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Perché la creatività piace ma le persone creative sembrano antipatiche? – Idee 91

Mi scrive Federico: mi piacerebbe discutere con te dell’antipatia che le persone creative e fantasiose si tirano dietro. Del conflitto aperto o nascosto che si genera, anche in casa (esperienza personale…). Spesso dunque la creatività viene sconfitta, castrata, perché essere fantasiosi sembra essere male.

Bel quesito, no? Ma non so se si può affermare così, generalizzando, che le persone creative sono (…tutte? …sempre? …a tutti?) antipatiche.
In realtà i temi impliciti nelle affermazioni di Federico sono più di uno. Provo a ordinarli in una lista che parte dal generale e arriva al particolare.

IDEE PERICOLOSE. A pensarci bene, la creatività non è mai stata valorizzata e apprezzata quanto lo è oggi. Per dire: ancora ai tempi di Galileo, e nonostante già si fosse in pieno Rinascimento, un’illuminazione creativa poteva significare la galera, o anche peggio. L’idea di “creatività” comincia a delinearsi con l’Illuminismo ed è figlia del Novecento. Oggi l’importanza delle attività creative è ampiamente riconosciuta.

SVILUPPO CREATIVO. Uno studio finanziato da Adobe ed esteso a USA, Regno Unito, Germania, Francia e Giappone ci dice che 8 persone su 10 ritengono che liberare la creatività sia fondamentale per lo sviluppo economico, e che oltre 6 su 10 pensano che la creatività abbia un valore sociale.

Nel 2008 l’esplosione mondiale della crisi economico-finanziaria ha provocato una caduta della domanda globale e una contrazione del 12% nel commercio internazionale. Tuttavia, le esportazioni mondiali di prodotti e servizi creativi hanno continuato a crescere, raggiungendo i 592 miliardi di dollari nel 2008 e più che raddoppiando il valore del 2002, con un 14% di crescita continuativa per sei anni consecutivi. A dirlo (pag XXIII) è il Creative Economy Report 2010 delle Nazioni Unite. Il quale aggiunge che…

… la creatività è strategica per i paesi in via di sviluppo. Che è multidisciplinare. Che è connessa con l’istruzione e l’identità culturale. Che ogni paese è però differente, e che ciascuno dovrebbe quindi individuare la propria via per sviluppare imprese creative e prodotti che abbiano uno specific touch and splendor. Per inciso: nell’indice globale delle città creative del Martin Prosperity Institute, oggi Roma è al 53° posto, Milano al 43°, New York al 10°, Londra al 7°, Seattle al 2°, Ottawa al 1°.

PIÙ PERSONE CHE SANNO PIÙ COSE. Ora, consideriamo che la creatività consiste nell’unire elementi esistenti in nuove combinazioni utili. Un bell’articolo di BrainPickings offre una serie di esempi di che cosa significhi, nella pratica, “combinare elementi”. Grazie anche alla diffusione dell’istruzione (più persone che sanno più cose) e all’avvento del web (più informazione, più facilmente disponibile, almeno per chi sappia cercare e selezionare) oggi coltivare la creatività sembrerebbe per chiunque, almeno in teoria, facile come non mai.

…e allora, perché non è così? I motivi sono diversi: da una parte, per avere idee creative (qualcosa di diverso sia dalla fantasticheria, sia dalla  trasgressione fine a se stessa) bisogna essere esperti nel proprio campo e darsi da fare per continuare a migliorare. Dall’altra, le persone creative hanno bisogno, per esprimersi al meglio, di operare in ambienti favorevoli, cioè tali da offrire tutti gli strumenti necessari e da riconoscere il valore del contributo creativo. E non tutti, non sempre, i singoli ambienti (familiari o professionali o sociali) sono così.

