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Turismo in Italia: perché tutti dovremmo preoccuparcene

Imbarazzante. A voler essere gentili, la situazione della promozione del turismo in Italia può essere definita così. A voler essere realistici: disperante. Ora le cose dovrebbero cambiare: Giornata di svolta per il turismo italiano, titola speranzosa l’Ansa a proposito del nuovo consiglio di amministrazione dell’Enit, l’Agenzia nazionale italiana del turismo. C’è da augurarsi che molto cambi in fretta, anche se, come diceva la mia nonna, “presto e bene, raro avviene”.

Ecco qualche fatto, giusto per inquadrare il problema. Con un miliardo e 133 milioni di viaggiatori, siamo negli anni della maggiore espansione turistica mondiale di tutti i tempi: nel 2014 il turismo è cresciuto del 4,3% sul 2013. La tendenza, dicono tutti gli indicatori, continuerà.
Il turismo in Italia oggi vale, nel suo complesso, il 10,1 per cento del pil e il 12 per cento dei posti di lavoro. Nella classifica dei dieci paesi più visitati del mondo oggi siamo quinti dopo Francia, Stati Uniti, Spagna e Cina, e prima della Turchia. Sembra che ci sia da esserne contenti, ma non è proprio così.
Il turismo in Italia oggi cresce, ma meno che in altri paesi. E, se altri crescono molto e noi meno, vuol dire che restiamo indietro. Negli anni ’50 quasi un turista su cinque veniva da noi ed eravamo il paese più visitato del mondo. Oggi, da noi arriva un turista su 23.
Ecco come TTG Italia descrive il decremento: dal 19% del 1950 scendiamo al 15,9% del 1960, poi al 7,7% del 1970 (quando eravamo ancora i primi al mondo, davanti a Canada, Francia, Spagna e USA). Poi ancora giù, dopo una breve risalita nel 1980, fino al 6,1% del 1990 (rimasto invariato fino al 2000) per calare al 4,6% del 2010 e infine al 4,4% del 2013. In 43 anni non abbiamo fatto altro che calare con le percentuali. Negli anni ‘50 la Spagna non appariva neanche nel gruppo delle destinazioni più frequentate. Oggi è la prima meta turistica in Europa e la terza nel mondo. Ci dev’essere qualcosa che gli spagnoli hanno capito e, soprattutto fatto, e noi no.

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La classifica delle mete turistiche è stilata dall’Organizzazione mondiale del turismo (United Nations World Tourism Organization). Leggere il documento di sintesi intitolato Tourism Hightights 2015 permette di scoprire qualche altro dato interessante: per esempio, che nel 1950 i turisti internazionali erano 25 milioni, e che nel 2014 sono stati 1133 milioni. Che il turismo dovrebbe continuare a crescere costantemente di un 3,3 per cento medio all’anno fino a dove si spingono le previsioni (il 2030).

Oltre a crescere sempre, il turismo è uno dei settori economici che crescono di più. E le classifiche da considerare sono in realtà due: la prima riguarda la quantità dei turisti arrivati, la seconda (ed è questa che ci interessa davvero) riguarda i soldi che quei turisti spendono nel paese. In quest’altra classifica, la Spagna è seconda nel mondo dopo gli Stati Uniti e noi scendiamo al sesto posto. Per inciso: nel 2014 i turisti internazionali in Spagna sono aumentati di uno spettacolare 7 per cento. Da noi, del 2 per cento. Un ultimo dato notevole: i turisti cinesi sono quelli che spendono di più, e la loro spesa cresce in maniera esponenziale (+27 per cento nel 2014 sul 2013). La Cina, da sola, genera il 13 per cento dei guadagni mondiali per il turismo.
Sul turismo in Italia e su come promuoverlo si sono tenuti centinaia di convegni e scritte migliaia di pagine, molte assai sofisticate e complesse. Ma io qui vorrei fare un ragionamento davvero semplice: il fatto che sia semplice non vuol dire che non funziona.

Come sa ogni universitario del primo anno, per riuscire a vendere un prodotto si può agire su quattro variabili: la sua qualità intrinseca, il suo prezzo, la qualità del posto in cui viene venduto, la promozione. Sono le quattro P (Product, Price, Place, Promotion) del marketing classico, un modello interpretativo di fine anni ‘60 tuttora ignoto, temo, ad alcuni degli protagonisti e dei decisori del turismo in Italia.

