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Non sparate (sempre) sulle abitudini – Metodo 27

Nel Me-Ti Libro delle svolte (Einaudi, 1979), Bertold Brecht racconta:
Il matematico Ta disegnò davanti ai suoi scolari una figura molto irregolare e pose loro il problema di calcolarne la superficie. Essi suddivisero la figura in triangoli, quadrati, circoli e altre figure geometriche di cui si può calcolare la superficie, ma nessuno riuscì a indicare proprio esattamente l’area di quella figura irregolare. Allora il maestro Ta prese delle forbici, ritagliò la figura, la mise sul piatto di una bilancia, la pesò e mise sull’altro piatto un rettangolo facilmente calcolabile, da cui tagliò via dei pezzi, finché i due piatti si trovarono in equilibrio. Me-ti lo chiamò un dialettico, perché a differenza dei suoi scolari, che confrontavano soltanto delle figure tra loro, egli aveva trattato la figura da calcolare come un pezzo di carta avente un peso (risolvendo cioè il problema come un vero problema, senza curarsi delle regole). Questa storia, peraltro, ricorda molto da vicino la storia di Archimede e la corona d’oro: se non la conoscete, la trovate qui.

REGOLE E ABITUDINI. In effetti, il bravo maestro Ta di Brecht trova una soluzione non tanto fregandosene delle regole (anche il fatto che un materiale abbia un peso specifico è una “regola”) quanto sostituendo l’abituale processo per calcolare le aree con un altro, empirico e forse meno preciso ma, in quel caso, più adatto.
Condanna l’abitudine anche un testo poetico di Martha Medeiros, erroneamente attribuito a Pablo Neruda, che da anni gira in rete, spesso (ahimé) corredato di musiche vibranti e altra paccottiglia emotiva. Mentre il testo, in sé, non è male: Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine…

ABITUDINI COME SCORCIATOIE. Notate però che Medeiros non stigmatizza l’avere abitudini, ma l’esserne schiavi invece che padroni. E notate che prendersela con l’abitudine in sé, e a prescindere, non è una buona idea: senza abitudini dovremmo perfino inventare ogni mattina come lavarci i denti e infilarci nei vestiti.
Insomma, le abitudini sono grandiose scorciatoie del pensiero: da una parte permettono di automatizzare e padroneggiare una quantità di compiti (risparmiando risorse cognitive per impiegarle in qualche attività più sfidante), ma dall’altra portano sempre, infallibilmente, negli stessi posti, e smettono di funzionare quando vogliamo arrivare in un posto diverso. O quando è diverso il punto di partenza. O quando non abbiamo neanche idea di dove siamo.

OCCHIO AGLI AUTOMATISMI. Dunque, conviene che l’economia del pensiero non si trasformi in pigrizia del pensiero: in automatismo. E allora sì, l’abitudine diventa una fregatura e uccide la creatività perché si traduce, per esempio, in fissità funzionale: non saper immaginare soluzioni alternative a quelle routinarie, vedere sempre le cose alla stessa maniera, farle sempre allo stesso modo.
A questo proposito eccovi due graziosi spot, uno di Nissan e uno di Renault, che attraverso il medesimo paradosso provano ad affrontare una certa, ehm, fissità funzionale che abbiamo nei confronti delle auto elettriche.

IL PROBLEMA DELLE DUE CORDE: CIMENTATEVI. Ed eccovi il classico problema delle due corde proposto nel 1931 da Norman Maier: un tizio è in una stanza dal cui soffitto pendono due corde. Deve annodarle ma, quando ne prende in mano una, e anche se si protende, per pochi centimetri non ce la fa a raggiungere l’altra. Nella stanza ci sono anche una sedia, un barattolo e un paio di pinze. Che cosa gli consigliate di fare?
(Aggiungo la soluzione più sotto, tra i commenti)

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26 risposte

  1. La homepage di NU è sempre interessante ma questa volta avete superato voi stessi! Per risolvere il problema salirei sulla sedia e atteccheri la pinza alla corda, che la rende più pesante. Poi iniziarei a farla dondolare e sfruttando l’oscillazione dovrei riuscire a prendere la corda.. ma non riesco a capire, il barattolo a che cosa serve? Forse, anzi sicuramente c’è qualche altra soluzione! Chi mi aiuta? Francy

