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Lo straordinario soft power (potere morbido) della lingua italiana

Questo articolo mette insieme due elementi che sembrano distanti tra loro, ma in realtà non lo sono: lingua e potere, anzi soft power.
L’italiano, lingua degli angeli per Thomas Mann, è la lingua più romantica del mondo secondo un sondaggio svolto qualche anno fa tra 320 linguisti dall’azienda londinese Today Translations, che offre traduzioni e interpreti in oltre 200 lingue.
Questa è in sé una notiziola curiosa e niente più, ma ci aiuta a prendere in considerazione una questione più generale, e degna di nota. La lingua italiana è, per gli stranieri, sommamente attrattiva: non a caso è la quarta (o quinta) lingua più studiata.
Per capire che cosa della nostra lingua piace così tanto basta scorrere una delle molte liste di ragioni per imparare l’italiano che si trovano in rete.

MUSICALE E BELLISSIMA. Per esempio, la lista pubblicata dall’università di Princeton dice in primo luogo che la lingua italiana è musicale e bellissima, ed è la lingua di riferimento per chi ama l’arte, la musica, l’architettura, l’opera, il cibo… molte delle cose piacevoli della vita, insomma.
Dice che l’italiano è la lingua più vicina al latino, e che il 60 per cento del vocabolario inglese deriva dal latino: quindi imparare l’italiano aiuta anche a parlare meglio l’inglese. E ricorda che nelle università americane le iscrizioni ai corsi di lingua italiana stanno crescendo.
L’attrattività di una lingua non è strettamente proporzionale alla numerosità dei parlanti. “Studiare l’italiano non è come studiare l’urdu, diciannovesima lingua più parlata al mondo (l’italiano è diciottesimo)”, dice Dianne Hales, autrice della Bella lingua. Con l’italiano “entri in contatto con la storia, l’arte, la religione, la musica, il cibo, la moda, il cinema, la scienza – tutto ciò che la civiltà occidentale ha inventato”.

GIUSTAMENTE ORGOGLIOSI, O NO? Sembra però che a noi italiani, che (più o meno) parliamo italiano da sempre, di tutto questo importi poco.
Del resto, una nota caratteristica del comportamento nazionale consiste nel sottovalutare sistematicamente ciò che di bello e desiderabile ci appartiene, dal paesaggio all’arte allo stile di vita, dalla creatività all’intraprendenza, alla lingua, appunto, rinunciando quindi a valorizzarlo in maniera adeguata. Rinunciando, poi, a praticare le indispensabili opere di manutenzione, materiali e immateriali. E rinunciando perfino a essere, giustamente, orgogliosi.

SOFT POWER. Ci converrebbe cambiare atteggiamento, però.
Il fatto è che la capacità attrattiva di una lingua è un importante fattore di soft power. I paesi anglofoni lo sanno fin dai tempi della Guerra fredda. Lo sa la Cina, che sta facendo grandi sforzi per diffondere lo studio del cinese. E la faccenda del soft power è tutt’altro che banale.
Il termine soft power non ha ad oggi una traduzione accreditata. In rete ho trovato potere morbido, potere leggero, potere pacifico e perfino potere soffice. Qui scelgo di usare “potere morbido” in alternanza con l’assai più diffuso termine inglese.
Il concetto di soft power è stato formulato verso la fine degli anni ’80 del secolo scorso da Joseph Nye, politologo e docente ad Harvard. In una brillante Ted conference, Nye definisce il potere come “nient’altro che la possibilità di influenzare gli altri per ottenere i risultati voluti”.

OLTRE IL BASTONE E LA CAROTA.  Si può esercitare potere, dice Nye, in tre modi: con il bastone, cioè minacciando e usando la forza. Con la carota, cioè usando il denaro.
Ma c’è un terzo modo: persuadere gli altri a desiderare spontaneamente di fare quello che si vuole che loro facciano. E questo è potere morbido: pura capacità seduttiva. Se l’hard power della forza muove la gente a spintoni, il soft power la attira suscitandone il consenso, attraverso le narrazioni e la costruzione di un immaginario attraente.
In sostanza, il concetto di potere morbido ci fa capire che la seduzione è tanto potente quanto la coercizione o il denaro. E forse ancora più potente, perché più sottile e permanente. Nye aggiunge che usare il soft power permette di ottenere risultati “risparmiando sia i bastoni, sia le carote”.

PIÙ  PRESTIGIO NEL MONDO. Poiché il potere morbido è fatto di reputazione e di desiderabilità, una nazione lo può esercitare in modo efficace perfino senza essere una grande potenza economica o militare. Esiste una classifica internazionale del soft power: nel 2016 l’Italia è undicesima, prima della Spagna e dopo l’Olanda, e sta guadagnando posizioni.
Promuovere la lingua italiana (e magari cominciare a trattarla meglio, anche in patria) può aiutarci ad avere prestigio nel mondo e ad accrescere il nostro potere morbido. E, diciamolo: per l’Italia promuovere l’italiano, già in sé così desiderabile, è molto più facile di quanto non sia per il Pakistan promuovere l’urdu. O per la Cina promuovere il cinese.

