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Musei italiani: le occasioni perdute, tra promozione e web

D’accordo, abbiamo problemi più urgenti. Poiché ne avremo sempre, mentre ci occupiamo di quelli converrebbe affrontare anche questo: che cosa fare per la cultura in Italia?
Tra l’altro, a proposito del problema più urgente di tutti: il rapporto Symbola-Unioncamere 2012 dice che oggi la cultura frutta al Paese il 5,4% della ricchezza prodotta, equivalente a quasi 76 miliardi di euro, e dà lavoro a un milione e quattrocentomila persone, cioè al 5,6% del totale degli occupati. Converrebbe prenderne nota.
Torniamo al punto: per valorizzare la cultura (nel senso sia di riconoscerne sia di ricavarne un valore) si fa poco, in modo antiquato e dispersivo. Prendiamo il caso emblematico dei musei italiani.
In Italia sono 4000 circa, in Francia appena 1900. Gian Antonio Stella ricorda che tutti i musei pubblici guadagnano meno del Louvre da solo. È un cane che si morde la coda: entrate irrisorie, pubblico scarso tranne che nei musei maggiori e scarsi contributi statali fanno sì che manchino le risorse necessarie alla manutenzione e quelle, altrettanto necessarie, alla promozione.

Museum Analytics censisce la presenza sul web di oltre 3000 dei  più importanti musei al mondo. La situazione è sconfortante: nessuno fra i siti dei musei italiani è tra i più visitati. Al primo posto il Metropolitan di New York, seguito dal Victoria and Albert Museum di Londra e dal MoMa. Ma c’è anche un sorprendente settimo posto del  National Museum di Seoul, Corea.
La presenza sui social network è scarsa. Il record “social” delle ultime settimane appartiene al Rijksmuseum di Amsterdam: il post con cui annuncia su Facebook la propria riapertura dopo oltre dieci anni di restauri in breve arriva a raccogliere oltre 11.000 feedback tra commenti e like. Questa settimana il migliore è il museo Frida Kahlo di Coyoacàn, Messico: non precisamente uno dei più noti al mondo. A questa pagina potete divertirvi con tutte le statistiche.
E ancora: che cosa vi viene in mente se dico “pubblicità per i musei”? Al massimo, temo, qualche manifesto sussiegoso con il titolo di una mostra, una foto un po’ così e troppi testi scritti in caratteri troppo piccoli.
Si può fare di meglio? Torniamo al Rijksmuseum: il suo dipinto più noto è la Ronda di notte di Rembrandt. Guardate che cosa si è inventato, ottenenendo un’ampia diffusione virale gratuita sul web, per celebrare la riapertura.
Soluzione bella ma costosa? Guardate questo: per costruire un video virale che vince al Festival della pubblicità di Cannes, al Senckenberg Museum di Francoforte basta… un osso. Il Denver Museum of Nature and Science invece, per la gioia dei bambini, prende un dinosauro e lo fa danzare.
Troppo lieve? Guardate come il Czech National Museum pubblicizza una mostra sull’accordo di Monaco che nel 1938 stabilisce il passaggio dei Sudeti, un’ampia porzione di territorio cecoslovacco, alla Germania hitleriana.
Per restare a Praga: questo, invece, è un annuncio per il il Museum of Communism.
Per cambiare, invece, genere: ecco come il Vancouver Science World trova il modo di incuriosire i passanti. E per finire  nel modo più classico, cioè al coffee shop, ecco come si propone il Van Gogh Museum Cafe di Amsterdam.
Ora, chiudete un attimo gli occhi e pensate a che cosa ci si potrebbe inventare per i musei italiani, senza nemmeno investire troppe risorse: basterebbero, credo un po’ d’intelligenza, di accuratezza, di creatività e di voglia di raccontare l’arte e la scienza in modo coinvolgente, moderno e, soprattutto, non condiscendente.

Questo articolo è uscito anche su internazionale.it

20 risposte

  1. giusta considerazione. Quindi, più risorse per il ministero, più spazio di manovra per i privati. Anche per eventi. Io ho fatto cenare 1000 persone sotto la piramide del Louvre e ho fatto fare loro una visita privata notturna. Il Louvre ha preso un sacco di soldi, nessuno ha protestato. Cosa succederebbe in Italia?

