parole che mancano

Quattro parole che mancano per quattro fenomeni che esistono

Parlavamo qualche giorno fa dell’inventare parole. Bene: oggi ve ne propongo quattro, e vi chiedo se avete voglia di inventarne una quinta, completa di definizione da proporre nei commenti.
Si tratta di un gioco, e non ho intenzione di candidare le parole che seguono a un ingresso nei vocabolari della lingua italiana. Le parole che mancano, però, sono un discreto pretesto per segnalare alcune deformazioni del pensiero e del comportamento nelle quali può capitare a tutti di imbattersi, e che sono più difficili da individuare anche perché non esiste un termine specifico per nominarle.

Altrimentare (altimentazione, altrimentato): comportamento diffuso. Consiste nel fare una “diversa” stima numerica, modificando opportunisticamente i dati per guadagnarsi qualche forma di vantaggio nel momento in cui, sui numeri, bisognerà negoziare, o per pararsi le spalle prima di prendersi un impegno.
Altrimentare è diverso dall’alterare, falsificandoli, dati certi, ed è più insidioso. Si può altrimentare un tempo di consegna per garantirsi margini più ampi. Si può altrimentare un preventivo, gonfiandolo nella presunzione che il cliente comunque pretenderà un forte sconto (e, se non lo pretende, tanto meglio). Si può anche altrimentare al ribasso per vincere una gara: a cose fatte ci si rifarà con le varianti in corso d’opera e con cento altri ingegnosi espedienti.
Si può altrimentare una valutazione scolastica, assegnando un voto inferiore al merito perché se no quel pigrone dello studente smette di impegnarsi, o superiore al merito perché se no lo studente o la sua famiglia o chiunque altro potrebbero rompere le scatole.
Nel mondo altrimentato non esistono stime plausibili ma soltanto rincorse a chi altrimenta di più, prima, e in modo più accurato. E non esiste fiducia. Naturalmente, ad altrimentare non sono solo i singoli cittadini e le imprese: si può nutrire il fondato sospetto che, per motivi di opportunità, vengano altrimentati, per esempio, i dati previsionali sul pil o quelli sull’occupazione.
Un caso speciale, e più accettabile perché non si applica a dati ma a risposte nel contesto di relazioni interpersonali non misurabili numericamente, è l’altrimentazione di cortesia: in questa, sembra, gli inglesi sono maestri.

Discritico (discritica, discriticare): abbiamo già una serie di aggettivi utili a descrivere le diverse sfumature dell’atteggiamento e della qualità del giudizio di chi mette (o non mette) in questione qualcosa. Dunque, parliamo di atteggiamento critico o acritico, o ipercritico. Tuttavia, manca un aggettivo capace di individuare la più molesta, inutile e deleteria forma della critica: è discritico chi non solo esercita accanitamente e costantemente la critica ipercriticando, ma ipercritica in modo del tutto acritico.
Per dirla semplice: è discritico criticare cambiando costantemente le carte in tavola e producendo obiezioni alle quali è impossibile rispondere perché sono, nel contesto dato, del tutto prive di senso. È discritico generalizzare casi particolarissimi, o mettere in crisi una regola generale sensata e accettata tirando in ballo una singola, marginale eccezione (quella proverbiale, che invece dovrebbe servire a confermarla, la regola). È discritico non ascoltare perché non si riesce a smettere di parlare e, soprattutto, non si riesce ad astenersi dall’ascoltare se stessi.

Scontemporaneo (scontemporaneità, scontemporaneamente): ciò che affannosamente persegue una (imprescindibile?) contemporaneità ma lo fa in maniera fallimentare, conformandosi a mode recenti ma già in declino, o appena appena passate.
Fastidioso come un lieve ma percepibile fuori sincrono in un film doppiato, imbarazzante come un commensale che si pulisce i denti col coltello o l’orecchio con l’unghia del mignolo, provinciale come un applauso al termine di un funerale o di un atterraggio, lo scontemporaneo scontenta tutti: i candidi e gli smaliziati, i tradizionalisti e i cultori del futuro prossimo, i timidi e gli audaci. La scontemporaneità, infatti, è sempre un po’ troppo e ancora troppo poco, e lo è, ahimé, scontemporaneamente

Sfattivare, (sfattivarsi, sfattivo): fra le parole che mancano, questa potrebbe rivelarsi sommamente utile in molte occasioni. Significa darsi da fare con l’unico obiettivo di mostrare a tutti gli interessanti che ci si sta dando da fare.
Si può sfattivare un processo disfacendo quanto si è appena fatto per poi rifarlo peggio, in modo che sia necessario disfarlo di nuovo: e così, all’infinito.
Si può sfattivare un’analisi producendo una serie di documenti tanto ponderosi quanto illeggibili. Si può sfattivare un percorso decisionale indicendo riunioni tanto affollate quanto lunghe e inconcludenti: riuscirci è semplice perché basta tener conto della Rule of seven (in un gruppo, ogni aggiunta di un singolo membro oltre ai sette riduce del 10% l’efficacia delle decisioni). Riunioni di 17 partecipanti e oltre non decidono nulla, e tutti gli intervenuti hanno la soddisfazione di sfattivarsi alla grande.

