scrivere sbagliare

Scrivere, sbagliare, bloccarsi, ripensarci – Metodo 93

Questa è la cronaca di due giorni passati a non scrivere. Sarebbero due giorni da dimenticare.
Oppure no: forse sono due giorni da ricordare (così, la prossima volta, non ci ricasco) e da raccontare (così, magari, aiuto qualcun altro a non cascarci).
Insomma: ho passato un intero fine-settimana a litigare con un testo che avrei dovuto scrivere da tempo. Quando (tempo scaduto!) mi sono arrivati via email un paio di solleciti cortesissimi nella forma ma perentori nella sostanza, il testo è immediatamente risalito al primo posto nella lista delle cose da fare su-bi-to.
Subito, in teoria.

LAVORARE CON LE PAROLE.
Non mi capita spesso di inchiodarmi quando scrivo. Lavoro con le parole da più di quarant’anni. La scrittura è la componente costante e centrale della mia dimensione professionale. A meno che non sia in vacanza difficilmente passo un giorno senza scrivere qualcosa, e ho scritto di tutto: centinaia di articoli usciti su carta (oggi, soprattutto, in rete) titoli e testi pubblicitari, testi di canzoni, comunicati stampa, lettere di vendita, testi per la radio e la televisione, un intero programma elettorale messo insieme a partire da uno sgangherato faldone di pizzini scritti da esperti che non si erano mai parlati tra loro.

E poi: relazioni, presentazioni in power point e altre cose più bizzarre, come i tanti testi di servizio di una bolletta dell’energia elettrica. O la lapide commemorativa del fondatore di una della maggiori aziende italiane della moda. Ah: ho pubblicato anche otto libri: si tratta di diverse migliaia di pagine, oibò. Ho perfino scritto, in vari momenti, numerose pagine per la rete (e un intero libro) su come scrivere meglio e com maggiore fluidità. E ho scritto, pagina dopo pagina, tutto questo blog.

TRUCCHI, RIMEDI E PAZIENZA. Non lo dico per pavoneggiarmi, ma per sostenere con alcuni incontrovertibili dati di fatto l’affermazione che di solito, se c’è qualcosa che devo scrivere, mi ci metto con tutta la pazienza necessaria e senza far troppe storie. In teoria, so come fare e conosco i trucchi e i rimedi. E ho un ampio campionario di strategie da applicare per aggiustare il tiro quando le cose non vanno come dovrebbero.

Dunque, raccolgo i dati. Riordino le idee. Comincio. Rileggo. Mi domando se quello che sto mettendo insieme ha senso, è adeguato ed è interessante. Vado avanti. Rileggo. Aggiusto. Rileggo. E così via, fino al termine del lavoro (allora rileggo. Rileggo. Rileggo. E poi, uh, licenzio il testo. Evviva, anche perché di solito è sera tardi).

Se si tratta di narrativa (una dimensione dello scrivere che frequento più di rado) il processo è un po’ diverso e gli ambiti di incertezza sono maggiori ma, insomma, alla fin fine siamo lì.
Non scrivo velocemente, e non nascondo di aver sempre provato una certa invidia per chi sa scrivere di getto. Però arrivo sempre a concludere nei tempi previsti, e con risultati decorosi. Beh: quasi sempre, sembrerebbe.
scrivereSCARTARE. La prima strategia che ho applicato è stata scartare. Di solito funziona: ecco perché non mi succede quasi mai di inchiodarmi seriamente e a lungo. Del resto, per una che scrive di mestiere, e ha dei committenti, sperimentare il blocco dello scrittore è un lusso insostenibile: ci sono vincoli da osservare e scadenze che vanno rispettate.
Dunque, se una parte di testo non va bene, ho imparato a eliminarla e a riscrivere senza troppi rimpianti (ma non butto via niente fino a quando non ho finito: se volete sapere perché, leggete qui).
Basta avere un po’ di pazienza, attivare la modalità “rilettura critica”, capire che cosa c’è da togliere. Bene: a un certo punto, e a furia di scartare, mi sono ritrovata al punto di partenza. Niente di scritto.

SOSPENDERE. La seconda strategia che ho applicato è stata sospendere. Dopo un numero tanto consistente quanto irritante di tentativi (ormai era quasi sera) sono andata a farmi una passeggiata. E poi mi sono letta i giornali. E poi mi sono guardata una puntata di una serie televisiva.
E poi ci ho dormito sopra.
L’idea era che – la notte porta consiglio – la mattina dopo, fresca fresca, avrei ripreso senza difficoltà. Anche questo modo di procedere di solito funziona. Ehi: ho scritto “di solito”.

