Cartoline d'agosto

Cartoline d’agosto

Questo agosto vado a zonzo (poco), leggo e scrivo (parecchio) e, come ogni anno, aggiorno questa pagina direttamente nei commenti raccontandovi le cose che trovo. Quando passate di qui, se vi va, dite la vostra: un modo per mantenere i contatti e fare una lunga chiacchierata con l’agio del tempo di vacanza e senza essere intrappolati in un tema.
È un invito a lasciar andare i pensieri in libertà, a scoprire e a sognare: tutte cose che, nel tempo flessibile di una vacanza, possono riuscire meglio. Dunque: raccontate i libri che state leggendo, i luoghi che state visitando, le idee che vi vengono in mente. così ne parliamo insieme.  Che ne dite? ☺.

58 risposte

  1. Uso questo spazio per sfogarmi. Avevo una bella trattativa per un grande progetto. Ci ho investito energie di tempo, quasi tre mesi pieni, e di emotività. Sapevo che era complessa e sotto la spada di damocle di una persona sola che, pur titotare di un grande gruppo, si sarebbe avocata la decisione finale senza condividerla con altri. E so, per esperienza, che quando una decisione complessa è in mano ad una sola persona (in più, presuntuosa seppure capace) il rischio che venga presa quella sbagliata appartiene più alle patturnie personali di quella persona che agli elementi razionali del processo decisionale. Basta che il giorno prima abbia litigato con la moglie o abbia perso qualche euro in Borsa perchè il tuo progetto venga accantonato o cancellato. Così è andata. Peccato che, ora, io debba ricominciare quasi tutto daccapo e che il fatturato, quest’anno, sia bassissimo. In compenso lo stato mi chiede di pagare, per le tasse dello scorso ano, per inps e per acconti di quest’anno, più di 40.000 euro. E io, quest’anno, invece, se fatturo 20.000 euro fatturo tanto. Però sono bravissimo e tutti mi fanno i complimenti. Proprio ieri, per raccontare un episodio, ho ricevuto la pubblicazione, prestigiosa e ben stampata, del club Soci della Popolare di Milano, che mi invitava ad andare sul sito http://www.clubsocibpm.it per conoscere tutti i servizi a me dedicati. Decine di persone, pagate profutamatamente, avranno lavorato a quel sito e a quel progetto, mentre io, libero professionista (bravissimo, ripeto…), mi sbattevo nella mia trattativa, non pagato; e, ora, quel sito, è “in costruzione”; in più contiene un errore anche la videata iniziale, scritta in modo graficamente orrendo (guardare per credere). E se io scrivessi una mail al responsabile di quella schifezza nemmeno verrebbe letta. E una volta che lo venisse si meriterebbe un’alzatina di spalle e il commento, cheppalle… Ma lui/loro continueranno a prendere i soldi (rubati), dei loro stipendi e io, invece, qui a incazzarmi di tanta sciatteria; quando io mando un post come questo a qualche blog lo rileggo tre volte perchè se trovo un errore mi do del pirla per mezza giornata. E mi domando: ma ha senso tutto ciò? Quando torna il merito? P.S. Scusate eventuali errori 🙂

  2. Tutto ciò ha senso se inserito nell’orizzonte del free lance. Crederci e fallire, riprovare e fallire, ricominciare tutto ogni giorno, allo stesso modo in cui ogni giorno ci si sveglia per dare inizio ad una nuova giornata. C’è il momento per le soddisfazioni (e pure qualche soldo) e c’è il momento per le incavolature (e qualche debito…): è il precario Qoelet del libero professionista. Almeno per me…e l’”almeno” è lo spazio del dubbio, che ti prende ogni volta che qualcosa non va come ci si aspettava. E’ lo spazio in cui ripensarsi, in cui imparare, da cui ripartire. chiara

  3. Chiara, continuo a svegliarmi sapendo che ricominciared tutti i giorni è l’unica alternativa possibile ma, credimi, ci sono momenti nei quali anche un inguaribile ottimista come me non ce la fa. E questo è uno di quelli e, ti dirò, forse è, a più di cinquantanni, il primo così grande e duro… Ma, per dirla con Randy Pausch, (http://www.youtube.com/watch?v=XpM76yUYoZI) “l’esperienza è quella che ottieni, quando non ottieni ciò che desideri”. Proviamo ancora ma, ripeto, è dura, dura, dura.

  4. Questo post mi sollecita a dire finalmente un grazie ad Annamaria Testa e alla Redazione di Nuovo e utile. Passo qui di tanto in tanto e ritrovo ogni volta sollecitazioni nuove, intelligenti, garbate. Uno sguardo che è invito a un approccio non ovvio, alla vita e alle cose di cui ci occupiamo. Trovo particolare piacere a veder scorrere le immagini del “gesto creativo”, che smuovono sempre qualche idea. Buon agosto e buone letture. Angelo

  5. Accolgo volentieri la proposta della redazione di NeU nell’ultima newsletter e segnalo un libro. Si chiama La rilegatrice di libri proibiti, prima e purtroppo ultima pubblicazione di Belinda Starling. Nella Londra del 1859, una storia di libri, di amore per la conoscenza condivisa con gli altri, di tabù e vincoli sociali raccontata attraverso gli occhi di una donna coraggiosa e appassionata. Fa pensare alle gabbie che ci costruiamo attorno, magari convincendoci che siano giuste. Manuela

  6. Sì, ha senso vedere questo video e rifletterci. Lo “linko direttamente perché mi auguro che chi passa di qui trovi dieci minuti di tempo e un pensiero di gratitudine da dedicare a quanto dice Randy Pausch. La sua conferenza alla Carnegie Mellon University, più ampia e non sottotitolata in italiano, è invece a questo indirizzo. @anonimo1 e 4 – più che comprensibili la rabbia e la frustrazione e la sensazione di essere fraintesi che sono connessi con gli alti e bassi di qualsiasi attività professionale. Posso solo dirti che diverse delle cose migliori che -credo- ho fatto, faticandoci assai, mi sono state tirate, e neppure troppo cortesemente, fra i denti. La buona notizia è che alcune di queste poi si sono, in un modo o nell’altro, rivelate utili per lavori successivi. @chiara – ecco. La citazione dell’Ecclesiaste (definito il libro più sconvolgente della Bibbia) mi invita a mettere un altro link per chi avesse voglia di riguardarsi il testo originale. @angelo – grazie a te, e arrivederci presto. @graziano – 🙂

  7. La vicenda esposta, accettata per come viene esposta, mi suggerisce una specie di equazione: Meritocrazia relativa= La scelta del prodotto è indipendente dalla qualità. Il merito è la scelta di chi commissiona, scelta indipendente da parametri di valutazione relativi a processo e prodotto. Il merito è la pura visibilità. Capita che questo sia il mondo di noi adulti. Grazie ad Annamaria per concederci questo spazio elisabetta

  8. ciao a tutti. conosco bene o sconforto delle delusioni lavorative, credo siano successe a tutte le persone che si impegnano per fare le cose per bene. Voglio lasciare questa preghiera di Madre Teresa, per me è una piccola fiammella che mi aiuta nei momenti peggiori. Buona estate. Maria Dai il meglio di te… L’uomo è irragionevole, illogico, egocentrico NON IMPORTA, AMALO Se fai il bene, ti attribuiranno secondi fini egoistici NON IMPORTA, FA’ IL BENE Se realizzi i tuoi obiettivi, troverai falsi amici e veri nemici NON IMPORTA, REALIZZALI Il bene che fai verrà domani dimenticato NON IMPORTA, FA’ IL BENE L’onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile NON IMPORTA, SII FRANCO E ONESTO Quello che per anni hai costruito può essere distrutto in un attimo NON IMPORTA, COSTRUISCI Se aiuti la gente, se ne risentirà NON IMPORTA, AIUTALA Da’ al mondo il meglio di te, e ti prenderanno a calci NON IMPORTA, DA’ IL MEGLIO DI TE

  9. Devo ammettere che questo ingresso di madre Teresa in NeU è abbastanza sorprendente. Ma, proprio perché si tratta di una prospettiva nuova, va bene così. Sull\\\’utilità della prospettiva mi sembra invece legittimo -non se ne abbia a male Maria- esprimere qualche dubbio. Mi pare difficile, a meno che di non avere un ego davvero fuori misura, trovare consolatoria e motivante l\\\’idea di vivere promuovendo la propria virtù in un mondo irragionevole, illogico, egocentrico, egoista, falso, nemico, smemorato, aggressivo, distruttivo, non riconoscente e crudele. Se proprio ci tocca parlar di santi: preferisco il vecchio san Francesco. Anche per le qualità letterarie e poetiche, oltre che per la capacità di meravigliarsi. Ma forse ci conviene tornare presto e laicamente su questa terra, occupandoci di temi più gestibili. Che ne dite? E poi. D-la Repubblica delle donne oggi segnala NeU (p.48)

  10. Passavo da queste parti e condivido con piacere la mia scoperta quotidiana 😉 Sono in vacanza tra le montagne del Trentino e oggi ho fatto una passeggiata a Luserna, l’ultima isola cimbra delle Alpi. Se qualcuno si trova in zona consiglio il sentiero dell’immaginario ispirato alle leggende e ai personaggi dell’ immaginario popolare cimbro. Una bellissima passeggiata immersi nella natura, per sognare a occhi aperti ! Serene vacanze 🙂 Roberta

