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Ricordare per creare: il fenomenale ruolo della memoria – Idee 135

Prima di continuare a leggere questo articolo provate a fare un brevissimo esercizio mentale (ci vogliono pochi secondi): immaginate che la vostra mente sia un luogo in cui potete entrare e muovervi. Immaginate di arrivare proprio là dove c’è la parte che chiamate “memoria”. Poi, guardate bene com’è fatta questa parte.
Bene: a che cosa somiglia quello che avete visto? È come una biblioteca? Come un magazzino? Come una soffitta piena di bauli misteriosi? Come un enorme computer, con luci che lampeggiano velocissime? È come una centrale di controllo piena di schermi? Un impianto industriale? È come il laboratorio di un alchimista? O come una caverna piena di tesori, o una foresta? O vi si è presentata un’altra immagine ancora? O più immagini insieme?

Vi ho appena proposto di pensare alla vostra memoria non in termini puramente astratti e funzionali (memoria = capacità degli organismi viventi di conservare, in forma di ricordi, traccia di informazioni e condizioni psicofisiche sperimentate in passato) ma di dare consistenza, rilievo e globalità alla vostra individuale percezione costruendo un’analogia visiva. Le analogie – ne abbiamo già parlato – sono strumenti utili per interpretare i fenomeni. La memoria è un attrezzo “fenomenale” in molti sensi, e il fatto che sia davvero fenomenale dipende anche da come la percepite e la usate. Dunque, portate con voi la vostra analogia mentre continuate a leggere: può darsi che, terminata la lettura, scopriate che nel frattempo si è un po’ modificata.

Complessità. Ciò che tutti comunemente chiamano “memoria” è un sistema complesso: ci sono memorie a breve e a lungo termine (la capacità di ricordare un numero di telefono quanto basta per digitarlo tutto di fila, e la capacità di recitare una filastrocca imparata da piccoli), Ci sono memorie procedurali (come si guida un’automobile). Ci sono memorie autobiografiche (tutti i ricordi di una vita), memorie sensoriali (suoni, odori). C’è la memoria semantica, che vi fa riconoscere suoni e parole nelle lingue che conoscete. Ci sono le false memorie: se volete approfondire, leggete questo articolo.

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Identità. Ma non solo: tutto quanto sta nella memoria si modifica nel tempo (e non necessariamente perché certi elementi vengono dimenticati): giorno dopo giorno, nuove informazioni si aggiungono a quelle che già si possiedono e ne cambiano la rilevanza e il senso. Se l’identità individuale è connessa con quanto ciascuno ricorda di sapere di se stesso, ogni nuovo ricordo può, tanto o poco, modificare la percezione del passato, e di sé. Insomma: la storia di ciascuno è qualcosa che ciascuno, non sempre consapevolmente, riscrive ogni giorno.

Invenzione. Già nel 1600, scrive Armando Massarenti, l’idea di memoria come puro archivio dove reperire materiali utili alla costruzione del pensiero si trasforma in una percezione più complessa: la memoria è una macchina per l’invenzione, non solo un serbatoio di informazioni e saperi utili ma uno strumento di nuova conoscenza, capace di generare sempre nuove informazioni sulla base di quelle già presenti.
Molti pensano che la memoria sia l’esatto opposto della creatività, scrive Keith Sawyer, perché le cose che si ricordano “esistono già”, mentre la creatività riguarda ciò che è nuovo. Non è così. Poiché niente nasce dal niente, e poiché la creatività è ars combinatoria e consiste in nuove (e appropriate) combinazioni di elementi esistenti, la memoria è il luogo che rende possibile il verificarsi del processo creativo: bisogna ricordare per creare.

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Selezionare e ricombinare. Scienziati e artisti ricombinano costantemente frammenti di conoscenza che conservano nella memoria, scrive Brain Pickings, ma perché questo accada la memoria deve funzionare in modo potente, attivo e selettivo. Questo significa che quanto viene ricordato è accuratamente catalogato e altamente interconnesso.
Tra l’altro, e per inciso: una delle funzioni cruciali dell’istruzione, e della scuola, consisterebbe non tanto nel trasmettere nozioni e informazioni, ma nell’aiutare a interiorizzare modi e strumenti cognitivi utili a riconoscere, valutare, catalogare e connettere tra loro informazioni rilevanti: imparare serve a poco se non si capisce che cosa si sta imparando, e perché, come si collega con tutto quanto già si conosce e come lo cambia.

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Più idee nuove. Ma anche l’aspetto – per così dire – più ancillare della memoria, cioè la memoria di lavoro o a breve termine, ha una funzione maggiore (e più creativa) del ricordare per qualche istante numeri di telefono: persone che hanno una buona memoria di lavoro – ne scrive Psychology Today – sono anche più capaci di ricordare per creare, e producono più idee nuove sia in generale, sia focalizzandosi su un particolare ambito.
Sembra che la capacità di comprendere testi e l’abitudine alla lettura siano correlati positivamente con la memoria a breve termine. Un motivo di più, se ce ne fosse bisogno, per passare qualche tempo tra le pagine di un libro.
Le immagini che illustrano questo articolo sono di Moebius. Una versione più breve esce su internazionale.it

18 risposte

  1. 3 citazioni
    Ricordi molti e da ricordare nulla (Turgenev)

    la memoria serve a dimenticare (Audoin)

    Memory is inexplicable (V. Woolf)

    mw

  2. Ciao Annamaria, ci inviti in prima battuta a immaginare la nostra memoria come un luogo. Poi a verificare se nel corso della lettura della tua nota ci sono variazioni del “luogo-memoria”.