  2. Riporto anche su NeU un commento di Renato Andreoletti.

    Nel 1988 il capo dello Stato francese, François Mitterrand, decise di trasformare il museo nazionale del Louvre di Parigi nel più grande museo del mondo: tra l’altro affidò all’architetto cinoamericano Ieoh Ming Pei la costruzione della Piramide in acciaio e cristallo nel cortile interno dei palazzi delle Tuileries che ospitano il museo. I numeri gli hanno dato ragione: nel 2011 8,9 milioni di visitatori da tutto il mondo hanno speso 50 milioni di euro solo per i biglietti. Il fatturato del Louvre, http://www.louvre.fr, ammonta a 94 milioni di euro (compreso il merchandising) cui vanno aggiunti altri 116 milioni versati dallo Stato. In totale si tratta di una dotazione di 210 milioni di euro. 108 milioni di euro rappresentano il costo dei 2100 collaboratori del museo, 60 milioni di euro rappresentano gli investimenti per ampliare e impreziosire le collezioni presenti. Quanto rende il Louvre alla Francia e a Parigi in particolare? Decine di milioni di euro.
    Gli è vicino il Metropolitan Museum of Art di New York, http://www.metmuseum.org, che nel 2011 con 5,7 milioni di visitatori ha incassato 226,2 milioni di dollari (174 milioni di euro). Il Metropolitan ha anche registrato un surplus di 1,3 milioni di dollari. Gli incassi diretti (biglietti, abbonamenti, merchandising) sono ammontati a 83,9 milioni di dollari (64,5 milioni di euro, +6,5 milioni di dollari rispetto al 2010 pari a un +8.4%).
    Altro colosso museale è il British Museum di Londra. Il report ufficiale del museo, http://www.britishmuseum.org, per il 2011 dichiara 5,9 milioni di visitatori ed entrate per 95,091 milioni di sterline pari a 117 milioni di euro. Il museo britannico vanta un attivo patrimoniale di ben 583,094 milioni di sterline (717 milioni di euro). Nel Report del British Museum di Londra sono illustrati fin nel minimo dettaglio anche gli stipendi dei manager compresi gli accantonamenti pensionistici.
    Identica situazione di trasparenza per il Museo Nacional del Prado di Madrid, http://www.museodelprado.es, che ogni anno pubblica e mette in Internet un Report assai esaustivo (di ben 348 pagine) con i dettagli sia delle attività del Museo, delle acquisizioni, degli eventi, che le cifre del conto economico: oltre 2,7 milioni di visitatori, un fatturato di 50 milioni di euro di cui oltre 18,6 milioni di euro dai soli biglietti d’ingresso.

    E l’Italia?
    Se provate a cercare in Internet dati simili per qualsiasi museo italiano, dagli Uffizi di Firenze alla Pinacoteca di Brera a Milano, trovate ben poco. Gli Uffizi di Firenze nel 2011 hanno realizzato il loro record storico con 1,766 milioni di visitatori incassando 8,639 milioni di euro dai soli biglietti (fonte Direzione Generale Ministero Beni e Attività Culturali). A quanto ammontano i costi del personale ? A quanto ammonta il merchandising attivato dall’ente? Quant’è l’indotto per la città di Firenze? Mistero. Nel sito ufficiale del polo museale fiorentino, http://www.uffizi.firenze.it, non esiste nulla in merito. Ci sono i siti dei musei ma non raccontano quanto costano e quanto rendono gli stessi. Sono segreti di Stato! Lo stesso vale per i Musei del Vaticano che con i loro 5 milioni di visitatori dovrebbero fatturare poco meno del British Museum di Londra e avere un patrimonio consolidato di certo non inferiore. Anche qui i dati ufficiali sono del tutto assenti: la Città del Vaticano è una delle ultime monarchie assolute esistenti sul pianeta, immaginarsi se divulga a noi poveri peccatori i sui segreti contabili…
    Sempre grazie al Ministero dei Beni Culturali sappiamo che il Circuito archeologico Colosseo e Foro Romano nel 2011 ha registrato 5,391 milioni di visitatori procurando un fatturato diretto di 36,285 milioni di euro. Al secondo posto gli Scavi Vecchi e Nuovi di Pompei con 2,329 milioni di visitatori e 8,639 milioni di euro di fatturato prodotto dalla vendita dei biglietti. Ancora sopra il milione di visitatori c’è la Galleria dell’Accademia di Firenze (1,252 milioni) con un incasso di 6,443 milioni di euro. Sfiora il milione di visitatori il Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, sempre a Roma, con 981.821 visitatori e un fatturato di 3,191 milioni di euro in biglietti venduti.
    Il Museo delle Antichità Egizie di Torino, secondo al mondo dopo quello del Cairo in Egitto, accoglie “solo” 577.042 persone con un incasso di 1,715 milioni di euro. Incassa di più Caserta (Circuito museale Complesso Vanvitelliano Reggia di Caserta) con 2,193 milioni di euro a fronte di soli 571.368 visitatori.
    L’asse Firenze-Roma-Pompei-Caserta occupa i primi 11 posti (con l’eccezione di Torino al settimo posto), Milano subentra al dodicesimo posto con il Cenacolo Vinciano (388.796 visitatori, 1,956 milioni di euro di fatturato). Nei primi trenta oltre Toscana (solo Firenze), Lazio (Roma e Tivoli) e Campania (Pompei, Caserta, Ercolano, Napoli, Paestum) ci sono Piemonte (Torino), Veneto (Venezia), Lombardia (Milano, Mantova, Sirmione), Venezia Giulia (Trieste) e Puglia (Castel del Monte ad Andria).
    Nei primi trenta posti non c’è alcun sito siciliano (Valle dei Templi, Cappella Palatina di Palermo, Segesta e Selinunte, Villa Armerina), non c’è Reggio Calabria con i Bronzi di Riace. Il primo sito veneziano è al tredicesimo posto, quello napoletano al sedicesimo… (continua nel commento successivo)