  11. Vi ringrazio delle parole di conforto sul mio caso personale. Ho spalle (credo, spero, voglio) grosse per resistere e andare avanti. Conosco il mondo e ho abbastanza esperienza per farmi una ragione di tutto quello che mi succede. Naturalmente non posso eliminare del tutto momenti (anche lunghi, purtroppo…) di scoramento e di debolezza. Ma il punto centrale del mio ragionamento non è, ovviamente, la mia situazione personale. Bensì la mia domanda: quando torna il merito? La risposta di Elisabetta, limite mio, non l’ho capita. Meritocrazia relativa= La scelta del prodotto è indipendente dalla qualità. Il merito è la scelta di chi commissiona, scelta indipendente da parametri di valutazione relativi a processo e prodotto. Il merito è la pura visibilità. Io sono più “back to basic”. E, ripeto, ripeto, ripeto, non parlo (solo) per me. Io, dalla vita lavorativa, ho avuto molto e, come detto, me ne faccio una ragione se, in questo momento specifico, ho problemi. Ma continuo a domandarmi, per fare una sola delle tante domande possibili, che cosa possiamo fare per dare ai nostri ragazzi un sistema nel quale sia, appunto, il merito e l’impegno la cosa che contano di più e sulla quale, appunto devono contare. Perchè leccare i piedi ed umiliarti al piccolo potente di turno deve contare di più del tuo valore? (astenersi le anime belle che mi risponderanno che alla lunga il vero valore verrà fuori perchè, parafrasando Keynes, risponderei che, alla lunga, saremo tutti morti…?

  12. Tempo di vacanze, volute, sognate o a volte semplicemente subite, quando magari qualcuno vorrebbe fare mille cose ma nessuno te le chiede più. Il tempo, quindi, La percezione di questo dimensione, che la tecnologia tende a comprimere e la frenesia del vivere contemporaneo tende a divorare lasciandoti sempre insoddisfatto. Scrivo davanti ad un portatile che racchiude in se la capacità lavorativa di centinaia di essere umani, che in altri tempi avrebbero impiegato giorni per fare una qualsiasi operazione che quotidianamente gli faccio svolgere, e non nonostante questo non basta mai. Alloro ho deciso, il tempo non lo gestiscono i processori superveloci, le connessioni a banda larga, i committenti stressati, la Adobe CS4 o 5 o chiassà cos\\\’altro ancora! Lego il tempo al vivere con pienezza ogni singolo momento, scandendo i ritmi a seconda dei desideri, dei pensieri, dei gesti quotidiani, certo rispetto gli impegni ma non sono per loro disposto a naufragare. Sul merito mi viene da dire che talento, capacità, immaginazione, ecc sono necessari ma non sufficienti, aggiungerei determinazione, capacità di sopportazione e anche e soprattutto fortuna. buone vacanze!

  13. Ciao, intervengo nella discussione cercando di portare un contributo diverso dal Sign.Anonimo. Sono un’artista, mi occupo d’arte contemporanea e ho appena vinto una residenza studio a New York per un anno. Una residenza studio potrebbe essere l’equivalente di un master, con la differenza che sei introdotto in quel luogo anche dal punto di vista professionale. La residenza infatti pone l’artista al centro della realtà artistico-culturale del posto in cui si svolge. Partecipare per me è stato naturale, cercavo il massimo. l’Italia non è il massimo per l’arte contemporanea. Ho sempre fatto così, come quando a 16 anni scrissi a Leo Castelli il più importante gallerista di New York in quegli anni. L’indirizzo lo memorizzai da una guida turistica della città trovata da Feltrinelli. Non c’era internet. ma da allora conosco tutti i codici postali della grande mela… La spinta a scrivere mi viene naturalmente, desidero una cosa e voglio ottenerla. Così ho iniziato a cercare organizzazioni, spazi alternativi, residenze per artisti che potessero garantirmi un passo in avanti. Volevo qualcosa , cercavo qualcosa di internazionale. Poi ho vinto. ne sono felice , entusiasta . La motivazione che nella lettera mi è stata data in relazione alla mia vittoria è che il livello culturale del mio lavoro è il livello che loro vogliono supportare. Per me questa è la motivazione migliore del mondo. perchè il mio primo obiettivo è che il lavoro che faccio venga riconosciuto come pensiero. Quello che vorrei dire al Sign.Anonimo è che le cose non accadono per caso. Lavoro come artista professionista da 10 anni e più e non ho mai smesso di credere nel lavoro che faccio, nel lavoro altrui e dunque anche alla meritocrazia. Bisogna sapere cosa si desidera e quali rischi comporta il percorso per arrivare al proprio desiderio. Credo che una persona che si assume il rischio di lavorare come soggetto indipendente debba sapere che le possibilità di non riuscita, di frustrazione, di lotta, di fatica e alcune volte di non riconoscimento sono all’ordine del giorno. La cosa decisiva per me e fondamentale è domandarsi: sono disposto a questo? Sono disposto a riconoscere i miei errori (anche di pubbliche relazioni talvolta), perchè il lavoro indipendente necessita inequivocabilmente un’autocritica feroce. Posso assumermi la responsabilità della libertà? Utilizzare gli altri per mostrare quanto il mondo sia ingiusto lo trovo poco produttivo e senza rispetto nei confronti degli interlocutori. Io io io io io, dato che siamo in argomento ti chiedo: ti sei domandato TU cosa puoi aver sbagliato, anche nella gestione del rapporto? Perchè ha scelto il lavoro di un’altra persona (hai definito tu stesso il capo abile nel lavoro)? L’antipatia o la simpatia non c’entra nei rapporti di lavori? Perché?Chi lo stabilisce? Quando ho scelto i miei collaboratori, l’ho fatto scegliendo non solo il lavoro ma anche la persona. Nel tuo caso, hai capito bene cosa fosse richiesto? Se il tuo lavoro vale troverai senz’altro il modo per farti riconoscere. Ma credo molto che nel lavoro come nella vita (dato che in entrambi i casi è l’affettività che regola le vicende) ci si vada a cercare gli interlocutori simili a noi. Non credo nella sventura dello stronzo che capita lì sulla strada, perchè quella strada l’hai scelta tu.

  14. Arianna, ti ringrazio del tuo contributo. L’ho letto una volta ma certe cose vanno studiate, non basta leggerle una volta… Lo farò con calma e, se Annamaria non ci toglie questo thread, ti risponderò. So bene la fatica, di tempo e di testa, che ci si mette a scrivere un post lungo e denso come il tuo e non voglio lasciarlo cadere in modo banale. Per ora, solo l’invidia per il fatto che, se ho ben capito, sei, o sarai presto, a New York, mannaggia, e cazzarola…

  15. UNA PROPOSTA DI MICROEDITING COLLETTIVO E DUE SEGNALAZIONI Questo spazio di discussione resta aperto per tutto il mese. Alla fine, tireremo insieme le somme. Poiché è molto seguito, per aiutare chi ci torna a orizzontarsi fra temi e contributi faccio a tutti i discussant una proposta di microediting collettivo: – vorreste provare a mettere un TITOLO ai vostri interventi, in modo da aiutare chi legge a capire dove era rimasto e a rintracciare ciascun tema? Ce la fate? Dai… – vorreste rendervi riconoscibili con uno straccio di nickname, specie se intavolate una discussione? Da Puffotriste a Terminator a Nuvola Rossa a Mirtilla a Giuseppe, va bene qualsiasi cosa, ma almeno chi legge non si perde in una giungla di voci Anonime. Ce la fate? Dai… La segnalazione parte dal confronto fra voci e discorsi: le scelte linguistiche danno forma ai pensieri e li orientano. Parole diverse costruiscono, per chi le pronuncia (e sì, anche per chi le legge) mondi diversi in cui abitare. E questo fatto dà maggior peso alla vecchia metafora “le parole sono pietre”. Ne parla Lera Boroditsky in un articolo su Edge.com, e l’argomento viene ripreso in sintesi da Newsweek Ma chi si ricorda di Nanni Moretti (“chi parla male pensa male”) o ha letto Le vie dei Canti, o anche Il senso di Smilla per la neve lo sa già. E, magari, ci sta attento. Un augurio di buone vacanze lente a wc, si buone passeggiate a Roberta e complimenti ad Arianna, per la borsa di studio e per l’energia. Magari, quando sarà a New York, ci racconterà che cosa le succede lì. Quel che è certo è che non le mancano le risorse per affrontare la sfida.

  16. Anonimo, da qui in poi Puffotriste…, risponde a Arianna con post con titolo: La sventura dello stronzo che capita lì, sulla tua strada. Assolti i debiti del microediting collettivo mi stavo accingendo a rispondere ad Arianna, che ringrazio ancora (captatio benevoliantae…) ma, con tutta la buona volontà (ho letto tre volte atttentamente il suo contributo) non riesco a controbattere in modo serio ed organico; fondamentalmente perchè, ed è colpa mia per l’esposizione iniziale del mio primo post, la sua sollecitazione la trovo coerente con la sua esperienza (complimenti) ma, come dire, un po’ troppo ultimativa, come commenti e suggerimenti, rispetto alla mia storia molto più complessa e articolata di quanto sono risucito a scrivere nel primo intervento. Quindi mi associo ad Annamaria e rinnovo i complimenti (ma cos’è e come si fa a partecipare al concorso per vincere una residenza studio a New York per un anno”?) P.S. Comunque non c’è contraddizione sul fatto di scegliersi “scientemente” una strada e avere la sventura di trovarci qualche stronzo… (spero di no ma vedrai che capiterà anche a te… basta evitarli!)