ANSIA DA PRESTAZIONE. La terza strategia che ho messo in atto è proprio graziosa: si tratta di ingannare se stessi quando l’ansia da prestazione sta salendo e consiste nell’impegnarsi non a completare l’intero compito, ma a farne solo un primo pezzettino.
Ve ne ho già parlato qui su NeU.
Ci ho provato all’inizio del pomeriggio del secondo giorno disponibile: diversi  intercambiabili pezzettini sono stati rapidamente buttati via.
scrivereCAMBIARE PROSPETTIVA. A metà pomeriggio sono andata a farmi un altro giro, e poi mi sono preparata un tè. Diciamo che non ero esattamente di buon umore.
Nel momento in cui stavo versando l’acqua bollente sulle foglie mi è venuto in mente di provare a smettere del tutto di preoccuparmi della prestazione (modesta) e del prodotto (ancora inesistente) e osservare il processo.

Solo cambiando punto di vista e prospettiva (ehi! ero io, e non il testo, a non andar bene) sono riuscita ad accorgermi di due cose: in primo luogo, l’urgenza di scrivere aveva intensificato anche la rilevanza di quanto avrei dovuto consegnare: come se il testo, essendo urgente, fosse anche diventato cruciale, e se da quello (mica vero!) dipendessero le sorti del mondo.
Risultato: niente mai mi sembrava buono abbastanza. In secondo luogo, le troppe riscritture e riletture mi avevano condotta a una situazione di paralysis by analysis.

Due errori da principiante, alla faccia dei quarant’anni e rotti di cui sopra. Avrei potuto accorgermene prima? Certo che sì. Sono riuscita ad accorgermene? Ovviamente no. Il senso di urgenza può impedire di prendere le distanze.
Mi sono bevuta il tè, assorta, nella luce dorata del pomeriggio (aaah, questo sì che suona letterario). Sono tornata al computer e ho aperto un nuovo foglio (dai, santa polenta, non metterla giù dura e riprova, che sarà mai?).

Evidentemente tutto (struttura, concetti, parole) se ne stava lì pronto, da qualche parte della mia testa. Non appena sono riuscita a procedere con maggior leggerezza, e a governare delicatamente quanto stavo scrivendo, concetti e parole sono fluiti lisci come l’olio.
Ho concluso in meno di quattro ore un lavoro su cui mi sono inutilmente scornata per due giorni. Alla fine, e visto che alla scrittura notturna sono abituata, mi è rimasta la voglia di raccontarvi tutto quanto, subito, prima che la memoria dell’accaduto si sfuocasse.

Le cose da notare sono quattro:
– di solito, scartare quel che non va bene funziona. Prima si scarta, meglio è
– anche interrompere e fare qualcos’altro di solito funziona
– il trucco di dirsi “scrivo solo un pezzettino” è quasi infallibile
– non solo i principianti fanno errori da principiante. Questo fatto in parte può irritare, ma in parte può confortare. Vuol dire che, con la scrittura, niente è mai davvero scontato, e che per certi versi affrontare un nuovo testo continua a essere, ogni volta, un’avventura.

Questo, e tutti gli altri articoli raccolti nella categoria “Questioni di metodo“, affrontano singoli temi riguardanti i metodi e le pratiche della creatività, della scrittura e della comunicazione.
Una versione più breve di questo articolo esce anche su internazionale.it

4 risposte

  1. “tutto verissimo, santa polenta!!”
    (così forse commenterebbe AM se il testo l’avesse scritto un altro)
    🙂

  2. Esperienza e testimonianza: grande metodo di insegnamento!
    Credo che sia anche piacevole per te (a problema risolto) renderti conto che il “mestiere” ti ha lasciato intatta con tutta la tua umanità; forse era proprio questo il messaggio dal tuo inconscio. Chissà…

  3. Utile,a me ,scrittore dentro ma mai scrittore fuori
    Gran parlatore,e convincente,credibile.
    Non scrivo
    Poi ti leggo e mi dico “vedi non è facile,ci vuole un metodo,ci son dei trucchi,e allora mi dico,”bene le scrivo” sono scrittore ora,dopo vedremo.

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