    Ecco, vedo la mia memoria come una caverna delle meraviglie, poi come un labirinto. Il labirinto è un archetipo della ricerca, dell’esplorazione.
    Penso che questi due luoghi si intreccino.

    Grazie per le sollecitazioni colte *_))

  3. Ciao Annamaria, questo è – se non il migliore – uno dei migliori post da quando ti conosco. E si capisce che c’è dentro qualcosa a cui tieni parecchio. Lo stesso vale per me, che sto ronzando da tempo intorno a questo argomento. Grazie davvero.
    P.S.: da tempo penso alla mia memoria come una discarica abusiva, e ame come un bambino brasiliano che ci rovista alla ricerca di qualcoa da vendere o da mangiare. Cosa dici, mi faccio ricoverare?

    1. Urca Fabio, grazie! E sì, hai ragione. C’è dentro qualcosa a cui tengo parecchio, e non solo: c’è dentro, secondo me, anche una della chiavi più potenti per capire davvero come funziona la creatività.
      L’idea della discarica abusiva e del bambino non è niente male.

    2. Grazie a Fabio per aver fatto riemergere questo articolo che forse avevo perso, nonostante la homepage di Nuovoeutile sia la pagina su cui si apre ogni mattina il mio browser!
      Mi aveva già colpito che Annamaria ti avesse menzionato nel suo post, perchè ti chiami come mio figlio, poi ho continuato a leggere perchè io da un pò di tempo uso un metodo simile per ricordare i sogni prima di alzarmi dal letto, e immagino una pellicola da sbobinare come in una moviola. Grazie Annamaria, mi hai dato uno spunto per parlare di questo con mio figlio Fabio, che ha 16 anni ma continua a lottare contro i suoi (non)ricordi. Ah! Dimenticavo, mio figlio è brasiliano!

  4. Secondo Temple Grandin, la diversità di ragionamento di un cervello autistico, e la sua migliore capacità di intuizioni creative, si basa su una modalità “a partire dai dettagli” che necessita di una memoria molto più grande, fatta principalmente di dettagli non legati emozionalmente.
    “Noi accumuliamo dettagli senza sapere cosa significano e senza necessariamente attribuire loro un significato emozionale. Modifichiamo alcuni collegamenti tra questi dettagli senza sapere dove ci porteranno. Speriamo che queste associazioni di guidino al quadro completo(vedere la foresta completa a partire dagli alberi), ma non sappiamo dove saremo fino a che non ci saremo arrivati.”
    “Noi ci aspettiamo delle sorprese”
    Temple Grandin, Il cervello autistico, Adelphi, pp.152-153.

  5. Io immagino la memoria come un tappeto. Ma un tappeto composto di più tappeti intersecati tra loro, come immagini 3D. Dici che ho rielaborato vecchie memorie? Mi sento una Penelope digitale.

  6. Parole e immagini che piovono a rallentatore. Di una pioggia tropicale, di gocce grosse, fitte, intense, brillanti perché illuminate dal sole.
    Per me le parole sono molto importanti, e la memoria è il posto dove nascono, e poi le immagini o forse prima.
    Quando ho visto per la prima volta l’arancione o mangiato il cioccolato lo cerco sotto la pioggia. La memoria è il valore del mio tempo.
    Interessante articolo (o post?), ma non è il primo. Lo commento perché me lo sento vicino, ha l’odore della pioggia che arriva;)

  7. Io ho immaginato la mia memoria come una stanza da aprire: le chiavi sono in tasca, avrò voglia oggi di rovistare lì dentro?

    Ogni tanto un ricordo si infila sotto la porta ed esce, mi viene incontro, si fa vedere anche se non voglio.

  8. Ogni volta che leggo un suo post sono imbarazzato. Imbarazzato per due motivi completamente indipendenti. Il primo, mi rendo conto della mia ignoranza, il che è positivo. Il secondo, più imbarazzante, è che le sue parole, il suo scrivere e ancora di più le sue riflessioni mi innamorano.
    Ho rovistato negli schedari della mia memoria e non ho trovato un post uguale. Complimenti.
    Grazie di tutto. Un abbraccio di stima.

  9. Articolo….memorabile, senza dubbio. E capace, come e più di altre “nuoveutilità”, di istigare alla gradevole fatica di lunghi “percorsi” di ricerca fra vie maestre e sentieri alternativi. Con l’annessa sfida di provare a ricordare le nozioni accumulate sulla memoria, ma con giudizio, senza rischiare di ritrovarsi nella distopia ipermnenonica dell’Ireneo Funes di Borges, e leggendo senza eccessive brame di emulazione Moonwalking with Einstein di Joshua Foer

  10. Carissima Annamaria,
    volevo ringraziarti per il bellissimo spunto di riflessione.
    Sai cosa mi viene in mente? Google. Google si è progettata strategicamente per diventare la memoria collettiva dell’umana specie webbizzata.
    Grazie, con affetto
    Sara

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