  17. UN BANDO PER LA CREATIVITA’ UNDER 25 (da New York a Sesto San Giovanni) La Provincia di Milano offre spazi e laboratori gratuiti, postazioni di lavoro, supporto informatico e consulenza per sette mesi a giovani diplomati o laureati under 25 che vogliono sviluppare un’idea riguardante moda, design, architettura, musica, fotografia, teatro, comunicazione visiva… Insomma: è un modo per azzerare i costi di startup e trovare un supporto esperto. Le domande di ammissione vanno presentate tra il 28 agosto e il 28 settembre. Tutte le info qui.

  18. Caro anonimo collega che hai aperto questi post con uno sfogo dobbiamo ammettere, in tutta onestà, che ha ragione Arianna quando scrive che la domanda centrale rispetto alle difficoltà di farsi largo in autonomia nel mercato è: “Posso assumermi la responsabilità della libertà? Anch’io, come te, guardando il mio esiguo imponibile di metà anno barcollo e quasi piango e mi domando, da libero professionista, ma dove diavolo mi sono andato ad infilare e quanto mi costa questa libertà? Anzi quanto poco produce la mia libertà in termini di reddito, in questo tramortito paese dominato dalla fiction e infiacchito dalle clientele? In realtà non sono stato io a cercarla questa benedetta libertà. Si certo, ne ho sempre avvertito il bisogno ma me ne stavo comodo e tranquillo nel grande network di comunicazione che mi garantiva soldi e status e quella parolina era uno dei tanti temi di scanzonato dibattito da aperitivo. Negli ultimi anni il lavoro era diventato faticoso, la competizione snervante e feroce, il processo di costruzione delle strategie e della creatività ripetitivo o nullo. La vecchia e cara mission del nostro leggendario brand (per chi crede alle leggende) lontana, sfocata e ormai inservibile. In sostanza, di positivo, dopo i primi eccitanti anni di cieca e spensierata gavetta c’erano rimasti quello splendido stipendio, quei ricchi benefit e la carriera da curare assestando colpi, più o meno bassi, più o meno leciti, più o meno etici, per resistere alle crisi cicliche del nostro mercato. In più, una fitta ma faticosa rete di relazioni da coltivate per calcolo, (così come da dottrina). Relazioni dispendiose in termini culturali ed emotivi, a volte addirittura velenose. E le idee, la competizione sulla qualità, il merito, il valore? Ed il povero talento? Dove si erano nascosti tutti questi attributi che mi sembravano importanti, significativi? Si erano dispersi, diluiti, sbiaditi nelle logiche dei gruppi, della mitica politica delle alleanze. Naturalmente la stessa cosa accadeva spesso dall’altra parte, dentro l’universo di quelle aziende/clienti per le quali ho lavorato. Quando poi, cinque anni fa, la mia agenzia ha ridotto drasticamente l’organico e mi ha fatto una proposta per uscire di scena, sennza alternative ho dovuto accettare e davanti a me si sono aperte due sole prospettive: provare a ricandidarmi in un’altra struttura o fare da solo. Fino ad allora non avevo pensato di navigare il mercato senza protezioni. Di fronte a quel bivio ho seriamente pensato alla libertà. Alla possibilità di coniugare maturità, esperienza e rischi per far valere quella mia cultura dei valori. Mi sono deciso e ho aperto la mitica partita iva. Ero realmente stanco della routine e pronto finalmente a confrontarmi con il mercato, confidando nell’esperienza e nelle idee, circondandomi di collaborazioni scelte e compatibili con i miei intenti. Cavolo, mi sono detto, sono un professionista capace ed ora metterò a frutto tutte le relazioni acquisite, luciderò gli ottoni del mio curriculum e inizierò a scegliere gli interlocutori per i miei progetti. Questo era il piano. Ma qui è cominciata un’altra storia. Fatica, insuccessi, buoni progetti trasformati in progetti mediocri (ma fatturabili) compromessi e mediazioni come e più di prima. Per fortuna, in mezzo a queste ovvie dinamiche brillava anche qualche bell’intuizione progettuale, trasformata con caparbietà in business; qualche buona idea di marketing venduta appunto sul metro della qualità, di quelle che mi fa piacere rivedere e presentare ai colleghi. Man mano che sono andato avanti ho abbandonato le vecchie relazioni e cercato di costruirne delle nuove basate su una visione etica del mio lavoro e della comunicazione. Niente portaborse, niente affarismo politico, niente comitati, niente mance e niente protettori o padrini. Una fatica vera, un bilancio economico spesso asfittico ma tutta la libertà di continuare a scegliere persone, progetti, idee in base ai valori in cui credo. Cercando di coniugare la mia professione con il “cittadino” che aspiro di essere e con l’idea di società di cui sono portatore. Ecco per me ora è tutto qua. Io a questa libertà non saprei più rinunciare. Quanto vale tutto questo in termini d’autostima e di coerenza? Io, gli do un valore elevato e, quindi, anche se non è una reale voce in entrata nel mio bilancio da partita iva, lo considero il mio reale capitale d’impresa, in crescita costante e sempre con il segno positivo. Magari quest’anno, visti i conti, non mi consentirò quel viaggio cui penso da tanto ma prima o poi riuscirò a pagarmelo con un buon lavoro, o una buona idea, utile all’azienda o al cliente che la paga e utile a me . Un saluto e grazie dell’ospitalità.

  19. Puffotriste, alias anonimo che ha aperto il post, risponde all’anonimo qui sopra. Complimenti. Una lettera finalmente chiara, senza arzigogoli inutili e dispersivi, senza facili argomentazioni deja vu. Sono completamente d’accordo con quello che scrivi anche se, probabilmente come te, non mi rassegno alla situazione che tu racconti così bene e con la quale i nostri filgi dovranno confrointarsi per tutta la loro vita (io ho 56 anni…); anche perchè il prezzo della libertà sta cominciando, eufemismo, a diventare un filino troppo alto, con questa crisi, per me strutturale e non contingente, che sta facendo tagliare alle aziende, tra le prime cose, le aree nelle quali quelli come noi, in qualche modo, vivevano: advertising, formazione, consulenza. Ma non vorei lasciarla cadere così; ripeto, è così raro trovare teste e intelligenze con le quali confrontarsi che ti faccio una proposta, se graviti intorno a Milano. Una pizza e una birra insieme, a mezzogiorno (tanto il viaggio lo salto anch’io, quest’anno…). Se ti va, mail a: gcloves2teach@libero.it Hai visto mai che aggiungiamo un tassello?

  20. NOTA NOTTURNA – di meritocrazia, figli, cittadinanza. E aldilà Per chi se lo fosse perso, segnalo un articolo di Roger Abravanel uscito sul Corriere del 5 agosto, con il titolo La maturità e la meritocrazia che non c’è. Lo potete trovare qui Il tema trattato riguarda i figli di cui parla Puffotriste: gli stiamo lasciando non solo un paese discutibile, ma anche scarsa preparazione e poche risorse per tirarsene fuori. Me ne accorgo quando sono in aula: ho di fronte ragazzi che si candidano a essere la prossima classe dirigente e fanno spaventosi (non tutti, per fortuna. Ma molti, sì. E siamo al terzo anno di una eccellente università milanese) errori di ortografia se appena si trovano di fronte non un test a crocette, ma una serie di domande aperte a ciascuna delle quali vanno aggiunte tre-righe-tre di risposta. Me ne accorgo quando, come ho fatto prima della chiusura estiva, mi capita di intervistare un po’ di candidati per uno stage. E molti sembrano piombati giù da Marte. Il loro curriculum vanta “attitudine alla leadership” (a 23-25 anni? Ma siamo fuori?) ma non riporta uno straccio di voto di diploma o di laurea. Sigh. Tutto questo riguarda anche la cittadinanza di cui parla Anonimo20 (sei il benvenuto) nel suo limpido post. Al di là delle biografie individuali (a proposito: perché ormai anche nei maggiori quotidiani si scrive aldilà tutto attaccato, confondendo pericolosamente “oltre” e “oltretomba”?) e al di là degli incidenti che non possono non capitare, specie a chi ha scelto la libertà di navigare su una barca piccola, e infine al di là della contingenza economica. E anche al di là delle imbarazzanti notizie nostrane, quelle che fanno sghignazzare mezzo mondo e lasciano sbalordita l’altra metà. Ecco: al di là di tutto questo c’è da chiedersi che razza di paese triste e marginale ci prepariamo a essere, tra quindici o vent’anni. Non ho risposte e provo, a volte, uno sgradevole senso di spaesamento. Mi sembra che fare onestamente il proprio mestiere non basti a essere cittadini sul serio. Per ora, ho scelto una specie di militanza delle piccole cose. Magari, è solo un esorcismo nei confronti dell’aldilà. Quello che si scrive tutto attaccato.