DESTABILIZZAZIONE CREATIVA. Inoltre: un comportamento creativo è per definizione destabilizzante. Intuizioni e prodotti creativi possono, prima di venir valorizzati socialmente, essere individualmente percepiti come minacciosi (e suscitare reazioni conflittuali e aggressive) o risultare incomprensibili. Guardatevi questo elenco di errori di giudizio, dal 1400 ai giorni nostri. Il déjeuner sur l’herbe di Manet, che ora consideriamo uno dei capolavori dell’Ottocento, suscita scandalo e viene rifiutato dalla critica. La Madama Butterfly viene sonoramente fischiata alla Scala (ma Puccini non demorde, la modifica e la ripresenta a Brescia: trionfo).

CARATTERI DIFFICILI. Infine: non credo che gli individui creativi vengano di norma percepiti come antipatici (anzi: molti sono amati, onorati… e qualche volta invidiati). Sta di fatto che, nonostante molti di loro siano dotati di uno spiccato sense of humour (uno dei tratti più caratteristici e affascinanti della personalità creativa), in genere non hanno un carattere facile e interagirci può risultare piuttosto complicato. Qui sette consigli dalla Harvard Business Review per gestire persone creative in azienda.
Non ho trovato online un elenco altrettanto convincente di consigli per risultare creativi e simpatici a colpo sicuro. Ma, magari, potremmo scriverlo insieme.

Questo post esce, in versione ridotta, anche su internazionale.it

49 risposte

    1. Uh, dai, è una vecchia battuta. Dai, e come la mettiamo con l’inglese? …il tedesco? …il cinese?

      1. Per ora il tuo post è in italiano. Ma ci possiamo provare a capire come si traduce l’anagramma, anche se non so se il concetto stesso di anagramma si possa applicare in altre lingue

    2. A me piace l’idea che sia insita, perchè la “cattiveria” è il sale della vita. Senza un pizzico di creatività/cattiveria non si muove niente. C’è del vero che i creativi (non annagrammabile, però) siano gente che deve usarla, la cattiveria. Per non farsi mettere i piedi in testa (no, non Annamaria) e per farsi ascoltare, per pretendere attenzione e non farsi accantonare.

  1. le persone creative sono spocchiose, pensando di essere più intelligenti del resto dell’umanità, si pongono su un piedistallo. il gradino sotto agli intellettuali spocchiosi ma anche falsi. almeno i creativi, rispetto agli altri, riconoscono che i soldi non fanno schifo.

    1. Ciao Giorgio. In realtà, uno dei tratti della personalità creativa più segnalati dai ricercatori riguarda proprio una (relativa, eh) indifferenza al denaro, e una maggiore attenzione alla reputazione fra i pari. E non ti sembra che il tuo commento sia un zinzino sbrigativo e generalizzante?

      1. Ultimamente mi sono sentita dire “Tu ti esprimi in modo strano”. Non era una critica, ma non suonava nemmeno come complimento. Non credo che il “creativo” sia spocchioso e arrogante, è che spesso ha quella sensazione di trovarsi fuori posto e allora si chiude, con il risultato che sembra uno che “se la tira”.

      2. si, è generalizzzante ma provocatorio. relativa indifferenza non l’ho mai vista, magari mi confondo con altre categorie? la reputazione tra pari è ambita in tutti gli ambienti, dalle casalinghe vicine di casa fino ai politici di levature internazionale, quindi non fa testo. frequentando altre “categorie” ci si rende conto solo dell’ego smisurato dei cosiddetti creativi. sembra stiano cambiando il mondo, quando in realtà lo abbelliscono solamente.

