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Prospettive certe e prospettive mutevoli, parziali, ingannevoli

“Quali sono le prospettive?”. È una domanda che ci facciamo spesso a proposito di una scelta da fare, un’attività da intraprendere o una situazione da valutare. Quali sono le prospettive dell’economia? Del settore immobiliare? Del mercato del lavoro? Del progetto che sto avviando? Non è un interrogativo sbagliato da porsi ma, forse, è una domanda parziale.

“Prospettiva”, scrive Luca De Biase, è “una parola magnifica, che unisce il senso dello spazio e quello del tempo”. E, unendoli, ci aiuta a collocarci in un punto preciso e a valutare quanto, dal punto in cui siamo, possiamo osservare o immaginare di un fenomeno o un progetto e della sua possibile evoluzione, compresi i rischi e le opportunità. È un bell’esercizio mentale e può produrre risultati illuminati. Però contiene, potenzialmente, una trappola: nel momento in cui consideriamo le cose in una singola prospettiva – la nostra – potremmo dare per scontato che il nostro punto di osservazione sia l’unico (o il migliore) possibile. E che ci permetta di avere una visione globale ed esauriente.
Per questo moltiplicare le prospettive da cui osservare un fenomeno è una buona idea.

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PUNTI DI VISTA E PROSPETTIVE. Uno storico (risale al 1986) e indimenticabile spot del Guardian, intitolato Points of view, riesce a mostrare in soli trenta secondi che non sempre è così. L’altro pregiudizio è che la prospettiva che assumiamo sia, nello spazio e nel tempo, stabile e permanente. Ovviamente non è mai così: esistono prospettive mutevoli, delle quali sopravvalutiamo ampiamente la stabilità. Dunque, per completare la domanda da cui siamo partiti dovremmo chiederci anche “qual è il punto di vista dal quale osservo e valuto questa prospettiva”. Quanto cambiano la mia percezione delle cose e la mia valutazione se provo a mutare punto di vista e, di conseguenza, la prospettiva secondo cui osservo questo fenomeno si modifica drasticamente?

VIAGGIO NELLO SPAZIO. Saper cambiare prospettiva modificando intenzionalmente il punto di vista è uno strumento di creatività: aiuta a scoprire le soluzioni, le aree di rischio e gli eventi emergenti che stanno nascosti dietro gli angoli o nei punti ciechi. Possiamo farlo in molte maniere: per esempio, mettendoci nel panni di qualcun altro. Magari in quelli di uno scienziato extraterrestre, che osserva da una distanza e un’angolatura diverse e senza alcun pregiudizio quanto noi stiamo osservando. Se la soluzione extraterrestre vi piace, questo video, che in sei minuti vi porta ai confini dell’universo e ritorno, potrebbe aiutarvi a farla vostra.

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VIAGGIO NEL TEMPO. Altrimenti, possiamo metterci nei panni di noi stessi tra sei mesi, o tra dieci anni, ricordando che uno studio intitolato Projection bias in predicting future utility, e ampiamente citato, dimostra che tutti noi tendiamo a sovrastimare la costanza dei nostri gusti e delle nostre propensioni nel tempo e a sottostimare sia i loro possibili cambiamenti, sia l’influenza dei più che possibili cambiamenti di contesto.

VIAGGIO NEI CONTESTI. Un terzo modo per disporsi a sperimentare punti di vista diversi è dedicare qualche minuto alla divertente Ted conference di Rory Sutherland che, attraverso una serie di esempi, mostra quanto la nostra percezione delle cose dipenda proprio dai contesti all’interno dei quali siamo abituati a osservarle. “Le cose non sono quel che sono, ma quel che noi pensiamo siano”, dice Sutherland. Naturalmente, se cambiamo punto di vista si modificano anche i contesti di riferimento e le cose “diventano” diverse.

