creatività è semplice

KISS, la creatività è semplice – Idee 14

KISS: cioè Keep It Simple, Stupid! L’acronimo è citato da Gianfranco Livraghi in un appassionato elogio della semplicità.
Il processo creativo affronta la complessità, ma il risultato deve essere semplice. Uno dei migliori telecomunicati di sempre secondo AdAge integra maestria tecnica (quasi sei minuti di piano-sequenza) e semplicità. Ma il mio favorito in assoluto (infatti lo cito spesso) è questo telecomunicato del Guardian, risalente al 1988: un concetto molto complesso, raccontato in maniera semplicissima.

La creatività è semplice: questo, ovviamente non significa che il pensiero creativo sia semplicistico, anzi. Vuol dire, piuttosto, che il pensiero creativo, se è davvero tale, sa trovare soluzioni semplici ed eleganti a problemi complessi, e che semplificare è in sé un gesto creativo.
Perfino le pubbliche amministrazioni cominciano a ragionare in termini di semplificazione linguistica. Per imparare a scrivere in modo semplice, efficace (e piacevole) guardate i quaderni di MdS.
John Maeda, designer e docente al Mit, propone 10 regole. Parla di semplicità nel design anche David Pogue, in una Ted Conference che inizia con una parodia di The Sound of Silence. E Jakob Nielsen spiega la semplicità nel web. Infine: visualizzare è un modo per semplificare riconoscendo il pattern, la struttura del problema. Non dimentichiamo che la creatività è semplice anche perché assai spesso si fonda sul pensiero eidetico, cioè visivo. E le immagini sono sintetiche. Einstein dice: le parole e il linguaggio apparentemente non giocano alcun ruolo nel mio meccanismo di pensiero. Le entità psichiche che sembrano servire sono segni e immagini.

Infine: ricordare che la creatività è semplice è un buon modo per non perdere focalizzazione e orientamento nel corso di un processo creativo. Rimuovere orpelli, tornare costantemente agli obiettivi, magari fermarsi fino a quando la visione non si chiarisce, ripulire, tagliare l’inutile, riorganizzare sono tutte azioni che aiutano a ottenere risultati migliori.

21 risposte

  1. Interessante, as usual…e un po’ angosciante: ogni volta che si ribadisce la superiorità dell’immagine sulla parola, mi viene in mente mio fratello che mi prendeva in giro perché io impiegavo troppo tempo a leggere Topolino. Lui faceva più in fretta, perché si limitava a guardare le figure. Va beh, tanto per tirare un secchiello d’acqua al mulino: Einstein ha ragione, la parola non entra nel meccanismo del pensiero. Però è fondamentale per definirlo. Anche se in modo semplice non è facile. O no? Sulla parodia di David Pogue, io mi sono aiutata con i sottotitoli, eheheheh “Hello voice mail, my old friend I’ve called for tech support again I ignored my boss’ warning. I called on a Monday morning Now it’s evening and my dinner first grew cold…and then grew mold I’m still on hold. I’m listening to the sound of silence I don’t think you understand. I think your phone lines are unmanned I punched every touch tone I was told But I still spent 18 hours on hold It’s not enough your software crashed my Mac and It constantly hangs and bombs…it erased my ROMS Now the Mac makes the sound of silence. In my dreams I fantasize Of wreaking vengeance on you guys Say your motorcycle crashes Blood comes gushing from your gashes. With your fading strength, You call 911 and you pray for a trained MD. But you get me. And you listen to the sounds of silence.”

  2. Sbaglio io o cliccando sulle 10 regole te ne fanno vedere, sinteticamente, cinque e le altre no? E che, quindi, “molto semplicemente”, vieni invogliato ad acquistare il libricino per soli 11 dollari?

