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Multitasking: inefficace, disorganizzato e tossico

Adesso gli scienziati lanciano l’allarme sulle conseguenze del multitasking strilla un recente articolo su La Repubblica. Dopo un lungo, colorito esordio arriviamo a un primo fatto: Sandra Bond Chapman, fondatrice del Center for Brain Health dell’università di Dallas, afferma che il multitasking accresce i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. E spiega che il nostro cervello sa far bene una cosa alla volta: i neuroni, se devono sorvegliare molte attività contemporaneamente, non riescono a spartirsi i compiti e li tengono tutti sotto controllo millisecondo per millisecondo, commutando il proprio impegno dall’uno all’altro. Risultato: un superlavoro che produce risultati modesti e imprecisi.

PIÙ ERRORI. Il secondo fatto è questo: una recentissima ricerca svolta da Altmann, Trafron e Hambrick dell’Università del Michigan su un campione di studenti dimostra che basta l’apparizione di un pop up in cui bisogna inserire un codice per moltiplicare le possibilità di errori in un compito di routine svolto al computer.

UNA COSA ALLA VOLTA. Bene, evviva, finalmente si dice forte e chiaro che il multitasking non funziona. Due clic e vado a vedere: in realtà l’allarme dei ricercatori sul multitasking non è cosa di “adesso”.
Quasi due anni fa su Forbes la stessa Chapman esalta il single tasking, riferendosi al proprio libro Make your brain smarter, uscito il primo gennaio 2013. E va giù dura: il multitasking è tossico, diminuisce l’acutezza mentale e la memoria e provoca un declino cognitivo precoce. Dice che l’essere costantemente connessi causa un rilascio di dopamina nel cervello che può creare dipendenza e che rende incessante il bisogno di velocità e nuovi stimoli.

PENSARE IN MANIERA STRATEGICA. Chapman aggiunge che basterebbero poche ore di training per imparare a pensare in maniera strategica, una cosa alla volta, addestrandosi a filtrare le sollecitazioni esterne. L’articolo è interessante e potreste dargli un’occhiata, link e consigli compresi.

PERDERE IL FILO E IL SENSO. Anche lo studio di Altmann, Trafron e Hambrick  (qui il paper) è uscito nel gennaio 2013. Un ottimo articolo di Psychology Today ne spiega lo svolgimento e i risultati: il multitasking pregiudica la memoria di lavoro. Cioè ci fa dimenticare quel che abbiamo fatto appena prima e quel che dovremmo fare subito dopo l’interruzione. Questi vuol dire che se stiamo scrivendo perdiamo il filo, se stiamo pensando perdiamo il senso, e se stiamo eseguendo una qualsiasi procedura non sappiamo più a che punto siamo della sequenza.

MULTITASKING, CIOÈ DISORGANIZZAZIONE. Già nel 2006 l’American Psychological Association se la prende col multitasking, segnalandone l’inefficacia a partire da diverse ricerche, alcune svolte addirittura nei primi anni Novanta quando, in Italia, di multitasking non avevamo neanche cominciato a parlare.
Nel 2009 l’università di Stanford dimostra che i multitasker non sono né più abili né più veloci dei single taskers, ma semplicemente più disorganizzati e incapaci di focalizzare l’attenzione.

MENO EMPATIA, DECISIONI PEGGIORI. Esce invece nel settembre 2014 un preoccupante studio dell’università del Sussex, il primo a mettere in evidenza una correlazione tra struttura del cervello e propensione al multitasking. In sostanza, i multitasker presentano minore densità di materia grigia nella parte del cervello (la corteccia cingolata anteriore) responsabile dell’empatia, del controllo degli impulsi e delle emozioni, dei processi decisionali. Inoltre  risultano più soggetti ad ansia e depressione. Però non si capisce ancora se questa sia una causa o un danno conseguente alla pratica del multitasking.

