il momento esatto

Il momento esatto in cui le cose cambiano – Idee 160

Sappiamo accorgerci del momento esatto in cui (ci) succede qualcosa che può cambiare tutto il resto? Oppure fatalmente quel momento lì ci sfugge, e ben che vada riusciamo a ricostruirlo a posteriori, e per indizi?

TUTTO SEMPRE COMINCIA “PRIMA”? A proposito delle storie (ma tutto quello che capita può, per certi versi, essere considerato almeno in potenza una “storia”) Italo Calvino scrive così, nell’indimenticabile Se una notte d’inverno un viaggiatore:
Ma come stabilire il momento esatto in cui comincia una storia? Tutto è sempre cominciato già da prima, la prima riga della prima pagina d’ogni romanzo rimanda a qualcosa che è già successo fuori dal libro. Oppure la vera storia è quella che comincia dieci o cento pagine più avanti e tutto ciò che precede è solo un prologo.
Le vite degli individui della specie umana formano un intreccio continuo, in cui ogni tentativo di separare un pezzo di vissuto che abbia un senso separatamente dal resto – per esempio, l’incontro di due persone che diventerà decisivo per entrambi – deve tener conto che ciascuno dei due porta con sé un tessuto di ambienti fatti altre persone, e che dall’incontro deriveranno a loro volta altre storie che si separeranno dalla loro storia comune.

UNA SCINTILLA. Eppure sono abbastanza certa che prima nella percezione, e poi per sempre, nella memoria di tutti noi, esistano le tracce di qualche momento esatto in cui le cose cambiano perché qualcosa cambia dentro di noi.
È un attimo in cui l’intreccio di quella che  – per dirla con Calvino – potrebbe essere una storia si slabbra, o si infittisce, o si modifica. Non si tratta necessariamente di momenti cruciali, o topici: momenti in cui c’è da prendere una decisione importante, da fare una scelta drammatica o da compiere un gesto risolutivo. O in cui un evento esterno rilevante, positivo o negativo, modifica in modo drastico il contesto in cui ci muoviamo.
Alcune cose rilevanti possono succedere per noi, e per le nostre storie prossime venture, proprio mentre in apparenza non sta capitando un bel niente: succedono quando e perché si accende una scintilla di comprensione dentro di noi. Per spiegarmi meglio vi racconto una storia che mi riguarda, e che contiene uno di quei momenti-scintilla che restano stampati nella memoria.
momento esattoSI PUÒ FARE! Ho da poco compiuto sette anni. Sono seduta al tavolo della cucina di mia nonna, con un libro di scuola davanti al naso. Fuori c’è il sole. La cucina però guarda verso nord e lì dentro non arriva neanche un raggio di luce diretta. Vorrei tanto essere fuori a giocare.
Ho passato tutta la prima elementare a litigare con le lettere dell’alfabeto. Dopo oltre un anno di scuola leggo ancora compitando, con immane fatica, notevole disgusto e una certa vergogna.
Avrò il permesso di uscire solo dopo aver finito di leggere ad alta voce tutta la pagina del libro di scuola. La nonna traffica ai fornelli e mi ascolta. Le righe da leggere sono poche ma io tragicamente inciampo in ogni mezza parola: forse non finirò mai.
Invece a un certo punto succede. Ed è in un momento esatto, che succede.
Invece di rallentare come faccio sempre su ogni singola lettera, cercando di riconoscerla e poi di ricordarmi a che cavolo di suono corrisponde, e di passare alla lettera successiva solo dopo che a fatica ho riconosciuta e ricordata la precedente, e proprio perché non ne posso più, accelero.
E subito, non appena accelero e non appena smetto di stare attenta alle singole lettere, queste si uniscono in sillabe, e le sillabe si uniscono in parole di cui sento il suono nella mente tanto da riuscire a dirlo a voce alta.
Ehi! Si-può-fare!
Dopo oltre un anno di tentativi vani, capisco come si fa a leggere in modo umano, sbalordita di quanto possa apparire facile, ma solo dopo che si è acchiappato il ritmo giusto. Accade in un momento che mi si stampa nella memoria (la luce, il tavolo, la stanza, i rumori dalla cucina e tutto quanto).
È l’inizio di una storia fatta di libri letti, e di conseguenza di parole scritte, che da quel momento non si interromperà più.
momento esattoIL MOMENTO ESATTO IN CUI… Può essere, per esempio, il momento in cui ci si rende conto che un amore è finito (succede, più spesso di quanto non si creda, con un certo senso di liberazione. Ma anche con un batticuore rilevabile da un attrezzo che traccia le prestazioni sportive).
O può essere il momento esatto in cui ci si rende conto di che cosa si vuol combinare nella vita: qui una graziosa infografica che racconta il momento in cui alcuni imprenditori intuiscono che cosa sono in grado di fare.
Sono abbastanza convinta che ciascuno di noi abbia i suoi momenti esatti. E che non tutti, però, abbiano fatto mente locale tanto da riuscire a individuarli, estraendoli dalla memoria. Sono anche convinta che siano momenti preziosi, e che valga la pena di conservarseli bene: sono i momenti in cui abbiamo sbirciato dentro noi stessi, magari con la coda dell’occhio e senza neanche volerlo. O in cui una capacità prima non percepita né immaginata se ne è venuta fuori, all’improvviso. Avete mai pensato ai vostri? Provateci:  è una sensazione curiosa.
E se avete voglia di condividere su questa pagina qualcuno di quei momenti, siete i benvenuti.