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Dunque: certi paesi attirano carriolate di turisti facendo prezzi stracciati. Ma nell’indice di competitività sui prezzi, che mette a confronto l’offerta turistica di 144 paesi, troviamo il Messico al 55° posto, la Spagna al 105° e l’Italia al 133° posto (questo, e i dati che vi darò di seguito, vengono dal Travel and Tourism Competitiveness Report 2015 del World Economic Forum). Il nostro costo del lavoro è piuttosto alto, e pensare di far concorrenza ai messicani e perfino agli spagnoli facendo la guerra dei prezzi non è realistico. Inoltre, il modello del turismo di massa a basso costo non è esattamente compatibile col nostro territorio.

Bene: esclusa la guerra dei prezzi, per sviluppare il turismo in Italia ci restano le altre tre leve.
Cominciamo da Posto, inteso sia come luogo dove si conosce e si compra il prodotto-viaggio (oggi, sempre più spesso, è la rete. E qui sono guai, ma ci torneremo in seguito) sia come luogo da raggiungere per “consumare” il prodotto-viaggio. Nella classifica, la Spagna è all’11° posto per sistema stradale, al 5° per sistema ferroviario. L’Italia è al 57° posto e al 28°. Se consideriamo il complesso dei trasporti di terra, la Spagna è al 5° posto e l’Italia al 91°. Se questo dato vi sembra esagerato, provata ad arrivare a Perugia, a Matera o a Trieste in un tempo ragionevole, per non parlare dei borghi più piccoli. Per infrastrutture aeroportuali la Spagna è al 12° posto, l’Italia al 26°. Non male, ma comunque ci facciamo superare, per esempio, anche da Francia, Germania, Turchia, Svezia, Finlandia… e al 27° posto, subito dopo di noi, c’è la Grecia. Comunque, come ricorda Graziano Delrio, in Italia abbiamo anche un problema di interconnessione: gli aeroporti non parlano con la ferrovia, la ferrovia non parla con le strade, i porti e gli interporti non parlano con le reti stradali e le ferrovie.

Ci restano ancora due leve per sviluppare in modo moderno il turismo in Italia, giustificando sia l’onerosità di Prezzo, sia il (relativo) disagio di Posto. La prima è il Prodotto in sé: il nostro vario, meraviglioso, sorprendente paese. Mari, montagna, laghi! Monumenti e opere d’arte! Cento città e mille borghi meravigliosi! Cibo e vino! Moda e design! La maggior concentrazione mondiale di siti Patrimonio dell’umanità (51).
Questo è il mantra che ripetiamo da sempre.
Ma ci ricordiamo qual è il tempo medio di permanenza di un turista straniero in Italia? Ce lo dice Confcommercio: meno di quattro giorni. La permanenza media dei turisti cinesi è un giorno e mezzo.

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A chi fa turismo in Italia non interessa che possiamo offrirgli, in teoria, di tutto e di più. Gli interessa, in pratica, di poter fare bene quel poco che ha sognato e programmato di fare, in quei quattro giorni o in quel giorno e mezzo: arrivare in una stazione decentemente pulita o in un aeroporto che consegna i bagagli in un tempo ragionevole. E poi trovare un taxi, magari con un tassista che capisca le richieste del passeggero. Andare a visitare un monumento o un museo e non restare con un palmo di naso perché è chiuso per qualche motivo incomprensibile (mettetevi nei panni di un cinese, di un americano o di un neozelandese). Bersi un caffè in una piazza e non pagarlo 20 euro. Camminare per strade non luride, o lungo sentieri e spiagge ben tenuti e accessibili. Dormire in un albergo il cui servizio corrisponda al livello dichiarato. Qualche volta, in certi luoghi, sappiamo offrire tutto questo e molto di più. Altre volte, in altri luoghi, non ce la facciamo proprio.

Tra l’altro (sempre Confcommercio): se riuscissimo ad aumentare di un singolo giorno la permanenza media degli stranieri (in Spagna è già di 5 giorni) il turismo in Italia registrerebbe un incremento annuo di entrate di 6,9 miliardi di euro: mica male.
Nel turismo, la qualità è fatta di dettagli e del sommarsi di milioni di singole esperienze. La permanenza media si può aumentare anche rendendo ciascuna singola esperienza, se non perfetta, almeno positiva. Integrando il turismo culturale (che vale il 45 per cento del totale degli afflussi nel 2013, si concentra sulle città d’arte ed è mediamente più breve) con quello marino o montano, o aiutandolo a espandersi verso i borghi. Sviluppando, col buonsenso e la lungimiranza necessaria, il Sud, dove sempre nel 2013 (dati Enit) arriva solo il 13 per cento dei turisti stranieri. E sì, magari anche spazzando le strade. Per arrivarci ci vogliono consapevolezza, determinazione, tempo.

