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Perché dovremmo chiederci che cosa sappiamo fare bene – Metodo 103

C’è qualcosa – una cosa qualsiasi – che sai fare bene? Mi è capitato di porre questa domanda, a volte, nel corso di un colloquio di lavoro. O, più spesso, chiacchierando con uno studente in cerca di suggerimenti per il futuro.
La domanda è in apparenza semplice. Dice “qualsiasi cosa” e dice “bene”, non “meglio di chiunque altro”. Eppure le persone di norma fanno fatica a rispondere. Forse temono di sembrare vanagloriose. O forse semplicemente non pensano a se stesse in questi termini, e non si sono mai poste una domanda del genere.Eppure sono convinta che avere un’idea di quel che si sa fare bene sia importante, fosse anche una cosa quotidiana come cucinare con gli avanzi, frivola come fischiare in modo melodioso, immateriale come saper chiacchierare coi bimbi piccoli, o saper ricordare, da svegli, i propri sogni.
Uno spot di qualche tempo fa, assai divertente, si conclude con la frase: everyone is legendary at something. Dev’essere stato interessante mettere insieme il cast: lei in che cos’è leggendario? Mah, io so alzare un sopracciglio come nessun altro.

SAPERE E SAPER FARE. Tra sapere e saper fare (e saper essere) si gioca un bel po’ della formazione scolastica. Questo succede in teoria, temo, più che in pratica. Ma, almeno, oggi se ne parla. Ai miei tempi, neanche quello.
Al mio primo colloquio di lavoro – avevo 19 anni – mi sono presentata con una cartella di disegni. Non erano granché, anche se ne andavo molto orgogliosa perché disegnare mi piace. Vabbè, ma come te la cavi a scrivere?, mi hanno chiesto.
Sono rimasta sconcertata: in precedenza, non avevo mai tenuto un diario o scritto una poesia. E, credo, nemmeno una lunga lettera: solo i temi del liceo. Avevo sempre pensato alla scrittura come a una necessaria pratica scolastica. Per questo ho risposto boh, prendo buoni voti.
Così, con un boh, è cominciato il mio lavoro dei quarant’anni successivi.
fare bene 4RICONOSCERE QUEL CHE SI SA FARE BENE. Col tempo ho imparato a cercare di rendermi conto di quel che so fare bene, e del fatto che non necessariamente coincide con quel che mi piace fare. Per esempio: il disegno resterà un piacevole hobby, e null’altro. E non imparerò mai a fischiare in modo melodioso.
Ma coi bambini riesco a cavarmela inventando storie a partire da qualcosa che c’è lì attorno. E se c’è una stanza da organizzare e mettere in ordine, sono brava. Aggiungo che la scrittura, il raccontar storie e il mettere in ordine stanze sono collegati, perché anche un testo va ordinato e organizzato, e anche una stanza è, a suo modo, una narrazione.
Sapere che siamo bravi a fare qualcosa ci aiuta ad accettare il fatto di non essere per niente bravi a farne molte altre. E, cosa più importante, ci dice quali altre cose simili, o analoghe, potremmo riuscire a fare altrettanto bene. O, magari, straordinariamente bene, perché in quell’ambito, o in quegli ambiti, abbiamo un vero e proprio talento.
Infine, ci aiuta a capire se, tra le cose che ci piace fare, ce n’è qualcuna che sappiamo anche fare bene.

SUGGERIMENTI UTILI. Noi esseri umani facciamo fatica a riconoscere le nostre capacità come tali, dice Business Insider. E aggiunge alcuni suggerimenti interessanti. Il primo è: scrivi tutto quel che sai fare bene su una serie di foglietti, comprese le cose che ti sembrano irrilevanti perché ti vengono facili. Non è per niente detto che siano facili per tutti.
Il secondo suggerimento è: cerca gli schemi, perché è più che probabile che alcune capacità siano correlate. E, infine, raggruppa le capacità in: cose che ti piace fare, cose per fare le quali puoi farti pagare, cose che vuoi saper fare meglio, cose che non fai più da molto tempo.
Il terzo suggerimento è: se nessuna delle capacità che hai elencato c’entra con il tuo lavoro attuale, facci un pensiero. Se invece non ti è venuta in mente neanche mezza capacità, telefona a un amico e domandagli: che cosa sono bravo a fare?
Il risultato di questo esercizio dovrebbe essere un di più di speranza e di consapevolezza. Se funziona, non è niente male.
fere bene 5CERCARE OPPORTUNITÀ. Un Wikihow elementare e forse troppo speranzoso ma magari non inutile, dice come trasformare quel che si sa fare, e che piace, in un lavoro. Studiando e migliorando le proprie capacità. E cominciando dalle piccole cose. Cercando opportunità, anche gratuite: su quest’ultimo punto non sono molto d’accordo, anche se, per un tempo limitato, un po’ (ho scritto un po’!) di lavoro gratuito in cambio di un buon apprendistato ci può stare.