  2. Magari potrebbe annodare le due estremità delle corde alla sedia, che rimarrebbe così sospesa in aria…e nel barattolo ci potrebbe conservare la pinza… Abbiate pazienza è lunedì mattina, certo avrei potuto resistere alla tentazione di scrivere la prima ‘cosa’ che mi è venuta in mente, ma non è mia abitudine… Allora, mi impegno. Ci penso. E se più tradi sono riuscita a mettere in moto la creatività e un’idea migliore, lascio un altro commento. Intanto buon lunedì e buona settimana a tutti. Maria Bonelli

  3. Ecco, in mattine come queste, dove nonostante tu ti sforzi di fare bene il tuo mestiere ma sei schiacciato dalla pigra ottusità mentale dei tuoi Clienti, timorosi di cambiare le proprie abitudini mentali e incapaci di assumersi la responsabilità di un pensiero innovativo, si fa bene leggere questi articoli! Si! E dovrebbero leggerli anche loro!!!! Vi ringrazio dunque!!!…. per la soluzione al problema delle due corde adesso ci penso…. 🙂 forse dovremmo smetterla di vederle come due semplici corde…. !!!! 😀

  4. Alloravelocesenzapensarci: salgo sulla sedia, lego il barattolo ad un capo, faccio oscillare, prendo i due capi, no , rompo il barattolo, stringo con la pinza i due capi per tenerli uniti, li annodo, no, no, stacco con la pinza il chiodo che sostiene una delle due corde, lego un capo a quella ancora attaccata, salgo ancora sulla sedia, rimetto il chiodo nel foro battendo con il fondo del barattolo… ma no, il barattolo lo lascio stare, è solo una complicazione, salgo sulla sedia, mi spiace perché è una Tonet e non vorrei rovinare l’impagliatura… rompo il barattolo (tanto non mi serve) con il vetro taglio un tratto di una delle due corde, la lego all’estremità di quella integra, salgo sulla sedia e annodo l’estremità della corda corta con quella con la prolunga, così per dire, poi vado a pranzo e aspetto, impaziente, che qualcuno scriva la risposta corretta. Buon appetito!

  5. Vi ho proposto il problema delle due corde così come l’ha formulato Maier. E vi dico solo che potete scegliere quale fra gli oggetti che ci sono nella stanza vi serve, senza necessariamente usarli tutti. Un altro classico, ma più noto (per questo non ve l’ho riproposto) è il problema della candela di Dunker: lo trovate ben spiegato nella pagina di Wikipedia linkata in arancione alle parole “fissità funzionale”. Date un’occhiata 😉

  6. Ho trovato quest’altro esempio in rete: Il problema del sacchetto. «Si era alla sedicesima buca dell’annuale torneo di golf; il giovane e bel dilettante aveva ottime probabilità di vincere; con l’ultimo colpo la pallina era arrivata vicino alla buca. Cantando per la gioia della sua imminente vittoria, egli si diresse verso il punto in cui era caduta la pallina, ma di colpo si fermò con un lampo di delusione negli occhi: la sua pallina era rotolata dentro a un sacchetto di carta abbandonato da qualcuno sull’erba. Se avesse tolto la palla dal sacchetto sarebbe stato penalizzato di un colpo; se avesse provato a colpirla dentro la busta il colpo sarebbe senz’altro stato deviato. Per un attimo rimase sbigottito, ponderando sul problema. Poi lo risolse. Come?». Soluzione: mise una mano in tasca, tirò fuori una scatola di fiammiferi, ne accese uno e diede fuoco al sacchetto. Quando fu tutto bruciato scelse un bastone, tirò un colpo, e guardò la palla rotolare sull’orlo della buca (da Giochi per sviluppare la creatività di E. Raudsepp e G.P. Hough Jr). Aveva pensato a come liberare non la pallina dal sacchetto, ma il sacchetto dalla pallina. Più o meno è questo il punto no? Laura Grazioli

  7. ummm l’unica soluzione che mi viene in mente è salire sulla sedia, staccare una delle corde, scende dalla sedia, legarla all’altra, risalire sulla sedia e legare di nuovo la corda dov’era. Le pinze e il barattolo possono sempre servire, non si sa mai. Laura

