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Problem solving e conigli dal cappello

Risolvere problemi è un’attività impegnativa. Lo è quanto più i problemi sono complessi e opachi (cioè quando coinvolgono molti fattori le cui interazioni e le cui gerarchie in termini di cause ed effetti non sono intuitivamente chiare). Per districare la matassa bisogna affrontare la fatica di quello che il Nobel Kahneman chiama il pensiero lento.
Si tratta, in sostanza, di procedere passo dopo passo: riconoscere che un problema esiste, definirlo in modo oggettivo e accurato, scomporlo, e poi ordinare, valutare e analizzarne le componenti, ipotizzare soluzioni possibili, verificare se sono valide, confrontarle per scegliere la migliore… se andate su Amazon.it e cercate problem solving trovate quasi 15.000 titoli che vi spiegano come fare. Su Amazon.com ce ne sono oltre 177.000.

All’osservatore empirico, oggi lo stile nazionale dominante nel problem solving sembra dividersi in tre filoni maggiori: a) litighiamoci ferocemente sopra, e adottiamo la soluzione di chi vince, b) ignoriamo il problema, che prima o poi si risolve da solo. In alternativa, ricamiamoci su intrappolandoci nell’analysis paralysis, c) cerchiamo di estrarre in fretta qualche coniglio dal cappello.
Tutto sommato, la strategia “conigli dal cappello” non è pessima quanto può sembrare: è la modalità intuitiva che si basa sulle euristiche, scorciatoie di pensiero che, per dirla in modo semplice, consentono di far rapide valutazioni spannometriche, sulla base di convinzioni individuali e di esperienze pregresse. Nella maggior parte dei casi  permette di trovare rapidamente, se non la migliore delle soluzioni possibili, una soluzione “abbastanza” buona.
Teresa Amabile, della Harvard Business School, distingue tra problem solving attuato per euristiche o per algoritmi e segnala, fra l’altro, che solo usando le euristiche si può esercitare un pensiero creativo, non intrappolato nel rigore di una procedura, e, magari, trovare un inaspettato Uovo di Colombo grazie a un insight, l’illuminazione creativa.

Il guaio è che procedendo per euristiche si possono prendere anche delle gran cantonate: succede quando si sopravvalutano le informazioni più accessibili, più facili da ricordare o più cariche dal punto di vista emotivo. O quando si tende (è la fissità funzionale) a considerare immutabile un elemento che magari non lo è. Oppure quando si ripropongono meccanicamente (Einstellung effect) strategie che si sono rivelate efficaci in precedenza, senza considerare le novità del problema. O quando ci si ostina nel perseguire una soluzione fallimentare, nell’infondata convinzione che sia sufficiente intensificare gli sforzi per trasformare il fallimento in successo. E in moltissimi altri casi.
Visto che qualche problema da risolvere ce l’abbiamo, converrebbe fare attenzione almeno alle cantonate più diffuse. Con la speranza che, nel cappello, qualche coniglio sia rimasto.

Un’altra versione di questo post è uscita su Internazionale.

5 risposte

  1. In questi giorni un gruppo di discussione fra imprenditori, in LinkedIn si domanda: come prendere decisioni rapide?. Le risposte sono dei balbettii. Così, tanto per dare una rinfrescatina ho fatto un ripasso delle teorie e dei metodi che un po’ conosco e che ho individuati nel tempo. Fatica sprecata e risultati zoppi. Bastava attendere Nuovo e Utile, questo post e tutti i suoi link, e i link dei link, per trovare una esaustiva biblioteca ragionata, facilissima da consultare e scritta –come il solito– in modo mirabile. Grazie Annamaria dei miracoli.

  2. Ciao Rodolfo. Felice che NeU si renda utile, grazie per avermelo scritto e arrivederci su queste pagine.

    Anzi, se ti va possiamo fare così: poiché il tema è interessante e d’attualità, se il tuo gruppo di discussione ha un quesito e me lo dice, posso magari rispondere qui su NeU. O, almeno, ci provo.

    1. Gentilissima Annamaria, questi sono i gruppi di discussione, che iniziano e rapidamente terminano, nella macro categoria delle strategie competitive: http://www.linkedin.com/groups/Strategie-competitive-modelli-business-4151791?goback=%2Egde_4151791_member_225676682
      alla quale mi sono iscritto –ma dura poco– per curiosare. Si scopre, anzi si conferma, che il livello culturale dell’imprenditoria nazionale è lo specchio del Paese attuale. Perché è difficile darsi risposte sensate ed esaustive se non si è neppure capaci di porsi domande. Ne avessero anche solo uno, di cappello! Il mio punto di vista è probabilmente viziato e incarognito, dipende da ciò che siamo messo a confronto con ciò che avremmo potuto essere.

      1. Sono iscritta a Linkedin ma lo uso pochissimo, e quindi sono andata a dare un’occhiata per rendermi conto. Qualche contributo interessante c’è, ma bisogna andare a cercarselo tra messaggi autopromozionali e considerazioni sbrigative.

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