  21. Cara Annamaria, scrivi: al di là di tutto questo c’è da chiedersi che razza di paese triste e marginale ci prepariamo a essere, tra quindici o vent’anni. Ecco, questo è il problema centrale. Parlerei e scriverei per dei giorni di questa domanda e, soprattutto, delle soluzioni possibili o, meglio, dei percorsi di soluzione possibili. E’ estate, moltissimi sono già in vacanza, il tempo e la voglia sono quelli che sono ma, ripeto, questo è il problema dei problemi. E, mi dispiace ritornarci sopra e rischiare la solita (io non ne posso quasi più…) accusa di antiberlusconiano monomaniaco, uno degli aspetti più sottostimati delle cause della nostra situazione (e senza una corretta analisi delle cause è difficile ipotizzare delle soluzioni…) è proprio quello che tu, in una righetta, “liquidi” (non ti sto accusando di “riduzionismo”, è per farmi capire :-)) come “imbarazzanti notizie nostrane, quelle che fanno sghignazzare mezzo mondo e lasciano sbalordita l’altra metà”. Ecco, cara Annamaria e cari lettori di questo spazio open, questo è il peggior lascito di questi ultimi quindici anni gestiti, di fatto, quasi tutti da un solo uomo, Silvio Berlusconi, e dai suoi sodali: aver spostato, ogni giorno, sempre un po’ più in là la linea del pudore, della normalità, della logica, del senso comune, dell’essere comunità (aggiungeteci quello che volete…). Attenzione, non parlo, qui, di quello che non ha fatto la sinistra (o di quello che di sbagliato ha fatto, che è, più o meno, la stessa cosa). Questo periodo di dominio berlusconiano causa quello che tu chiami, e che moltissimi di noi vivono, “uno sgradevole senso di spaesamento”. Lo spaesamento consiste proprio nel non trovare una logica in quello che sta succedendo. Se facessi degli esempi l’elenco sarebbe lunghissimo ma, siamo franchi, e senza bisogno di tornare a destra e sinistra, lasciatemene fare solo due, di contesto. Il primo: avremmo mai potuto immaginare come “normale” una situazione nella quale, per dirla con John Hooper, corrispondente dell’Observer da Roma, “se un uomo di 72 anni, sposato, nonno, primo ministro, può rifiutarsi di chiarire una sua relazione con una ragazza di 18 anni e riesce a sopravvivere alla disseminazione di registrazioni in cui discute di orgasmi e masturbazioni nel letto con una prostituta, allora bisogna chiedersi cosa potrebbe metterlo al tappeto”. Questa la stessa domanda che mi faccio io. Ed è la stessa domanda che si fanno, credo, una decina di milioni di italiani. Ma non è la stessa domanda che si fanno altri venti milioni di italiani. Il secondo: non passa giorno che un partito al Governo, che gode di un importante consenso nel Nord dell’Italia, il cuore produttivo del paese, una tra le zone più ricche ed avanzate dell’intera Europa, non si inventi una nuova “puttanata” (dalle ronde, agli esami di dialetto, al tricolore da cambiare e altre che dimentico) e che queste provocazioni che, da universitari, avremmo liquidato come goliardate di ragazzetti che avevano bevuto un goccio di troppo, diventano l’argomento sul quale discutere senza capire, peraltro, il giochino sporco che c’è dietro (lancio la provocazione, vedo le reazioni, dico che sono stato frainteso, ma intanto ne parliamo e per dirla con Jannacci “vediamo di nascosto l’effetto che fa”). Ma, intanto, come dici tu, il paese regredisce, sghignazzante o sbalordito ma sempre più povero, triste e marginale ma ora, Annamaria, non fra quindici o venti anni. Mi fermo qui, non senza riprendere con un breve accenno, il tuo ultimo grido di dolore: “mi sembra che fare onestamente il proprio mestiere non basti a essere cittadini sul serio”. Poi aggiungi che, per ora, hai scelto una specie di militanza delle piccole cose. Ecco, cara Annamaria, io qui non sono d’accordo. Molti di noi possono fare quella scelta. Nei nostri piccoli gruppi, nelle nostre serate tra manager, creativi, professionisti, tra un bicchiere di prosecco, di champagne e una bella grigliata nel giardino o nel terrazzo della villa o della bella casa di uno o dell’altro. Ma questa scelta contribuisce a peggiorare le cose. Non mi chiedere: e allora che fare? Dovremmo riparlarne ma lasciami godere, della tua frase, le due parole “per ora”.

  22. Io inizio a cambiare il mondo e lo faccio partendo dai miei figli, dalla mia famiglia, da tutti coloro con i quali vengo in contatto con la mia attività di formatore e con tutti quanti hanno modo di ascoltare la mia opinione. Adesso sono in sicilia e mi viene in mente un proverbio Siciliano “Rissi u surciu a nuci: rammi tiempu ‘ca ti pierciu”. Disse il topo alla noce, dammi tempo che ti apro. Dobbiamo partire dal piccolo, da ciò che possiamo fare lasciando perdere ciò che gli altri non fanno. Credo che oggi più di ieri è indispensabile FARE. Il mio nuovo motto è: Sapere, Fare, Saper fare, Far Sapere!

  23. IL SIGNOR B. E LA FARFALLA (no, non “quella” farfalla) Uh, ottimo Graziano, condivido il tuo sentimento. Ma chiedo: perché dobbiamo investire tempo ed energia per ripeterci cose che condividiamo? Mi sembra una specie di riflesso pavoloviano. Che non genera nuove idee, nuovi comportamenti o prospettive. E si avvita su se stesso. La militanza delle piccole cose di cui parlo non consiste nel dibattere tra amici le note malefatte del Nostro (e sarà perché poco poco partecipo a grigliate in villa davanti a un prosecco). Semplicemente cerco di inserire, per quel che posso, per quel che so, ma ostinatamente, frammenti di senso e di opportunità nel sistema. Qualcosa di simile a quel che dice Artigiano Tecnologico. Teoria del caos: una farfalla batte le ali a Tokyo e scatena un uragano a New York. Un’idea fantastica. Uno dei tanti battiti d’ali, e certo non il mio, può cambiare le cose. Ma ricominciare a volare, magari? Di caos, fra l’altro, ne abbiamo a sufficienza. Credo che i sistemi siano tanto più fragili quanto più appaiono immutabili. Il signor B., e magari in un futuro non così remoto, può scivolare su qualche imprevista buccia di banana. E comunque, come non è durato Bush, non durerà in eterno. Che facciamo, intanto, per preparare il nuovo? Per gestire lo spaesamento in termini non di mera sopravvivenza? Che cosa costruiamo, intanto, negli interstizi? Che cosa seminiamo? Oggi La Repubblica racconta la storia di Daniele Kihlgren che salva i borghi abbandonati italiani e li trasforma in alberghi diffusi. Altre immagini si trovano in megliopossibile E’ uno dei siti segnalati nellasezione ambiente di NeU. E la domanda è: perché cavolo doveva pensarci un imprenditore svedese?

  24. Cari Graziano ed Annamaria secondo me siete degli inguaribili ottimisti se pensate che l’Italia diventerà un paese marginale tra quindici o vent’anni. Io credo che come sistema lo siamo da almeno un decennio. Così come penso che il problema non è più, o meglio, non è soltanto il nostro impresentabile Primoministro ma, prima ancora della sua sconfitta che pure arriverà, il suo lascito avvelenato e cioè il berlusconismo. Quel sentimento diffuso e maggioritario che consente ad una democrazia compiuta, seppure gracilina come la nostra, di vivere un simile arretramento culturale e politico, un cosi visibile e devastante disfacimento della sua fragile identità, senza che funzionino o si rendano visibili alternative praticabili ora, adesso. Il berlusconismo c’era prima di Berlusconi e gli sopravviverà. Serviranno una vera destra democratica e una rinsavita sinistra riformatrice per riannodare tutti i fili spezzati da questi quindici anni di tragica commedia a riportarci nel solco delle democrazie moderne che progettano e si occupano di futuro. Di come sarà o di come potrà essere. Ma niente di tutto questo è alla vista. Ieri, per esempio, mi è capitato di vedere a Roma un poster di Bersani, candidato segretario alla guida del Pd., con il suo faccione ed il claim “un senso a questa storia “, citazione da una canzone di Vasco Rossi. Sono caduto nello sconforto più profondo. Ma che roba è? Ma a quale paese sta parlando? Ma che linguaggio usa? Eppure Bersani mi sembra una persona avveduta, competente, un politico strutturato e radicato. Ma come può sbagliare cosi grossolanamente tono e contenuto della sua comunicazione? Ma guardiamoci intorno, guardiamo soltanto allo scempio che si è fatto della legalità, del sistema dell’informazione, o al massacro delle istituzioni scolastiche o, per venire a questi giorni, di cosa ci stiamo occupando sulle prime pagine dei nostri pochi quotidiani leggibili: escort, ronde, gabbie salariali, respingimento dei clandestini, riesumazione delle bandiere regionali, e via delirando. Ma veramente pensiamo di cavarcela con un ricambio di Governo? Serve un progetto chiaro, fatto di pochi punti prioritari: legalità, laicità dello stato, sostegno alla cultura, alla ricerca, all’innovazione; servono regole condivise, competitività, meritocrazia, riforma del welfare. E noi cosa possiamo fare? Quello che immagino fanno le minoranze (seppure numerose) in questi casi: resistono, non arretrano, ricuciono, continuano a riflettere e agiscono con coerenza. Scelgono i partiti utili e li cambiano, oppure ne fondano di nuovi. e non lo lasciano fare ai comici. Ecco, intanto la “micromilitanza di Annamaria è una postazione di resistenza attiva, come la mia, coma quella di Graziano o di Puffotriste o di Artigiano Tecnologico e come quella di tanti, tantissimi altri. Serve solo il progetto che le leghi e le renda visibili. Non è anche per questo che amiamo il web? anonimo20

