politica creatività e web

Comunicazione politica creatività e web: bilancio di un miracolo

Sembra passato un secolo da questo post del 15 febbraio 2011. Scritto di getto (di solito una homepage mi chiede qualche ora), con l’urgenza di condividere con gli amici di NeU l’idea che la produzione e la diffusione di visioni alternative, e necessarie, non potesse prescindere da un approccio creativo alla comunicazione politica.
Poi, tutto è successo in poco più di tre mesi. Un soffio. Politica creatività e web danno luogo a un fenomeno inedito.
Sarebbe stato così, con questa velocità e in questo modo, senza il web? Non credo.
Filippo Ceccarelli racconta bene la crescita improvvisa e imponente dei contributi creativi online, e la scoperta di nuovi registri per la comunicazione politica diffusa: è una nebulosa, in realtà, uno sciame, un brulichio ricreativo e non di rado pure abbastanza selvaggio che senza alcun complesso nei confronti di quelli che nell’ipocrita retorica dei talk-show vengono invocati come «i veri problemi del paese», mettono in scena Totti che fa il gestaccio, Frankestein che urla, Albertone Sordi vestito da prete, « L’aereo più pazzo del mondo» corretto nel volo da Antigua a Roma, ma anche la vecchietta comunista che prima di morire vuole « sputà ‘n faccia a Berlusconi» o quel terribile coretto di bimbi tipo Zecchino d’oro che invitano il Cavaliere a «far la cacca in una mano e poi darsi uno schiaffo» e proseguono in crescendo, con le loro vocine: «Faccia di merda! Faccia di merda! Sei un buffone, faccia di merda!». Allegri corpi e fantasmi contundenti ad alto tasso di emotività scagliati contro l’ordine, il modello di potere, ma anche contro lo strumento tecnologico fino a ieri dominante.

 A quanto dice aggiungerei che l’incrocio tra politica creatività e web appare, a chi non ne conosce le regole, ancora più insidioso perché cambia di continuo. Per dire: non si è ancora spenta l’eco del tormentone di Sucate e subito vien fuori San Tommaso is back: di tutto (dai colloqui psicologici alla pizza, agli spettacoli teatrali) gratis o scontato per chi dimostra, tessera elettorale alla mano, di aver votato ai referendum. Meraviglia.
Mi aspetto, e spero proprio, di vederne ancora delle belle.

6 risposte

  1. Provo ad approfondire con qualche numero. Alle urne per il referendum sono andati 29 milioni di persone. Twitter in Italia è usato da 350 mila persone. Molti di più, 19 milioni di persone, usano Facebook (dati del maggio 2011). 25 milioni sono i navigatori abituali della rete. Numeri che solo in totale sono assimilabili a quelli della televisione. E la televisione è fatta di sette canali, Internet invece di migliaia di siti e di profili, in comunicazione ma indipendenti. È impossibile quantificare i voti spostati da Internet in queste elezioni ma credo sia ridicolo dire che queste elezioni sono state vinte (o perse) grazie a (o per colpa di) Internet. Sono state le persone, i loro progetti, i comitati e anche un po’ i partiti a vincere. Tutte queste cose, però, sono state aiutate da Internet a essere più efficaci e meno costose. Internet aiuta ad aprire le porte del partecipare e del fare. Aiuta a costruire identità e a sviluppare progetti. Da solo non è la rivoluzione come titolano molti giornali dalla primavera araba a questa parte, però credo possa aiutare a farla. Un bell’articolo a riguardo l’ha scritto Cory Doctorow qualche tempo fa sul Guardian.

  2. Complimenti a Jacopo per l’ottima e razionale analisi che riporta alla realtà (e invita alla salute mentale) i tanti lettori delle tante Repubblica. Bravo! Ugo (Hommequirit)

  3. vero e puntuale, Jacopo. e parlo di Milano, che conosco meglio. senza la faccia, l’umanità (vorrei dire l’umana imperfezione), la disponibilità al sacrificio (!) di Giuliano Pisapia a Milano non sarebbe successo quel che è successo. senza la comunicazione (ricordate la foto criticata con il sorriso e il dente “sbirulo”?) non si sarebbe attirata l’attenzione sull’esatto opposto del canone arrogante allora vigente. senza i volontari dei comitati non si sarebbe fatto NULLA. senza l’ironia come antidoto, difesa, attacco non avremmo mostrato un volto diverso dell’opposizione alla “società civile”. e abbiamo vinto. c’è un’energia sottesa a quel che è successo totalmente nuova. la chiamiamo “internet” perché non si sa come nominare quest’energia che ci unisce pur essendo diversissimi (e ci rende difficilmente omologabili a un palinsento della TV spazzatura, dunque più divertenti e interessanti). forse siamo simili al digitale terestre (Real TV) o a Current. è anche una rivolta contro la TV come specchio truccato, per questo la botta più grande è stato il risultato nella connivente / tonta / corrotta Milano Milano la buona ha un senso dell’umorismo tutto suo, e l’abbiamo intercettato.

  4. l’Italia non ha una gloriosa tradizione di democrazia partecipativa: abbiamo sempre preferito la facile rappresentatività dei partiti. Tra l’altro, veniamo da un trentennio di disimpegno accentuato da una fase politica tutta nostra di anti-politica, che molti leader governativi, B e leghisti in primis, hanno cavalcato. Poi sono arrivati segnali di un cambio di rotta (ve li ricordate i girotondi del 2002?). Piccoli segnali. Semi gettati su un terreno poco fertile. Internet, la Rete, i social network sono stati il fertilizzante: senza questi strumenti l’energia che si stava accumulando nella gente mi chiedo quanto avrebbe faticato di più per emergere. Gli ultimi eventi elettorali non sono stati causati dalla Rete, ma è difficile affermare che senza la Rete si avrebbero avuti gli stessi risultati. I meravigliosi comitati di Pisapia (e parlo a ragion veduta) devono tantissimo al tam tam generato in Rete per diffondere le loro iniziative. Per i referendum il discorso è un po’ diverso: senza Fukushima (e, a cascata, le decisioni prese da Germania e Svizzera), mi chiedo, avremmo davvero raggiunto il 54%? E qui la Rete non c’entra proprio niente…. Valeria

  5. Queste elezioni sono state perse dal centro destra perchè si è esaurita la capacità di Berlusconi di fare credere agli italiani che lui era una soluzione. Poi un po’ di mobilitazione è cresciuta a sinistra perchè è quello che succede quando si intravvede la possibilità di vincere. Il resto sono le nostre speranze tradotte in ragionamenti ex post. Perchè, nel frattempo, ancora nessuno di noi sa qual è lo straccio di programma con dieci idee dieci (anche meno, ma credibili) del PD per il paese.

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