ai classicisti il valore dei romanzi di genere!

    Sono d’accordo che molta letteratura (“pulp” si potrebbe chiamare, se l’editoria cartacea fosse ancora ferma alla carta scadente) è imbarazzante, ma è sempre letteratura!
    Meglio leggere un harmony piuttosto che non leggere per nulla, e magari da un harmony si può passare a un Urania (iniziale maiuscola, digitata stando in ginocchio come segno di rispetto).

    Persino io trovo la puzza sotto al naso di certi critici/scrittori/intellettuali francamente snob e insopportabile.
    E non fa altro che allargare il divario con i non-lettori e allontanare ancora di più chi invece potrebbe, forse, magari un domani, apprezzare un buon libro.

    1. Sono più che d’accordo. Una quantità di bambini, tra l’altro, è stata conquistata alla lettura dal fantasy e dai fumetti.

  5. Volevo inoltre linkare il “foglio di lavoro” della Reading Challenge del gruppo Goodreads Italia sull’omonimo social network, per sentirmi un po’ meno sola. La Challenge è chiamata così per comodità ma nessuno vince nulla, chi vuole si può inserire (per ora sono 111 persone su un gruppo che conta più di 8.200 iscritti), ma contando anche le persone che non hanno ancora aggiornato i dati dall’iscrizione possiamo vantare una media di 8 libri abbondanti a testa. Abbiamo superato i 900 libri in poco più di un mese! E come già detto, questa è una piccola fetta della nostra community, è la parte più attiva e socievole sul gruppo di Goodreads, ma su questo social dedicato ai libri ci sono moltissimi lettori italiani e tanti gruppi che li catalizzano. Community legate a generi specifici o a tematiche particolari, di giochi di lettura, di consigli e scambi…

  6. Come richiesto riporto qui il commento lasciato su FB

    Commento da lettrice fortissima: ma perché si insiste col binomio lettore-compratore? Se c’è una passione che richiede poco denaro è questa: biblioteche, @mlol , libri prestati dall’amico, eBook gratuiti online di perfetti sconosciuti e grandi classici… l’anno scorso ho letto 142 titoli, da Guerra e Pace al primo volume della collezione dei Peanuts. I lettori ci sono e si ritrovano in spazi che gli editori preferiscono ignorare. Io per esempio sono su Goodreads: tra gruppi di lettura, giochi mensili, sfide e gare non facciamo altro che scambiarci consigli e commentare libri. Chi l’ha capito? Amazon, che ha acquistato il sito qualche anno fa. Gli editori italiani dovrebbero farci un giro prima di dire che gli italiani non leggono. Ah, e dato che siamo pure lettori competitivi ci facciamo le nostre, di statistiche: dal primo gennaio abbiamo letto 904 libri e 243511 pagine in totale, con un centinaio di lettori. L’anno scorso abbiamo tenuto il conto in 135, per 9740 libri e 2.646.364 pagine. Non siamo ancora in via di estinzione come sembrerebbe da questi articoli.

  7. Cara Annamaria e care/i tutte/i,
    non nutro, per natura ed esperienza, molta fiducia negli studi statistici, ancorché condotti da istituti specializzati. Tuttavia le mie parole vogliono solo ricordare un’esperienza che spesso non rientra nella letteratura statistica ma in compenso vive e cresce sul territoro. Parlo di Nati per Leggere, e soprattutto della sua declinazione piemontese ( http://bit.ly/2lavp5b fb:Nati per Leggere Piemonte). In oltre quindici anni di lavoro e con l’indispensabile sostegno della Compagnia di Saan Paolo di Torino, il programma é oggi diffuso in 400 comuni Piemontesi, dove innanzitutto sono stati creati o ampliati spazi e collezioni. Si é formato il personale e lo si mantiene costantemente aggiornato. L’alleanza tra bibliotecari, lbrai, scuole e pediatri, ostetriche, ospedali é continuamnte rinnovata, come potrete vedere sul sito. Tutto ciò ha creato, oltre ai benefici cui punta il progetto nazionale, che non é solo creare nuovi lettori, ma ha creato, dicevo, anche nuovi lettori, a partire dai genitori, gli educatori e , infine, i bambini stessi. Certo misurare quanti manterranno la pratica della lettura é difficile e in tal senso la letteratura scientifica non ci aiuta. Ma intanto, aver creato la percezione che leggere fa bene in migliaia e miglaia di famiglie é già un grande risultato. Soprattutto in questi tristi tempi..:)

  8. Commento di una lettrice media – una decina di volumi all’anno – e compratrice debole, ma fruitrice di servizi bibliotecari fortissima, quasi erculea.
    Post interessante, in cui i dati sono resi fecondi da interpretazioni e considerazioni, è evidente che l’autrice usa la testa (pessimo gioco di parole, lo so, ma lasciatemi divertire): condividerei il testo su LinkedIn, se non fossi fieramente avversa alle foto raffiguranti persone, o parti del corpo umano.
    Aggiungo che secondo me occorre andare a cercare i lettori potenziali ma non effettivi là dove si trovano, quindi ovviamente anche in Internet, adottando per attrarli strumenti come contenuti audio e video, gamification, contest.
    Infine, segnalo un modello che si potrebbe cercare di adattare alla realtà italiana al fine di incoraggiare la familiarità con i libri e la lettura, ossia quello degli “Idea stores” londinesi: https://www.ideastore.co.uk/.