Ed eccoci arrivati all’ultima P: promozione. Se per migliorare Posto e Prodotto i tempi sono lunghi, anche per la molteplicità degli attori coinvolti e per l’onerosità degli investimenti richiesti, su Promozione si potrebbe agire in tempi più rapidi, si potrebbe essere davvero impeccabili e si potrebbe dare un discreto impulso al turismo in Italia. È un ambito in cui, tutto sommato, primeggiare può (o, almeno, dovrebbe) costare relativamente poco. Ma, in quell’ambito, come siamo messi?

turismo in italia

Malissimo. Per efficacia del marketing turistico, siamo al 123° posto, e per priorità attribuita dal governo al turismo siamo all’87°. La Spagna è, rispettivamente, al 27° e al 10° posto.
In queste due classifiche ai primissimi posti ci sono paesi o molto ricchi come gli Emirati e Singapore, o molto dipendenti dal turismo (le Seychelles, Cipro, Malta). Per questo la prestazione spagnola appare ancora più notevole.
E rieccoci alla premessa, e al perché l’Enit, di cui non si parla così di frequente, è davvero strategico: è il principale organismo che può agire sulla quarta P e lavorare, anche se indirettamente, sulle altre due.

La condizione di partenza non è buona. E, in una situazione in cui il 50 per cento delle informazioni turistiche vengono trovate in rete, a causa della condizione non buona oggi ci troviamo perfino privi di un sito ufficiale del turismo italiano efficiente, completo di informazioni sui luoghi di interesse, aggiornato.
Una prima cosa sensata da fare sarebbe imparare dagli errori. Proveremo a riuscirci insieme nella seconda tappa di questo viaggio (siamo in tema, no?) tra orrori e meraviglie del turismo nel paese più bello del mondo.

Una versione più breve di questo articolo esce anche su internazionale.it Se questo articolo vi è piaciuto, leggete le due puntate successive:
Promuovere il turismo: impariamo a farlo in rete
Comunicazione turistica fatta all’italiana: cioè circa, quasi, forse

14 risposte

  1. Come racconta sempre il nostro amico Roberto Marsicano, provate a farvi un giro sul sito turistico della Scozia: non vi diamo neppure il link, basta digitare “Scozia” su Google e ve la trovate in seconda posizione, atterrando ovviamente sul sito in italiano. Non vi accorgerete neppure che è tradotto e localizzato in 15 versioni diverse, tra cui due tipi di cinese, l’olandese e tre versioni in lingua inglese (americano, inglese e global). Tanto per fare un confronto con un simbolo del nostro turismo: il sito della Toscana è in 5 lingue e manca lo spagnolo, per dire. E non è certo il caso peggiore.

  2. Vivendo in una città turistica per eccellenza l’ho vista anno dopo anno diventare sempre più un enorme centro commerciale, pedonalizzata, e , come sapete, a Firenze tutto è vicino , puoi andare a piedi in due ore da un’estrema periferia all’altra. Però, ad esempio, l’aeroporto (quello che c’è) non è in connessione col centro se non con un taxi o una navetta spesso imbottigliata dal traffico. Tenete presente che la pista è stretta fra l’autostrada e la ferrovia ma nessuno ha trovato il sistema di collegare l’aeroporto a quest’ultima, cosa che permetterebbe di portare i turisti in centro in 10 minuti, c’è già anche la stazione, ma, inspiegabilmente, non una strada/navetta che copra quel chilometro fra terminal e ferrovia.
    E che dire della campagna sulla Toscana con le foto ritoccate?
    E vogliamo parlare dei 100 eu minimo a notte per dormire decentemente o dei 5778 alloggi privati che sfuggono a qualunque controllo?

  3. Per quanto riguarda la P di Promozione, credo che una delle criticità stia nella poca integrazione fra i diversi livelli istituzionali che si occupano di turismo. Al sud, ad esempio, è un gran fiorire di progetti finanziati con i fondi europei che si sovrappongono, si frammentano, veicolando messaggi diversi anche sullo stesso territorio. L’Enit deve avere la regia del sistema, passando per le Regioni fino ad arrivare agli enti locali, in un assetto che abbia una visione comune e una condivisione di obiettivi e metodi.

