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Metacognizione: pensare il pensiero – Idee 146

Metacognizione è una parola interessante.
Rimanda a un concetto ancora più interessante, che riguarda un’attività interessantissima. Peccato che sia la parola, sia il concetto, sia l’attività risultino meno frequentati di quanto dovrebbero.
Provo a rimediare.

CHE VUOL DIRE? La parola, prima di tutto. Unisce la preposizione greca ‪μετα- (che significa, tra le altre cose e in questo caso, “oltre, dopo”) e il termine cognizione, che sta per conoscenza, o per complesso di informazioni e conoscenze.
La parola metacognizione viene impiegata in ambito specialistico, psicologico o educativo ed è poco diffusa: se la cerco con Google trovo solo 52.000 risultati. Se cerco metafora i risultati sono più di 7 milioni. Se cerco metabolismo sono più di 19 milioni.

ESERCIZIO INTERESSANTE. Metacognizione indica una capacità che è, per quanto ne sappiamo, esclusiva degli esseri umani: quella di auto-osservare la propria attività di pensiero e di riflettere sui propri stati mentali.
In altre parole: esercitare la metacognizione vuol dire pensare a come e perché stiamo pensando proprio quello che stiamo pensando, nel modo in cui lo stiamo pensando.
È, dicevo, un esercizio interessante.

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GUIDARSI DA SOLI. I primi studi sulla metacognizione, che risalgono alla fine degli anni ’70, riguardano i processi inconsci attivati dagli studenti migliori. Si tratta di quelli che sono in grado di risolvere problemi in modo efficace e di sviluppare un pensiero indipendente. Sono quelli che, nella sostanza, sanno “guidarsi da soli” nell’apprendimento.

DUE AMBITI. Gli studi individuano due grandi ambiti della metacognizione:
– il saper distinguere i diversi processi mentali: percepire quanto esiste o accade intorno a noi, focalizzare l’attenzione su singoli elementi, ragionarci sopra, ricordare.
– il capire come si svolgono questi processi: cioè che cosa succede nella nostra mente quanto percepiamo, o quando stiamo attenti a qualcosa, o quando pensiamo a qualcosa, o quando ricordiamo qualcosa. Questo ci aiuta a valutare l’efficacia di ciascun processo, a orientarlo e a migliorarlo.

GIÀ DA PICCOLI. Oggi sappiamo che i bambini possono esercitare forme rudimentali di pensiero metacognitivo già attorno ai 3 anni, che questa capacità cresce molto entro i 6 anni e che può essere migliorata evocandola, diventandone consapevoli ed esercitandola.

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ADDESTRARE GLI STUDENTI. Il sito Edutopia ci conferma che la metacognizione può essere sviluppata anche negli studenti più giovani, e che un buon modo per iniziare è proprio definire il termine “metacognizione”, illuminandolo con una metafora semplice come “prendere la guida del proprio cervello”.

AD ALTA VOCE. Altri suggerimenti interessanti per addestrare gli studenti alla metacognizione si trovano sul sito dell’associazione di educatori ASCD.
Eccone alcuni: accendere l’attenzione non solo su che cosa, ma su come gli studenti stanno imparando. Condividere gli obiettivi di apprendimento con gli studenti. Pensare “ad alta voce”, in modo da permettere agli studenti di comprendere le strategie di pensiero “esperte” dell’insegnante e di farle proprie. Oppure incoraggiare gli studenti a riflettere su come si sono organizzati per ottenere un determinato risultato.

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APERTURA MENTALE E ALTRO. Una rassegna degli studi sulla metacognizione a cura di Pearson, il maggior gruppo editoriale del mondo nel campo dell’educazione, ci offre qualche altra informazione notevole. Per esempio: tutti noi possediamo teorie tacite sul modo in cui ragioniamo, ma non ci facciamo caso, spesso non ne siamo neanche consapevoli, non le organizziamo in un sistema strutturato e quindi non ne traiamo alcun vantaggio.
E ancora: la metacognizione è connessa sia con la capacità di esercitare il pensiero critico (analizzare i dati, valutarli, prendere decisioni), sia con l’apertura mentale e quindi con la creatività. E poi: la metacognizione è connessa anche con la motivazione, cioè con l’energia interiore che ci spinge a fare le cose nella consapevolezza che, se ci applichiamo, riusciremo a farle bene. Ne abbiamo parlato di recente anche qui, su NeU.

