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Parole tra carta e schermi – Idee 26

Umberto Eco, negli anni Ottanta, scrive: «Il computer è una macchina molto spirituale perché permette di scrivere quasi alla velocità del pensiero». Ma che cosa vuol dire scrivere per il computer (leggi: per l’era digitale, leggi: per gli e-book reader) e non solo con il computer?
Gli scrittori si chiedono: che fine fa la scrittura “senza carta”? Quando interagisce non con lo spazio unidimensionale della pagina, ma con la profondità di campo delle immagini? Quando deve competere (e contaminarsi) con la seduzione del cinema, dei videogiochi, all’interno dell’infinito campo di opportunità che è lo schermo di un tablet? Quando, idealmente, ogni parola è una porta che si apre su un paesaggio ipertestuale, e tutte le parole si integrano in sequenze che possono anche essere molto diverse da quelle classiche della lettura?
Anche queste domande generano mondi. Sono quelli immaginati da IDEO con tre concept di libri connessi in network, zeppi di immagini, interattivi. È Alice for the iPad, primo “libro aumentato”. Sono le rudimentali (ma va bene così, stiamo solo cominciando a scheggiare la superficie dell’era digitale) polistorie ipertestuali.
Eco invita a non «fare il funerale ai libri». Ma quanto somiglieranno i libri di dopodomani all’oggetto materiale che chiamiamo “libro”? E quali parti del cervello, della memoria, quali competenze, quali emozioni, quali esperienze entreranno in gioco? Con quali parole scriveremo?

3 risposte

  1. GUTENBERG E FESTINA LENTE Con la stampa a caratteri mobili la prima bibbia tirata a Magonza faceva concorrenza ai manoscritti vergati con la penna e calamaio, rendendo riproducibili e disponibili testi fino ad allora riservati solo ai dotti dell’aristocrazia e al clero porporato, ma composizione, tipografia e capilettera erano molto simili al campione eseguito a mano dai monaci delle abbazie. Il grande balzo in avanti avvenne con il disegno e l’invenzione del carattere corsivo italico applicata su formati in ottavo da Aldo Manunzio nella sua tipografia Veneziana, che diede origine ai libri come li conosciamo oggi. Il libro è una di quelle invenzioni perfette che, come la bici o il pelapatate, difficilmente potranno scomparire. Benvengano quindi i libri elettronico, gli schermi interattivi, gli ipertesti. Per il momento non riesco a leggere più di qualche pagina a video senza che la vista cominci a sbandare, le immagini a trasportarmi altrove, i filmati a farmi dimenticare il filo del discorso. E’ vero, siamo solo agli inizi, aspetterò con gioia che si sviluppino aggeggi da connettere al cervelletto per eseguire download diretti tipo Matrix, rimanendo però con il dubbio alla Troisi, sulla quantità di bit prodotti in un secondo nel mondo e la capacità del mia sola, unica e un po usurata materia grigia di accoglierli tutti.

  2. Walter dice “il libro è un’invenzione perfetta”. e coglie un punto importante. Si può migliorare un’invenzione perfetta? O, qualsiasi cosa si faccia, si fa “altro”? Mi spiego: nella nostra percezione corrente, un film è qualcosa di ben diverso da una serie di fotografie proiettate e in movimento. Può darsi che, tra pochi anni, tra ciò che leggeremo su carta e ciò che scorreremo su un iPad ci sia la stessa differenza che c’è tra una foto e un film. E la nostra mente? A “leggere” le storie del futuro sarà il cervello di… un lettore? Uno spettatore? Uno scopritore?

  3. Il libro è un’invenzione probabilmente perfetta. Ma forse e-books stanno ai libri come i film in televisione/computer stanno ai film visti al cinema. Leggere e-books è un’altra cosa dal leggere un libro. La nostra o meglio la loro mente nel futuro non so come cambierà.

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