DONNE E MULTITASKING. Com’è allora che, nonostante anni di evidenze scientifiche, il multitasking fino a ieri è sembrato il massimo della modernità, almeno qui da noi? Ho l’antipatico sospetto che esaltarlo fosse anche un comodo modo per giustificare il superlavoro femminile. Guardate qui, per esempio: di una ricerca che mette a confronto uomini e donne nello svolgimento di più compiti non si segnala il drammatico peggioramento delle prestazioni di tutti, ma si enfatizza il fatto che le prestazioni femminili peggiorino (appena) un po’ meno. Un articolo americano sulla medesima ricerca, invece, in conclusione mette comunque in guardia contro il multitasking.

NON SCHERZIAMO. Alcuni hanno perfino, e in modo un po’ spericolato, sostenuto che sia stato l’obbligo del multitasking, e non – per esempio – la maggiore scolarizzazione o il miglioramento delle condizioni medie di vita, a rendere più intelligenti le donne.
E dai, non scherziamo.

PRESSIONE COMMERCIALE. Un altro sospetto antipatico riguarda l’incessante pressione commerciale per diffondere l’impiego di schermi e applicazioni di ogni tipo, e l’altrettanto forte pressione mediatica volta a stimolare interazioni elementari (Guarda qui! Dicci quel che pensi! Approva! Disapprova! Esprimiti!) ma comunque fidelizzanti nei confronti dei media medesimi.
Il sospetto meno antipatico, invece, riguarda una più generica e pervasiva fascinazione per la modernità, perfino quando si esprime nelle sue forme più dispersive e disfunzionali.

BUONI MOTIVI PER RALLENTARE. Com’è, invece, che proprio ora si è cominciato a parlar diffusamente male del multitasking (cercate su Google le notizie uscite negli ultimi mesi e vedrete che c’è una presa di distanza generalizzata, all’estero e anche in Italia)?
Da una parte, le evidenze contro il multitasking sono cresciute così tanto che diventa difficile ignorarle. Lo studio dell’università del Sussex, per esempio, è stato ampiamente ripreso in tutto il mondo. Dall’altra, il testo “Pensieri lenti e veloci” del Nobel Daniel Kahneman ha, come scrive il Guardian, radicalmente “cambiato il modo in cui pensiamo al pensiero”. Infine, dallo Slow Food allo Slow Design, alla Slow Medicine, alla Slow TV la lentezza sta tornando di moda.

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Una versione più breve di questo articolo è su internazionale.it

15 risposte

  1. Beh, per quanto mi riguarda … ops scusate, devo leggere un messaggio importante (….)

    Eccomi, volevo dire che … driiiin – “ Pronto?
    Va bene, oggi a pranzo discuteremo i dettagli e faremo una mini-conference. Ti sto girando la mail con i dettagli proprio in questo momento. Ora scusami ma sono occupato, sto rispondendo a diversi clienti (…)”.

    Stavo dicendo??? Ah sì : oggi siamo sempre più attratti e distratti … uhhh cavoli, me ne ricordo solo ora, devo proprio confermare il biglietto del treno e l’hotel, torno subito (…).

    Scusatemi ancora se vi ho fatto aspettare, già che c’ero ho lanciato alcune stampe e, nell’attesa, ho rivisto un paio di appunti per la mini-conference di oggi.

    Dove ero rimasto??? Mmmm … Ok, ci sono: il multitasking ormai è nei nostri DNA … uffa, accidenti, ormai è tardi e devo sospendere; devo completare il power point, rispondere a diverse mail e monitorare le offerte per gli acquisiti di Natale.

    Spero di essere stato chiaro e comunque sono d’accordo. A presto. Complimenti …

    Semplice no? Cosa c’è che non va? Forse non tutti, ma quanti si riconoscono in questa “routine”?

    Riscopriamo l’importanza della lentezza (ad es: Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza) e riprendiamoci il nostro tempo.