Questo articolo esce anche su internazionale.it. Se vi è piaciuto, potreste leggere anche:
Parole: strumenti per costruire, armi per combattere, ali per volare

36 risposte

  1. Riprendo il mio precedente “spiotorlare” (da spiotorlo) – indica un brontolio incessante, una sorta di fastidiosa-lagna-lamentosa causata dal rifiuto o dalla negazione di qualcosa.
    Atteggiamento solitamente riconducibile ai bambini, si è diffuso oggi anche tra gli adulti, sempre più attenti a “spiotorlare” per ciò che non hanno piuttosto che godere per ciò che già posseggono.

    “Spiotorli-watching”: Interessanti esemplari “spiotorlanti” possono essere ammirati il sabato pomeriggio nei diversi centri commerciali; si consigliano in particolare le corsie Hi-tec (es. telefonia), giocattoli, abbigliamento e calzature.

    1. Inoltre …

      Spiotorling: lamentosa attività di disturbo volontaria al fine di ottenere un consenso.
      Es: mamma … me lo compri? dai, me lo compri? daaii, me lo coompriiii ?? mammaaaa …

      Spiotorloso/a: persona che abusa delle strategie di “spiotorling”

  2. Sì, certo! Discritico lo metterò da subito in circolo. È la parola perfetta per controbattere alle perfidie del revisore dei miei lavori di traduzione. La userò già oggi, grazie.

  3. Non mi piace nessuno dei quattro… Però ti butto lì una categoria alternativa: “Parole disusate (e italianissime) che varrebbe la pena recuperare”, proprio perché esprimono qualcosa di altrimenti indefinibile. Per esempio, “compossibile” (e l’astratto “compossibilità”), cioè “possibile unitamente ad altro, altrettanto possibile” o giù di lì. Ci saranno più cose compossibili o non compossibili?

  4. Molto stimolante questo giorco “rodariano”…
    Io oggi propongo qualcosa che sto vivendo sulla mia pelle, dunque una parola che nasce da un’emozione vissuta e che me la fa pronunciare proprio così..
    SMOTIVANTE: dicesi di persona, situazione, che procura un improvviso e franoso atteggiamento di allontanamento e precipitazione delle motivazioni. Come in uno smottamento, nello smotivamento, le motivazioni che occupavano la vetta delle intenzioni, precipitano giù, in una voragine del pensiero e dell’anima. Quali possono essere le operazioni possibili di recupero delle motivazioni franate? Chi possono essere gli addetti a farlo?…

  5. quantaltrismo.
    politici specializzati in “e quantaltro” alla fine dei loro interventi televisivi quando non sanno più che cavolo dire, pensano di quantaltrare creandosì così un’aura di profondità. La sanno lunga.

  6. Burinfiare. Essere molto, molto annoiati da qualcuno o da qualcosa, ed esprimere il proprio disappunto con sbuffi e brontolii.

  7. Nulladicente:
    colui che pronuncia un discorso su un argomento senza esprimere alcun concetto di senso compiuto concernente quel dato oggetto.

  8. Ho sempre trovato che l’inglese distinguesse correttamente con due parole distinte – “loneliness” e “aloness” – due distinti stati dell’essere che in italiano sono costretti in “solitudine”, che però esprime più diffusamente solo il primo, quello legato all’isolamento subito e non scelto. Per questo mi piacerebbe veder spuntare su un vocabolario la voce “solità”, per intendere quella meravigliosa sensazione di libertà che prova chi sceglie di non aver compagnia.

    1. Nel mio dialetto (il siciliano) esiste già e proprio nell’accezione da te indicata, talmente vera (per noi siciliani) che l’abbiamo ingioiellata nel detto: “sulità, santità”, per ricordare a noi stessi, quando serve, che la solità è una condizione privilegiata o a cui aspirare come la santità.

  9. Bellissimo e divertentissimo gioco che stimola la fantasia come giustamente citato, sulle corde di G. Rodati. Io propongo il verbo Qualunquare. L’azione che svolgono i qualunquisti.
    In ogni caso bellissime tutte le proposte.. Le troveremo, le useremo un giorno…

  10. “Altrimentare” evoca anche (come mix tra alimentare e altrimenti) scegliere diete diverse da quelle consuete, con relative fissazioni più o meno ‘scientifiche’ 🙂 molto attuale! 😀

  11. Tranne “discritico”, non mi piacciono e non mi sembra utile metterle in circolazione….
    Buone un paio di proposte che stanno qui nei commenti. Ciao, continua!