  3. Ancora Renato Andreoletti:

    In Germania a Berlino entro il 2015 verrà creata l’isola dei musei che collegherà tutti i musei esistenti in città da oltre un secolo, rimasti divisi tra Berlino Ovest e Berlino Est dal 1945 fino alla riunificazione dello stato tedesco nel 1990, ristrutturandoli e collegandoli con passaggi diretti. Il polo museale che ne risulterà diventerà il concorrente più temibile per il Louvre di Parigi cui contenderà il primato sia del numero dei visitatori che delle performance economiche. Il complesso, al centro della città lungo le rive della Spree, il fiume che attraversa Berlino, occuperà un’area di un chilometro quadrato di superficie. Disporrà anche di librerie, negozi, caffè, ristoranti.
    In Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti i dati statistici e finanziari di tutte le istituzioni culturali sono pubblici e facilmente reperibili in Internet con il risultato di poter valutare anche nel dettaglio sia ciò che fatturano (e i posti di lavoro che creano) che l’indotto che procurano al territorio. I milioni di visitatori dei musei di Parigi, Londra, New York e Berlino dormono in albergo, viaggiano con aerei, treni, taxi, mezzi pubblici, mangiano nei ristoranti, frequentano i bar e i coffee shop, spendono nelle boutique e nei negozi, acquistano libri, stampe, audiovisivi, promuovono le loro esperienze attraverso i twitter, i social network, gli sms telefonici, le email, i blog in Internet. In questi Paesi la cultura non è solo un esercizio retorico per chi va in televisione o scrive sui giornali che l’Italia possiede il più importante patrimonio culturale del pianeta, i famosi Bacini Culturali, è un fantastico business che sposa cultura e finanza producendo ricchezza, posti di lavoro, sapere diffuso.

    Una ripartenza per il turismo italiano

    Non basta aumentare l’Iva e le tasse dichiarando ogni volta che lo si fa per innescare lo sviluppo economico se poi i musei, gli scavi archeologici, i beni culturali restano nelle mani di manager professionalmente incompetenti e politicamente irresponsabili. I Sovrintendenti alle Belle Arti che gestiscono musei e scavi archeologici nulla sanno di economia: la materia non faceva parte del loro curriculum scolastico. Nulla sanno di impatto sociale della cultura: loro appartengono a una elite. Se poi non si introduce lo strumento della donazione esentasse a favore dei Bacini Culturali, come avviene altrove. Se poi Stato, Regioni, Province continuano a gestire una quota importante del nostro patrimonio culturale applicando la sola logica dell’assunzione clientelare degli addetti ai lavori senza alcun criterio legato alla professionalità, alla meritocrazia, ai risultati economici prodotti sia dagli investimenti che dalla gestione dei beni culturali stessi. Se poi… il turismo italiano continuerà a essere una sorta di Bella Addormentata che rende assai meno di quanto potrebbe, che rende ancora meno più si va a Sud nonostante che Storia, Clima, Cultura dovrebbero far registrare risultati opposti rispetto al presente.

