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What if, il gioco delle conseguenze – Metodo 8

What if non è solo il titolo di diverse canzoni, tra le quali ce n’è una dei Coldplay (qui il testo tradotto). Una (cruda, secondo lo stile dell’autore) del rapper 50 cent. Una di Joan Osborne, che si chiede (qui il testo tradotto) “che succederebbe se Dio fosse uno di noi?”.
What if è anche il titolo di un racconto di fantascienza scritto da Isaac Asimov.  Si intitolano What if  diversi film (il più recente è uscito nel 2013) e una serie televisiva per il web vincitrice di un Emmy Award. Se volete vedere tutto quanto è stato etichettato What if guardate questa pagina di Wikipedia.

L’UNIVERSO DELLE POSSIBILITÀ. What if è, in effetti, un modo di ragionare tipico del pensiero creativo: consiste, letteralmente, nel domandarsi “che cosa succederebbe se…?”, partendo da ipotesi anche estreme e forzando le conseguenze, ampliando lo sguardo fino a comprendere opportunità, risultati o soluzioni altrimenti impensabili: un bel salto mortale della mente, che si catapulta nell’universo delle possibilità.

UNO STRUMENTO POTENTE. La potenza cognitiva e creativa del what if è bene illustrata da Michael Pollan, che in una TED Conference ci invita ad assumere il punto di vista di un’ape. O di una pianta. Fino a scoprire, per esempio, che un gruppo di erbe molto intelligenti (prima fra tutte il mais) ci sfrutta, noi genere umano, per diffondere i propri geni. O a capire come la biodiversità funziona davvero.

What if 1
IL WHAT IF E LA SCIENZA.
 In effetti, what if è il modo popolare di denominare la simulazione concettuale, utile a formulare ipotesi scientifiche in situazioni in cui c’è incertezza sui dati.  Forse il più famoso esempio di what if scientifico riguarda Einstein, che a sedici anni si domanda: che cosa succederebbe se cavalcassi un raggio di luce? Ma anche Galileo, Newton, Maxwell, Heisenberg usano simulazioni concettuali in situazioni in cui è impossibile condurre un esperimento.
Randall Munroe, esperto di robotica, ex collaboratore della Nasa e fumettista, pubblica un libro intitolato What if, risposte scientifiche a domande ipotetiche assurde. Si va da “quante possibilità ho di incontrare l’anima gemella?” a “che cosa accadrebbe se il DNA di una persona svanisse?”.

TUTTA UN’ALTRA STORIA. Se pariamo non di scienza ma di storia, si tratta non di chiedersi “che cosa succederebbe”, ma “che cosa sarebbe successo se…”. Per esempio: che cosa sarebbe successo se i quadri di Adolph Hitler fossero stati apprezzati dal pubblico?
Se lo domanda (e ce lo domanda) un articolo di Aeon, segnalando che gli storici non amano proporsi quesiti controfattuali (cioè, relativi a fatti non accaduti). Eppure, ragionare in termini controfattuali da una parte può aiutare gli storici a verificare la solidità dei rapporti di causa-effetto che istituiscono, dall’altra aiuta tutti noi a entrare in contatto con  gli aspetti contingenti, e per molti versi casuali, della Storia.
Ma il What if ci aiuta a riflettere anche sulla nostra storia personale, e a capire che stiamo vivendo in uno dei molti modi possibili. Oltre che in uno dei molti mondi possibili.

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DAI ROMANZI AI FUMETTI. Il What if sta alla base dell’ucronia, o fantastoria: la narrativa fantastica che immagina le conseguenze di eventi storici mai accaduti (per esempio, se la Seconda guerra mondiale fosse finita in modo diverso). È un’ipotesi analoga a quella fatta negli anni ’90 da Robert Harris con Fatherland, e già negli anni ’60 da Philip K. Dick con La svastica sul sole, che ipotizza una vittoria nazista.
Lo stesso meccanismo, declinato sui fumetti Marvel, produce storie in cui, per esempio, i Fantastici Quattro sono cosmonauti. O Captain America muore nella Guerra Civile.