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GUARDARE DIETRO L’ANGOLO? Infine: chi dovrebbe imparare a cambiare punto di vista? Sutherland sostiene che dovrebbero farlo, in primo luogo, gli economisti. Un costo è un costo, ma la sua percezione varia in maniera sostanziale secondo il modo in cui quel costo è giustificato. E non sempre le soluzioni più onerose o più complicate sono quelle che generano maggior valore percepito, così come non sempre le opzioni più ovvie e razionali si dimostrano, nei fatti, più efficaci. Qualche volta, suggerisce Sutherland, la cosa giusta da fare se ne sta laggiù, nascosta dietro l’angolo. Qualche volta è li, davanti al nostro naso, ma dobbiamo definirla diversamente per esaminarla in una prospettiva differente. Di tutto questo stanno cominciando a occuparsi, più all’estero che in Italia per la verità, gli economisti comportamentali.

Questo articolo è stato pubblicato anche su internazionale.it Se vi è piaciuto, potreste leggere anche:
Il senso della prospettiva. Cioè, il senso del tutto
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L’immagine principale è tratta da questo articolo

12 risposte

    1. Manuel, la tua prospettiva, per caso, ignora ciò che esiste da più di due settimane?
      Allora aggiungo delle aggravanti: il testo di Luca de Biase risale al 2011. Lo spot del Guardian, al 1986. Il video sull’universo è del 2009. Lo studio sui bias è del 2000. La Ted Conference è del 2012.

      Vedi, io non credo che tutto ciò che ha più di qualche giorno vada rottamato. E pubblico sempre anche su NeU (specificandolo: guarda in fondo al testo) ciò che pubblico su internazionale.it.
      Su NeU pubblico molto di più, quindi può darsi che qualche articolo slitti ma, poiché non si tratta di stretta attualità, dov’è il problema?

      Puoi dire che un ragionamento ti sembra più o meno valido o interessante, e argomentare la tua posizione. Ma il puro criterio temporale, a meno che non stiamo parlando di cibo dotato di etichetta “da consumarsi entro”, è un po’ riduttivo, e perfino certi articoli o certe foto di cronaca restano importanti e interessanti anche se sono stati scritti mesi, o anni, o decenni addietro.

  1. Ciao! Mio nonno, da grande lettore che era, quando ero piccina mi diceva: “Se non l’hai ancora letto allora non è vecchio.” Forse era solo un modo per rendermi interessante qualsiasi lettura, però sono passati gli anni e sono ancora convinta che avesse ragione.
    I tuoi articoli mi piacciono un sacco, sento sempre il bisogno di cercare fogli e penna per prendere appunti!

  2. Da docente di disegno, appassionata di questioni di percezione visiva e innamorata del saggio di Panofsky “La prospettiva come forma simbolica” (un libro vecchissimo, del 1927!), non posso che apprezzare tanto questo articolo ed immaginarne già i risvolti nelle situazioni di ogni giorno.
    Spesso infatti, nel prendere una decisione, mi ritrovo a fare dei processi interiori con accusa e difesa. Sposto il punto di vista facilmente e a volte temo di risultare incoerente. Ma è un rischio che bisogna correre.

  3. A livello percettivo/visivo ricordo con ammirazione e con piacere Escher e i suoi enigmi.

    A livello di scelte/valutazioni personali riporto il classico esempio del bicchiere: mezzo pieno o mezzo vuoto?
    Beh, dipende dai punti di vista e dalle situazioni.
    Il bicchiere è sempre lì, sempre uguale, non pieno, non vuoto … la prospettiva invece cambia, a volte anche parecchio.

    Per quanto riguarda noi e come ci vediamo in un ipotetico futuro, riporto questa frase di Neil MacGregor (British Museum): “Per diventare ciò che vogliamo essere, dobbiamo decidere che cosa eravamo”

  4. Verità ineccepibili.
    Valutare le cose/manifestazioni alla luce di una sola prospettiva può essere pericoloso. Nel senso che nella prospettiva è come se mi “fermassi” o “fotografassi” la valutazione, no?
    Ma è quello che ci succede di frequente, bisogna solo accettare il fatto della soggettività delle nostre opinioni.

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