  3. 10 REGOLE @ anonimo2: se clicchi “Next” in fondo alla pagina trovi le altre cinque regole. Solo elencate e non argomentate, vabbé, ma credo che i concetti siano -semplicemente- intuibili. 😉

  4. Anche la sei? Law 6: What lies in the periphery of simplicity is definitely not peripheral.

  5. IL BELLO DEL WEB @ anonimo. Felice che la lista di Maeda ti abbia interessato. La law 6: una volta enunciata, se ti incuriosisce, la ricostruisci facilmente. Il bello del web è che tiri un filo e ti porta da qualche parte. Basta avere un capo da acchiappare, insomma. Ecco che cosa trovo con un clic su Google. THE SIXTH LAW OF SIMPLICITY: CONTEXT Here’s something you don’t hear very often: context is King. Let’s look at an example from The Tipping Point, an increasingly important book by one of my favorite authors, Malcolm Gladwell. In the book, Gladwell presents the following situation: Imagine there is a deck of cards which has letters written on one side and numbers on the other. In addition, there is a rule that any card which has a vowel on it, must have an even number on the other side. Knowing these circumstances, if you are shown four cards on the table, labeled A, D, 3, 6, how many, and which cards do you have to flip before you know for a fact that indeed, the rule mentioned previously holds true. Now consider the same question, but this time in a more contextualized form. Imagine that there are four people in a bar. One of them is drinking juice, one of them is drinking a beer, one of them is underage (a teenager), and one of them is over 25. Knowing that no one under 21 can consume alcoholic beverages, how many and which of the four people do you have to ID before you know that no illegal drinking is taking place (i.e. the no drinking under 21 law is being upheld)? I haven’t given the answer to either question on purpose. Feel free to post your thoughts in the comments. While both questions are theoretically identical, more people tend to get the second one right more often than the first. The only difference is that the second question puts the situation in a context and makes it about people rather than numbers and we, as human beings, are more capable of answering questions about each other than we are of answering questions about larger, more abstract matters. Here, context is King. Il sito è: http://freelanceswitch.com/freelancing-essentials/social-media-and-simplicity-part-6-context/

  6. A proposito della legge 6, c’è un candidato traduttore? E’ il bello del web: tiri un filo e ti porta da qualche parte, normalmente sbagliata. A meno che tu non abbia un capo da acchiappare, insomma. Cosa non semplice… 🙂

  7. @ Anonimo Mi candido, ma non come traduttrice letterale (sarebbe una questione troppo lunga). Provo a riassumere, in italiano, il senso dell’abstract trovato su Google da Annamaria… La legge 6 dice che la semplicità può essere raggiunta grazie ad un contesto che la direzioni (ciò che sembra periferico rispetto alla semplicità, non lo è affatto). “Il contesto è il re”, cioè gioca un ruolo rilevantissimo nello stabilire ciò che viene percepito come più o meno semplice dalla gente. Esempio. Immaginiamo di porre lo stesso genere di quesito (dal punto di vista teorico si tratta di un calcolo di probabilità), ma contestualizzato in maniera diversa. Nel primo caso, il contesto che fa da contorno al quesito è astratto: si tratta di un mazzo di carte (peraltro immaginifico, dato che su un lato ha impresse lettere e sull’altro numeri). Il calcolo delle probabilità, in questo caso, è quasi puramente matematico, visto che il contesto non ci è per nulla familiare e, dunque, non ci facilita nell’avanzare soluzioni. Nel secondo, invece, il calcolo delle probabilità viene posto tramite un esempio pratico: 4 persone al bar che prendono qualcosa da bere. Nonostante la difficoltà del quesito sia identica, le persone tendono ad azzeccare più facilmente la domanda posta in un contesto meno astratto (il secondo), che riguarda più da vicino le situazioni che vivono in quanto “esseri umani”. Acchiappato il capo ora? 🙂

  8. Great, I’ve catched the boss (?!?) Hope 2010 is treating you well so far! Just a quick, friendly reminder to reply to your friendly translation. I’ve appreciated your prompt reply so that I can start planning this new approach to simplicity… Also, if you’re planning to translate the other missing rules (5, 7, 8, 9 and 10), take in account that we’ll be, as a group, very grateful to you. Kisses (for sure you’re a woman…) 🙂 Sincerely,

  9. DONNE E SEMPLICITA’ A proposito di semplicità e linguaggio, segnalo -bella coincidenza- il post che oggi Giovanna Cosenza pubblica su burocratese e politichese. L’appello “a proposito, c’è un candidato traduttore?” rimanda -ma mi rendo conto che si tratta di un rimando troppo implicito- a una home page di qualche tempo fa, a proposito della possibilità di sottotitolare in italiano le conferenze di Ted. Grazie per la voglia cortese di essere d’aiuto alla “non traduttrice letterale”. Che, dicendosi “traduttrice”, è sicuramente donna. Grazie anche ad anonimo2, che, in entrambe le lingue, ci ha detto molto di sé.

