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La vecchiaia sta diventando interessante? – Idee 148

La vecchiaia è il tabù di oggi, dice Erica Jong a proposito del suo ultimo romanzo.
Ma forse non è già più così.
L’altra sera, proprio mentre stavo finendo di leggere un delizioso romanzo avente per protagonista un anziano signore, mi sono trovata a vedere, al cinema, un film avente per protagonista un signore anzianissimo: uno Sherlock Holmes ultranovantenne e assai svaporato, che con l’aiuto di un ragazzino riesce a ricostruire, brandello di memoria dopo brandello, le coordinate di un caso umanamente troppo complicato per essere risolto dalla sola logica deduttiva.
Ian McKellen, notissimo attore shakespeariano e interprete di Gandalf nel Signore degli Anelli, ce la mette tutta per rappresentare i diversi aspetti della vecchiaia di Holmes e saltabecca plausibilmente, più volte nel corso del film, dai settant’anni ai novanta, alternando acume e smemoratezza, ruvidezza e nostalgia.
Il film è discreto (qui il trailer, ahimé funestato da una colonna sonora davvero sopra le righe), ma non ci dice nulla di nuovo.

Il romanzo, invece, è assai consigliabile, e secondo me qualcosa di nuovo dice.
Non è zuccheroso e modaiolo come il titolo italiano, Piccoli esperimenti di felicità, potrebbe far pensare (peraltro nel 2015, anno non esattamente felice, sono usciti Momenti di trascurabile felicità di Francesco Piccolo, Un’idea di felicità di Luis Sepúlveda e Carlo Petrini, La felicità dell’attesa di Carmine Abate e diversi altri prodotti editoriali “felici”).

Dicevo: il romanzo è altamente consigliabile. Racconta in prima persona la vita dell’ottantareenne olandese Hendrik Groen. Che sta in un ospizio, cammina a fatica e deve vedersela con la vecchiaia – spesso petulante – di vecchietti come lui. Detto così, sembrerebbe un mattone depressivo e insostenibile.
O, in alternativa, potrebbe sembrare una zuppa melensa, ricca di consigli edificanti, di perle di saggezza e di massime consolatorie sulla vecchiaia e l’invecchiare.

Bene: se siete in cerca di consigli edificanti, trovatevi qualcos’altro. Questo è un romanzo intelligente, disincantato, assai divertente, onesto e lucido, bonario e crudo.

Vi ricopio un pezzetto della recensione uscita su La Stampa: tutto intorno ferve, si fa per dire, la vita dell’ospizio, narrata con un impagabile umor nero. «Ieri per il nostro ospizio è stata una giornata campale: un ictus, una frattura all’anca e un principio di soffocamento per colpa di un frollino. La signora Sitta, tra un’ambulanza e l’altra, ha chiesto se si sarebbe comunque giocato a bingo».
C’è una discreta frequenza nei decessi: «La signora Schinkel esala l’ultimo respiro il venerdì santo, nello stesso momento di Gesù. Aveva una fede solida, credo l’abbia fatto apposta». Gli ospiti subiscono il fascino dei defunti: «A ogni decesso li vedi che pensano: e anche questo l’ho seppellito». Non mancano le reazioni alle novità del mondo; la signora Schouten commenta: «Ci saranno sicuramente premi meno belli alla tombola se la Grecia fallisce». Tutti guardano la tivu quando ci sono le partite, anche quelli che non s’intendono di calcio: «La signora Sluys conta quante volte i giocatori sputano a terra».

Il libro è stato per 11 settimane in testa alle classifiche olandesi e per 30 settimane nell’elenco dei libri più venduti, è stato acquistato dagli editori di 21 paesi ed è stato inserito da Publisher’s Weekly tra le uscite più interessanti della stagione. Qui potete dare un’occhiata alle prime pagine.
A lettura terminata e ripensandoci con piacere, cosa che non mi succede poi così spesso (e quando capita sono tutta contenta) mi sono resa conto di due cose.

La prima è una verità elementare e riguarda il leggere.
Il romanzo di Groen la rende nettamente percepibile: non conta quanto grande è il mondo descritto da una storia. Può essere minuscolo e grigio com’è un ospizio per anziani o ampio e rutilante come sono i sette regni del Trono di Spade. Quello che conta è quanto netto, consistente, interessante e autentico quel mondo ci appare nella narrazione. E poi: in ogni mondo, per quanto grigio e ristretto, può nascere un’avventura, e noi che leggiamo possiamo trovare il nostro eroe.

La seconda cosa: è possibile che il libro di Groen sia l’inizio di una tendenza.
Non è certo il primo buon romanzo ad avere un vecchio come protagonista. Pensate a La versione di Barney, per esempio. Ma anche ai gialli di Agatha Christie con Miss Marple, o al Vecchio e il mare di Hemingway, o all’Amore ai tempi del colera di Marquez. E perfino ai vecchietti del Bar Biturico di Malvaldi.
Lo stesso discorso vale per i film, dal meraviglioso Gran Torino con Clint Eastwood a Irina Palm con Marianne Faithfull, da Harold e Maude a Scoprendo Forrester con Sean Connery, ad Up, il cartone animato della Pixar .

