Come parlano i testi

Come parlano i testi. E come scriverli perché parlino – Idee 144

Dicevo, nell’articolo precedente a questo, che ogni autore può ricorrere a una serie di artifici per attribuire a ciò che scrive quello che per convenzione, e anche a proposito di testi, definiamo “tono di voce”.
Questo è un incipit piano e discorsivo. Ma la stessa cosa si può dire anche in una maniera diversa. Per esempio.
Te l’ho già detto: vuoi che quel che scrivi abbia un suo tono di voce? Bene, ci sono dei trucchi.
Ed ecco un altro esempio:
Come già in precedenza ricordato, chi redige testi ha facoltà di ricorrere a un’ampia gamma di accorgimenti atti a restituire ai destinatari del testo medesimo, insieme al contenuto, anche l’insieme di sfumature di carattere in prevalenza – ma non esclusivamente  emozionale che vengono tradizionalmente accomunate sotto l’etichetta sintetica “tono di voce”.
Questo articolo potrebbe finire qui.
Ma magari avete voglia di qualche dettaglio in più.

Come parlano i testi

LE PAROLE CHE SCEGLIETE. Prima di tutto il tono di voce è fatto delle parole che scegliete: per carità, non di tutte le parole, ma di sicuro delle parole-chiave. Quelle che, dentro ai testi, pesano. Quelle sulle quali un buon lettore farebbe cadere un accento della voce, una coloritura.
Per esempio.
Artifici, trucchi, accorgimenti. I termini che ho usato qualche riga sopra sono simili, e denotano (cioè, indicano) più o meno lo stesso concetto. Qualcosa che rimanda all’essere abili o astuti e al ricorrere anche vie traverse per ottenere un risultato o un effetto voluto.

Bene: ma ciascuna di queste parole, che si possono trovare accostate in qualsiasi raccolta di sinonimi, ha connotazioni leggermente diverse. “Artificio” ha un’iridescenza vagamente magica. Può evocare fuochi che si accendono illuminando notti estive. Rimanda ad artefice: chi pratica un’arte con maestria, intelligenza e abilità, e anche ad artificioso (privo di spontaneità, affettato, ricercato). Sarà il contesto (cioè, tutto il resto della frase. E tutto il resto dello scritto) a decidere la prevalenza della sfumatura positiva o di quella negativa.
Trucco (almeno in questo caso, e visto che non stiamo parlando di rossetti e ombretti) è un termine più breve e sbrigativo. Si associa ai giochi di prestigio (il trucco c’è ma non si vede), e anche all’imbrogliare (…tu e i tuoi sporchi trucchi!). Anche stavolta, sarà il contesto a decidere se vince il prestigiatore o il truffatore.
Accorgimento si porta dietro un’idea di ragionevolezza e accortezza. Appare più cauto, algido e formale. E qui passiamo dall’idea di autore come maestro d’arte, come prestigiatore o come abile truffatore all’idea di autore come attento amministratore di parole.

Come parlano i testi

SIGNIFICATI PALESI E SENSO NASCOSTO. Ma invece che artifici, trucchi, accorgimenti, avrei potuto usare altri termini ancora: espedienti (e qui si vive pericolosamente). Stratagemmi (e qui si complotta e si inganna). Strategie (e qui si preparano battaglie e si dispongono drappelli, plotoni, eserciti di parole).
Ovvio: nessuno di noi scrive cercando nel dizionario i significati palesi e il senso nascosto di ciascuna delle parole che adopera. Ma, poiché ciascuno di noi scrive seguendo il filo del proprio pensiero, appese a quel filo, nel flusso della scrittura, trova certe parole-pesce, e non altre. Di solito pesca quelle che trova. E se una parola proprio non lo soddisfa, la ributta nel mare dell’inconscio e aspetta che, galleggiando, ne emerga un’altra. Più precisa e più sua. E che suoni nel modo “giusto”.

Attorno a ciascuna parola – beh, non attorno a tutte. Diciamo: attorno alle parole importanti – c’è una specie di vibrazione. Un’aura. Un aroma. O una nota. Ecco: il tono di voce è fatto di note che si susseguono. Non hanno un suono fisico, ma risuonano (in modo non identico ma abbastanza simile) nella mente di chi scrive, in quella di chi legge, e in tutti i testi che raccontano, spiegano, informano. Insomma, che sono qualcosa di più di un puro elenco. Perfino il burocratese rimanda a un tono di voce. È stucchevole e raggelante, oscuro e minaccioso ma è, proprio per questo, uno specifico tono di voce.