    Per quanto riguarda la P legata a infrastrutture e trasporti, sempre per restare al sud, dobbiamo considerarci miracolati per i flussi che riescono comunque ad arrivare nonostante gli ostacoli che incontrano. Faccio l’esempio di Pompei, forse il più eclatante. Ne parlo perchè, da napoletano che spesso ritorna nella propria zona di origine, posso osservarne da vicino le dinamiche. Il turista arriva a Napoli, magari con un Frecciarossa o Italo (se gli va bene) e poi si avventura (perchè di questo si tratta) verso la Circumvesuviana. Insomma dai 300 ai 30 all’ora è questione di un attimo. Dalla punta di diamante dei nostri trasporti alla scheggia di vetro del finestrino rotto, che magari non si abbassa nemmeno. Frequenza delle corse: 2 all’ora. Qualità delle carrozze: privi di aria condizionata (anche con 40 gradi all’ombra), vandalizzati dai writer, con rumori e vibrazioni paragonabili a un treno degli anni Cinquanta. Il mio gatto, quest’estate, ha avuto una crisi di panico lungo il tragitto, per riprendersi dalla quale ha impiegato giorni. Siamo nella zona che ha ospitato Leopardi (lo ricorda anche il nome di una stazione, appena leggibile tra la selva di graffiti che ricopre il cartello). Il Vesuvio e il Mare, con Capri sullo sfondo, per fortuna lo distraggono, catturano il suo sguardo e riescono comunque a conquistarlo. Il nostro volenteroso e coraggioso turista arriva a Pompei, e se non è in corso un’assemblea sindacale riesce pure a vedere gli Scavi.

  4. “… nel paese più bello del mondo”? Annamaria, davvero lo è? La mia non è critica distruttiva o sterile polemica, è autentico dolore. Mio figlio è operatore turistico per società internazionali con sedi a Londra e in Australia. Quando torna dai suoi tour in Italia per turisti stranieri è distrutto non tanto per la fatica, ma per lo stress che gli dà il sistema di accoglienza: alberghi, ristoranti, guide, musei, trasporti, ecc. Cerca di tamponare, salvare il salvabile ma più di tanto non può. Tutta un’altra storia quando lavora in altri paesi, perfino la Grecia quest’anno lo ha stupito in positivo. Quando ascolto i suoi racconti dei tour in Italia a un certo punto gli dico “ok, basta, mi fa male.”
    Ormai quando sento qualcuno definire l’Italia “Bel Paese” penso solo alla famosa marca di formaggio.

    1. Già …“Paese più bello del mondo”?
      Per molti lo era, per alcuni lo è ancora, tutti noi speriamo che possa davvero esserlo ancora in futuro …

      Bello? Cioè?
      Luoghi meravigliosi? Certo!
      Città e opere d’arte straordinarie? Certo!
      Storia, cultura, alimentazione, moda e tanto altro invidiato nel mondo? Certo!

      E poi?
      E poi associ “bello” alle condizioni dei mezzi di trasporto (dai bus ai treni) che utilizzano turisti e cittadini per muoversi, ai cumuli di immondizia che ingombrano e puzzano, alle persone che dormono ovunque accampate tra parchi, stazioni e sale d’attesa degli ospedali.

      Come può apparire “bello” tutto questo agli occhi di un visitatore-viaggiatore di qualsiasi tipo?

      Sono molti coloro che, dopo un periodo prolungato all’estero per studio o lavoro, tornano e notano immediatamente di essere tornati nel “Paese più bello del mondo”, a partire dal semplice caffè preso al bancone di un aeroporto.

      C’è tanto da offrire e da scoprire in questo “Paese più bello del mondo”, ma anche tanto da fare, migliorare, manutenere, conservare, abbellire ma soprattutto rendere più funzionale.

  5. … avrei solo aggiunto un’altra “P” e vale a dire i personaggi che l’amministrano e che tutte ‘ste cose non le hanno ancora capite o non vogliono farlo. Forse perché sia loro stessi che di chi si circondano… vabbeh, per questa “P” bisognerebbe scrivere qualche dozzina di Treccani, sempre che basti.

    Ciao

  6. Molto interessante!
    Esperienze in Toscana: la Stazione di Santa Maria Novella non ha sala d’attesa, se non una trentina di posti di fronte alle biglietterie…
    Dalla stazione di Livorno al porto non c’è un autobus diretto, nemmeno ad agosto.
    Messaggio sui treni regionali: in italiano si parla di “titoli di viaggio correttamente compilati e convalidati” (e qui i passeggeri italiani hanno qualche dubbio sul significato), fortunamente in inglese si parla semplicemente di “validate the train ticket”… ma ai turisti stranieri se non glielo dici PRIMA di partire che devono obliterare il biglietto… ci fai un bel gruzzoletto con le multe.
    Meno male che almeno il personale generalmente è gentile!

