senza parole

Senza parole, niente pensiero. E niente creatività

senza parole

Ci risiamo, e c’è da restare senza parole: a fine 2009 i test d’ingresso alle facoltà universitarie dicono che la maggioranza degli studenti non sa usare l’italiano e Ivano Dionigi, rettore dell’Università di Bologna, li definisce serenamente “semianalfabeti”.

SENZA PAROLE NON C’È PENSIERO. I nostri pensieri sono fatti di parole, e senza parole non c’è pensiero articolato, complesso, evoluto. Senza parole mancano gli elementi di base per costruire un ragionamento. Mente e pensiero, cervello, linguaggio si sono evoluti insieme: in un certo senso, siamo in grado di pensare solo ciò che sappiamo anche dire, e sappiamo pensare tanto meglio quanto meglio sappiamo parlare.

PAROLE INSUFFICIENTI. Pochi giorni fa esce uno studio dell’Invalsi: valuta come insufficiente oltre la metà delle prove di italiano della maturità 2007 (guardate il rapporto a pag.47). Il problema è che chi parla male pensa male. E non si tratta solo dei candidati del Grande Fratello. O del fatto che per spedire SMS i ragazzi usano venti parole.

EDUCARE ALLA PAROLA. Se le nuove classi dirigenti non possiedono le parole che definiscono i concetti, non potranno usarli, i concetti, per capire, pensare, progettare il futuro. E per esprimere la loro cittadinanza: sapersi esprimere è anche, come dice Gian Antonio Stella, un fatto di democrazia. Intanto, la benemerita Accademia della Crusca offre un servizio di consulenza linguistica. E, dalle pagine di NeU, Tullio De Mauro invita a educare alla parola.

31 risposte

  1. Ho ripetuto a sufficienza, nei miei post precedenti, sia la mia convinzione che la scuola proprio non vada, ma che ci sarebbe rimedio, sia la certezza (già attestata da Croce e da Calvino) che chiarezza di pensiero=chiarezza espressiva o, detto più apertamente, confusione di pensiero=confusione espressiva. Confusione e capicità espressiva limitata connotano il nostro tempo, ma non è ritenuto un problema e nessuno in realtà se ne occupa: anzi mi pare di capire che questo discorso sia percepito come noioso o irritante. Parla come mangi, insomma , va bene a tutti (e nessuno vuol notarne la demagogia). Ma la parte più interessante del tuo articolo, Annamaria, è la domanda che se ne può ricavare: davvero il limite espressivo blocca in tutti i casi la creatività? Certo, mi dirai, non la facilita. Però…. Non voglio qui farti i discorsi che conoscerai benissimo sulle funzioni cerebrali che consentono il creare (linguaggio, ma anche memoria e attenzione), sul pensiero allusivo, sulle capacità associative remote, sui graffiti e su Giotto, ma, per rimanere in campo linguistico, l’inglese inserisce nel campo semantico della parola “primitive” il settore delle arti, della medicina, della veterinaria. Creativi primitivi è una locuzione non infrequente. Che ne pensi? Gabri Che ne pensi?

  2. Sto controllando la registrazione. Fatto. Per far le cose per bene, nessuno mi sa dire come si inserisce la foto? Grazie.

  3. Non solo i 19enni appena usciti dal liceo sono semianalfabeti. Vorrei rincarare la dose ricordando alcuni numeri relativi all’ultimo concorso per magistrati (2005): 18 000 candidati, 380 posti di cui solo 322 assegnati (fonte: http://archiviostorico.corriere.it/2008/gennaio/07/Giudici_concorso_dei_bocciati_Nei_co_9_080107100.shtml) Perchè 58 posti sono rimasti vacanti? Dopo 5 anni di università e 2 di scuola di specializzazione la commissione si è trovata di fronte a gravi errori di grammatica e ortografia “che hanno indotto seri dubbi sulle modalità di conseguimento del diploma di scuola media inferiore”. E se davvero sapersi esprimere è un fatto di democrazia, per gli aspiranti giudici non essere in grado di farlo è ancora più imbarazzante. Ilaria