        1. Non so se c’è più invidia o frustrazione, o forse entrambe 😀 L’ego smisurato l’ho riscontrato in tante categorie professionali, anche nei creativi, certo, ma generalizzare e arrivare a dire che i creativi “abbelliscono soltanto” mi sembra troppo 😀 Anche Galileo, a suo modo (cioè nella scienza e in particolare nell’astronomia) è stato creativo e ha provato a sfidare la sua epoca: ti pare solo un abbellimento tutto quello che è conseguito dai suoi studi? 😀 La creatività può essere riscontrata e applicata in qualsiasi campo, non solo nelle arti, nelle lettere, nella pubblicità eccetera. Un medico che trova una nuova cura, un falegname che inventa un nuovo modo per intarsiare il legno, un ingegnere che inventa (sparo) un motore più efficiente di quello diesel: è stato anche creativo perchè è andato oltre ciò che era noto fino a quel momento e ha usato le sue conoscenze, le sue intuizioni, per creare qualcosa di nuovo. P.s.: tu che lavoro fai? 😀

    2. Nessun creativo vero pensa di essere più intelligente del resto dell’umanità anzi, è più facile che sia frustrato dalla stima di persone comuni senza avere riscontri e scambi artistici con persone che fanno parte della stessa ricerca di vita, perché è proprio di impostazione di vita che si tratta, non superiore, non inferiore, ma diversa. Il compromesso con il “mondo dei semplici” è solo una questione di lingua, come il sapere l’inglese per comunicare con il resto del pianeta. Il denaro gratifica, si, ma solo se diventa un mezzo per creare altro, è la differenza che separa il concetto di una prostituta con protettore e una escort free-lance.

    3. Non pensano di essere più intelligenti: sono. Comunque qualcuno potrebbe anche rispondere che le critiche all’antipatia dei creativi potrebbero essere dettate dall’invidia di chi creativo non è (o meglio ancora, non si sente). Ci aveva mai pensato?

    4. Tutto vero, ma io li perdono, se sono in grado di regalarmi qualcosa di nuovo e bello (e, perché no, utile).

  2. “A pensarci bene, la creatività non è mai stata valorizzata e apprezzata quanto lo è oggi.”
    Nella scuola, ad esempio. La società ha codificato alcune sue organizzazioni in forma stabile: la caserma, la fabbrica, la prigione, il manicomio, la scuola. Quest’ultima sembra condensarle tutte. È vero che in altri periodi storici è stato peggio ma mi pare che sia molto più valorizzato e apprezzato il conformismo e l’adeguamento alle idee del regime totalitario delle merci e del profitto, il quale ogni tanto si accorge che dalla creatività può ottenere vantaggi ma, per carità, che sia ben allineata e non esca dai confini!

    1. Ciao Rodolfo. Appunto: ho scritto che la creatività è valorizzata oggi “più che in passato”. Ciò non significa che sia valorizzata sempre, ugualmente, dappertutto, e che non ci siano grandi aree di miglioramento.
      Se hai qualche evidenza di un passato in cui realmente la creatività (maschile, femminile, scientifica, artistica, tecnologica, individuale e di gruppo…) sia stata valorizzata più di quanto succede oggi, dillo. A me, francamente, non viene in mente nessun altro periodo storico, e neppure (vedi Galileo) il nostro Rinascimento.

      1. Concordo Annamaria. Intendevo solo sottolineare il fine utilitaristico per il quale la creatività è valorizzata, entro confini. Poi è vero che di fronte a un Pollock si ci chiede se è nato prima l’uovo o la gallina, se si è dapprima apprezzata la creatività e poi si è sviluppato il mercato o se invece il mercante ha intravisto nuove possibilità di lucro in quelle vernici versate alla cavolo 🙂 senza le quali la creatività sarebbe rimasta chiusa in un garage.
        Però mi sbaglio, visto che io apprezzo –e non da adesso– la tua creatività, genialità e analiticità, senza altri fini che la piacevolezza, impagabile.

  3. è senz’altro vero che c’è un po’ di “sentirsi fuori posto” all’origine della creatività. una volta applicata, questa può però aumentare la distanza tra sé e gli altri.
    da sempre noto di avere un’attitudine speciale verso la vita, eppure mi dà fastidio esser chiamato “creativo”. forse vorrei essere una persona normale.

