perseveranza e resilienza

La creatività tra perseveranza, ostinazione e resilienza – Metodo 37

Oggi parliamo di creatività. Un’amica di NeU mi chiede di avventurarmi, alla luce di quanto capita nei processi creativi, nella distinzione tra perseveranza e ostinazione. Lo faccio volentieri perché la questione è non banale e ricca di implicazioni. Ma, ai due vocaboli, ne aggiungo un terzo, utile a delimitare una parte importante del perimetro di quelli che potremmo chiamare i “comportamenti del lungo termine”: si tratta della resilienza.

Perseveranza (ma anche tenacia, persistenza). È uno dei tratti tipici della personalità creativa, insieme alla curiosità, all’apertura, all’individualismo, all’anticonformismo, all’attitudine ad assumere rischi.
Diversi studi segnalano che, a parità di altre condizioni e capacità, la perseveranza è il tratto che può far la differenza tra insuccesso e successo. Il lavoro creativo è per definizione frustrante (l’1% di ispirazione e il 99% di sudore secondo Edison: per questo un genio è spesso semplicemente una persona di talento che ha fatto tutti i suoi compiti a casa).
Le persone creative possono essere indisciplinate nella vita ma di norma sono disciplinate (ed esigenti fino al perfezionismo) nel loro lavoro, e tendono ad essere workaholic: il problema, insomma non è farle lavorare, ma farle smettere di lavorare.
Se pensiamo alle quattro fasi del processo creativo secondo Wallas, possiamo dire che la perseveranza è necessaria soprattutto nei momenti in cui si esprime il pensiero razionale (preparazione e verifiche).

Ostinazione. Un altro tratto tipico della personalità creativa è la controdipendenza, cioè l’insofferenza per l’autorità, unita a un profondo senso del proprio valore (e a una simmetrica, costante insoddisfazione per se stessi). Questo, fra l’altro, è uno dei motivi per cui non è per niente facile gestire un gruppo creativo, o mettere d’accordo in modo permanente persone creative.
Restare fedeli alle proprie idee e crederci fino in fondo è per molti versi necessario a portare a termine un lavoro nonostante i mille ostacoli che si possono incontrare, ma l’ostinazione può trasformarsi in un’enorme trappola quando arriva a negare l’evidenza di un errore.
La capacità di abbandonare una strada che si dimostra infruttuosa e di fare reset è propria delle persone più esperte. Invece i pivelli, che sono anche più insicuri e meno capaci di districarsi nel processo, possono continuare a sbattere il cranio contro il muro fino a farsi davvero male.

Giusto per chiarire meglio la differenza tra tenacia e ostinazione: l’ostinazione può essere cieca, la tenacia non lo è. Riconosce i propri errori e ricomincia (tenacemente) da capo.

Resilienza. Un concetto straordinario. La capacità psicologica di riprendersi dopo un trauma o un errore, di reagire in modo positivo e di ricominciare da capo. Possiamo anche chiamarla forza d’animo (Mario Calabresi ha raccolto, in un bel libro, storie meravigliose di resilienza. Una meravigliosa storia di resilienza e impresa è su NeU):
La creatività stessa è un elemento di resilienza: una cura per le ferite, una via d’uscita,  un modo per ritrovare senso e prospettiva. Che cosa ci ci conferisce maggior resilienza? Autostima, ottimismo, fiducia in noi stessi, capacità di riconoscere le emozioni (anche quelle negative)  e di gestire lo stress, attitudine al problem solving, abilità nel fare qualcosa di cui essere orgogliosi.
Una resiliency wheel, disponibile online in molte versioni, ricorda i fattori ambientali che aiutano i ragazzini a diventare resilienti. Tra questi: avere forti legami sociali, avere obiettivi alti ma raggiungibili attraverso l’impegno, riconoscere e sviluppare le proprie competenze. Una scuola femminile inglese d’élite ha deciso di rendere più resilienti le studentesse inventando una settimana del fallimento. Devo dire che l’idea, anche se può apparire paradossale, mi sembra mica male.

15 risposte

  1. Mi viene in mente anche la parola “vitalità”, meno legata all’ambito razionale, non solo in quanto capacità di reagire ma anche di immaginare e di cambiare prospettiva.

  2. Che bel legger. Grazie.

    CREATIVITA’: dai miei umili 32 anni, mi astengo dal definirla; rischierei di metterla a tacere (e di darle un senso privo del domani). Preferisco, ogni giorno, ricercarla in quello di “nuovo” che faccio, dono, o ricerco.
    Un saluto,
    PauL

  3. Sbagliando, si… crea! 😉 Concordo sull’importanza della resilienza, non solo nella creatività ma anche nella vita quotidiana oggi in continuo mutamento.