  4. @ gabri Ciao Gabri. Ecco come inserire l’immagine nel tuo profilo. Vai su NeU e fai il login digitando il tuo indirizzo e mail e la tua password nelle caselle che trovi in alto a destra. Nella stessa posizione ti comparirà in grigio la frase “La tua Area Personale”. Cliccaci. Ti comparirà il form di registrazione già compilato con i tuoi dati. Clicca sul pulsante “Sfoglia” accanto a “Carica la tua immagine”. Seleziona l’immagine che vuoi inserire e premi “Invia” in basso a destra. Ti comparirà sempre la stessa pagina col form di registrazione che questa volta conterrà anche la tua immagine. Non devi fare altro. Ora in ogni commento che lascerai comparirà anche il tuo avatar. Puoi cambiare l’immagine ogni volta che vuoi. Ciao e buona navigazione su NeU. Manuela

  5. APPRENDIMENTO, ESPERIENZA E MAGISTRATI @gabri: credo che dobbiamo fare una distinzione. Più concetti, informazioni, idee abbiamo nella mente, più concetti, informazioni, idee possiamo combinare, in modo creativo. Ma le cose che abbiamo nella mente arrivano lì con l’apprendimento, mica dal cielo o per magia. E l’apprendimento, nelle forme più semplici, avviene anche attraverso esperienze o imitazione, ma nelle forme più astratte e complesse non può che trasmettersi grazie a un linguaggio astratto e codificato (parole, numeri…). Se non si possiedono i simboli non si possono gestire e integrare e costruire concetti. Pensieri, insomma. E non si riesce neanche a “ripensare” l’esperienza. E certo che Einstein ragiona per immagini. Ma gli argomenti su cui ragiona sono linguisticamente strutturati. E la formalizzazione del suo ragionamento è linguistica. Certo, c’è anche una creatività primitiva. Così come c’è una creatività, a volte, nella pazzia (ne abbiamo parlato qualche settimana fa). La creatività non borderline consiste, credo nel superare un linguaggio esistente per istituirne uno nuovo, come fanno Picasso o Joyce o Newton o lo stesso Einstein o Mozart. Non nel fare a meno del linguaggio. Altrimenti, c’è solo il baluginare di un desiderio o un’intuizione in un grande buio vuoto. Può essere affascinante da osservare. Ma non c’è storia. @ Ilaria. Appunto. Qualche anno fa ho fatto un’esperienza curiosa: un breve corso a giovani magistrati sul parlare facendosi capire. Grande interesse e addirittura entusiasmo di alcuni, strana ostilità di altri: finché, parlandone a incontro concluso con gli organizzatori, non è venuto fuori il motivo. Per alcuni il burocratese giuridico, imparato a prezzo di fatiche immani, è un porto sicuro e protettivo nel mare di un italiano incerto. Del resto, solo tre dei settanta bravi bocconiani che avevo in aula quest’anno conoscevano il significato della parola “archetipo”. Uno dei tanti casi in cui, se ti manca la parola, non puoi proprio usare l’idea che c’è dietro.

  6. Premetto che sono una sostenitrice della necessità, anzi del diritto per tutti di possedere una profonda conoscenza della lingua, ma in questo momento scusate ma sposto il tiro. Sì perché di prima mattina l’equazione competenza linguistica onestà politica la trovo davvero una risorsa inaspettata, fertile terreno per creativi guizzi della mente. elisabetta

  7. PAROLE DA SALVARE Zotico, uggioso, artefice, oblio, abominio, arduo, duttile, ameno, bislacco, ciarpame, accozzaglia, blaterare… sono le prime dell’elenco di 50 parole da salvare, pubblicate sul sito di Zanichelli editore. Si tratta, è immediatamente evidente, di parole che servono a fare distinzioni sottili. Ci perdiamo la parola e ci perdiamo la distinzione, e la capacità di distinguere. Un trafiletto su Repubblica di oggi (pagina 59) annuncia il Premio di scrittura Zanichelli, aperto ai ragazzi delle medie inferiori e superiori: si tratta di scrivere un testo sul futuro prossimo impiegando dieci delle cinquanta parole. Un bell’esercizio. A questa pagina trovate il bando del concorso e l’elenco delle parole. Qual è la vostra favorita?

  8. Scusa, Annamaria, io non sono un profondo conoscitore della lingua italiana… ma il bocconiano che non conosce il significato di alcune (molte?) parole che dice non è, di per se, un archetipo 🙂 ?