Le immagini che illustrano questa pagina: dettagli dei lavori di Igor Morski.

27 risposte

  1. Ci sono stati alcuni momenti: uno in cui ho capito esattamente cosa volevano i miei genitori, e glie l’ho dato (judo psicocinetico: ippon – mate).

    Un’altra rivelazione è stata quando mi sono reso conto che avevo tutti gli strumenti per risolvere con un po’ di saggezza e pianificazione i labirinti in cui mi ero andato a perdere. Ci ho lavorato e ne sono uscito, anche se con qualche livido.
    Ma il momento in cui ho realizzato il cortocircuito è stato “mmm”

    https://www.youtube.com/watch?v=bHAlP5GK3cc

  2. Qualche momento sono in grado di individuarlo con facilità. Quello più recente, meno drammatico di quel che potrebbe sembrare, è quando ho capito quanto senso avrebbe avuto condividere online la piccola storia di mia figlia, che è autistica. Non come sfogatoio (qualche volta sì), ma come strumento forse utile ad altre famiglie all’inizio dello stesso percorso (non è mai un inizio facile).

  3. Credo ci sia un momento specifico in cui troviamo la soluzione giusta per un determinato cambiamento che è in atto da un po’. Io lo chiamo “click” , perché è come se trovassi l’interruttore, magari ci hai messo mesi per trovarlo e poi “click”: tutto è magnificamente semplice. 😉

  4. Ne ricordo molti ma, leggendoti, mi è tornato in mente quando, a cinque anni, sono riuscita a capire come pronunciare la lettera erre! Un pomeriggio in casa a giocare con ago e filo (rosso) ho capito come mettere la lingua contro i denti per dire ‘rosso’ e sono andata dalla mamma chiedendole di infilarmi l’ago con il filo rrrrosso.

  5. E’ abbastanza assurdo, ma io ricordo il momento in cui ho preso coscienza del mio nome. Avrò avuto 5 anni. Non che non rispondessi, prima, quando qualcuno mi chiamava – ma di solito mi chiamavano con diminutivi, vezzeggiativi, occasionalmente urla, e se girava proprio male (ma succedeva raramente, ero una brava bambina) anche mezzi grugniti. Il mio nome per intero non ce l’avevo in testa, tanto meno davanti agli occhi.
    Un tardo pomeriggio, mio papà è arrivato a casa con tre salvadanai in metallo, per me e per miei due fratelli più grandi. Credo che avesse deciso che era ora che imparassimo il valore del denaro (io ho bruciato le tappe, grazie ai fratelli più grandi: per economia di scala, si faceva sempre tutto insieme), e ce li aveva portati perché ci conservassimo le mance delle nonne. Con un cacciavite, mentre noi gli stavamo intorno, incise il nome di ognuno di noi su un salvadanaio. Ricordo il piano del tavolo in soggiorno, poco più basso del mio sguardo. E, posato lì, il salvadanaio cilindrico, rosso granata e ruvido, con un manico in metallo lucido, che si alzava e abbassava.
    E quelle lettere incise in stampatello: M I C H E L A. Mi si sono spalancati gli occhi, e credo anche la bocca, in un oh! globale. E mi sono detta: “Quello è il mio nome. Io mi chiamo Michela. E’ un nome da grande”.
    Da allora in poi, oltre che a vezzeggiativi, diminutivi, urla e grugniti, rispondevo (o mi negavo) anche ad un nome da grande.