  4. proprio ieri ho letto un’interessante interpretazione di Milan Kundera. secondo lui il kitsch è “un paravento che nasconde la morte”, un tentativo di farsi andar bene quel che non funziona, e anelare con l’ironia o la dissacrazione a un mondo diverso. ho pensato anche al potere dissacratorio del camp.
    c’è sempre una dose di diversità nel “creativo”. è un disadattato per forza di cose.

  5. “Batti il martello sul chiodo che spunta” (proverbio giapponese). Per l’organizzazione, che trova la sua sicurezza nello status quo, la creatività è sempre negativa, perché le nuove invenzioni sconvolgono sempre gli equilibri di potere esistenti, interni ed esterni.
    Riguardo agli errori di giudizio, prima di riderne, bisogna stare attenti a considerare la situazione storica in cui sono stati dati e che tipo di sviluppo ha avuto la tecnica e la politica. Tutti, oggi, sappiamo che i nazisti hanno perso la guerra, ma negli anni ’40 non era ancora successo… Ci sono molte invenzioni, a mio avviso, che avrebbero avuto una evoluzione completamente diversa se non fossero intervenute scelte commerciali, o politiche(sociali, religiose…), ad influire sul loro sviluppo. Bellissimo il dialogo tra il califfo e l’inventore dell’aereo!(Ennio Flaiano, “Le ombre bianche”)
    Per il resto rimando al mio commento sul post precedente(Metodo 49: Personalità creative)

  6. Cara Annamaria, mi propongo di rileggere ed approfondire il tuo articolo, come sempre, ampio e profondo.
    Ho l’impressione che, oguno di noi, non gradisca interagire con idee, atteggiamenti ed azioni che “debordino” (stiano fuori) dai propri modelli mentali. Ho anche la sensazione che – un po’ tutti noi – riusciamo a valutare pochissimo la forza degli “schemi”, dei quali siamo “prigionieri”. Spesso ci accorgiamo degli altri, specie dei politici, che ci sembrano burrattini. Quando siamo noi, a pensare ed agire come fossimo telecomandati, non ce ne accorgiamo.
    Tra modelli mentali “bloccati” e creatività, io tifo per una creatività, che non riguardi solo poche professioni.
    Sono d’accordo che occorre una scuola diversa, non orientata ai soli contenuti. Penso anche non faccia bene tanta televisione, specie ai bambini.

    1. basta fare da “specchio” alle opinioni e agli interessi altrui, ma un po’ deformato 🙂 non approfondire mai seriamente gli argomenti e dare sempre la sensazione che siano gli altri i veri creativi…

    2. creativi e simpatici…o meglio empatici? essere generosi e non egocentrici o narcisisti, mettere la propria arte e creatività al ‘servizio’ degli altri, considerarla un dono

    3. Quando al creativo viene una nuova idea – anche se non siamo ai tempi di Galilei – dovrà usare il massimo della creatività, per entrare nel “mondo dell’altro”. Solo con l’empatia – come dice Giovanna – il creativo potrà far accettare la propria idea e potrà essere accettato.
      Ma lo sforzo creativo – per far accettare idee veramente nuove – è rilevante e fa paura a chiunque.
      Essere creativi e simpatici è difficile, ma non impossibile, se viene accettato come una sfida di vera e propria creatività.

  7. ecco già volere a tutti i costi apparire simpatici mi pare poco creativo…
    nel senso non pare una priorità del creativo che è più interessato all’obiettivo che a compiacere chi ha intorno.
    Forse la questione andrebbe ribaltata…chi è troppo simpatico forse troppo preoccupato nel compiacere appunto perchè non ha tasks troppo impellenti da portare a compimento

  8. Io una mia teoria sul perché posto dal titolo ce l’ho, con anche un’ipotesi di soluzione.

    La mia esperienza personale è che a essere insopportabili non sono tanto le persone creative, quanto le persone che si considerano tali, e ciò che le rende insopportabili è la loro convinzione.