Vecchiaia interessante Eastwood Gran Torino

Mi sembra che però, in tutti questi casi, la vecchiaia del protagonista sia funzionale allo sviluppo della storia. In altre parole, la vecchiaia è una maschera che amplifica le caratteristiche del personaggio: un vecchio saggio o bisbetico, strambo o coraggioso, tenero o grottesco che fa cose “da supervecchio”. O che fa cose che i vecchi di solito non fanno come, per esempio, saltare dalla finestra.
Groen, mi pare, ribalta la prospettiva, e per molti versi la normalizza: nel suo romanzo, è la storia ad essere funzionale alla vecchiaia del protagonista.

Se davvero fosse così, potrebbe perfino voler dire che la generazione dei baby boomer, che in passato ha alimentato un consistente e persistente immaginario attorno alla giovinezza, adesso che invecchia si dispone ad alimentare un altrettanto consistente immaginario attorno alla vecchiaia. Sarà interessante vedere se, tra libri e film, nei prossimi anni davvero succede così. L’ultima frontiera potrebbe essere la fotografia patinata. Ma, anche in quell’ambito, l’ultrasessantenne Annie Leibovitz con il Calendario Pirelli (ci sono, tra le altre, Yoko Ono e Patty Smith) ha già rotto il tabù.

Le immagini che illustrano questo articolo mostrano Annie Leibovitz con Yoko Ono, nel corso degli scatti per il servizio sul Calendario Pirelli e Clint Eastwood sul set di Gran Torino.
Se l’articolo vi è piaciuto, potreste leggere anche Vecchi e creativi: alleanze da stringere e miti da sfatare

5 risposte

  1. La prima impressione e’ che il tutto sia descritto in modo semplice ma NON semplicistico …
    Questa attenzione alla terza età (film, cartoni animati, libri, racconti) sembra quasi voler essere una sorta di antidoto di una popolazione (italiana in particolare) sempre piu’ anziana.
    Annamaria, questo libro lo ritieni un regalo adatto a: un nonno, un genitore, un nipote o per tutti?

    1. Mah: credo che non sia l’età anagrafica del destinatario a essere discriminante, quanto la sua capacità di far propria la prospettiva disincantata e il sottile humor nero dell’autore. Se vai a leggerti qualche pagina (c’è un’anteprima linkata nell’articolo) puoi decidere, credo, assai agevolmente.

  2. Effettivamente la vecchiaia, fra allungamenti dell’aspettativa di vita e cali demografici, si sta facendo interessante, e prima o poi arriverà il momento di mettere ordine nella già imponente congerie di moderni o postmoderni trattati De senectute. Nel frattempo un grazie per la “segnalazione” del davvero strepitoso “diario segreto di Hendrik Groen 83 anni e ¼”, come recita il simpatico sottotiolo olandese purtroppo non mantenuto nell’edizione italiana, già per l’appunto edulcorata da quel titolo troppo “felice” e lontano dall’originale. Gli spagnoli sono stati bravi a rendere pressochè letteralmente l’originale “Pogingen iets van het leven te maken” con “Intentos de sacarle algo a la vida”….Noi non potevamo dire “Tentativi di cavar fuori qualcosa dalla vita” perché non abbiamo un verbo meraviglioso e versatile come sacar, e forse nemmeno potevamo rendere ultra letteralmente “Provare a fare qualcosa della propria vita a 84 anni e 1/4”, ma, insomma, io mi impegnerei ad immaginare un bel titolo che mantenga comunque la parola “leven”, “vita.” “Dare un senso alla vita a 84 anni e ¼?” Facile credere e sperare che verrà invece mantenuto il titolo originale del nuovo “episodio” in uscita nei Paesi Bassi, sottotitolo “Il nuovo diario segreto di Hendrik Groen, 85 anni”, titolo “Zolang er leven is”, cioè “Finchè c’è vita”…. Forse con la felicità si vende sempre, e intitolando “Lettera sulla felicità” si riuscì pure a vendere un fotio di copie della Lettera a Meneceo di Epicuro per mille lire; e così la felicità si è trasformata nello sciroppo dolciastro buono per lenire ogni malanno. Certo, perfino la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti parla di “unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness” , ma forse chi scrisse pensava alla felicità come a una cosa molto “impegnativa”. Qualcosa su cui riflettere seriamente, magari per chi, come il sottoscritto, confida nella grazia di potere raccontare un giorno la storia della sua vita di baby boomer divenuto un late bloomer (qui l’inglese ci aiuta a giocare con le parole) passabilmente felice.

  3. Otello

    Nel paesello dove sono cresciuto, confinante con il piú noto “Ponte a Ema”, nei pomeriggi arrivava spesso Otello, cugino del piú famoso ciclista Gino.
    Sulla sua bici nera con i freni a bacchetta, arrivava e sempre ripartiva bello dritto ed impettito, dopo essersi bevuto un gottino di Chianti nella pizzicheria del Micheli.
    Basco blu oltremare in testa, baffetti a rigo grigi, sempre elegantemente vestivo, a noi ragazzetti piaceva molto, e una delle sue piú celebri battute, prima di andarsene, era:
    “Otello Bartali, ottantaquattro anni, mai morto.”

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