  25. Caro anonimo20, e cari tutti e tutte, sono Graziano, sono sul pc delle vacanze e non ricordo la pwd per far vedere la mia faccina. Sono quasi completamente d’accordo con te, anonimo20, su tutto il tuo intervento. Soprattutto là dove scrivi “serve solo il progetto che renda visibili e leghi le diverse minoranze da te elencate”. Naturalmente il problema sta quasi tutto nella parola solo… Converrai con me che, nella situazione attuale del nostro paese, questa “cosa” è praticamente impossibile (non completamente, ma praticamente, e non saranno certo i Di Pietro e i Grillo a farlo…). Ne parleremo, spero, ma ora, con questo caldo, anche le migliori proposte si liquiferebbero nell’espace d’un matin… P.S. E’ solo Annamaria che pensa che “l’Italia diventerà un paese marginale tra quindici o vent’anni.” Io, come te, penso che” il paese regredisce, sghignazzante o sbalordito ma sempre più povero, triste e marginale ma ora, Annamaria, non fra quindici o venti anni. “

  26. MOVEON …anch’io a zonzo e nuovamente con connessione precaria. Vado veloce prima che la chiavetta svenga e la rete svanisca, Dunque: una best practice che merita di essere studiata è MoveOn: http://en.wikipedia.org/wiki/MoveOn.org http://www.moveon.org/ nata a fine secolo scorso da un gruppo di democratici stanchi di sturbarsi su Clinton-Lewinsky. Rapidamente acquista influenza. Supporta Kerry. Molto rilevante in termini di finanziamento e supporto per Obama. Impostazione del tutto pragmatica. Nata sul web. Approccio: “piantiamola di lamentarci e diamoci una mossa”. Ora impegnata sul tema della riforma sanitaria. Uh, se condivido… Non vorrei aprire un dibattito su quanto l’Italia sia marginale. Leggo i quotidiani tutte le mattine e mi prendo la mia dose di maldipancia. Il tema è: come evitare che diventi più marginale? Come salvare ciò che marginale ancora non è, prima che sia troppo tardi? Anomimo20 scrive una cosa fondamentale: il berlusconismo c’era prima di Berlusconi. E’ un fatto di cultura, di stile nazionale, di visione stretta, di familismo amorale o di mucillagine (psicologica, sociale, etica) come dice De Rita. Dobbiamo costruire frammenti di una nuova visione. A cominciare da piccole cose (anche MoveOn ha fatto così). Senza, non si va da nessuna parte… Ciao a tutti.

  27. LE PICCOLE COSE CHE FUNZIONANO E’ vero che in Abruzzo ci ha pensato un architetto italo-svedese ma è anche vero che in Friuli Venezia Giulia già dal 2003 esiste un Albergo Diffuso Forgaria Monte Prat. Vecchie case della transumanza ristrutturate in base a precise direttive definite in un piano regolatore creato ad hoc. In questo modo i vecchi fabbricati agricoli sono diventati un richiamo per visitare l’altipiano del Monte Prat, che rischiava di diventare patrimonio solo per pochi. L’iniziativa c’è, come diceva anonimo20 esistono tante postazioni di di resistenza attiva. Sono convinta che nel nostro paese ci siano tantissimi esempi di piccole cose che funzionano. Il problema però è come riuscire a far cambiare la mentalità di chi occupa posizioni di potere raggiunte senza alcuna meritocrazia.

  28. ANCORA SULLA MILITANZA DELLE PICCOLE COSE: UNA PROPOSTA Grazie a Lulu per la segnalazione. Mi piacerebbe, e forse non solo a me, sapere di più dell’esperienza di Monte Prat.C’è un sito? Adesso che ci penso, mi piacerebbe anche aprire una sezione di NeU dedicata a best practices italiane, con un caldo invito a segnalare anche le più piccole. Che ne dite? Continuo a credere che gli esempi valgano più di mille parole. Che ci siano realtà di eccellenza in questo paese , da salvare e promuovere. Che sia possibile fare qualcosa. Che vadano favorite le reti informali. E che bisogna cercare di evitare di farsi avvelenare, oltre che il sangue, anche il pensiero e la capacità di progettare dalla deprimente situazione governativa.

  29. ANCORA SULLA MILITANZA DELLE PICCOLE COSE: UNA PROPOSTA Grazie a Lulu per la segnalazione. Mi piacerebbe, e forse non solo a me, sapere di più dell’esperienza di Monte Prat. C’è un sito? Adesso che ci penso, mi piacerebbe anche aprire una sezione di NeU dedicata a best practices italiane, con un caldo invito a segnalare anche le più piccole. Che ne dite? Continuo a credere che gli esempi valgano più di mille parole. Che ci siano realtà di eccellenza in questo paese, da salvare e promuovere. Che sia possibile fare qualcosa. Che vadano favorite le reti informali. E che bisogna cercare di non farsi avvelenare, oltre che il sangue, anche il pensiero e la capacità di progettare dalla deprimente situazione governativa.

  30. Puffotriste. Di comitati e comitatini che hanno “costruito frammenti di una nuova visione, a cominciare da piccole cose” è piena l’Italia. Spesso hanno anche vinto. Ma è il potere che lascia cadere, dalla slitta in fuga, alcune briciole. Così chi lo insegue, ogni tanto, pensa di aver portato a casa qualche risultato e di vivere in una piena democrazia rappresentativa. Ma il malloppo lo tengono ben stretto…

  31. BOICOTTATE IL PICCOLO GRANDE STAGISTA! Come da molti voi riportato, questa grande marmellata delle intelligenze che in Italia si sta attuando da qualche decennio a causa del signor B. e dei modelli di riferimento che i suoi media martellano e trasmettono incessantemente, oltre che ha contaminare tutti, ha, come tutti sappiamo, infettato e trascinato nel baratro gran parte della tv pubblica. Amici ipercritici con il nostro, parlano male ma anche sbirciano gongolanti i programmi più deficienti, lasciano libero e incontrollato accesso agli stessi loro figli. Io per esempio, con i miei due, ho provato un approccio omeopatico al veleno, centellinando con il cronometro solo poche e selezionatissime trasmissioni, nella speranza che le piccole dosi subite, per non farli sentire dei marziani nei confronti dei coetanei, possano renderli più resistenti e refrattari. Purtroppo ho l\\\’impressione che la fuga dei cervelli inizi già in età prescolare, dove lasciamo inerti che la preziosa materia grigia dei nostri fanciulli inizi la migrazione riempiendo le loro meravigliose testoline con tanta monnezza. Quindi che fare? oltre all\\\’impegno diretto quotidiano e alla resistenza con il nostro lavoro? propongo la soluzione di Groucho Marx \\

  32. ALBERGO DIFFUSO FORGARIA MONTE PRÂT: UN’ESPERIENZA FRIULANA Ecco il link: http://www.monteprat.it Nel sito viene descritta la storia di come è nato l’albergo diffuso, quali sono le case che ne fanno parte con photogallery e guestbook, una sorta di Tripadvisor fatto in casa. C’è poi anche una sezione dedicata al Monte Prat: dalla storia del territorio agli itinerari consigliati. Devo ammettere di aver scoperto per caso questa realtà che, pur essendo nella mia Regione, non viene publicizzata quanto merita. Siamo andati a fare una passeggiata nel sentiero Troi dall’Ors, immerso in un bosco di faggi, con una guida locale. Man mano che camminavamo ci faceva notare le impronte dei cinghiali, i rami rotti dal passaggio degli animali, i profumi del bosco. Un’esperienza unica, coinvolgente a tal punto da farti ricordare quei profumi e quel verde intenso anche quando stai vivendo ben altre realtà.

  33. CITAZIONE MARX -Trovo la televisione davvero molto istruttiva. Ogni volta che qualcuno mette in funzione l’apparecchi, me ne vado nell’altra stanza a leggere un libro. scusate mi era sfuggiata!

  34. A PROPOSITO DI LIBRI DA LEGGERE (evviva Groucho) “Non importa quante volte cadi. Quello che conta è la capacità con cui ti rimetti in piedi ” (Joe Binden) “Mai arrendersi: bisogna essere curiosi, ambiziosi e artefici del proprio destino” (Maria Tessa, la nonna dell’autore) “Il cambiamento, il Change di cui si parla tanto oggi in America, a volte è molto difficile da accettare e la gente è gelosa delle proprie abitudini, anche di quelle che non funzionano, si affeziona ai propri vizi e difetti” (Vicky Vargo, bibliotecaria) “La mia attitudine non è di lamentarmi o aspettare l’intervento di Dio o dello Stato. Certo, puoi anche passare la vita a piangerti addosso, ma non vai da nessuna parte ” (Jawad Joya) La fortuna non esiste, il nuovo bel libro di Mario Calabresi, presenta una quantità di storie che raccontano il concetto di resilienza. Un cocktail di “elasticità, rimbalzo, risorsa e buon umore”. Un ragionamento italiano sul tema anche ne “La forza d’animo – Cos’è e come possiamo insegnarla a noi stessi e ai nostri figli” di Anna Oliverio Ferraris.

  35. Puffotriste. Guarda, Annamaria, a proposito di resilienza ti regalo questa piccola autobiografia di un mio amico carissimo che ha l’età di Berlusconi. “Sono nato sotto Mussolini, vissuto sotto Andreotti, probabilmente morirò sotto Berlusconi. In pratica: una vita di m…”. P.S. Lui non mette i puntini…

  36. MARIO CALABRESI E L’INNOVAZIONE IN ITALIA A proposito di Calabresi ho appena scoperto su Youtube l’intervento che ha tenuto l’8 luglio al Working Capital Camp presso il Politecnico di Torino. Il tema: come riuscire a fare innovazione in Italia (e quale strategie utilizzare per riuscire a far emergere progetti innovativi). Un grande, davvero. Ecco il link: http://www.youtube.com/watch?v=mAIo2MJ4ono

  37. Puffotriste. Visto l’intervento di Calabresi, Lulu. Franchezza? Non mi ha detto molto. La retorica dell’innovazione, mi è sembrata. Un po’ di demagogia, discorsi iniziati e non finiti, esempi lasciati a metà, pochi appunti da prendere. Colpa mia, probabilmente. Lo riguarderò può darsi mi sbagli.