    1. Quarta riga: “si tratta di un gioco, e non ho intenzione di candidare le parole che seguono a un ingresso nei vocabolari della lingua italiana”.
      Nel caso non si fosse capito: non stiamo parlando di parole, ma di comportamenti che non hanno definizione specifica e che per essere descritti chiedono una perifrasi. 🙂

  12. Esco un attimo dal gioco e riproduco una delle ultime ricche del post di Annamaria, alla voce Sfattivare: “con l’unico obiettivo di mostrare a tutti gli interessanti che ci si sta dando da fare.”. Credo si tratti di un refuso … ma è un capolavoro. Mostrare a tutti gli interessanti (Interessati, magari interessanti, appunto perché si interessano alla cosa, e forse anche un po’ anti …).
    Aggiungo un termine noto, ma che in quel caso assunse nuovo significato, masticato dai copy di un’agenzia: Testicolo. Indicava un testo di poche righe … credo anche una sorta di rottura di (palle si può dire?). In un’altra agenzia ho apprezzato il neologismo “ricicciare”: ovvero prendere spunti ( o interi pezzi) da un progetto presentato in passato ma non approvato e risistemarlo per presentarlo ad un altro cliente. Vi chiederete che agenzie frequento … Linda

    1. “Testicolo” come prima persona del verbo “testicolare” fu già inventato più di un ventennio fa da un consigliere comunale, allora promosso anche assessore, del mio paese. Durante un suo accorato intervento a difesa del suo operato, di cui tutti nell’aula dubitavano, per mettere a tacere le resistenze dell’interlocutore che più di altri negava ogni assenso, a quanto l’assessore andava vantando, con evidenti e ripetuti gesti dissenzienti della testa, l’assessore se ne uscì così : “Consigiere è inutile che testicoli, perché le cose stanno così come le sto dicendo”. Inutile dire che nel mio paese divenne un modo di dire diffusissimo. Peccato che al mio paese non si fabbrichino vocabolari ma solo assessori!

  13. Dal bergamasco una parola che in italiano non esiste.
    Macciare (verbo intransitivo) : raggomitolarsi in posizione fetale abbracciando con passione le coperte o la persona affianco. Acccompagnandosi spesso con BRRRRRR verbali e tremolii spontanei.

    Che bello macciarsi! Avrei voglia di macciarmi sotto le coperte.

  14. Bellissimo post. Bellissimo blog.
    Mi ci sono imbattuto oggi cercando su internet un consiglio su come “inventare” un neologismo. Forse le vostre menti fervide possono aiutarmi.(Sto forse proponendo un brainpostorming?).
    Esiste una parola inglese “littering” che non ha una esatta traduzione in italiano. Consiste, lo saprete, nel gettare piccoli rifiuti in giro tipo cicche, chewing gum, cartacce, lattine, bicchieri e piatti di plastica, ecc. ecc.
    “Abbandono di rifiuti”, come viene spesso tradotto nei documenti ufficiali dell’Unione Europea, non è esattamente corrispondente (questioni giuridiche, tralascio) e comunque è poco efficace quando lo si deve veicolare all’interno di campagne di educazione ambientale.
    Neanche “insozzare”, “imbrattare” e “insudiciare” funzionano bene: troppo generici e fanno pensare a macchie o a qualcosa di fangoso.
    Avete qualche idea?

    1. Ciao Federico. Grazie!
      Bel quesito.
      Quasi quasi mi verrebbe da proporti “scartazzare”, costruito sul modello di “scacazzare”( defecare qua e là, come fanno i piccioni).
      Dunque: scartazzare nel senso di spargere carte e scarti qua e là, con la stessa intelligenza di un piccione.
      …ma, ovviamente, questa proposta è solo un gioco. 😉

      1. Buono lo scartazzamento.
        Davvero buono.
        Superba la definizione.
        Grazie Annamaria.
        Lo posso lanciare (citando la fonte, ovviamente) ufficialmente?
        f.

        1. Bene.
          Felice che ti piaccia.
          Lancio ufficiale. Ma certo, volentieri: citando autore (la qui presente, che con queste righe ufficialmente cede ogni diritto sotto licenza Creative Commons 4.0, così la parola può essere usata da tutti) e fonte (discussione su NeU).

  15. BENALTRITE
    Affezione del processo decisionale e fattivo (soffrire di benaltrismo), forma degenerativa da poltrona, manifestata con l’etichettare come non sufficiente qualsiasi altra iniziativa (ad es. ci vuole ben altro).
    Conseguenze pratiche: impossibilità di far qualcosa e nel proporre alternative sensate. Grosso peso nella motivazione delle persone intorno. Inutilità generale.

  16. Annamariatestitudine

    La capacità, di certo innata, di sorprendere costantemente i propri lettori, provocando in loro la meraviglia e l’incanto. Due stati di piacere intellettuale che una volta depositati nell’animo del ricevente, lo stimolano ad impegnarsi con creatività nel conseguire i propri obiettivi.

    Solo in alcuni casi, fortunatamente rari, provoca un lieve lecchinaggio, che però scompare al primo fraintendimento 😉

  17. Scomplicato: (agg.) detto di persona pratica, diretta, spontanea, accomodante, per nulla artefatta. Mutuato dallo spagnolo “descomplicado”, di difficile traduzione in italiano nel suo significato più completo.

  18. “La restanza”, propria di chi rimane in paesi che si spopolano.

    Termine trovato nei testi di Vito Teti, scritti sicuramente scientifici, ma anche emotivi e avvolgenti, ottimi spunti per tante riflessioni.

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