  8. Io legherei la sedia ai due lembi della corda e mi ci dondolerei sopra, tensione permettendo 😉 Let

  9. Un vecchio filmato della RAI insegnava che bastava farli oscillare a pendolo. Alberto Sacco

  10. Lega la sedia ad una corda, e poi va a prendere l’altra corda trascinandosi dietro la prima tenendo la gamba della sedia (equivale ad allungare la corda di circa mezzo metro.) Paolo Evangelisti

  11. Una certa dose di abitudine mi é utile per LIBERARE la mente da COSE meno interessanti. Per esempio, la mattina, mentre in modo maniacale (questo si é un problema) riordino la casa, faccio il programma della giornata, penso all’incipit della lezione, etc. Insomma questa abitudine mi aiuta.

    Altro esempio: non sopporto cambiamenti nel DESHTOP, mi fanno perdere tempo: ho bisogno di questa certezza.

    Per il resto le abitudini mi SOFFOCANO e le rifuggo.

    Come cercherei di risolvere il problema delle due corde: salirei sulla sedia, prenderei entrambe le corde legandole. Mi sfugge qualche cosa?
    Al prossimo appuntamento, UNA BELLA ABITUDINE (*_))

  12. Qual è la logica nel procedimento del maestro Ta? Qui non si tratta di abitudine, ma di metodo. Se un metodo scientifico segue delle regole, non c’entra la creatività. Trovo l’espediente una forzatura patetica. Una roba da “L’Attimo Fuggente”.

  13. Io semplicemente salirei sulla sedia. E le legherei in punta di piedi cercando di distendere le braccia il più possibile verso l alto. Le estremità delle corde potrebbero (non è detto) raggiungersi

  14. Se non riesco a raggiungere tutte e due le corde contemporaneamente, significa che sono troppo bassa, ergo devo ridurre la distanza fra me e il soffitto. Qualora non ci riesca agevolmente nemmeno salendo sulla sedia, potrei sistemare il barattolo e la sedia nella stanza in modo da poter afferrare la prima corda, con un passo salire sul barattolo, con un altro passo salire sulla sedia e afferrare l’altra corda.
    Delle pinze non me ne faccio nulla.

  15. Allora io salgo sulla sedia. Se il barattolo è di latta, schiaccio l’apertura tanto da allungare l’apertura. Con la pinza saldo una delle estremità del barattolo ad una delle corde. Saldo l’altra con l’altra corda. Ecco che le due corde sono annodate tramite il barattolo deformato con l’utilizzo della pinza

  16. Posso far dondolare una delle due corde legandoci un peso qualunque, oppure salire sulla sedia, slegare una corda e poi legarla comodamente all’altra, visto che nessuno ha specificato dove e perché andassero annodate.
    Perché il problema dei problemi teorici è che non sono veri problemi. Il motivo per cui l’uomo deve legare le due corde, per quanto mi riguarda, è un dato essenziale.
    La soluzione potrebbe anche essere: lasciale slegate e vatti a fare una birra.

  17. salgo sulla sedia e annodo in orizzontale le due corde,dato che,se stessi a terra le dovrei annodare in diagonale (che ha misura maggiore del lato,in geometria)

  18. salgo sulla sedia e annodo in orizzontale le due corde,dato che,se stessi a terra ,le dovrei annodare in diagonale (che ha misura maggiore del lato,in geometria)

  19. Fosse per un cliente davanti a una difficoltà esecutiva mi,chiederei per che obiettivo annodare le corde è la soluzione.
    cmq la sedia dovrebbe bastare ma se le,corde si toccano appena infilo le estremità nel barattolo e stringo con la tenaglia…non regge che il proprio peso ma ok.

  20. La pinza potrebbe essere un ottimo peso. La legherei al capo di una corda e la userei per farla dondolare, così potrei afferarla e annodarla all’altra.

  21. Io direi di prendere la prima avvicinarla e all’altra per quanto possibile, salire sulla sedia, e utilizzare la pinza come prolungamento della mano se necessario.

  22. Con la pinza faccio due fori sul barattolo che mi immagino di latta, faccio passare una corda e la blocco con un nodo morbido, le da peso per oscillare. La lancio mentre salgo sulla sedia ed afferro l’altra corda. Il barattolo e la prima corda oscillando mi raggiungono, afferro e annodo.

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