  6. Si proprio così sono momenti che scattano in modo naturale nella vita di una persona, non si capisce il perché ma è così. Anche a me è successo diverse volte e spesso quando non capisco dove voglio andare ma sento che vado so benissimo che arriverà il momento in cui i miei dubbi e le mie incertezze troveranno una chiarezza così limpida da guidarmi e da farmi capire che è la strada giusta. E’ stato così per il mio lavoro e per molte esperienze della mia vita. Grazie Annamaria per il post che avrò cura di condividere subito!

  7. Bellissimo post! Mi ricorda il racconto di Buzzati ‘E se?’: il dittatore supremo, in un preciso momento, si accorge che tutto il suo potere e la sua sapienza non sono più nulla di fronte ad una ragazza, che vede con la coda dell’occhio e della quale si innamora perdutamente. La sua vita è cambiata per sempre.

  8. Mi è capitato proprio pochi mesi fa. Avevo in cantiere da un anno un blog a cui tenevo molto e continuavo a parlarne agli altri con frasi piene di dubbi e provvisorietà. D’improvviso ho iniziato a mettermi a lavoro sul serio per pubblicare i primi post e piano piano ho visto che era semplice, fattibile, possibile, quasi come leggere insomma. Sicuramente ci sono stati momenti di sconforto e paura prima, ma quell’attimo in cui mi è apparso chiaro il progetto e il desiderio di andare avanti, qualcosa è cambiato e ho finalmente spiccato il volo. E sto ancora volando, sono solo agli inizi.

  9. Chinata sul mio letto piego la camicia di cotone a quadri rossi e grigi che ti ho regalato ieri sera.
    La piego con grande cura, trattandola come un oggetto molto prezioso. Per me è un oggetto prezioso. È il mio regalo per il nostro primo anniversario di matrimonio.
    Avevo tanto cercato questa camicia, doveva avere caratteristiche precise. E quando l’avevo incontrata avevo pensato che si, era proprio lei. Collo piccolo, taglio dritto, taschino, quadri della grandezza giusta e un po’ di rosso, il tuo colore preferito, costo contenuto. Torno a casa felice.
    Pacchetto, biglietto, ma quando li vedi il tuo viso si contrae. Ti invito ad aprire, sono così sicura che ti piacerà. Ti guardo mentre apri con gesti lenti e svogliati, non so cos’è che non va.
    La guardi, vedo la tua espressione cambiare appena. “Carina…”.
    Per un attimo sento la leggerezza abbracciarmi il cuore, ma è un attimo e il tuo viso si fa di nuovo buio “Non credere che mi piegherò mai a queste idiozie piccolo borghesi dei regali per gli anniversari”.
    Un pugno al centro del petto, il cuore che batte veloce, il senso di vuoto. Così è fatto quel momento che ha diviso con precisione chirurgica il prima e il dopo.

  10. Purtroppo non son sicura di ricordare il come e il quando, dovevo avere circa diciotto anni e credo fossi in piedi in una stanza di casa, ma credo di ricordare benissimo la sensazione: euforia.
    Dopo un’infanzia passata a imparare, ad assorbire dall’ambiente, un’adolescenza trascorsa a sforzarmi di incastrare i vari pezzi di insegnamento in un quadro coerente, a rispondere con i concetti inculcatimi, con riassunti accrocchiati delle morali altrui, a tentare di soddisfare le aspettative allineandomi, all’improvviso ho avuto un pensiero mio, qualcosa che nessuno mi aveva mai instillato, un’idea che era nata da sola nella mia testa (e che non ricordo :D). Euforia. Eureka.
    … temo di aver ricercato troppo il ripetersi di quell’emozione, sono diventata troppo eccentrica per il mio prossimo 😀

  11. si! si può fare! Accade ora alle porte dei miei 33 anni. Scavare nella mia memoria e analizzarmi per me è diventato quasi normalità tanto che mi sono spesso soffermato più volte a scavare dentro che a guardare fuori.. ma i tasselli si riordinano sempre di più e ora che riapro gli occhi al mondo, ne vedo ancora più nitidi gli infiniti e meravigliosi dettagli in esso contenuti. Ho fatto click! Con me stesso e con la vita! Bella vita a tutti voi!