Come parlano i testi

VUOTI E PIENI. Non basta però mettere le parole una in fila all’altra: perché i testi abbiano un proprio tono di voce, le pause – i vuoti – sono altrettanto importanti dei pieni. Stabiliscono il ritmo secondo il quale si susseguono le note. E il ritmo è dato dalla punteggiatura.
Veloce. Concitata. Incalzante. Punti fermi. Frasi brevi, un senso di urgenza. O di allarme.
E poi a capo.
Occhio.
Questo è importante. E definitivo.
Dunque, lo isolo.
Tu, lettore, non puoi non accorgertene.
Oppure virgole, incisi, e frasi che nascono una dall’altra (una sull’altra) come una serie di trilli o di variazioni, e si distendono sul foglio accompagnando, anzi, suscitando, il crescere del pensiero di chi scrive, il ricrearsi del pensiero di chi legge. E il piacere sottile di lasciarsi trasportare dal testo intercettando assonanze interne, ricorsi, variazioni, una sterzata inaspettata (inattesa? Improvvisa? Brusca? Qual è il termine più giusto?).

Come parlano i testi

C’È DELL’ALTRO? E certo che c’è dell’altro. Il tono di voce dei testi è il frutto di un complesso sistema di scelte, alcune addirittura preliminari alla scrittura.
Per esempio. Il testo è personale (c’è un “io”, un “tu”, un “voi”) o è impersonale?
Tra l’altro: uno degli errori più fastidiosi (occhio: cascarci è una roba da dilettanti) è proprio l’alternarsi sgangherato e non progettato di segmenti di testo personali e impersonali. Si può fare, se proprio serve, ma ci vuole una certa grazia, ed è opportuno che tutto ciò non succeda all’interno della medesima frase.
E ancora.
Il testo nel suo complesso vuole risultare formale o informale? Autorevole o amichevole? Vuole sedurre o vuole convincere?
Basta un po’ di buonsenso: “autorevole” sarà più pacato (e anche più prevedibile e rassicurante). “Amichevole” sarà più vivace, o perfino più intimo e accorato. E si potrà permettere di scivolare verso la lingua parlata. “Seduttivo” sarà più fluido e armonioso, “Convincente” suonerà autentico, senza fronzoli ed effetti speciali.
Un ultimo consiglio: non è detto che uno debba sempre scrivere proprio come parla, se non altro perché, come dice il proverbio, le parole restano e conviene prestargli un po’ più di attenzione e di cura. Ma non è neanche detto che la scrittura debba essere ingessata. Rileggere (anche a voce alta) aiuta a intercettare le parti faticose.
Una buona regola empirica può essere questa: se proprio non riesci a leggerlo decentemente a voce alta, e restituendo nella lettura il senso di quel che il testo dice, forse faresti meglio a riscrivere.

Qui i due articoli sul tono di voce già usciti in precedenza:
Tono di voce: la parte emozionale di quel che diciamo
La parola scritta ha un tono di voce?
Stile e tono di voce: qual è la differenza per chi scrive
Le foto sono tratte dal (magnifico!) sito Writers at work. Gli autori fotografati sono, nell’ordine: Heinrich Böll, Dino Buzzati, Susan Sontag, Roberto Bolaño, Fruttero & Lucentini

9 risposte

  1. Un “bell’esercizio di stile”: esatto, coinvolgente, convincente etc. etc. Un’Idea 144 da anatomizzare con cura. Così si capirebbe bene quel precetto semplicissimo (ma di sempre dfficile attuazione) che afferma: “la forma deve essere adeguata al contenuto”.

  2. Nuovo e utile non delude mai, ma questo post mi è piaciuto particolarmente. La scelta delle parole, le connotazioni e quindi le immagini che portano con sé i diversi vocaboli che scegliamo più o meno consapevolmente di usare rappresentano un aspetto della scrittura (e non solo) che mi affascina moltissimo.

    1. Ciao Maria Nicola.
      Sì, l’ho scritto io. Come tutto il resto di NeU, a parte i contributi raccolti in “Esperienze” e in “Per approfondire”. Tutte le volte che un testo di NeU è scritto da qualcun altro, l’autore viene citato.
      Se guardi su “chi siamo”, trovi:

      Nuovo e Utile è un sito no profit per la divulgazione di teorie e pratiche della creatività.
      Concept, progetto, testi e selezione dei contenuti sono di Annamaria Testa.

  3. Bellissimo post, davvero! Mi sovviene una domanda: alla luce di quanto ha scritto, c’è un’effettiva differenza tra stile e tono di voce nella scrittura? E se sì, precisamente in che cosa consiste?

  4. Come parlano i testi è un tema affascinante che indago con curiosità ogni volta che persone autorevoli lo propongono. Cerco la musicalità nelle parole, le sfumature, i pieni e i vuoti.

    Sai, Annamaria, quando parli di PIENI e di VUOTI io vedo la pregevole opera di Borromini, San Carlo alle quattro fontane, un ritmo sublime di pieni e di vuoti, uno spazio magico, un equilibrio assoluto *_*

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