  9. Io ho imparato il significato delle parole, leggendo. Ed ancora leggendo, ho compreso che le parole hanno un valore specifico. Possederle ed utilizzarle bene, mi ha dato la possibilità di farmi capire subito ed in maniera chiara. Se voglio dire orrendo, non dico brutto; ecc. Questa distinzione di peso e di forma delle parole, mi ha permesso di ordinare anche le idee. Mi sono meravigliata tantissimo quando ho scoperto che, nell’ambito lavorativo, i vocaboli utilizzati erano pochi e pressochè imcomprensibili, al di fuori della cerchia di addetti. In particolare, ricordo un responsabile, bocconiano doc, che continuava a ripetere: Dobbiamo sistemare le cose! Non ho mai compreso se si riferisse a cose-oggetti o a cose-affari o a cose-persone o a cose-cosa? Ho cercato di spiegare a mio figlio l’importanza vitale di possedere più parole possibili, ma fa fatica a leggere e la scuola – 2° media, non è in grado nè di stimolarlo, nè di imporgli un uso quotidiano di termini più complessi, di OK, scialla e compagnia cantando. Per la creatività, sono completamente d’accordo con Annamaria. Leggendo i suoi interventi ho visualizzato una pubblicità di qualche tempo fa di Pirelli. Lo slogan era “La potenza è nulla senza controllo”. Credo che si sposi bene con il concetto di creatività che dev’essere un requisito solido di partenza, ma deve trovare il canale giusto per essere utilizzato e compreso. e cosa meglio delle parole. Giovanna

  10. Sembra off topic ma, a proposito di parole, dell’uso che ne facciamo noi e di quello che ne fa la politica… Siamo così messi male in questo sfigato paese che basta che si mostri una persona (sto parlando, da elettore del Pd, di Nichi Vendola) che (sembra…): – normale; – onesta; – con degli ideali; – mosso dalla legittima ambizione limitata al sentirsi importante per il paese nel quale vive; – senza la paura di sembrare complesso quando parla ma che ti rende esplicito che parla così con l’obiettivo di essere chiaro e preciso… che “siamo costretti” ad innamorarcene!

  11. Tra gli interpreti stranieri serpeggiava il panico quando – in un consesso internazionale – toccava tradurre il discorso di un politico italiano. Infinite serie di subordinate in cui il contenuto, se mai c’era, andava inevitabilmente perduto. Ora i nostri politici parlano come mangiano, o meglio parlano per slogan pubblicitari, semplici ed efficaci, ma senza sostanza (“Dixan lava più bianco” = “Ridurremo le tasse”). La costante è lo scollamento tra mondo della politica ed elettorato; anzi, tra linguaggio e realtà. E allora, se nasco e cresco in questo clima culturale (in senso lato), come posso davvero credere che la ricchezza di linguaggio sia un valore? Mi basteranno gli “OK” e gli “scialla” di cui parla gio.brun. Se i testi scolastici, i programmi universitari, le stesse prove d’esame vanno verso una progressiva semplificazione, suggerendo che la complessità è qualcosa di negativo, da correggere, perché mai dovrei complicarmi la vita sforzandomi di arricchire il mio linguaggio? Perché dovrei dire “ciarpame” quando posso dire spazzatura? Certo ci perdo in sfumature, ma dove trovo oggi le sfumature? In quale ambito? Sui giornali (ogni morte è una “strage”)? In tv (persino i quiz sono stati abbassati al livello di un analfabeta)? Sul lavoro (l’uso della posta elettronica ha ridotto la corrispondenza commerciale a grugniti: “é pronto l’ordine?” – “sì”)? Stiamo andando verso un mondo in bianco e nero: lo scenario ideale per accogliere tutto, tranne la democrazia. Valeria

  12. Ho trovato nel sito di Luisa Carrada (Scrivere sul web) un interessante contrappunto tra i “valori” di “Lezioni americane” di Calvino e la scrittura online. Leggerezza-non come una piuma, ma come un uccello rapidità-come la scuola della poesia esattezza-come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione visibilità-pagina che si legge come un manifesto o come uno spot molteplicità-per un web aperto al mondo coerenza-di stile e contenuto, fra lo strumento e la scrittura. Abbiamo l’opportunità di riflettere sulla nostra scrittura online, che non è evidentemente una scrittura normale, ma fortemente influenzata dal canale , dal bacino di ricezione, insomma da tutti gli aspetti di questo particolare tipo di comunicazione. P.S. A scuola che insegnano? Ancora il tema et similia, perdendo una grande occasione. Grazie, Manuela, tenterò.