  12. Grazie Annamaria per averlo raccontato così bene, ero lì con te in cucina desiderosa anche io di andare fuori a giocare mentre inciampavo con te sulle sillabe. E poi l’incipit di Calvino, fantastico!
    Anche a me è successo e lo ricordo esattamente.
    Primo anno di università, ingegneria elettronica – poi mi laureai in fisica, ma questa è un’altra storia – e quelle lezioni di analisi matematica, i teoremi e gli esercizi che mi piaceva scrivere su fogli di carta giapponese filigranata con la stilografica e l’inchiostro turchese, quasi un conforto in mezzo a tutti quei segni.
    Mi sembrava tutto slegato e sconnesso, numeri, lettere greche, simboli che per mesi continuavano a volare tutt’attorno a me mentre cercavo di fermarli sui fogli.
    Eppure un pomeriggio di primavera all’improvviso come se si levasse un velo dalla mente, tutto mi apparve improvvisamente chiaro e cominciò ad avere un’armonia.
    Era un nuovo linguaggio di cui andavano assorbite le regole e i segni.
    E i nuovi linguaggi aprono nuovi mondi che si intersecano con gli altri i cui linguaggi ci sono già noti.

  13. Ho letto anche tutti i commenti!

    La vita è fatta di molte speranze (che ci portano in deteminate direzioni), e molti abbandoni (che quelle stesse direzioni ci fanno lasciare).
    La vitalità di una persona è direttamente
    proporzionale alla somma di tali speranze e abbandoni.

    Che fatica ragazzi!
    Grazie Annamaria

  14. che piacere aver letto queste parole!! ricordo perfettamente il momento in cui, all’inizio dello studio della lingua inglese, proprio come è successo ad Annamaria Testa, tutti quei suoni misteriosi e incomprensibilli si sono trasformati in qualcosa di “chiaro” e ho capito, con una forte emozione, che avrei potuto comunicare e leggere e capire in un’altra lingua . Altro ricordo indelebile…il momento in cui, entrando nella stanza dell’ospedale dove era ricoverata mia mamma, molto malata, ho avvertito un tremito e ho “sentito” scivolarmi di dosso la figura materna con tutto il suo potere e le sue contraddizioni e ho visto per la prima volta mia mamma come una PERSONA, bisognosa di auto

  15. Uno lo ricordo benissimo. Facevo forse la 4a elementare, all’epoca non si insegnava inglese nelle scuole. La mia insegnante di italiano propose ai genitori l’acquisto di un libro in inglese. La mattina che la maestra entrò in classe e pose davanti a ciascuno di noi quel libro. Boom! Aprendono, dalla prima pagina c’erano figure associate a frasette “This is a horse”, “What is that?”. Una vera epifania, mi si aprì una finestra in testa. Sapevo che quello sarebbe stato il mio futuro.
    Ora sono traduttrice dall’inglese, faccio questo di mestiere e mai, mai mi è venuto in mente di fare altro. Nonostante le enormi fatiche mie e dei miei genitori per farmi studiare fuori sede, ho sempre tirato diritto per quella straducola che mi si stese davanti quello giorno della 4a elementare.

  16. Da qualche anno avverto che è in atto un cambiamento, di quelli potenti che ti portano da una parte all’altra. Ma sono ancora in mezzo al mare e non sono stata ancora raggiunta dell’illuminazione.
    So che prima le cose covano e poi si palesano. L’enorme liberazione da un amore finito. La decisione di fare, andare partire. Prima stanno, poi trovano la strada per emergere.
    Ora sto aspettando che l’assenza della persona che mi ha portato a questo cambiamento si faccia meno sentire e che il moto in atto mi faccia arrivare a destinazione.
    Tutto cambia anche quando sembra immobile. È vero e ci credo.

  17. Il rumore di una porta che sbatte. Era quella del mio cuore. S’interruppe così il mio “eterno amore” che mi condannava a cercarlo come una masochista che non può rinunciare al suo carnefice, in un gioco perverso e autodistruttivo. Eppure, accadde. Bastò quella frase: – sono giovane, non posso sprecare le mie ferie appresso ad una depressa! – Uscì dalla mia camera ,dalla mia vita e caddero le catene. Tornai in un attimo la donna vitale ed entusiasta di sempre, ritrovando finalmente me stessa… Sì, può accadere e talvolta ha la forma di un miracolo.

  18. C’è stato un momento in cui ho avuto consapevolezza piena. È stato il giorno, dopo molta attesa, che una infermiera, in ospedale, mi ha detto “vada in camera c’è suo figlio che l’aspetta”.
    Avevo seguito tutto l’iter della gravidanza, ci siamo svegliati alle 4 e siamo corsi in ospedale. Ho assistito al parto. Tutto era ben evidente, ma solo quella frase mi ha fatto capire che il mio, il nostro percorso cambiava in quel momento. È come la storia dei due pesci e dell’acqua di E.F.W.