  9. Ho scoperto questo sito da pochissimo e trovo che il contenitore minimale, ordinato e razionale formi un bellissimo contrasto con la varietà e i ‘colori creativi’ dei contenuti. Complimenti!

  10. Io sono considerata da tutti quelli che mi conosco una lettrice forte. I dati istat forse lo confermano: leggo circa 60 libri all’anno, di diverso genere. Io stessa ne sono convinta.
    Ho iniziato lentamente, da piccola, e mi sono appassionata sempre più. È diventata la mia più grande passione. Ci sono stati periodi in cui ho letto meno e questo mi rendeva inquieta, sapevo che stavo trascurando la mia passione, ma la stanchezza dopo il lavoro, o altri motivi me ne tenevano lontana. Già dopo il diploma ho iniziato a comprare libri, mentre fino ad allora ricevevo molti prestiti da parenti o vicini di casa, perciò le mie letture erano condizionate dai gusti degli altri. Ho letto anche harmony, ad esempio, che però non mi hanno conquistata, ma non mi sento di considerare non-lettore chi legge harmony o fantasy (altro genere che non mi attira molto): ognuno ha il suo modo di sognare, di viaggiare. Leggere per me è proprio questo, non è riempirmi la bocca con nomi e pareri, ma immedesimarmi; leggere è una passione che ti prende, ti trasporta lontano, ti fa sognare, ti fa evadere… fa vivere emozioni nuove. E ti fa imparare tante cose, allarga la visuale, come avevi scritto anche tu in un precedente articolo.
    Come a tutti, anche a me è capitato di non avere tempo per leggere, di trascurare la mia passione e di doverla, e volerla, recuperare. L’ultima volta che mi è successo era il 2011, quando ho iniziato a tenere una lista di libri letti, una cosa che non avevo mai fatto, io lettrice spontanea, ma vedere di volta in volta che avevo letto un libro in più poteva andar bene come rimedio, e infatti ha funzionato. Parlandone nel mio blog, due anni dopo, l’ho trasformata in “iniziativa”, l’ho chiamata “leggiamo di più” e io partecipo ogni anno da allora 😉 Partecipare è facilissimo, ripeto sempre, basta leggere di più dello scorso anno; quindi non è una gara, e nemmeno una sfida, è più una promessa che un lettore fa a sé stesso. Infatti, sui blog, oltre quelli che hanno blog interamente dedicati ai libri che leggono, vedo molti che dichiarano di essere lettori, di amare i libri, ma di non avere più tempo. Queste sono un tipo di persone sulle quali si dovrebbe puntare per recuperarli alla lettura, per far loro ritrovare il tempo per sé stessi, che oggigiorno viene sempre più inteso come “tempo per fare un percorso benessere in una spa” o “tempo per dedicarsi alla famiglia o agli amici”; un vero lettore invece, anche uno che legge sempre meno, sa che il tempo per sé stessi è quello passato stravaccato sul divano con un libro in mano e tutto il mondo fuori e il cellulare può pure stare acceso, perché tanto non lo sente. Bisogna solo ricordarglielo. Ricordargli quanto è bello, e rassicurarlo che, nonostante ora sia adulto e abbia tanti impegni, può ancora fare una cosa come leggere un bel romanzo (o il libro che preferisce) e mollare tutto il resto (o organizzarlo diversamente).
    Fuori da internet conosco molti più non-lettori ed è anche a loro che ci si dovrebbe rivolgere, naturalmente, giusto per fargli capire cosa si perdono a fare i non-lettori 😉 Pullulano le iniziative dedicate ai bambini, perché dobbiamo farli crescere bene, ma pochi di questi bambini hanno esempi di lettori voraci fuori dal mini circolo di mini lettori organizzato il pomeriggio. E quando i genitori leggono, leggono libri per bambini ai loro bambini, mai per sé stessi (ancora: e chi ce l’ha il tempo?). Non tutti, ovvio, ma ci sono genitori che davvero si sentono in dovere di far leggere i figli, come se fosse un vaccino obbligatorio, o un compito per casa, ma loro stessi ormai la scuola l’hanno finita, le malattie le hanno avute tutte, e di leggere non hanno più bisogno. Non vedo mai iniziative per spronare alla lettura gli adulti, anche quelli senza figli – che forse oggigiorno sono pure di più, chissà forse è questo il motivo, chi non ha il rinculo delle iniziative per i figli, si dimentica che esistono i libri. Oppure lo sanno benissimo, hanno pure la biblioteca sotto casa, o lo sconto online, o lavorano in un centro commerciale dove c’è una libreria, ma vedono un libro al massimo come un’idea regalo dell’ultimo minuto, e anche così non saprebbero quale comprare.
    Ci vorrebbe qualcuno che consigliasse loro il libro giusto , non il “classico imprescindibile”, ma un bel libro per iniziare: un libro per adulti, ma per iniziare, con il numero di pagine giusto, e che allo stesso tempo rapisca e coinvolga il non-lettore. Ah, e dire che ci sono non-lettori che davvero ti chiedono “consigliami un libro”, e si vedono recapitare il mattone, poveretti. È difficile, lo so, consigliare il libro giusto, io a mala pena ci riesco con mia sorella, una non-lettrice che col tempo ha iniziato a invidiarmi e poi a “imitarmi”. Quando per la prima volta ha speso (non “buttato”) soldi per un libro per sé, che aveva scelto da sola!, io sono andata in brodo di giuggiole. A volte però ha paura di “non capire il libro”, e così io penso che l’opinionismo dilagante spaventi molti non-lettori, che sarebbero anche curiosi di leggere qualcosa, un libro di cui hanno sentito parlare bene ad esempio, ma hanno paura di non riuscire a competere con il Vero Lettore… Io stessa ho provato qualche volta a scrivere “recensioni”, ma mi sono resa conto che così non mi godevo granché il libro, io volevo perdermici come avevo sempre fatto, non valutarlo!
    I numeri sono utili per fare il punto e capire se è il caso di intervenire, ma nel momento in cui si decide di intervenire bisogna tener conto, secondo me, di molti aspetti del leggere e del non-leggere e considerare il non-lettore qualcuno da accompagnare verso la lettura, per fargliela scoprire pian piano, anche se non è più un bambino… anzi proprio perché è ormai adulto, forse ha paura di lasciarsi andare alla lettura, e ha bisogno di essere rassicurato che leggere è bellissimo e ancora possibile 😉