  13. PAROLE PER LA POLITICA Me n’ero del tutto dimenticata, ma quel che scrive Graziano me lo fa tornare in mente. All’inizio degli anni Novanta, e prima di Tangentopoli, ho realizzato con Stefano Magistretti, un bravo semiologo, un video sulle parole della politica per la Casa della Cultura di Milano. Chissà dov’è finito. Comunque: c’erano De Mita, Forlani, Craxi… non si capiva un accidente di quello che dicevano. Ed era chiaro che l’obiettivo era mandarsi messaggi in codice, occupare spazio (non so più chi, ma forse Forlani, si vantava di poter parlare per ore senza dire niente), e presentarsi come sacerdoti di un rito astruso del quale i comuni cittadini non potevano che essere spettatori, e basta. Grandi segni d’interessamento alla presentazione da parte delle “autorità” ma poi, come è ovvio, non è successo niente. Anzi, è successo tutto: i leghisti prima, e poi la (chiamiamola così) cultura televisiva di Forza Italia hanno scardinato tutte le regole interne del linguaggio politico, costruendo parte del proprio successo sul fatto di parlare in modo tanto rozzo quanto immediato. La sinistra è rimasta intrappolata in pensieri che non trovano parole, e in parole che non hanno pensieri. Mi è capitato un paio di volte di metter le mani dentro programmi elettorali tanto arzigogolati quanto vacui. Eccome, se siamo in tema: sapersi esprimere -e saperlo fare con tanta precisione da riuscire a farsi capire. E, magari, a persuadere qualcuno- è davvero un fatto di democrazia, come scrive Stella, come non manca di ricordare De Mauro.

  14. Salve a tutti, credo che ci muoviamo nel solco di McLuhan, il celebre (ma quanto capito?) e scivoloso crinale del Medium is the Message. L’esplosione delle tecnologie rende chiunque un giornalista e un content editor (“operatori del linguaggio”) ma, da quel che si vede – dalla poca padronanza che abbiamo della lingua e dei suoi cambiamenti – è il linguaggio stesso a essere al centro, il protagonista, al posto nostro, e un linguaggio povero. Come dice Gabri, siamo tutti un po’ piume, ahimé, risucchiati nei vortici del Maelstrom di EA Poe. Vorremmo e dovremmo essere uccellini. Di sicuro bisognerebbe fare un convegno, un qualcosa, per lavorare-ritrovare gli elementi che ci aiuterebbero a essere meno piume e più uccellini. Meno cantati e più cantanti. La qualità, cioè il tempo impiegato per controllare e verificare le nostre informazioni è uno di questi, ma già qui mi accorgo che è diventata un lusso. Insomma, mi pare una battaglia da fare e certo difficilissima, non difficile.

  15. Una che non ha capito nulla, o quasi nulla, degli interventi di gabri e ultrickino che cosa fa, si spara? vanessa

  16. Avevo detto, nel mio primo post, che il discorso viene percepito come noioso e irritante. L’intervento n. 15, un po’ brusco, direi, ne è la prova. Soprattutto gli insegnanti resistono a ogni discorso di cambiamento e, quel che è più importante, di autoaggiornamento. Annamaria e gli altri, mi volete dare una mano per farlo capire ?

  17. Con tutta la buona volontà…
    – Leggerezza-non come una piuma, ma come un uccello
    – rapidità-come la scuola della poesia
    – esattezza-come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione
    – credo che ci muoviamo nel solco di McLuhan, il celebre (ma quanto capito?) e scivoloso crinale del Medium is the Message
    – siamo tutti un po’ piume, ahimé, risucchiati nei vortici del Maelstrom di EA Poe.
    – vorremmo e dovremmo essere uccellini.
    – lavorare-ritrovare gli elementi che ci aiuterebbero a essere meno piume e più uccellini
    – meno cantati e più cantanti.
    Vanessa

  18. Cara Annamaria, la mia parola favorita delle 50 da salvare è “artefice”; come suono non è un granché, ma il significato è molto importante (soprattutto in un sito sulla creatività).