    Valorizziamo innanzitutto la professionalità. Puntiamo per esempio su personaggi come il professor Silvano Vinceti, presidente del Comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storici, culturali e ambientali (Convab, http://www.convab.it), impegnato da anni nella ricerca dei resti di personaggi storici come Michelangelo Merisi detto Il Caravaggio, le cui ossa sono state ritrovare nel cimitero di Porto Ercole dove fu frettolosamente sepolto nel 1610. La sua équipe (composta da Giorgio Gruppioni, ordinario di antropologia dell’università di Bologna, dal professor Mallegni, ordinario di microbiologia dell’università di Pisa, dal professor Calcanile dell’università di Lecce, da Luciano Garofano ex responsabile del Ris di Parma, dallo storico e critico d’arte Massimo Marini e da altri esperti) nel maggio 2009 si è messa sulle tracce del più grande e rivoluzionario pittore di tutti i tempi e l’ha ritrovato giusto in tempo per celebrarne degnamente i 400 anni dalla morte nel 2010. Prima ancora l’équipe di Vinceti aveva indagato sulle spoglie mortali del Boiardo, del Poliziano, di Pico della Mirandola. Vinceti si sta occupando ora sia del ritrovamento dello scheletro di Lisa Gherardini, colei che dovrebbe essere stata la prima modella di Leonardo Da Vinci per la Monna Lisa, che dei segreti che Vinceti ha scoperto sulla tela stessa. I curatori del Louvre sono insorti quasi si trattasse di lesa maestà: la Monna Lisa è loro e solo loro. Non è che gli italiani, dopo il furto di un secolo fa da parte di Vincenzo Peruggia, che la trafugò dal museo nel 1911 portandola in Italia, vogliano rimetterci sopra le mani? Vincenti ricorda amabilmente agli amici francesi che fu la polizia italiana a ritrovarla due anni dopo riconsegnandola ai legittimi proprietari. Le sue intuizioni sono geniali e vale la pena approfondirle.

    La mostra itinerante sul Caravaggio (dove Caravaggio stesso era interpretato da giovani attori che ne raccontavano la vita con gustosi gossip) ha riscosso un successo superiore alle previsioni a dimostrazione che quando la cultura viene declinata con intelligenza e senso dello spettacolo si trasforma in evento di massa. E’ quel che accade a Bolzano fin dal 1998 vale a dire da quando è stato inaugurato il Museo archeologico della città incentrato sul ritrovamento della Mummia del Similaun, Ötzi, risalente a 5300 anni fa. Si tratta di un museo archeologico dinamico, multimediale, in continuo divenire. E’ ciò che in Italia si dovrebbe organizzare attorno al nostro immenso patrimonio culturale lasciandoci alle spalle l’atteggiamento da eruditi tipico delle sovrintendenze delle belle arti, che credono che la cultura sia solo ed esclusivamente cosa loro e che “non deve fare soldi” come mi disse uno dei massimi studiosi di Tiziano Vecellio quando gli venne affidata la gestione della mostra dedicata al grande pittore veneziano che si è svolta a Belluno alcuni anni fa. Il cd della mostra fu messo in vendita… l’ultimo giorno della mostra.
    Vincenzo Vinceti per fortuna appartiene alla categoria dei curiosi della vita. Lo dico per averlo incontrato personalmente durante un convegno sul turismo a Giulianova Lido, nel Teramano, dove concordammo pienamente sulla necessità di svecchiare l’approccio al turismo e alla cultura nel nostro Paese. Caravaggio, Leonardo e i mille altri personaggi che hanno popolato la nostra mirabile storia meriterebbero un approccio creativo e spettacolare alla loro memoria pari almeno a quello che essi stessi ebbero in vita.

    Walt Disney raccontò che attraversò gli anni della Grande Depressione americana degli anni Trenta dello scorso secolo attaccato alla coda del suo topolino, il cui successo al cinema gli evitò la disoccupazione che colpì milioni di suoi connazionali. L’Italia ha una coda assai più robusta e importante cui attaccarsi, la Storia, la Cultura, la Memoria del nostro Paese. Purché sappia trasformarla in Prodotti Culturali Multimediali legandola a un’offerta turistica ad ampio spettro incentrata innanzitutto sull’enogastronomia a Chilometro Zero che ha reso l’Italia una meta enogastronomica ambita al pari di quella turistica, climatica e culturale.