WHAT IF E TEST DI CREATIVITÀ. Una versione del What if, intitolata Just Suppose, fa parte del TTCT (Torrance Tests of Creative Thinking): una fra le più note e valide batterie di test del pensiero creativo. I quesiti posti sono di questo tipo: “immagina che dalle nuvole pendano corde che arrivano fino a terra” oppure “immagina che noi possiamo trasportarci dovunque solo premendoci il naso, o strizzando un occhio” oppure “supponi che piova, e che le gocce siano solide e restino immobili nell’aria”. Bene: che cosa succederebbe? Quali sarebbero le possibili conseguenze?

Le immagini sono di Julia Geiser. Questo articolo è stato aggiornato ad agosto 2016.

10 risposte

  1. C’e’ anche una canzone di Prince molti insolita che si chiama “If I Was Your Girlfriend” in cui un uomo chiede alla sua ragazza se gli permetterebbe di fare quelle cose che farebbe fare alla sua miglior amica come pettinarla, oppure consolarla se e’ stata ferita …anche se a ferirla e’ stato lui stesso. Un atipico e anti-maschilista cambio di prospettiva. http://www.youtube.com/watch?v=D4C9qR9wJVw

  2. WHAT IF: immagina che qualcuno legga il mio blog http://www.oltreleden.it. Quali sarebbero le conseguenze oltre a sentirmi dire che faccio schifo, che scrivo come un millepiedi senza piedi e che anche una trisavola, oltre a rivoltarsi nella tomba, usa le virgole e il congiuntivo meglio di me? Ma potrebbe anche succedere che si scopra un nuovo talento e che i migliori editori facciano a botte per i miei piccoli racconti. Oppure che Berlusconi, leggendo una mia invettiva, rinsavisca e si convinca dell’importanza di mandare La Russa sulla Luna. Quante cose possono succedere con WHAT IF. ps: il presente vale anche come ringraziamento 🙂

  3. GRANDE CECCO!

    S’i fosse fuoco, arderei ‘l mondo;
    s’i fosse vento, lo tempestarei;
    s’i fosse acqua, i’ l’annegherei;
    s’i fosse Dio, mandereil’ en profondo;
    s’i fosse papa, allor serei giocondo,
    ché tutti cristiani imbrigarei;
    s’i fosse ‘mperator, ben lo farei;
    a tutti tagliarei lo capo a tondo.
    S’i fosse morte, andarei a mi’ padre;
    s’i fosse vita, non starei con lui;
    similemente faria da mi’ madre.
    Si fosse Cecco com’i’ sono e fui,
    torrei le donne giovani e leggiadre:
    le zoppe e vecchie lasserei altrui.

  4. “Chi voglia varcare senza inconvenienti una porta aperta deve tener presente il fatto che gli stipiti sono duri: questa massima alla quale il vecchio professore si era sempre attenuto è semplicemente un postulato del senso della realtà. Ma se il senso della realtà esiste, e nessuno può mettere in dubbio che la sua esistenza sia giustificata, allora ci dev’essere anche qualcosa che chiameremo senso della possibilità.
    Chi lo possiede non dice, ad esempio: qui è accaduto questo o quello, accadrà, deve accadere; ma immagina: qui potrebbe, o dovrebbe accadere la tale o tal altra cosa; e se gli si dichiara che una cosa è com’è, egli pensa: beh, probabilmente potrebbe anche esser diverso. Cosicché il senso della possibilità si potrebbe anche definire come la capacità di pensare tutto quello che potrebbe essere, e di non dar maggior importanza a quello che è, che a quello che non è” [….]
    (R. Musil, L’uomo senza qualità, trad. A. Rho, Torino, Einaudi)

  5. Risposta alla Signora Palomga, che ha lasciato come commento il sonetto di Cecco Angiolieri: se non erro, l’ultimo verso suonerebbe: “e vecchie e laide lasserei altrui”. Cerea nèh!

  6. Vero, Savina. Refuso nell’ultima strofa del sonetto: “e vecchie e laide lasserei altrui”.

    Mi chiamo Palomba, non Palomga. Refuso!

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