  11. E’ venerdì pomeriggio, sono stanca e anche più scoraggiata del solito, quindi do sfogo al mio pessimismo cosmico.
    “I cittadini lettori possono essere anche migliori cittadini: più aperti al mondo. Più capaci di riconoscere le proprie emozioni e quelle altrui (sì, è dimostrato che leggere accresce l’empatia). Più consapevoli.”
    A me sembra che si vogliano solo consumatori facilmente manipolabili ed elettori facilmente manipolabili, cioè, mediante qualche facile inferenza, meno lettura.
    Non è un paese per cittadini, tantomeno per lungimiranti.
    … Allegria! 😀

  12. Siamo ammalati di egocentrismo. Il lettore si dovrebbe disporre virtualmente all’ascolto dell’autore, ma non è ciò che vuole la maggior parte della gente. Ci piacerebbe, al contrario, che altri ci ascoltassero (ecco perché in Italia pullulano gli scrittori o i loro surrogati). Lo scrittore di oggi dovrebbe essere così acuto da cogliere quali sono le dinamiche trascurate dalla società : per esempio si potrebbe scrivere un romanzo che parli delle difficoltà dei giovani a crearsi un futuro che rispecchi le loro aspettative o delle aspirazioni ipertrofiche alimentate da una pubblicità che fa credere tutto facile e tutto possibile e così via. In sintesi, penso che lo scarso interesse per la lettura dipenda da errate strategie di mercato che non sanno cogliere le effettive (e concrete) esigenze di chi legge. E’ per questo che, secondo me, è meglio scrivere storie vere: somigliano tanto al vissuto della gente comune ed il lettore può identificarsi col protagonista o rivivere vicende che gli sono familiari. La cultura come arricchimento, senza l’aggancio alla realtà di ogni giorno PARE (è una mia impressione) che sia sorpassata soprattutto per i giovani.

  13. Io penso che:
    l’amore per la lettura comincia a scemare alle scuole superiori. È in questo periodo che insegnanti ottusi si ostinano a infarcire l’estate degli studenti con letture noiose. Quando ho visto la lista di dodici libri che la prof di lettere ha assegnato a mia nipote, sono inorridito. Soprattutto mi ha infastidito l’obbligo.
    Si legge meno? No, forse si legge di più e in modo liquido, sparso, breve, confuso. Siamo sempre più abituati all’immagine e infatti stanno assumendo dignità le graphic novel, una forma di scrittura che a mio parere troverà sempre più lettori.

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