PRODOTTI CHE PARLANO ITALIANO. Ma non solo: promuovere l’italiano può aiutare le nostre imprese a diffondere e difendere i loro prodotti all’estero, posizionandoli nel segmento alto di gamma per il solo fatto di essere autenticamente italiani.
Promuovere l’italiano (e usarlo, santa polenta, per i nomi dei prodotti, per la pubblicità, per i marchi…) aiuta anche a contrastare il fenomeno deteriore dell’italian sounding: prodotti fatti all’estero, che si vestono di italianità proprio “parlando” italiano. È uno scherzo che vale 60 miliardi di euro e 300.000 posti di lavoro.
La percezione è (anche) un fatto cognitivo, e non solo sensoriale. È influenzata da quanto ogni persona crede, pensa e sa, e dalle aspettative che ha. Per questo, nel mondo, l’aroma di un caffè con un nome italiano viene percepito come migliore, un abito con un marchio italiano appare più elegante, un oggetto con un nome italiano appare più bello, un’auto con un nome italiano appare più desiderabile.
Le aziende straniere lo sanno, e sarebbe meglio se anche le aziende italiane se ne ricordassero sempre.

Di tutto questo si è parlato nel corso della seconda edizione degli Stati generali della lingua italiana nel mondo. In questa occasione è anche stato presentato il neonato portale della lingua italiana.

12 risposte

  1. In ambito lavorativo tutti sono ormai affascinati dall’inglese, purtroppo a mio parere fino all’esasperazione: non parliamo più di sondaggio ma di survey, non di atteggiamento ma di attitude, e così via.
    Se in molti casi può avere una logica (non esiste la controparte italiana della parola,..), in molti altri è una scelta di non cercare la parola italiana adatta.
    Se consideriamo il fenomeno dell’italian sounding sembra quasi un controsenso.

  2. Se diamo un’occhiata alla lingua con cui si esprimono i naviganti della rete non si direbbe la lingua degli angeli…

  3. “potere morbido” sicuramente un grande potere, sono d’accordo. Dovremmo fare i complimenti alla Perugina – che nei famosi “Baci” pensieri piacevoli pensierini tanto apprezzati -. Sono certo che se ogni prodotto italiano ( del Made in Italy ) oltre alla etichetta e il resto recasse, in qualche modo al suo interno, delle frasi ricercate della nostra sterminata cultura italiana e mediterranea, diffonderemmo nei consumatori stranieri oltre alla cultura ed lingua scritta, anche il desiderio di ricercare la traduzione di quel dato verso. Tutto a vantaggio dei prodotti.

  4. La rabbia e la frustrazione per i prodotti spacciati per italiani ma che di italiano hanno solo il loro maldestro sounding non deve portare a generalizzare la necessità di avere nomi per forza italiani per i prodotti italiani venduti all’estero. Ogni caso è specifico; la buona regola è valutare sempre quanto e come il nome può rinforzare l’italianità del prodotto che nomina. Se questa poi è un valore.

  5. …”Al gruppo San Pellegrino, infatti, è bastato usare la parola «Toscana» per far registrare un aumento del 14% delle vendite negli ultimi 18 mesi, ha rivelato Clement Vachon, direttore delle comunicazioni e relazioni internazionali del gruppo.
    Abbiamo fatto una ricerca globale su dieci Paesi due anni e mezzo fa – spiega – ed è venuta fuori non solo l’evocazione di valori positivi, ma è emerso che i consumatori mondiali erano disponibili a pagare il 9% in più su un prodotto che riportasse la dicitura Toscana”.
    http://www.lastampa.it/2016/10/18/cultura/cresce-il-numero-degli-stranieri-che-vuole-studiare-litaliano-m0E97K6brKJ9hcsVX3i8DM/pagina.html

  6. Tutto giusto, ma vogliamo trattarla meglio questa nostra lingua? Mettere i congiuntivi al posto giusto, l’interpunzione correttamente e…vai ancora!

    Una considerazione particolare riguarda il cibo. Il mondo mangia italiano, dal Giappone agli USA l’eccellenza è italiana. 

    C’è però un problema. Il cibo dichiarato italiano non lo è sempre. Ecco due articoli sul tema.

    http://www.repubblica.it/economia/2016/09/16/news/petrini_su_grano_e_latte_la_qualita_va_pagata_i_nemici_del_made_in_italy_sono_gli_speculatori_-147894966/

    http://blog.ilgiornale.it/wallandstreet/2015/04/21/latte-italiano-addio/?repeat=w3tc

    1. Visto che l’italiano è la dolce lingua, forse è il “potere dolce”. 😉

      In ogni caso, c’è anche la Svizzera a sostenere l’italiano. Durante la Settimana della Lingua Italiana nel Mondo l’Ambasciata di Svizzera e i consolati in Cina hanno fatto un importante sforzo di promozione per questa lingua che condividiamo.

  7. La musicalità della nostra lingua deriva dal fatto di allungare un poco la vocale accentata. Questo spezza la ripetitività del ritmo ta-ta-ta-ta con un più bello ta-ta-taaa-ta-taaa.
    Inoltre noi andiamo su e giù con il tono durante le frasi (diverso da regione a regione).

  8. Con il bagaglio smarrito questa estate in quel di Mosca , ho ceduto anch’io al soft power del russissimo marchio di scarpe “Paolo Conte”. Ammetto di averle comprate per necessità e perché mi ha fatto troppo ridere pensare all’avvocato probabilmente ignaro….peccato non potervi allegare la foto! Neanche tanto economiche…

  9. Al Consiglio parlamentare di Berna in Svizzera é stata eletta una parlamentare del Cantone Ticino di lingua italiana. La parlamentare verrebbe promuovere maggiormente la lingua italiana nei rapporti quotidiani del parlamento. Molti parlamentari hanno respinto questa novità perché considerano l’italiano una lingua solamente adatta ai “meridionali”

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