  38. Apro un nuovo fronte di dialogo. Vorrei parlare del caso INNSE, quindi gru e quant’altro, e vorrei uscire dal coro. A me questa storia non è piaciuta per niente e, secondo me, ci porterà in una situazione sempre più complicata e sempre meno gestibile. Non mi è piaciuto che per portare a casa qualcosa si debba minacciare di uccidersi, per prima cosa. E quelli che si uccidono in silenzio perchè hanno perso il lavoro? Non mi è piaciuto che la scelta fatta abbia pagato. Ora avremo emulazioni a non finire. E quelli che si uccidono in silenzio perchè hanno perso il lavoro? Non mi piace, da qualsiasi parte provenga, la logica del ricatto; anzi, dal capitale me lo aspetto, ma dagli operai no. E quelli che si uccidono in silenzio perchè hanno perso il lavoro? Non mi sono piaciute le reazioni del sindacato, di Bertinotti e della sinistra (la mia parte politica, si ricordi…) in generale, addirittura parlare di forme di lotta nuove, via… E quelli che si uccidono in silenzio perchè hanno perso il lavoro? Tutto ciò evitando, se possibile, in eventuali risposte, il fatto che il capitalismo, etc. etc. etc. Sto parlando di un’altra cosa. A voi la palla.

  39. INNSE – ALCUNE DOMANDE IN CERCA DI RISPOSTA Ciao Graziano. Proponi un tema complicato. Ma forse per capirci qualcosa, o anche solo per discuterne, converrebbe separare, per quanto possibile, i piani: il piano dei fatti, quello dell’emotività, quello della legittimità. E provare, magari, a farsi alcune domande ingenue.Per esempio: – In che altro modo gli operai dell’INNSE avrebbero potuto difendere il loro posto di lavoro? – E’ legittimo difendere il posto di lavoro, e se sì entro quali limiti? – In che altro modo avrebbero potuto organizzarsi? – In che altro modo avrebbero potuto dare eco sui media alla loro azione? – E’ corretto usare la leva mediatica? Se sì, quali sono i limiti? – In che altre modo avrebbero dovuto/potuto comportarsi le controparti? – In che altro modo persone in una situazione simile potrebbero comportarsi? – Quali alleanze o risorse attivare? – Come si sarebbe potuto evitare di arrivare a questa situazione? – C’è una terza strada, tra uccidersi in silenzio e portare avanti proteste estreme e, come dici tu, ricattatorie? E’ una strada praticabile? – Non è comunque più vitale e positivo inventarsi qualcosa, fosse anche una salita sulla gru? – Perché gli operai dovrebbero (uso le tue categorie) comportarsi in maniera più nobile del capitale? – Tu dici “non mi piace”. Che cosa ti sarebbe piaciuto, invece? – Esistono esempi di casi simili gestiti positivamente in modo diverso? – Tu (ma ovviamente è un “tu” rivolto a tutti) che cosa avresti fatto?

  40. In punta di principio io sarei completamente d’accordo con Graziano ma… La prima dichiarazione dei giunti a terra è stata: “Ci auguriamo che molti altri lavoratori seguano il nostro esempio in futuro!” Ma, tutti sappiamo bene che il problema è stato per ora solo rimosso, non risolto, e se risolto, risolto male. E il problema è questo: “LA MIA VITA DIPENDE DA QUALCHE ALTRO INDIVIDUO CHE PUO’, A SUO PIACIMENTO, DECRETARE CHE IO SIA RIDOTTO, PIU’ O MENO, SUL LASTRICO DA UN MOMENTO ALL’ALTRO!” Io ho le rate del mutuo da pagare, la scuola dei bambini che sacrosantamente devono frequentare e, tutti sappiamo, non è affatto gratuita, la benzina da mettere nella macchina, la spesa settimanale al supermarket, ecc. ecc. In quest’ottica di lotta di sopravvivenza ogni colpo, sotto o sopra la cintola, d’ora in avanti sarà possibile. LA VERA CRISI E’ SOLO QUESTA! Non siamo pronti ad uno stato di Homeless come negli Stati Uniti. Proveniamo dai digiuni della fame e della sete dei radicali in primis PANNELLA. Non abbiamo un’educazione alla RIVOLUZIONE, ma solo alla RIVOLTA, che è altra cosa. Se un camorrista viene arrestato nei Bassi di Napoli, lo devono rilasciare perché se no i poliziotti non escono vivi da quei vicoli. Avremo tempo e modi di vederne delle belle. Una cosa è certa: questa lotta selvaggia e senza regole è la conseguenza di una perdita di identità sindacale laddove ci si è resi conto che la più grande arma di lotta ereditata dall’800 e dal 900 è ormai spuntata per sempre. Gli scioperi, con lo stato di precariato esistente e la disaffezione alle grandi organizzazioni sindacali sempre più screditate per non dire sputtannate sono dei ferrivecchi. Sarebbe come scendere nell’arena con un coltellino svizzero quando l’avversario ha una daga da 10 Kg. Stiamo ritornando ai giochi circensi in cui valeva tutto, il gladiatore moriva per un pugno di sabbia buttato nei suoi occhi. E l’altro si salvava. Disonesto? Dovremo ridefinire certamente le categorie dell’onestà, ma ora urge altro: PRIMUM VIVERE, DEINDE PHILOSOPHARI. Francesco

  41. E’ abbastanza chiaro, Annamaria, che stiamo ragionando su una questione ipercomplessa e non da questo clima di vacanze. Però, consentimi, allora, di completare il mio post, proprio alla luce delle tue domande delle quali, però, ce n’è una, diciamo così, dirimente, l’unica alla quale ha senso rispondere. Non che le altre non siano sensate, anzi, sono più che corrette, ma il loro senso si esaurisce perché sono implicite nella situazione data e a queste non si può rispondere “contestandole” a meno che non si voglia per forza di cose essere (inutilmente) provocatori. La domanda vera è, per me, questa: – Tu dici “non mi piace”. Che cosa ti sarebbe piaciuto, invece? Allora completerò la provocazione del mio primo post (e spero di non andare troppo in là ma non ho tempo per distinguo particolari…). Secondo me un imprenditore ha diritto, se vuole e se si stanca, di chiudere una fabbrica, così come un collaboratore può andarsene dove vuole a vendere la sua forza lavoro (en passant, le “anime belle” che, in questo momento, stanno già arricciando il naso sappiano che è esattamente ciò che succede, nel silenzio, tutti i giorni, dappertutto; si tratta di prenderne atto e studiare le contromosse). E non dovrebbe, a mio parere, nemmeno essere “obbligato” a cercare un compratore o preoccuparsi (lasciamo stare, in questa fase, il problema etico) della situazione dei suoi collaboratori. Naturalmente dovrà rispettare le regole fissate dallo Stato in cui opera. E qui sta la differenza rispetto alla situazione attuale e la risposta, di fatto, alla domanda di Annamaria. E’ lo Stato che, a mio parere, da una parte deve disegnare leggi che cautelino quanto più possibile tutti gli attori in essere (soprattutto i più deboli!) facendo, quindi, da cassa di compensazione per eventuali scelte “drastiche” e, dall’altra, deve creare condizioni per la soluzione del problema. Non mi rispondete che lo Stato non deve fare l’imprenditore e che ogni volta che l’ha fatto ha fatto peggio del mercato; non sto parlando di “questo” Stato (e non c’entra chi è al Governo, spero sia chiaro…). Sto parlando, invece, di uno Stato che, non essendo parte in causa, deve farsi carico di ragionare sulle cose, prevedere che cosa può succedere e, per esempio, ma vado breve perché se no diventa un trattato, in un caso come quello dell’INNSE, per esempio, una volta che il vecchio imprenditore, ripeto, nel rispetto delle leggi, avesse deciso di ritirarsi a vita privata e godere i suoi soldi (o darli tutti in beneficenza, why not, cambierebbe il quadro complessivo?), lo Stato (quello Stato che intendo io…) avrebbe dovuto gestire sia la transizione sia la trattativa per l’eventuale subentro di un altro imprenditore. Non voglio forzare il ragionamento ma è quello che, mutatis mutandis, sta facendo l’amministrazione Obama; strategia con la quale io concordo, “in essence”, in modo assoluto e totale. E che sarà, mi sbilancio, la strategia che “salverà” il mondo.