    1. Gentile Annamaria
      Il sito Convab purtroppo risulta senza contenuti – under construction – poteva essere un utile approfondimento perchè anch’io, proprio in questo momento, sto scrivendo un articolo che affronta il grande problema della mancanza di comunicazione digitale della cultura in Italia!
      Scrivo, appunto, dopo l’evento citato da Alfonso, sopra – le invasioni digitali – che ha dimostrato che almeno 10,000 persone vorrebbero usare l’internet per comunicare la cultura.

      1. Alexandra ha per caso scritto l’articolo?
        Sono una laureanda e sto svolgendo la mia tesi sulla comunicazione museale esterna tramite i social network e vorrei ricevere varie considerazioni.
        Puoi indicarmi dove posso trovare la sua pubblicazione?
        Grazie

  4. Promemoria marmoreo, indelebile, incredibile, a mio parere anche mitico e criminale:

    Per “sistemare” il degrado dei musei, delle biblioteche, degli archivi, delle aree e dei parchi archeologici italiani, l’ex Ministro per i Mali e le Attività Anticulturali del IV Governo Berlusconi, aveva chiamato un autentico esperto: l’Amministratore Delegato e Presidente del Casinò di Campione d’Italia e della McDonald’s, Mario Resca.

    Va ricordato che il suddetto Ministrone era anche a) l’estensore e coordinatore del volume “Una storia italiana” (un libro fotografico sul suo capo) inviato, in occasione delle elezioni del 2001, a tutte le famiglie italiane, b) un poeta che con le sue rime tesseva le lodi di Berlusconi, di Gianni Letta, del Cicchitto e della ‘oppositrice’ Finocchiaro, c) era stato ripreso come ‘pianista’ nel Senato schiacciando i pulsanti di votazione per conto di colleghi assenti.

    Se invertebrati di questa classe vengono delegati per occuparsi dei nostri musei, qualsiasi ipotesi – anche la più losca – non può sorprendere nessuno, nemmeno un paleontologo che studia i fossili della nostrana modernità.

  5. Nel 2009, con l’agenzia per la quale attualmente lavoro (www.artattackadv.com) abbiamo aperto la pagina Facebook del Palazzo Doria Pamphilj di Roma https://www.facebook.com/ArtiDoriaPamphilj e poi l’anno successivo abbiamo aperto la pagina della mostra Caravaggio e la fuga https://www.facebook.com/caravaggioelafuga

    L’intera promozione è avvenuta sui canali digitali ed è stato un successo (+40% visitatori rispetto all’anno prima), con un buon successo dell’applicazione di audioguida per iPhone.

    Perché non si è continuato su quella strada? Problemi di budget…

    1. A proposito del palazzo Doria Pamphilj di Roma, penso che il sito web sia proprio scarso rispetto a quello che veramente si può acquisire visitandolo. Non so, dott. Borriello, ma credo che non sia un problema di budget renderlo più gradevole ed “attraente”. Quanto costa, poi, una pagina web anche se(non necessariamente) in flash? Visitando i Musei di mezzo mondo, ho maturato la convinzione che i responsabili dei Musei Italiani sono ancora impregnati di una ancestrale (e, ahimé, burocratica) cultura del “possesso” per cui l’opera d’arte esposta è “mia” e tu non puoi né vederla, né scaricarla così com’è possibile nel sito del Rijksmuseum; né, tanto meno, in visita, fotografarla per gli immaginari “danni” che ne deriverebbero all’opera stessa. Neanche senza flash. “Danni” di cui non sono a conoscenza, per esempio, i responsabili dei Musei Vaticani e di molti altri Musei. Vorrei anche sapere quali danni arreca il flash ad una statua di marmo o di bronzo!☺
      Lei sa benissimo che se le foto fossero possibili avrebbero una diffusione virale (tra facebook e Flickr) tale che nessun investimento pubblicitario potrebbe coprire.
      In ultimo, ¿ma ha visto la home page degli Uffizi o quella dei Musei Veneziani? Penose…