  4. non so se ho capito bene, ma, data la definizione di ostinazione, “creatività al potere” risulta essere un ossimoro?

    1. Ciao Davide.
      Direi che non è un ossimoro, se per “potere” si intende “facoltà di fare ottenendo risultati” >> volere è potere.

      Credo che lo sia, invece, se per “potere” si intende l’insieme delle facoltà di azione che, per esempio, l’ordinamento di uno stato riconosce a un’istituzione >> il potere legislativo, i poteri del presidente della repubblica.
      E tutte le volte che il “potere” implica la possibilità di attuare forme di coercizione.

  5. In fisica meccanica si contrappone la resistenza (mi spezzo ma non mi piego) alla resilienza (mi piego ma non mi spezzo). Se la rigidità appare negativa, la flessibilità resiliente è la capacità di adattamento. Descrive una propensione di carattere olistico ed ecologico, una maggiore capacità di adattamento al sistema. Ho qualche dubbio, però, su quello che potrebbe rivelarsi anche un cedimento. L’intransigenza può essere considerata, in alcuni casi, positiva?

    1. Beh, credo che su alcuni principi di base sia necessario essere intransigenti per potersi considerare decenti cittadini: non si ruba, non si truffa, si rispettano i diritti…

  6. D’accordissimo. Ma se quel processo creativo non riceve denaro e non viene pagato per mesi, ha senso avere tenacia e insistere? O meglio fare altro tenacemente e cercare che qualcuno paghi

    1. Ciao Emanuele.
      Il caso che tu citi non va, credo, etichettato come “tenacia” ma come “ostinazione”. E certo: conviene – tenacemente – dedicarsi ad altro e ad altri.

  7. Belle e costruttive riflessioni. Ho appena acquistato “perseverare è umano” di Trabucchi. Parla proprio di questo…..lo consiglio, come a me è stato in-direttamente consigliato

  8. Interessante, anche se Wallas resta in difficoltà a riordinare le fasi perché, nel presentarle separatamente, di fatto le sminuisce. La creatività infatti è un’attività disordinata (non c’è niente da fare, lo è) e sincronica. In altre parole, tutto avviene velocemente e confusamente. E, soprattutto, le fasi si intrecciano, si suddivisono, si mescolano e, cosa ancora più importante, agiscono simultaneamente su piani diversi. Nel trasformare la creatività in attività professionale, cioé dedicata a uno scopo non-creativo, si arriva a dare un qualche ordine, naturalmente, e si ottengono risultati comunicativi anche straordinari ma è comunque un ordine che l’artista non conosce, nemmeno nelle sue maniacalità. Perché l’artista trova nell’ordine una base precaria e provvisoria per la sua creatività, revocabile al primo accenno di ridondanza o di ripetitività.
    L’ordine del creativo professionale è, agli occhi dell’artista, una cosa che sfiora da vicino la noia e in cui non riesce a riconoscersi. Nemmeno se cominciasse a pensare che comunque deve vendere le sue opere e deve adeguarsi al mercato. Se lo fa, lo fa con la riluttanza dello schiavo, a meno che non sia già – come Warhol o Cattelan o altri fortunati – già in varia misura organico alla mentalità e ai codici comunicativi di un’epoca. Soprattutto l’artista cerca ogni giorno di ribaltare quella orribile proporzione edisoniana e trasformare il proprio lavoro in 99% di “mai visto prima” o “mai pensato prima” e in un 1% di pesante lavoro ridondante (il sudore, invece, fa parte del divertimento, non è ridondanza). Si tratta di due modi di vedere la creatività o di due creatività? Propendo per le (almeno) due creatività, nel senso che sono convinto esistano migliaia di occasioni, di modi e di contesti nei quali agire o pensare al di fuori degli schemi. E che ogni tentativo di capirli debba prevedere e tener conto della loro difficile imprevedibilità e della loro felice complessità.

  9. La battaglia di una vita far passare questi concetti agli studenti, aspiranti progettisti in materie creative….”L’ispirazione arriva, ma deve trovarti a lavoro”. Chi lo diceva, giá…?! Ah, Picasso. L’instancabile. Amo molto le analogie con lo sport, una delle pratiche umane più creative in assoluto, perché coinvolge corpo mente e spirito…utilizzando e reinventando l’energia ogni volta nello stesso movimento, perfezionandolo e trasformando se stessi verso qualcosa di nuovo.

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