  42. UN’IDEA PARADOSSALE E UN ANEDDOTO SU DE GASPERI @ Graziano: ehm… ok, sarebbe fantastico. Ma appunto: non stai parlando di “questo” Stato. E mentre si aspetta “un altro” Stato, e visto che Obama, quallo vero, ha i suoi problemi con la Sanità e soprattutto sta negli US, e noi di certo non caviamo dal cappello nei prossimi giorni un Obamino autoctono, che si fa? So che mi ripeto, ma tant’è: possiamo sviluppare e promuovere un frammento di visione (che magari, prima o poi, qualcuno raccoglierà) e mettere in atto e qualche buona pratica? A proposito di buone pratiche, una idea paradossale. Ma forse, poiché viviamo in tempi paradossali, non così campata per aria. Con tanti bravi manager a spasso (e tu, Graziano, ne conosci diversi), possibile che a nessuno venga in mente di candidarsi su casi oggettivamente salvabili per trovare, in accordo con gli operai, alternative imprenditoriali alla arrampicata da qualche parte? Magari pro bono, magari lavorando a prezzo politico. Perché non farsi “assumere” dagli operai, invece che dai padroni? A proposito di visione, linko un articolo di Giuseppe De Rita uscito qualche giorno fa sul Corriere. De Rita dice diverse cose interessanti e in conclusione ricorda che «la cosa importante per un leader politico è trovare il ciclo su cui montare. Come De Gasperi. C’ è una bella pagina di Ossicini, che viene invitato da Spataro al compleanno della figlia e vi trova De Gasperi che gli dice: “Vieni con noi, stiamo preparando qualcosa di nuovo per quando Mussolini cadrà”. Ma la cosa più bella è guardare la data: siamo tra il ‘ 38 e il ‘ 39. Il Duce trionfava, e un vecchio emarginato, un bibliotecario vaticano, preparava il dopo». Insomma: cominciare a immaginarselo, il “dopo”, e a lavorarci sopra?

  43. WERTHEIMER E IL PROBLEM SOLVING Wertheimer è il papà della psicologia della Gestalt. Si occupa anche della soluzione di problemi. E’ un grande. Ricopio qui, giusto per aprire un altro orizzonte, un pezzetto della roba che sto scrivendo. Un contributo importante di Wertheimer riguarda il modo in cui un problema può essere risolto ristrutturando gli elementi a disposizione: cioè, riconfigurandoli secondo una nuova Gestalt. È il pensiero produttivo, avventuroso, flessibile ed esploratore, che va alla ricerca di nuovi ordini di senso. Lo spiega lo psicologo Alessandro Antonietti, affermando che il pensiero produttivo viene fatto coincidere con il pensiero creativo tout court. Il pensiero produttivo si definisce in contrapposizione a due altre forme di pensiero che possono condurre alla soluzione di un problema: il pensiero riproduttivo e il pensiero per prove ed errori. Per “pensiero produttivo” si intende il complesso dei processi mentali consistente nella meccanica applicazione di algoritmi o nella riattivazione di vecchie abitudini o di strategie precedentemente apprese. Il procedimento per prove ed errori si riferisce alle soluzioni guadagnate in modo casuale, in seguito a tentativi condotti alla cieca, senza un preciso progetto. Wertheimer definisce invece il processo produttivo come una “ristrutturazione specifica… il passare dall’applicazione passiva di regole… alla comprensione della struttura intrinseca dell’oggetto, alla concatenazione delle parti dell’oggetto e nell’intero processo”. Si tratta, in sostanza, di considerare le relazioni che reggono l’intero insieme e, contemporaneamente, di focalizzarsi sulla lacuna: la cosa che non va. Bisogna fare insieme due operazioni di segno opposto, e non è semplicissimo. Un’altra difficoltà può consistere nel modo “ingannevole” in cui è esposto il problema. Wertheimer consiglia allora di evitare di fissarsi sulla domanda posta dal problema, provando invece a chiedersi se non sia più utile porsi interrogativi diversi e più radicali, e suggerisce di evitare di fissarsi sulla meta proposta dal problema, provando invece a chiedersi se un altro obiettivo non sia più proficuo. A partire dalle considerazioni di Wertheimer molti autori svilupperanno strategie di problem solving, inteso come processo mentale che, a partire da una riconfigurazione percettiva della situazione problematica, individua la soluzione. Per inciso, la capacità di risolvere problemi è spesso impiegata come misura empirica dell’intelligenza, ed è uno dei parametri a partire dai quali oggi nei test internazionali si misurano le competenze di base degli studenti.

  44. E’ molto interessante il fatto di focalizzarsi sulla cosa che non va: riconfigurare gli elementi, non fissarsi sulla domanda. Si tratta poi di provare ad applicare questi concetti nella realtà quotidiana. In effetti molte volte il fatto di fissarsi sulla domanda piuttosto che arrivare alla soluzione del problema da altri punti di osservazione. P.S. Grazie Annamaria per averci lasciato questo spazio aperto alle discussioni più varie e per aver trovato il tempo per intervenire pur in un mese tipicamente “chiuso per ferie”. Ho trovato tantissimi spunti da applicare nei prossimi mesi!

  45. ‘TUTTI GLI UOMINI HANNO LE ALI MA SOLO COLORO CHE SANNO SOGNARE POSSONO VOLARE LONTANO.’ Ciao a tutti, silenziosamente in questo mese vi ho letti e vi ho pensati. Devo dire che le news di Annamaria non sono mancate anche in vacanza, questo sito mi ha tenuto viva, mi ha dato spunti e nuovi stimoli. Grazie a tutti! E’ arrivato però il momento di portare anche il mio contributo, sarà forse banale, ma ci troviamo al primo giorno di lavoro per molte persone, in un momento economico che ci riempie la testa di punti di domanda. Ricominciamo carichi di entusiasmo cercando di toglierci dalla testa nuvole nere anche se non possiamo fingere di vivere in un mondo parallelo. Io vedo volti pieni di speranza e cuori pronti a dare il meglio per tenere in piedi questa ‘barca’ che ci ha fatti arrivare fin qui condividendo gioie e dolori, questa ‘barca’ che ci dona identità ogni giorno e ci fa vivere quelle condivisioni umane che oggi forse mancano, in buona parte, nella nostra società. Il rientro dalle ferie è un momento unico: ci ritroviamo in quelle stanze, su quelle scrivanie che ci permettono di gioire per la nascita di una nuova vita, di ridere a crepapelle delle nostre avventure estive, di rattristarci per gli avvenimenti di una famiglia, di tenerci uniti nel lavoro come una grande famiglia sa fare, perché il lavoro è una grande famiglia, trascorriamo qui la maggior parte del nostro tempo! Per questo ci tengo oggi a condividere con voi la sfida che porto nel cuore con la speranza che queste ‘grandi famiglie’ continuino a crescere nella scoperta e nella condivisione creativa di entusiasmi ed esperienze per crescere, per innovare, per portare un nuovo contributo alla vita di tutti. D’altra parte Annamaria ci ha suggerito tra i suoi pensieri creativi che ‘la creatività è la naturale estensione del nostro entusiasmo’ e la conclusione naturale di questo discorso è che dunque, nonostante tutto, il centro della nostra giornata, il centro delle nostre relazioni, la scelta del nostro umore, la voglia e la passione che mettiamo ogni giorno dipendono solo da noi; il centro delle nostre scelte siamo noi, e il nostro entusiasmo è responsabile della nostra creatività. Non mi resta che augurare a tutti un rientro lavorativo carico di entusiasmo, perché l’entusiasmo aiuta a guardare oltre chi ci guida e a contagiare positivamente chi ci sta affianco creando così un vortice creativo che non va sottovalutato. Scusate se il mio pensiero sarà una nota stonata nei vostri dialoghi profondi ma dopo tanto leggere ho avuto l’istinto di condividere con voi questo pensiero , semplice, ma che stava per esplodere. Buon rientro a tutti voi, a tutti coloro che condividono la passione del proprio lavoro con chi hanno accanto, a tutti coloro che sanno apprezzare oggi il loro posto di lavoro.

  46. L’INGENUITA’ AFRICANA CHE RISOLVE PROBLEMI Chi si è iscritto a NeU troverà questo indirizzo, insieme ad altri, con la newsletter della prossima settimana. Ma metto qui il link in anteprima così chi passa può cominciare a dare un’occhiata. Anche perché la segnalazione c’entra con il post precedente e con il risolvere problemi. E il sito è bellissimo. Si tratta di afrigadget. Che parla di “solving everyday problems with african ingenuity”. Lo aggiorna un gruppo di uomini e donne, africani e non. Racconta storie di penuria di mezzi, invenzioni, ingegno ed energia. Ha suscitato l’interesse dello snobissimo BoingBoing e della BBC, e TIME l’ha inserito nei 50 migliori siti del 2008. @ LuLu: 🙂

  47. Cara Elisa, il tuo pensiero non è per niente una nota stonata. Anzi. Manca, forse, il “buon rientro” a tutti coloro, e sono troppi, e a volte nascosti, in questo paese senza dubbio alcuno allo sbando, nonostante gli inviti continui all’ottimismo di Annamaria, che un posto di lavoro non l’hanno. E non parliamo solo di under 30. Ecco, il mio “buon rientro” è, principalmente, per loro. Mi spiace dovervi riportare, con una sorta di “back to basic” continuo, (e qualcuno ne avrà anche a noia, e me ne scuso…) alla situazione oggettiva del nostro paese ma io continuo a ritenere che abbiamo bisogno di una scossa (per me questo è l’entusiamo del quale abbiamo bisogno: domandarsi che fare!). Siamo troppo lontani, a mio parere, da qualsiasi parte si guardi la situazione, da un livello minimo di decenza.