    Non è antipatico l’artista che cerca disperatamente la perfezione, a costo di bruciare una tela dopo l’altra: lo è quello che, imbrattata la tela, va a interrompere tutti per spiegargli quanto quella tela cambierà le sorti dell’universo, e che fortuna, per gl’interrotti, poter assistere a cotanta magnificenza!

    La soluzione, probabilmente, è esporre il creativo a dosi massicce di bello, per rimpicciolirne l’ego, ed esporre gli altri a cicli alternati di brutto senza creativi e bello coi creativi, perché imparino a sopportare la necessità del male di avere creativi intorno.

    1. Perfetto! Quoto in pieno! il modo è strapieno di “pseudocreativi” ignoranti, tronfi, ottusi e, di conseguenza, antipatici…

  9. Grazie Annamaria per lo splendido articolo. Penso che la creatività sia vista bene ma il creativo venga recepito come una persona vagamente “ostile”, perché appunto invita a cambiamenti non di poco conto, se vogliamo guardare ad alcune scoperte o invenzioni che hanno davvero rivoluzionato il mondo. E poi, sicuramente, esistono tante forme diverse di creatività infatti io, se posso, sono scettico sul misurare davvero il quoziente intellettivo. Esistono diversi talenti sia intellettuali che fisici e la nostra diversità dovrebbe essere la ricchezza. Io credo che il creativo sia per prima cosa una persona differente, e dunque il suo modo di guardare la realtà diverso, e da questo nasca un pensiero da cui può scaturire, a volte, quell’idea rivoluzionaria. E penso che non si scopra oggi come le persone che non si uniformano non sono viste bene. E lo vediamo anche nell’esigenza dei vestiti firmati, nell’obbligo non scritto di conformarsi. E invece per natura i creativi hanno spirito anticonformista. Lo dice la parola stessa. Penso che il conflitto rimarrà irrisolto per lungo tempo ancora, visto come siamo fatti nel nostro essere sociali.

  10. Errata corrige: intendevo vestiti “formali”, d’obbligo in molti ambiti lavorativi perché si pensa, forse a ragione, che l’abito faccia il monaco. Ma, ripeto, questo è l’apoteosi del conformismo, e nel conformismo vi è, per logica deduttiva, la più bassa possibilità di lasciar emergere tracce di creatività. Un creativo ha invece il bisogno, quasi vitale, di approcciarsi in modo totalmente differente. Forse questo approccio spaventa, e le persone che hanno paura non reagiscono bene.

  11. Una caratteristica poi fondamentale delle persone creative è la curiosità. Cosa che invece sembra del tutto appannata in tante altre persone considerate comuni. Io non so se posso dirmi creativo, ma se lo sono, e forse di me stesso non ho il diritto di dirlo, ambirei a essere più realizzato nei rapporti interpersonali che nella creatività se poi questa mi impedisse di avere scambi umani abbastanza soddisfacenti. Poi è chiaro, simpatia e antipatia non sono tratti chiari e definiti, e poi ognuno di noi ha il suo ideale di persona amichevole o con la quale si trova meglio. I fattori in gioco sono tantissimi, e per fortuna. Ma nel mondo sociale standardizzato e conformato in cui dobbiamo vivere uniformarsi al gruppo di appartenenza sembra essere vitale, come una legge non scritta, che se non segui come si deve il risultato è soltanto l’esilio sociale, come un marchio d’infamia, magari non visibile ma forse in quanto subdolo fa ancora più male. Poi naturalmente vi sono persone che sono disadattate senza aver saputo esprimere artisticamente la loro diversità. E sono la maggioranza.

  12. “…in genere non hanno un carattere facile e interagirci può risultare piuttosto complicato”

    Verissimo, spesso sono proprio le menti più brillanti che nascondono i fantasmi più invadenti. Già Seneca se ne era accorto: “Nullum magnum ingenium sine mixtura dementiae fuit”

  13. Bell’articolo ma l’indice globale delle città creative del Martin Prosperity Institute è merda pura, guarda caso la prima città è Canadese proprio come loro….