CHE COSA CI RENDE FELICI? Infine: meglio non diventare mai bravi a fare qualcosa che si detesta:si rischia di ritrovarcisi intrappolati. Questo è il succo della storia che Jonathan Odell, ex imprenditore infelicemente di successo, racconta su Publishers Weekly.
L’Atlantic espande il concetto con un lungo articolo assai argomentato: le tre cose che rendono felici le persone sono avere relazioni sociali ricche di significato, far bene le cose, poter prendere liberamente decisioni.
Conviene pensare che in realtà il mondo abbonda di opportunità, anche se la logica capitalistica e imprenditoriale, fondata sulla scarsità, sulla competizione e sulla gerarchizzazione (e di conseguenza sulla frustrazione e sul rancore) si regge e prospera su una percezione opposta.
E rieccoci al punto: c’è qualcosa – una cosa qualsiasi – che sai fare bene?
Immagini: si tratta delle piccole, deliziose sculture di Gilbert Legrand. Questo articolo esce anche su internazionale.it.

13 risposte

  1. Cucinare idee.
    Questa e’ forse la cosa che so fare meglio.
    Lo ammetto: molte si bruciano, altre non hanno un gran sapore, ma io continuo a cucinare… anche in modo involontario a volte, e mi piace.
    Una volta cucinate condisco con un pizzico di fantasia e impiatto con arzigogoli di matita.
    Cucino porzioni monodose, ma anche pranzetti completi.
    Ricette ed ingredienti? Assolutamente BIO e naturalmente… segreti!

  2. Sono completamente in sintonia con questo articolo. Purtroppo, mi sono posta tardi questa domanda, ovvero “cosa so fare bene?” perché sono cresciuta in un contesto rigido, dove ogni mia manifestazione creativa veniva tacciata di inutilità e stupidità. Dopo i 30 anni (alla buon’ora), ho capito che invece esistono alcune cose in cui sono brava, e che mi piace anche fare, e ruotano tutte intorno a una cosa: ho scoperto che il mio lavoro può essere la scrittura (copy, articoli, etc). E sono felice.

  3. La cosa che so fare meglio e che mi piace – oltre a scrivere ricercando inusualità – è chiacchierare con le persone.

    Sembra banale e semplice, ma non è così. Mi spiego. Chiacchierare, con il dovuto garbo, non è semplice. Inoltre io chiacchiero perché, così facendo, ottengo informazioni. Più io dico, più faccio dire. In questa abilità sono “leggendaria”, un vero cavatappi.

    Faccio un esempio. Mia sorella voleva sapere quale era la situazione del suo deposito titoli in una banca a rischio e mi chiede di andare con lei sapendo che riesco a far parlare i muri. Mica puoi andare li e chiedere “come stanno i miei soldi?”Allora ho cominciato a chiacchierare a ruota libera, sempre del deposito, facendo anche della figura della tonta.  Una ciliegia tira l’altra, ottengono l’informazione che volevo.
    Così mi accade molte volte, con le istituzioni soprattutto.

    Per scrivere come gostwriter sono stata ben pagata in azienda. Ero stata chiamata per revisioni di pacchetti formativi e il lavoro è durato 20 anni.

    Per mettere a frutto, come lavoro, la chiacchiera dovrei propormi come Mistery Client alle grandi aziende per controllare la soddisfazione del cliente. Ci  proverò. 

    Al prossimo commento *_*

    1. Gostwriter? Mistery? Spero che la chiacchiera non avvenga in inglese. Si scrive ghostwriter e mystery.

  4. Mi occupo da molti anni di orientamento, e posso assicurarvi che per le persone non è affatto facile raccontare ciò che sanno fare! Che è poi la stessa difficoltà che molti trovano nel comporre il proprio CV (certo, fare la lista della spesa dei titoli e dei lavori, non banale ma ci si arriva).

    Cerco di stimolare le persone a pensare (a pensarsi) proprio in questa chiave: cos’è che so fare, e come ciò che so fare potrebbe rendermi felice e assicurarmi anche un reddito (e viceversa).

  5. Lord Byron, la chiacchiera avviene in italiano.
    Ghostwriter e mistery sono refusi. Lei sa che cosa significa refuso ero?

  6. Articolo in totale sintonia con me. La vita di oggi ci suggerisce di saper essere flessibili e pronti al cambiamento. Nel mezzo di cammin di mia vita, sono pronta alla sfida di un grande cambiamento (dai numeri alle parole). Grazie Annamaria per il Metodo 103!

  7. Comprendo di aver perso l’occasione di metter su un agenzia per cuori oppure oggetti solitari.

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