  7. Interessante nota, Annamaria a cui desidero aggiungere una breve narrazione della mia giornata a Roma.

    In uno splendente sabato mio marito ed io decidiamo di passeggiare nella tranquillità dell’Appia Antica. Tranquillità? Parola desueta se una associazione storica (?) con il patrocinio del comune, della regione e la SUPERVISIONE dell’università invade il parco con gladiatori muniti di gladio di pura plastica, vestali resuscitate per l’occasione e tutti gli armamentari del caso come potete vedere nel link.

    http://www.gruppostoricoromano.it/senatus-populus-que-romanus/

    Ma non finisce qui.

    Scappiamo difronte a tanto per rifugiarci nella magnificenza della chiesa di San Sebastiano. Anche da qui però fuggiamo inorriditi. Biondi nordici pasteggiano impunemente e indisturbati sul sagrato, mentre orde di SUV circondano la chiesa con parenti e affini per un matrimonio di arricchita PLEBE.
    PAPA Francesco sa quanto costa un matrimonio a San Sebastiano?

    Finalmente troviamo pace nel Roseto comunale con la visione immensa del Palatino.

    Ecco, Annamaria ho aggiunto due P a quelle da te indicate. Nella prima immagine della tua nota è già presente la stupidaggine dei travestimenti *_))

  8. Gentilissima Annamaria,
    ho appena finito di leggere il suo articolo inerente la necessita’ di occuparci dello sviluppo del turismo in Italia e sento la necessita’ di scriverle qualche riga, per avvalorare le sue parole con la mia esperienza personale e professionale.
    Arrivata negli Stati Uniti circa 10 anni fa, dopo aver vinto un borsa di studio per un Master in Giornalismo e Comunicazione, ho avuto l’opportunità’ di rimanere qui e, dopo anni di gavetta e molteplici lavori, sono riuscita ad inserirmi nel mondo dell’ hospitality, lavorando sia per Marriott che per Hilton sino a ricoprire, da poco meno di un anno a questa parte, il ruolo di Leisure Sales Manager per Visit Tampa Bay.
    Destination Marketing, ecco di cosa si occupa la mia azienda. Dal punto di vista dei business travelers e, ovviamente, dei leisure travelers.
    In questa veste, mi sono ritrovata a presenziare ai trade show sia nazionali che internazionali per promuovere questa bella città’ della Florida, che ha tutto (sole, mare, ottime infrastrutture) tranne che millenni di storia.
    Ho organizzato sales missions, ho coordinato le attività’ promozionali degli hoteliers della città’, ho organizzato FAMS con itinerari atti a far conoscere gli “highlights della città’ ai tour operators internazionali affinché’ possano tornare nel proprio paese e promuovere Tampa Bay, in virtu’ dell’esperienza fatta.
    Ma non sono qui a riassumere il mio curriculum, ma solamente a esternare la mia costernazione quando mi capita, e capita abbastanza spesso, di dover rispondere alla domanda: “ Come mai promuovi Tampa piuttosto che il tuo paese? E la mia risposta e’ sempre la stessa: “Perché’ questa città’ mi ha dato l’opportunità di farlo”.
    Quando in Italia ho parlato a hoteliers locali (nel caso specifico, in Sicilia, la risposta, anch’essa classica, e’ stata: perché’ dobbiamo promuoverci? Noi siamo l’Italia). Perché’ la promozione e’ il cuore del turismo e un efficiente customer service la chiave del suo successo. E in Italia questo principio fondamentale non e’ stato ancora capito.
    La lettura della versione in Inglese del sito Enit, se pure per lo più’ grammaticalmente corretta, è boring. Non ci sono immagini accattivanti, banner, itinerari suggeriti, e’ basico. E’ la versione online di un qualsiasi libro di storia e geografia, e sicuramente non enticing per un pubblico internazionale abituato a suoni, colori, musica e a ben altre campagne marketing.
    Qui attorno ad un dipinto di Dali’ ci costruiscono un museo, da noi non sono neppure in grado di tenere aperti quelli esistenti.
    Avrei molto altro da aggiungere, ma magari avro’ modo di farlo in un altro post.
    La ringrazio solo di aver dato voce, con le sue parole, alla mia costernazione per non poter fare di più’ per il mio paese che, nonostante tutto, rimarrà’ sempre, e oggettivamente, il più’ bello del mondo.
    Magari un giorno come Uisse riusciro’ a tornare a Itaca e ad avere la meglio sui Proci.

    Distinti saluti,
    Giusy

  9. Credo che manchi un’altra P: PERSONE. Quindi progettazione condivisa regione-comuni-associazioni-cittadini sul turismo di comunità come strumento di sviluppo locale sostenibile. Servirebbero dei veri e propri laboratori cittadinanza attiva.

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