  19. Voglio partecipare alla riflessione sulle capacità di esprimere un concetto con le giuste parole, spingendomi oltre e pensando la parola come relazione. Dietro una parola non c\\\’è solo un concetto ma soprattutto una relazione con l\\\’altro e chi non ha parole finisce per avere relazioni superficiali. Prendo un po\\\’ di spazio per la mia vanità, restando in argomento, e vi offro una mia poesia, per me molto significativa: La parola. So che posso tenere la posizione. La legge l\\\’uso e il mal costume mi avvolgono. E\\\’ un abbraccio asfissiante. In questa morsa prepotente e insolente insorge il mio desiderio di libertà. Palpita il mio cuore martellando una mente pigra e assuefatta. La mia memoria si sveglia e il bambino torna a gioire. Prende corpo l\\\’identità della resistenza della lotta senza tregua né pudore. Sul palcoscenico monta la parola. E\\\’ la fede a darle vita è il coraggio a renderla prorompente. Il silenzio è sconfitto. ciao.

  20. SPIEGARSI E CAPIRE
    Dico la mia posizione, sapendo bene che vale quanto un’altra.
    Dunque: l’emittente ha il dovere di farsi capire. Il destinatario ha il diritto di dichiarare che non ha capito (ma dopo aver provato a farlo, però).
    In sostanza, la responsabilità del produrre una comunicazione comprensibile secondo le massime di Grice ricade sull’emittente. Il destinatario, da parte sua, deve essere disposto a offrire la propria cooperazione interpretative.
    Queste le teorie: per quanto riguarda le pratiche del parlarsi, e anche del parlarsi scambiando contributi attraverso il web. Se pensiamo che ciascuno investe una parte del suo tempo per regalare ad altri un pezzetto del suo pensiero, beh, forse dentro ciascun contributo che sia offerto in buona fede c’è un valore. C’è un valore in ciò che si fa capire. E, a volte, anche in quel che sfugge. …ma non generalizzarei a proposito della scarsa volontà degli insegnanti. Ne conosco troppi di meravigliosi.

  21. Chi parla male, pensa male. E’ di una limpidezza, tale affermazione, da far ritenere impossibile che non sia condivisa da chiunque si sia lasciato alle spalle almeno la quindicina d’anni iniziale della propria vita… Lascio sul tavolo, vissuto e ricco, di questa area di riflessione due fogli. Il primo. Porta scritto qualcosa che ha a che vedere con ciò che faccio tutti i giorni, e cioè insegnare la matematica. Quando lascio ai miei ragazzi, come compito per la volta successiva dopo aver incontrato un nuovo argomento, la rielaborazione del percorso effettuato in classe, alla ri-scoperta e puntualizzazione dei termini e del loro significato, a casa molti dei ‘non più quindicenni genitori’ commentano: “Tutto qui?? Ma una bella dozzina di esercizi non sarebbe stata più utile?”. Peccato che chi parla male, pensa male. E peccato che la matematica sia innanzitutto una questione linguistica e di linguaggio. Il secondo. Il commento di Gabri mi ha fatto venire in mente un brano de ‘L’artefice’ di Borges. Appunto perché proprio della lingua è non poter fare a meno di ricorrere al ‘termine’: parola ma anche limite e confine. E, a pensarci bene, una lingua o un linguaggio non ci sembra mai così adeguato e corrispondente all’oggetto come quando se lo vede ‘scivolare fra le dita’… L’indicibile: dove il senso risiede. “A nessun uomo è dato di comporre Un libro. Perché un libro sia davvero, Occorrono tramonti e aurore, secoli, Armi, e il mare che unisce e che separa.” Simona

  22. Quale sarà il linguaggio, o meglio i linguaggi, dei libri e dei giornali sull’ iPad e per i supporti che lo seguiranno? ” I giornali che verranno offerti attraverso gli iPad non potranno essere come i giornali di carta, ma dovranno essere dei prodotti originali, diversi, costruti pensando in maniera nuova. Nuovi giornali, dunque, non versioni elettroniche di quelli cartacei….Un formato nuovo per un supporto nuovo….Ma bisogna che questo formato nuovo esista, che qualcuno cominci a pensarlo”. Forse i consigli di Italo Calvino su una nuova scrittura potrebbero essere utili. Ma c’è di più: chissà quali fantastiche connessioni tra linguaggi ( non lingue) diversi il futuro ci riserba. Certo l’uscita dell’Apple può essere solo un’operazione commerciale, ma mi pare che questo futuro per libri e giornali sia molto vicino. Il virgolettato l’ho preso da Repubblica.