  10. Semplicità, nell’esempio di Gladwell, si traduce come concretezza… STORIE concrete. Prendi un concetto astratto (matematico), ancoralo ad una realtà sensoriale, racconta una storia di quattro amici al bar, e molte più persone capiranno. Storie concrete insomma, come molti bravi comunicatori sanno: non a caso il video proposto traduce quel “keep walking” in una reale, concreta, esperienza di racconto e di camminata 😉 Gli stessi insegnamenti che ho provato umilmente a sintetizzare così, si trovano in Made to Stick, insieme a Tipping Point una delle letture per me più interessanti dell’anno appena passato. Flavia@ http://www.thetalkingvillage.it

  11. Einstein diceva anche, se non sbaglio, ed è un concetto del quale io sono “innamorato”, che ripeto spesso ai miei soci e amici, e che cerco di utilizzare in standard, che: “Occorre fare tutto il possibile per rendere le cose le più semplici possibili. Ma non ancora più semplici”. Trovo che, pur concordando con l’impostazione del topic di Annamaria, questo aspetto/rischio sia ancora troppo sottostimato. Sarebbe troppo lungo (mannaggia non poter fare qualche serata a tema nella quale discutere di queste cose con più organicità…), articolare con più dettagli il mio ragionamento che, come lo scriverò, risulterà forse forzato. Ma io, pur concordando con il fatto che “il processo creativo affronta la complessità, ma il risultato deve essere semplice” temo, invece, che questi tempi siano più tempi nei quali ogni passaggio di complessità tenda ad essere rifiutato (non mi dite che non vi è mai capitato che, quando state sviluppando un ragionamento un minimo articolato salta su qualcuno che ti dice “parla come mangi”, oppure “gli italiani ci hanno votato e voi siete degli intellettuali falliti” oppure “basta discutere sul nulla, ora dobbiamo fare” o via dicendo…), privilegiando, appunto, la fretta, il luogo comune e, in definitiva, non la semplicità ma la banalizzazione. Allora io scrivo, magari provocatoriamente, in attesa della semplicità raggiunta con fatica e persistenza, e avendo la banalizzazione come dominante del mondo attuale, che mi tengo la complessità che fa fatica a diventare semplicità. Perché nel “complesso” ci sta un risultato possibile ma nella banalizzazione non c’è nulla. Anzi, c’è una (ulteriore) forma di barbarie.

  12. SEMPLICE, MA QUANTO? Graziano ha ragione quando sottolinea il rischio di scambiare spacciare per semplicità il semplicismo o la faciloneria. D’altra parte non si può non tenere conto di un dato di fatto: il cervello umano, ce lo dice già negli anni Cinquanta la psicologia cognitiva, può processare contemporaneamente un numero molto limitato di informazioni: sette più o meno due. Se deve prenderne in considerazione troppe, rischia di lavorare su quelle sbagliate, marginali, irrilevanti, non discriminanti. E di perdersi in un ginepraio. O in un bicchier d’acqua. Per questo, lavorando su problemi (e il problema può essere anche costituito dal progettare un testo. O il menu e le funzionalità di un telefonino) è necessario individuare (questo ce lo dice, ancora prima, la Gestalt) le strutture di base, i pattern. E produrre soluzioni, che, in termini di struttura, si tengano. Questo mestiere lo fa meglio il nostro emisfero destro, che riconosce le strutture e procede per sintesi, essenzialmente di carattere visivo. NeU rimanda a una serie di siti che parlano in maniera efficace ed estesa di questi argomenti, nella pagina Problem solving del menu. Mi ha colpito, tanto tempo fa, il racconto di un amico ingegnere: due testi per l’esame più complesso del corso di laurea, uno scritto dal prof, uno da un premio Nobel. Del tutto comprensibile il secondo, del tutto indecifrabile il primo. E’ ovvio che un testo d’ingegneria non può essere “facile”. Può, però, dar conto del suo argomento, rispettandone la complessità, a partire da una struttura espositiva semplice. In sostanza: essere semplici è difficilissimo, e semplificare è un lavoraccio che chiede talento vero. Sarà per questo che la semplicità può essere, a volte, così seducente?