  6. RENATO SALIER, docente di Arte Applicata.
    A proposito delle occasioni perdute, vorrei citarvi il misconosciuto “Museo Artistico Industriale di Napoli”che “riposa in pace”presso l’ex Istituto Statale d’Arte FILIPPO PALIZZI di Napoli,ora “liceo d’Arte F.Palizzi”. Da insegnante presso quell’Istituto ,insieme ad altri colleghi e rappresentanti del Provveditorato agli Studi e della Sovrintendenza ai Beni Artistici e storici di Napoli,si riuscì alla fine degli anni 90, ad inventariare circa 5000 manufatti su quasi settemila, che erano da 20 anni!! imballati e depositati nelle 5 sale + il deposito del terzo piano,e accuratamente sigillati. Quando il C.d’Istituto ci propose di tentare di aprirlo, da volontari, al pubblico e agli studenti ,fu difficile finanche reperire le chiavi per l’ingrasso che risultavano perdute sic!…Bene siamo nel 1995/6 e in circa quattro anni si riuscì ad aprire cinque sale in concomitanza della manifestazione napoletana “Napoli porte Aperte” poi “Maggio dei Monumenti”. In quegli anni ci fu un afflusso di pubblico stupefacente,+intere classi che intesero sfruttare quello che nello spirito del fondatore GAETANO FILANGIERI era il museo: una sorta di sillabario tridimensionale a cui gli studenti potessero accedere e trarre ispirazione. Nel 2000 con il sopraggiungere di un nuovo preside,che come primo atto “dirigenziale” azzerò tutto il lavoro fato in precedenza,con il colpevole silenzio assenso dell’allora Provveditore agli Studi di Napoli:perché tale atto? 1° arrogare a sé il merito del lavoro,facendo la promozione di una nuova commissione per la riinventariazione del materiale Museale ed intanto promuovere, a Suo solo ed esclusivo merito, con una visione del tutto padronale, le manifestazioni future che si sarebbero potute mettere in campo. Invece dopo aver distrutto quel minimo di organizzazione che,senza fondi,era riuscita ad aprire il museo,purtroppo,dal punto di vista umano, tale Preside finì,ma con Lui fini anche il Museo. Infatti i presidi che si sono avvicendati alla guida dell’Istituto,non erano interessati ad assumersi una tale responsabilità, in più erano tutti ex insegnanti di materie (prevalentemente di matematica) che non prevedevano nella loro formazione una legislazione specifica dell’istruzione Artistica.
    Conclusione. Il MUSEO è di nuovo inaccessibile e chiuso PER BANALI MOTIVI da circa un triennio!!!.
    Per tenere viva,nella memoria collettiva e istituzionale, l’ esistenza di questo Museo,unico!! in Italia che abbia ancora materiali che vanno, dalle stoffe Kopte del 3° secolo dopo C. a manufatti in ceramica,metalli, bronzi,argenti e pitture che abbracciano gli anni del 700,800 e 900 Italiano ed Europeo, abbiamo messo su FaceBooK una pagina a cui si può accedere clikando” Amici del Museo Artistico Industriale di Napoli”.
    Siamo convinti che ormai la salvezza di questo Museo è legata alla divulgazione dello stesso,visto che il Museo e annesso ad una scuola pubblica;l’istituzione che è direttamente responsabile di questo gioiello nascosto è il Ministero della Pubblica Istruzione,mentre la sovrintendenza è responsabile della sola “tutela”!

  7. Vedo che i musei inglesi sono ai primi posti come affluenza, aggiungiamo però per completezza d’informazione che in Inghilterra i musei sono gratis, l’ingresso è completamente libero senza alcun controllo. Domanda: come fanno ad indicare il numero dei visitatori senza avere i biglietti venduti come riferimento? Concludo che quei numeri sono solo delle stime.

  8. Sono rimasto molto colpito da un idea che ebbe Alzek Misheff qualche anno fà. Lui ha fatto dei disegni (peraltro splendidi) di musei nuovi da costruire per le sette muse lungo l’intero dorsale italiano. Se costruite, a differenza di tanti cattedrali industriali nel deserto, potrebbero portare una valanga di turisti nel Bel Paese. Lo dico da Inglese, che oltre ad aver avuto l’amore per “il giardino del mondo” come definì un mio coetaneo l’italia, ho sempre avuto l’impressione dai 35 anni orsono in cui ci ho abitato (aihmè, non più) che la cosa in cui investire maggiormente era, ed è la Cultura. Pensando al turismo derivante dalla enorme massa di Cinesi che vorranno scoprire il vecchio continente negli anni a venire, mi vengono i brividi quando penso che potrebbe diventare la primaria industria italiana…

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