  14. Wow! Quanti commenti… Annamaria, stavolta hai scatenato un vespaio;)

    Dico la mia: il creativo non è persona differente (rispetto a chi? rispetto a cosa?) è semplicemente essere umano e come tale differente e unico come tutti siamo.
    Il creativo sa riconoscere questa diversità e valorizzarla, altrimenti non potrebbe creare nulla di nuovo.

    Volendo separare il creativo dalle persone cosiddette normali (rispetto a chi? rispetto a cosa?) non si fa che alimentare il conformismo.

    Pertanto concludo con un consiglio: il creativo che abbia acquisito una posizione consona alle sue capacità – ma qui potrei sostituire il soggetto creativo con qualsiasi persona abbia raggiunto qualcosa, come il manager, ad es. – risulta simpatico se sa scherzare sui propri limiti e incontrare l’altro su un terreno comune.

    Il creativo che non sia stato riconosciuto può pure incazzarsi, come qualsiasi persona non sia stata riconosciuta e adeguatamente valorizzata:(

  15. La creatività e il senso dell’umorismo vanno davvero a braccetto, perciò non sapevo che i creativi fossero considerati tutti antipatici, un’idea del motivo però, a pensarci bene, ce l’ho: sono un po’ incompresi, con questo loro costante pensare fuori dagli schemi, e alla lunga, cioè dopo i primi entusiasmi, incontrano fastidio, perché la creatività va bene la prima volta, poi stanca: chi non è creativo fatica a capire l’essere creativi, è un altro mondo, un’altra mentalità, un’altra lingua, è un po’ come essere stranieri. Quando uno straniero sbaglia qualche parola, all’inizio fa tenerezza, ma dopo tanto non capirlo infastidisce, e viene considerato quasi offensivo. I casi son diversi, naturalmente. Penso che, come in ogni ambito della vita, per risultare simpatici si debba andare incontro all’interlocutore, cercare di non essere sempre creativi, limitarsi alle occasioni importanti (salvare una multinazionale dal fallimento con un’idea geniale), e nella vita di tutti i giorni parlare come mangiano gli altri, per accontentarli. Oppure, e sono sicura che molti creativi lo fanno, sfruttare il loro rinomato senso dell’umorismo, dandola così a bere a tutti: sono queste persone simpatiche quelle di cui nessuno direbbe che sono “creative”? In fondo, un vero creativo può anche creare un personaggio, no?

  16. Ci pensavo proprio questa mattina mentre facevo colazione coi biscottini: chissà se Annamaria ha migrato responsive? Non vorrei che al nostro amico andasse di traverso la macina o il taralluccio… Interessante il tema dei linguaggi specializzati e dell’uso presuntivo che se ne fa troppo spesso, ad iniziare dai giornalisti e dai loro micidiali tormentoni ciclici.

  17. Beh il creativo è una persona che è portata a superare o comunque forzare i binari conosciuti e rassicuranti della tradizione. Se uno è creativo lo è sempre, anche in una cena tra amici, e nulla di strano, quindi, se può risultare antipatico. Oliviero Toscani è antipatico; Oriana Fallaci era antipatica; Alessandro Baricco, come la maggior parte degli scrittori, è antipaticissimo. Ma il mondo li perdona perché, come giustamente osservato da Annamaria, siamo in un’epoca in cui la creatività è apprezzata, il nuovo è un valore positivo.
    Il problema non è questo, ma quando un NON creativo si crede tale solo in quanto umanamente insopportabile: è vero che molti creativi sono antipatici, ma non tutti gli antipatici sono creativi.