  13. E’ vero che, in Italia, ogni giorno, si faranno almeno qualche decina di convegni e convegnetti che interessano solo a chi li organizza ma io, Annamaria, ad un “altro convegno” sulla semplicità (e tutto ciò che ruota intorno), magari low profile, magari in modo un po’ creativo, magari pensandoci con calma… ci penserei.

  14. Benedetto Croce. “Ognuno di noi si accorge che quando parla e tratta di argomenti che conosce bene e lo appassionano, le parole fluiscono quasi spontaneamente a illustrare concetti che sono BEN CHIARI E VIVI NELLA MENTE….Al contrario, quando dobbiamo affrontare argomenti di cui non possediamo completa cognizione o di fronte ai quali proviamo poco interesse, il discorso diventa faticoso e si stenta a trovare parole appropriate.” In quanto alla visualizzazione e creatività, se ne fanno garanti sia Einstein sia il buddhismo e tutte le filosofie orientali; in Occidente l’argomento è poco conosciuto o mercificato dal NewAge. Consiglio sempre di approfondire, perché è molto interessante. Bene dunque la semplicità, quando è l’essenza di ciò che è complesso. Ma anche la brevità è importante; mi pare che un discorso breve e chiaro sia il risultato dello stesso iter del semplice e chiaro. Gabri

  15. PIZZE E CONVEGNI Graziano, i convegni sono una pizza… magari, a primavera, invece che organizzare un convegno-pizza, lanciamo direttamente una pizza-convegno: nel senso che ci vediamo una sera da qualche parte, chi c’è c’è, e si chiacchiera. Mi piacerebbe, in quell’occasione, annunciare un paio di cose che sono nell’aria, ma non hanno ancora acquistato una concretezza sufficiente. Per questo dico fra un po’ di tempo.

  16. Bello, quello che ha scritto Graziano. Forse perché – molto – mi sento coinvolta dall’aria che si respira all’interno del suo post. Io che vivo all’insegna di due passioni: la matematica e la scienza (che insegno) e la parola (che amo e alla quale tutto rimando). Sempre più spesso accade, temo, che si voglia dimenticare che siamo esseri fatti di logos, e a questo destinati. Pensiamo e parliamo portando avanti queste due attività in modo inestricabile. Perché la realtà, questo, ci domanda. Non vi è il più insignificante brandello della fisica, della biologia, della splendida matematica, nel quale non risuoni la nota della complessità. Perché è complesso tutto ciò che porta con sé informazione, quindi storia, struttura. Ricercare – in qualsiasi ambito – significa proprio mettere in risalto tale rete di relazioni. Con l’apparentemente paradossale conseguenza che, quanto più ci si avventura nelle profondità della complessità, tanto più il ‘modo’ nel quale la struttura si esprime diviene ‘facile’. Semplicità e complessità corrono in senso antiparallelo (per utilizzare una metafora chimica) rispetto a facilità e difficoltà. Ed è un assunto per ogni arte. Una prova su tutte, con la quale – di solito! – convinco i miei ragazzi: ci ricordiamo le formule per il calcolo delle aree nei quadrilateri che hanno due lati opposti paralleli? No, perché di solito ricordiamo quella del quadrato: A= l^2. La butto lì… e quella del trapezio?! A= (B+b)Xh/2. Il trapezio è il più SEMPLICE fra i quadrilateri, il quadrato è il più COMPLESSO: ha più storia, più struttura, è più ricco di relazioni. A=l^2 è di una chiarezza, ‘decifrabilità’ immediate… Pensiamoci. La semplificazione (nella sua accezione di ‘facilità d’uso’) si raggiunge soltanto con la scoperta e l’analisi della complessità… Simona Butò

  17. Pizze e convegni: per questo dico fra un po’ di tempo. Vedo che, memore dei tuoi trascorsi, sei ancora innamorata degli annunci teaser… E va bene, aspetteremo con calma. Semplicemente…

  18. …ma che annunci teaser… è solo vecchia, cara saggezza popolare: non vendere la pelle dell’orso prima di averlo preso. E anche se non è un orso, ma qualcosa di più piccolo, insomma, prima acchiappare, poi raccontare, no?

  19. ..attenzione però a non essere eccessivamente “maniacali” nel pulire e ritagliare troppo.., altrimenti a cosa servono le due “entità psichiche” citate?

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