NON SOLO A SCUOLA. Tutto questo ci dice che sviluppare la metacognizione può essere importante a scuola, e non solo a scuola. Dopotutto, conoscere meglio i nostri processi di pensiero significa conoscere meglio noi stessi, le risorse che possiamo mettere in campo, i punti di forza e di debolezza. E poter imparare a usare meglio tutte le nostre risorse.

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ESSERI PENSANTI. Credo che, anche da adulti, valga le pena di coltivare la metacognizione. Per esempio, interrogandosi sul perché si fanno certe scelte (ehi: interrogarsi è diverso dal rimuginarci sopra!), o sugli elementi a partire dai quali si affrontano problemi o si formulano giudizi.
Ma anche leggere romanzi, guidandoci a conoscere i pensieri, le motivazioni, le scelte dei personaggi, può aiutarci a scoprire qualcosa in più del nostro pensiero non solo come lettori, ma come esseri umani (quasi sempre) pensanti.

Le immagini di questa pagina sono dettagli degli autoritratti fotografici della giovanissima – e, mi sembra, notevole – Laura Williams.

10 risposte

  1. Grazie, articolo molto stimolante. Nei giorni scorsi ho svolto un’interessante ricerca sulla metacognizione perché sto preparando un articolo sulle motivazioni che dovrebbero spingerci a migliorare il nostro approccio al cibo, le nostre scelte alimentari. Il cibo, consapevolmente per alcuni, inconsapevolmente per altri, è uno dei fattori più critici tra quelli che stanno modificando gli equilibri di Gaia – la terra intesa come sistema; la metacognizione diventa così fondamentale per dirigere le nostre scelte, per essere capaci di fare scelte che non siano condizionate dalla comunicazione di massa. La creazione e l’implementazione, nella nostra mente, di percorsi cognitivi da intraprendere con facilità, in modo quasi indotto, nel momento in cui decidiamo l’acquisto di un cibo, è un ottimo esercizio che allenerà la nostra mente a ricercare e scoprire percorsi cognitivi più complessi la cui conoscenza contribuisce a migliorare la qualità del nostro lavoro, della nostra vita, delle nostre relazioni interpersonali.

  2. Metacognizione io l’ho sempre adoperata e l’ adopero quando recito.Mi e’sempre venuto in modo naturale. Mi fa’piacere e mi da’maggior coscienza della mia tecnica appresa in modo naturale nella pratica.

  3. E’ una tecnico che non sapevo fosse stata codificata e battezzata. Ma io la uso in continuazione perchè insita nel mio mondo di vedere le cose, A causa di questo il sistema della comunicazione tende a vivermi come un alieno.

  4. ho sempre pensato a come sto pensando.
    Fin da bambina.
    Spesso mi sembra una trappola!
    Mi dicevo sto pensando a cosa sto pensando e …lo sto pensando? Ma allora il mio pensiero e’ il mio pensiero o il pensiero di come penso?
    E m’infilavo in un loop da cui non era semplice uscire!
    L’argomento, evidentemente, e’ molto interessante.
    Mi appartiene.

    Grazie!

  5. No ho letto (col nome di “deuteroapprendimento”) in Bateson nel 1990 e mi aprì letteralmente la mente (anche per definizione, visto che Bateson la ri-definisce come immanente).
    Venti anni dopo questo concetto mi è servito moltissimo come chiave di comprensione e come guida nell’educazione dei miei figli
    Una di quelle idee che ti cambiano la vita e che possono cambiare il mondo.

  6. Alcuni studiosi occidentali hanno addirittura ipotizzato che non esista una vera metacognizione, intesa come la capacità di osservare la mente che pensa, questo deriva da una interpretazione della mente come un calcolatore sequenziale che non può fare due cose contemporaneamente (o pensi e sei il pensiero o osservi ), da qualche anno studio alcune filosofie orientali che invece pongono alla base delle loro teorie questa capacità sostenendone la piena fattibilità con esercizio ed impegno. Io non sono ancora arrivato ad una conclusione 🙂

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