  23. BACK TO BASICS “La cosa più difficile della scrittura non è la scrittura. E’ il pensare”. A proposito di nuovi media e di buone, vecchie regole, vi invito a leggere questo frammento di William Zinsser, tradotto da Luisa Carrada e pubblicato ne Il mestiere di scrivere: un posto che chi si interroga sulla scrittura, chi insegna, chi scrive per professione non può non considerare importante.

  24. Cara Annamaria, non ci crederai ma è proprio a seguito della lettura di ‘quel’ post (e Il Mestiere di Scrivere, insieme a NuovoeUtile, è una straordinaria fucina di stimoli e riflessioni per me…) che ho avuto il coraggio di osare, e chiedere ai miei piccoli dodicenni di restituire quanto avevano imparato su animali ed evoluzione, impegnandosi in un racconto. Senza domande specifiche né richiesta di definizioni (cosa che, del resto, non faccio mai!). Una sola, semplice, traccia di lavoro: ‘Le tappe dell’evoluzione dei primi Vertebrati’. Li ho sostenuti nello sconcerto rabbioso che li ha colti durante i primi cinque minuti – e nella mente mi risuonavano le parole che citi di Zinsser: “Il principale problema che paralizza gli studenti non è come scrivere, ma come organizzare ciò che stanno scrivendo. Scelgono una storia, raccolgono milioni di note e citazioni e una volta finita la loro ricognizione spesso non hanno idea del tema essenziale e di quale forma narrativa scegliere.” Ma poi… nessuno di loro ha più alzato la testa né la mano dal foglio, durante i successivi cinquanta minuti! E a leggerli, quei piccoli testi di piccoli adulti, si scopre che hanno il sapore di persuasione e di convinzione. Che sanno del ‘valore della cosa in sé’, del valore della conoscenza, che a priori non ha nulla a che vedere con l’utilizzo che essi ne faranno. Simona

  25. …e mi veniva anche da pensare, ovviamente , alla neolingua orwelliana e a quanto il nostro impoverimento lessicale sia più o meno voluto. Di sicuro, fa comodo. Comunque, credo che, volutamente e artatamente, si mistifichi il significato di alcune parole, usate sempre e solo in una certa accezione e con un particolare fine, che è sempre il controllo. Come pure, vorrei spiegarmi, perché, per obbedire alla necessità di scrivere stringato, imposta ormai da alcuni mezzi, spesso si ricorra ad escamotage mortificanti per qualsiasi capacità mentale minima. Secondo un mio amico linguista, la lingua deve essere maltrattata, modificata, innovata (anche a costo di aberrazioni) per essere definita viva. Però mi piacerebbe che ci si concentrasse per esempio di più sulla sintesi che sulla sincope, sarebbe un esercizio molto più produttivo per il cervello, no? (sono andata fuori tema? forse sì, ma siete sempre così pieni di spunti di riflessione, che alla fine ho una gran folla di pensieri che mi strattonano un po’ qui e un po’ là… ) Eleonora

  26. Eleonora, che regalo lo spezzone di Una storia semplice! A rivedere Volonté vengono sempre i brividi. Grazie grazie. Simona, sono contenta che quello strano post mattutino ti sia servito da ispirazione. E’ sempre buffo, ma bello, scoprire che giri fanno le parole che hai scritto in solitudine navigando e sorseggiando il caffé. Buon fine settimana a voi tutti e ad Annamaria. Luisa

  27. Leggendo tutti i post, molto interessanti, mi sono tuttavia chiesta se ciò che viene asserito è vero al cento pr cento, come si spiegano i tanti artisti, in vari campi, praticamente analfabeti o poco più, che hanno creato cose sublimi? Lidia

  28. Mi domando: e una situazione solo italiana? Non credo. I nostri docenti sono mediamente bravi. Il problema sono le famiglie…dove si parla pochissimo tra genitori e figli…prima ancora che la lettura o non lettura…in realta dove in famiglia si parla c’e grande ricchezza di linguaggio nei piccoli…poi certo se non si legge non si evolve non si arricchisce si atrofizza

  29. Il pensiero è limitato dunque anche le parole
    Tutto gira sempre sul vecchio schema
    Nulla di originale

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