  2. Ho sempre pensato che i maschi fossero più scemi delle donne perchè le seconde hanno una mente “naturalmente multitasking”, mentre i maschi sono “mono-concentrati”. Adesso continuo a pensare che i maschi siano più scemi delle donne, ma non so più il perchè. 🙂

  3. e in ambito scolastico mai che si ascolti chi prova a dubitare e a proporre piccole variazioni organizzative intorno a quel multitasking delle ore di lezione , una vera girandola per studenti e docenti .Eppure impoverisce le energie che non sono trottole ma spinte , emozioni , pensiero e diosolosacosa, richiamandole all’ordine per cambiare frettolosamente aule , piani, volti, necessità e lasciare sbigottito l’ inquieto cercare di Hegel appena fatto accomdare perchè sta per arrivare la verifica sui batteri o sui promessi sposi o lo smembramento della classe( lo chiama così’ chi ci riesce) per fare religione o alternativa .Tutto ciò di solito cinque volte in una mattina di tutte le settimane , mesi , trimestri , quadrimestri ,anni e secoli.

  4. Ricordo un concorso pubblico per la ricerca di un dirigente/responsabile di un progetto europeo (Interreg) in una regione italiana, in cui nel bando era espressamente richiesta la capacità di “multitasking”. Già allora (una decina d’anni fa), ero inorridita. Ma chiederlo era la norma in ambienti di lavoro insospettabili. E veniva spesso giustificato come un portato necessario delle nuove tecnologie informatiche.

  5. @Mara Gasparrone, condivido l’inorridimento e le posso confermare che in molti ambienti di lavoro insospettabili si fa tanto ma tanto ma tanto copia-incolla, così varie idiozie passeggere si appiccicano al linguaggio. Gli effetti sui neuroni sono devastanti e duraturi: i soggetti cominciano a parlare, a scrivere, ad agire per sentito dire. Unica via di scampo: sospettare sempre, anche degli ambienti insospettabil, sempre mantenenendosi al lato più luminoso del dubbio per non deprimersi, ma fare domande scomode – non aiuta la carriera, ma l’anima ringrazia

  6. Nei giorni scorsi ho letto su un quotidiano: la Finlandia abbandonerà il corsivo a favore dello stampatello per avvicinare sempre più i ragazzi alla realtà di oggi: scrive su tastiera.
    http://www.quotidiano.net/corsivo-stampatello-finlandia-1.475638

    Già in Germania nel 2011 era stata avviata una sperimentazione di questo tipo:
    http://www.corriere.it/salute/11_settembre_16/corsivo-stampatello-dibattito-pediatri-de-bac_b53d22aa-e046-11e0-aaa7-146d82aec0f3.shtml

    Cosa c’entra tutto questo con il post di Annamaria?

    Beh … scrivere è a tutti gli effetti una attività multitasking, in particolar modo scrivere in corsivo credo richieda competenze (acquisite) e attività cognitive complesse superiori allo scrivere in stampatello.

    Il corsivo “lega” tra loro le lettere che formano una parola (come ad esempio i caratteri con le grazie) mentre, al contrario, lo stampatello richiede uno sforzo maggiore (le lettere vengono lette una ad una) così come succede ai caratteri “bastoni”.

    Ancora peggio lo stampatello MAIUSCOLO, dove il significato della parola è tutto allo stesso livello e meno comprensibile rispetto ad un eventuale Maiuscolo.

    Questo post devia forse troppo da quello originale, ma credo sia interessante approfondire questo aspetto, soprattutto a fronte dei tanti parerei (molto più autorevoli del mio !!!) contrari all’iniziativa.

  7. Temo di essere stata vittima della multiprocessualità (passatemi la traduzione italiana) per lungo tempo, lavorando con il computer, rispondendo al telefono e progettando corsi di formazione.

    Era diventato un abito e di più. “Quanto sono brava a fare tante cose insieme…”

    Liberarsi di questo abito non è semplice per tante ragioni. Intanto il multitasking è divenuto simbolo di efficienza e ti piace dimostrare, soprattutto a te stessa di esserlo anche se gli anni passano. Inoltre l’utilizzo del computer “incorpora” il multitasking, infatti mentre scrivo rileggo la nota di Annamaria, guardo l’ora per andare in palestra.

    Quattro, cinque…dieci finestre aperte non significa essere efficienti, ma compulsivi.
    Insomma bisogna ri-defirsi, disintossicarsi, fare una cosa per volta e vivere meglio. Lo sto dicendo a me stessa.

    Saluti a tutti *_))

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