  48. Hai pienamente ragione Graziano, non dimentichiamo la grave situazione che c’è fuori dalle mura per chi un lavoro non ce l’ha…e sogna di trovarlo. Perciò mi unisco a te nel diffondere il buon rientro a coloro che non stanno lavorando, mi auguro possa essere un augurio carico di stimoli positivi. E una scossa vera, di quesiti difficili, di rompicapo concreti, sarebbe davvero il giusto atto per un inizio vero e tangibile…verso la risalita. Insomma, un bel tonfo giù dalle nuvole per i più coraggiosi… 🙂

  49. Cari tutti coloro che hanno scritto su questa pagina, i vostri assolati ragionamenti e lo spulcettamento dei vostri blog e dei vostri siti e di tutto ciò che partendo da voi si raggiunge mi hanno messo addosso la voglia di organizzare davvero la mia postazione di resistenza attiva, mettendomi in gioco con un progetto che covo da anni. Nulla di totalmente nuovo, nulla di particolarmente creativo, qualcosa di molto faticoso e , se dà buoni risultati, utile, almeno per chi vede le cose da prospettive simili alla mia. Mi metterò al lavoro, troverò il coraggio di farne anche un sito e un blog. Per ora mi auguro buona fortuna. E buona fortuna a tutti voi. Elisabetta

  50. E, però, così non vale, elisabetta g. Non si fanno gli annunci teaser tra amici 🙂 Dicci more, please… “Curiosity killed the cat”

  51. Lasciamolo vivere, il gatto. Non volevo fare la misteriosa. E’ un progetto piccolo, locale, semplice nel campo della formazione dei giovani. Per spiegare meglio devo prima lavorarci sopra e definire tutto. La vera scommessa non è “che cosa farò”, ma “come riuscirò a farlo”. Ma tu, mio caro utente anonimo, su una cosa mi hai fatto riflettere: perchè ho fatto questo annuncio? Credo di averlo fatto per me, per costringermi ad impegnarmi, quindi grazie per l’interessamento. elisabetta

  52. Tanto per gustarci il rientro in Italia… Qualche esperienza personale. 1 – Mi abbono a Fastweb. Funziona tutto in casa, complimenti. Quando vado sul sito cominciano i problemi. Informazioni sbagliate (c’è scritto che i servizi sono a pagamento mentre sono gratuiti, per esempio). Cambiare la password è un’impresa impossibile. Per colpa di Fastweb. Scrivi una mail e non ti risponde nessuno per due o tre giorni. Quando ti rispondono lo fanno in modo sbagliato. Il numero telefonico con risponditore automatico è una giungla inestricabile e non porti a casa nulla. Parti dal tuo problema e, dopoun giro lunghissimo, al tuo problema ritorni. Senza averlo risolto. 2 – Prendo una multa. Mi viene scritto che se vado sul sito del Comune di Milano posso scaricare la fotografia che attesta la mia infrazione. Non è vero. Vengo informato, dal sito, che per inconvenienti non è possibile ottenerla. Scrivi una mail e devi scriverne due, sempre più provocatorie, per avere una risposta, fredda e burocratica. Parlare con qualcuno al telefono nemmeno a pensarci. 3 – Devo avere informazioni dall’Inps. Il solito risponditore automatico ti fa girare a vuoto per una decina di minuti e, alla fine, ti informa che gli addetti sono occupati e ti chiede un numero di telefono al quale, assicurano una risposta nelle 24 ore. Ne sono passate, di ore, (e la procedura l’ho fatta tre volte…) circa duecento ma dall’Inps nessun segnale. 4 – Devo fare una comunicazione alla Cassa Forense di Roma. Solita trafila. Mail. Contro mail. Altra mail. Ore perse per fornire una informazione semplice semplice. 5 – Devo andare a Londra e avrei bisogno di sapere qual è il modo migliore per andare da un aereoporto ad una stazione della metropolitana di Londra. Mando una mail alle ferrovie britanniche. Due ore dopo una persona, con nome e cognome, mi risponde in modo corretto e articolato. In più, mi ringraziano per averli interpellati. Chi vuole la mail gliela mando. 6 – Ho una modesta esperienza in un albergo della catena Novotel (in Italia). Mi lamento via mail sul sito della Novotel Francia. Dopo un giorno mi arriva una mail (anche questa chi la vuole…) dove si scusano e mi offrono una notte gratis per due persone. ………. C’è ancora qualcuno che pensa che questo nostro paese sia il migliore dei mondi possibili?

  53. L’ARTE DI ARRANGIARSI IN ARGENTINA Ho letto recentemente sulla Repubblica delle Donne un articolo di Gabriella Saba sulla casa editrice “Eloisa Cartonera”, una cooperativa che è una via di mezza tra impresa solidale e iniziativa editoriale. 40.000 argentini a causa della grave crisi del 2001 hanno dovuto inventarsi un nuovo lavoro e così sono diventati raccoglitori di cartone (cartoneros). L’incontro dei cartoneros con Eloisa è avvenuto qualche anno dopo. Lo scrittore Cucurto, il grafico Javier Barilaro e la poetessa Fernanda Laguna nel 2003 hanno deciso di aprire una piccola casa editrice dove vendere verdura e libri fatti con pezzi di scatoloni che compravano dai cartoneros. E che pagavano per solidarietà cinque volte di più del prezzo corrente. E’ stato così che Eloisa è diventato un caso studiato anche da alcune università degli States. I libri costano pochissimo: da 1 a 3 euro e sono pezzi unici; vengono stampati fino a un massimo di 1.000 copie ciascuno. Ogni copia però è diversa dall’altra dato che le copertine vengono realizzate a mano tagliando i cartoni e poi dipingendolo a mano. Per saperne di pi§: http://www.eloisacartonera.com.ar. Ho letto inoltre che alcuni libri sono stati realizzati anche per l’Italia (casa editrice Nda): 200 esemplari in vendita nelle librerie Feltrinelli.

  54. LA DISCUSSIONE HA… … messo a confronto stili di pensiero, opinioni e, soprattutto, visioni differenti. Molto interessante. @Lulu: la storia dei cartoneros argentini è fantastica. E, guardando il sito, che è davvero bello, si scopre che ha gemmato iniziative simili in tutta l’America Latina. Grande. @Elisabetta: i teaser funzionano sempre, ma poi ci vuole un announcement… dai, facci sapere che cosa combini @elisa: nel tuo intervento c’è una parola che usiamo troppo poco (forse a molti di noi non sembra abbastanza laica perché, insieme a fede e carità, è anche una delle virtù teologali). E’ “speranza”. @graziano: …sbaglierò, ma credo che non ci siano alternative: se si permette che la contingenza attuale e i suoi più spaventosi protagonisti cancellino la determinazione, l’entusiasmo, la capacità di pensare altrimenti e di produrre nuovo senso e sì, la speranza, allora vuol dire che hanno vinto loro. Perdere il posto di lavoro è drammatico. Perdere anche la capacità di pensare e progettare e reagire è irreparabile. Tutto qui: credo che, insieme alla capacità di indignarsi, sia necessario coltivare quella di reagire. Puoi chiamarlo ottimismo. Ma puoi anche chiamarlo istinto di sopravvivenza. @tutti coloro che sono intervenuti con passione e autenticità, grazie. E grazie ai moltissimi amici che, per l’intero mese, hanno seguito la discussione. Da lunedì, se tutto va bene, NeU riprende a proporre un tema con cadenza più o meno settimanale.

  55. Facciamo a capirci, come va di moda dire… Annamaria (benrientrata) scrive: “credo che, insieme alla capacità di indignarsi, sia necessario coltivare quella di reagire. Puoi chiamarlo ottimismo.” Io sono d’accordo al 100% con quello che scrivi in questa frase. Per esperienza manageriale e di vita io sono un “teorico” dell’approccio “both…and” e non di quello “either…or”. In soldoni: io penso che ci si debba “E indignarsi E reagire”. Non “O indignarsi O reagire”. Ma non posso dimenticare le priorità. E siccome, a mio parere, la reazione giusta sarà quella che seguirà l’indignazione (e i motivi della) io credo che si debba rendere visibile questi motivi, appunto, ad una grande parte di popolazione che indignata non è. E, nel mio post, poi, io parlo di necessità di una scossa e aggiungo che l’entusiamo del quale abbiamo bisogno è quello che ci necessita per domandarci che cosa fare. Questo è il punto: che fare? Pistola puntata alla tempia (ancora le priorità…) e tre secondi per rispondere dico: MoveOn e non quella che Annamaria chiama la “militanza delle piccole cose”. In questo secondo caso io, invece, vedo il rischio, reale, che persone “non sufficientemente indignate” (o che, preferisco, non hanno compreso correttamente la situazione e i rischi che stiamo correndo) si, in qualche modo, ritirino in una loro dimensione “gradevole”, da happy few un po’ snob (parlavo, in un mio post precedente delle “belle grigliate tra elettori di sinistra nel giardino della villa dello Stefano” dove gli extracomunitari servono in tavola a fanno le pulizie, magari in nero perchè è lui che vuole così…) e, di fatto, si accontentino di questa situazione, tutto sommato, individualistica. Che va bene, intendiamoci, chi sono io per contestarla? Ma che, per me, è perdente. Alla prossima.

  56. EHM… da martedì, se tutto va bene. Al rientro abbiamo trovato un po’ di problemi con l’ambaradan tecnologico. Si risolveranno anche quelli. Graziano, santa polenta, stiamo dicendo le medesime cose… e non credo che nessuna delle persone che sono intervenute in modo intelligente e appassionato, proponendo pratiche ed esempi virtuosi, avesse in mente chiacchiere e grigliate, ok? A cominciare dalla sottoscritta. La discussione resta comunque aperta ed è possibile aggiungere nuovi interventi qui, su questo argomento.

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