  19. AGGIORNAMENTO
    Ricopio qui anche una graziosa risposta alla domanda “What is the single insight that most changed your life?” che ho trovato su Quora.

    At the age of 39 I had it all. A loving wife, two fantastic kids, an apartment in New York City, a house in the country, new car, nice vacations and a high paying job as Creative Director of a hot creative advertising agency.

    Everyone wanted to be me.
    Except me.

    On the outside I was the poster boy for Happy Successful Man Who Has His Whole Future Ahead Of Him. But deep down inside I was miserable.
    I began to assault myself daily with that five word mantra. The one that so many of us begin muttering when they find themselves wandering through that unfamiliar, unsettling neighborhood known as midlife.

    Is this all there is?

    We don’t ask ourselves that question when we’re 25. It’s still too early in the first quarter of the game. We caught the ball on the five yard line and we’re making our way up the field.
    But at 39, it’s halftime. Do the math. The average man is going to live till the age of 78. I was on the back nine.

    I know — your actual mileage may vary. You could get killed falling off a ladder at age 60. Or at the age of 100 you could fall off a hooker. There’s a lot of latitude in The Middle. But somewhere between 30 and 50 you’re halfway done. It’s up to you to decide when to look at the face in the mirror and say:
    Is this all there is?
    No. There’s a whole lot more. And I’m going to tell you how to get there.
    Tonight I’m going to send someone to your house. He’s a teenager, about 17 or 18. He doesn’t know much about life — what teenager does? But he knows what’s cool. And after talking to you for a couple of hours, he’s going to be able to zero in on what’s a cool new direction for you to head in.

    In fact, by the end of the evening, this kid is going to completely outline and plan the second half of your life. And that’s what you’ll do. Trust me, it will be cool.
    What’s that you say? That’s the dumbest damn thing you ever heard? Why should you let some teenage kid with no world experience plan the second half of your life?
    My answer is, why did you let him plan the first half?

    This rut that you’re stuck in, this life that you’re trapped in, who planned it? Not you. Not the YOU you are now. Most of us form our life’s plans shortly after high school. Maybe we’re 16, maybe we’re 23, but for the most part we’re still kids. And then once we make a plan, we stick with it.

    That was my insight. I was pushing 40 and still living the dream of some teenage kid.
    That kid didn’t exist anymore, and yet I was still following the path he laid out for me. Most kids can’t project past next Saturday, much less conjure up what your life could be like 25 years down the road.
    That was the moment I decided that the 40 year old me should start planning the life of the 60 year old me and beyond.
    I was at the top of the ladder, and I suddenly realized I didn’t need one more rung. I wanted to find a new ladder.

    I did. Climbing that ladder was at times terrifying, but never boring. Today I have all the things I had at the age of 39 and more. But this time around I’m deliriously happy with who I am and where I am. I still have dreams for the future, but I no longer wake up in the morning, look in the mirror and ask is this all there is?

    My Act Two was conceived, written, produced, and directed by an adult. And I’m grateful for the insight that convinced him to take on the job.

  20. ho 48 anni,mi ricordo incredibilmente di essere un essere vivente verso i 5/6anni ero sul divano rosso,con delle forbici in mano,la consapevolezza di essere un bambino,mia madre che mi sgrida,prima di cio non esistevo,ci penso e come se fossi esistito in quel momento in poi.

  21. avevo otto anni. Ero al mare. Stavo facendo qualcosa che non avrei dovuto fare (saltare sulla corda di una pianta) e mio padre continuava a dirmi di smetterla con tono sempre più seccato. Io non ho smesso. Lui si è alzato per fermarmi (e sculacciarmi, secondo gli usi del tempo). Io sono scappata via e stavo per farla franca, quando un amico di mio padre si è messo in mezzo. Mi ha afferrata e mi ha consegnata a lui. Ricordo la forza di quella presa. Ricordo che le ho prese. Poi sono stata messa in punizione nella mia stanzetta. Ho pianto tanto, talmente tanto che, ad un certo punto, mi sono addormentata ancora piangendo. Non sono mai riuscita a dimenticare questo fatto. Non riesco ancora a capire perché io non riesca a dimenticarlo: mi sembrerebbe anche un po’ banale, in realtà.

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