      1. Leggerezza, leggerezza e leggerezza! Questa la mia ricetta, Italo Calvino in Lezioni americane è chiarissimo sull’argomento, perché non rileggerlo? Anche Annamaria credo sia affascinata da questo aspetto (Leggere e Amare) e McLuhan nell’ultima parte della sua vita, raccontava barzellette alle conferenze a cui veniva invitato.
        P.S. Annamaria Testa è persona simpatica.

  18. Ciao a tutti, è la prima volta che vedo/leggo questo sito: non ho letto tutti i post ma penso di poter dare un contributo con la mia esperienza.
    Fin da piccolo mi sono distinto dagli altri per la creatività,(sono scultore,decoratore,sarto,falegname e costruttore in genere) il mio percorso di vita è stato segnato principalmente da un forte disadattamento sociale subito… bullismo, mobbing, emarginazione da indifferenza o paura.
    Alle persone risulto strano,incomprensibile,un infiltrato che li controlla,bizzarro,pazzo.
    A 34 anni ho iniziato una ricerca con psicoterapia e perizia psichiatrica fatta di test di personalità,intelligenza,verifica di disturbi di apprendimento, verifica di possibile Sindrome di Asperger,in quanto pensavo di avere una forma di pazzia che non mi metteva in contatto completo con la realtà.(non mi sono mai inserito nemmeno in famiglia e sono finito a vivere in strada su un furgone)
    Il risultato di tale ricerca è stato che sono perfettamente sano ed intelligente, ma vittima di Xenofobia (paura del diverso).

    I consigli per risultare più accettabile (SIMPATICO) almeno sul posto di lavoro me li hanno dati 2 psicologi dello S.P.I.S.A.L. (avevo chiesto aiuto allo s.p.i.s.a.l perché subivo mobbing sul posto di lavoro)

    Consigli: il consiglio è costruire una strategia di sopravvivenza fatta di piccole bugie da raccontare ai “”””normali”””” . Sbandierare gli stessi valori ed interessi, non di meno le stesse paure e timori, mostrare i propri difetti o inventarsene di inesistenti … il segreto è diventare mediocri, perché così ci si rende riconoscibili, inquadrabili e non si suscita avversione.

    Va bene farsi passare per artisti, ma non sbandierare mai il proprio talento fuori da ristretti ambiti.
    Insomma: il segreto è nascondersi dai predatori…..

    1. Ciao ti rispondo a distanza di una vita… ricordo come nacque la discussione con la bravissima Annamaria Testa e tutte le volte che mi sento creativo vengo poi ridimensionato dai normali. La tua esperienza di vita è toccante e ti ringrazio per farcene dono. Dimostra che non parlo a vanvera ma mi accorgo di una realtà, poi anche io cerco di addormentarmi e di confondermi, con il risultato poi però di perdere tutta la mia carica innovativa soltanto per un bisogno di accettazione altrettanto forte. Con il risultato di annullarmi. E la stessa società potrebbe riavere mille volte il proprio investimento se investisse sugli innovatori un poco di più, se li coccolasse, usando una parola ben specifica. Perché la società non coccola gli spiriti innovatori e i diversi? Bella domanda.

  19. Al creativo stanno antipatici certi “normali” (li trova pallosi e irrilevanti), quindi li provoca giocando con l’assurdo. Il “normale” se ne accorge e ricambia l’antipatia. Diciamo che è una specie di sfida. Io tifo decisamente per il creativo (specie per quello che non sa di esserlo).

  20. Il ruolo del creativo è quello di essere molto veloce nel pensare e fuori dagli schemi.Poi siccome parliamo di pensiero divergente la competizione sulla velocità interpretativa delle cose e delle questioni è molto fastidiosa. Per questo è piu’ semplice far sentire intrusi i diversi. Penso soprattutto alle situazioni canoniche del lavoro, qualsiasi ambito di lavoro, che non accetta facilmente intrusi ma che ne ha un grande bisogno. Tema del creativo non è tanto risultare simpatico ma di” fare” solo personaggi che accettano di stare in secondo piano, coscienti di essere meritevoli di posizioni da leader.

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