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Comunicazione politica: tra vendere e farsi capire

Fra tutte le domande (moltissime delle quali fondate, interessanti e doverose) che ci si potrebbero fare a proposito di Matteo Renzi, ce n’è una particolarmente stucchevole che negli ultimi giorni mi sono sentita proporre con sproporzionata frequenza e poche variazioni: “Matteo Renzi è, come Berlusconi, un televenditore?”.
Intanto, segnalo che in realtà non si tratta proprio di una domanda, ma di un’affermazione a cui è stato appiccicato un punto interrogativo. Una domanda vera, per esempio, potrebbe essere “quali sono secondo lei le caratteristiche peculiari della comunicazione politica di Renzi?”.
Ma, me ne rendo conto, messo così il quesito rischia di risultare troppo poco pepato. E, oltretutto, la risposta allontanerebbe dall’ambito berlusconiano, perché a Renzi appartengono, per esempio, velocità, autoironia e sdrammatizzazione: tre categorie che l’altro, il Gran Seduttore, frequenta poco.

Invece sul Renzi televenditore-come-Berlusconi, o addirittura imbonitore nello stile di Cetto Laqualunque, si sono scatenati proprio tutti. Già che ci siamo, vi ricordo che con un accurato montaggio-video si può far dire qualsiasi cosa a chiunque (qui un divertente montaggio costringe Obama a “cantare” Jingle Bells).
Ma torniamo allo stile da televendita: perfino l’acuto, brillante Gian Antonio Stella scrive sul Corriere della Sera che su questo lo stesso Renzi, che pure ha mostrato di soffrire un po’ i paragoni, deve convenire: nel saper «vendere la merce» (buona o cattiva che sia) è difficile non vedere un parallelo. L’uno e l’altro, che siano intervistati da un giornale, ospiti in tv o chiamati a intervenire in Aula, non parlano ai giornalisti o ai colleghi: parlano direttamente ai loro elettori. Al popolo.

Sarò ingenua, ma mi sembra che un bravo politico debba porsi l’obiettivo di parlare agli elettori, e non ai giornalisti o ai colleghi. E, soprattutto, di farsi capire il meglio possibile dagli elettori medesimi.
Se all’ingenuità aggiungo un po’ di malizia, mi viene perfino il sospetto che qualche giornalista possa percepire per sé, in questo filo diretto tra politico ed elettori, il rischio di una perdita di ruolo e di centralità: ohibò, se il discorso è troppo chiaro, non restano più contenuti da spiegare o da interpretare. E allora via!, in assenza dei fatti, che sono di là da venire, tocca lambiccare sulla forma.

Tra l’altro: segnalo che per riuscire a parlare semplice bisogna avere idee chiare (non necessariamente “giuste”, ma chiare di sicuro). E sarò doppiamente ingenua, ma non vedo nemmeno tutto questo scandalo nella scelta di usare una presentazione in powerpoint (peraltro assai migliorabile, nel caso di Renzi). Supporti infografici vengono ormai adoperati correntemente nei telegiornali e nei talk show e appaiono sui maggiori quotidiani italiani e internazionali. Usano powerpoint la Banca d’Italia e il Censis nei convegni. Si mostrano correntemente powerpoint nelle università (e gli studenti – questo sì è un problema – tralasciano di prendere appunti). Il motivo è evidente: specie se un discorso è complesso, una lista aiuta a mettere a fuoco i punti salienti.

Tutto ciò non significa che la forma e lo stile di Renzi non siano meritevoli di nota e commento. Mi spiego: la comunicazione dei partiti politici italiani ha subito un’evoluzione, a volte lenta a volte rapida, a partire dal secondo dopoguerra, ma solo in tempi più recenti si sono registrate le tre maggiori discontinuità: la prima a fine anni ’80, con la Lega e il celodurismo di Bossi. La seconda nel ‘94, con la discesa in campo di Berlusconi. La terza in anni più recenti, con Grillo.
Sono tre diverse rotture nel linguaggio, tutte e tre coincidenti con l’apparizione di formazioni politiche nuove, e tutte e tre lontane dall’area del centrosinistra. Con Renzi abbiamo un salto di linguaggio (ritmi, toni, riti, espressioni, contesti, esempi, metafore, comportamenti) altrettanto rilevante, ma nato all’interno di una formazione politica di centrosinistra, che già esiste e che ha una lunghissima storia. È normale che molti si sentano un po’ spaesati. E che alcuni non riescano proprio a crederci.

Ma, proprio perché siamo di fronte a qualcosa di nuovo, ho la sensazione che sospendere il giudizio per un po’ potrebbe non essere una cattiva idea. E, per esempio, mi sentirei di rispondere alla domanda “Matteo Renzi è un televenditore?” non prima che siano passati un paio di mesi. L’appropriatezza della definizione è appesa non allo stile, ma ai contenuti della comunicazione: se i cambiamenti annunciati non si verificheranno, allora sapremo di aver assistito a una televendita, l’ennesima.
Intanto, e ancora a proposito di scelte di stile, per ora sono abbastanza contenta che Renzi abbia abbandonato il brutale frame della rottamazione. Era divisivo, offensivo e fuorviante. Era, come ho provato a raccontare, contrario a qualsiasi logica di cambiamento creativo. E, per dirla tutta, mi auguro di potermelo proprio dimenticare.

19 risposte

  1. Era l’ennesima notte fosca, cupa. Da molto, ormai, non si vedeva in cielo una stella. La Luna qualcuno ricordava di averla vista, da ragazzo, ma i giovani ne avevano solo sentito parlare. Eravamo tutti lì a guardare non si sa bene dove, ad attendere non si sa bene cosa. Ed ecco che arriva Matteo. Sai, quello che già da piccolo era il solito che si sbracciava: “maestra, io, io!”. E da scout era quello che arrivava correndo in diagonale, da sinistra a destra mi pare, via a piazzarsi rigido come un baccalà sull’attenti al cospetto del gran B.ogol. Però l’altra sera ci ha stupiti. È stato il primo a mostrarci la Luna usando il dito. Non era mai accaduto prima. Sì, qualcuno ricorda il goffo ma suggestivo tentativo di una notte di circa vent’anni fa, quello del grande Calvo trapiantoplastico, sotto il Portone, ma lui aveva usato solo un bastoncino, senza convinzione, episodico.
    E, invece, ecco Matteo col suo dito, a indicare la Luna. Affascinati e sconcertati dall’indicalità multifalangica siamo tutti lì a parlare del dito, a dire che bello, che bello finalmente una novità, no troppo smodato, che è sta’ cosa, che non ci siamo ancora liberati dell’oratoria demitiana, del politichese oronzorealista, ma chi crede di essere, cosa vuol dimostrare questo giovanilistico imbonitore di padelle, approdato chissà come a rimestare nel calderone gigante della polenta sconcia?
    E tutti lì a guardare il dito. Ma, e la Luna? C’è chi, suggestionato dal Matteo, spergiura di averla vista chiarissima come nei disegni di Galileo, apparsa come la madonna delle Mangrovje, c’è chi dice che si è trattato solo di una iconopoiesi condizionata, un riflesso pavloviano dovuto alla suggestionante speranza di tempi migliori. Siamo tornati a casa, mesti, brancolando nel buio, evocando i bei tempi di non è fame, Ambrogio, è solo voglia di qualcosa di buono.

  2. Forse il problema vero è, come hai detto tu AnnaMaria, che con la scusa delle slides nessuno prende più appunti e perde il contenuto a favore del contenitore. Mi è capitato spesso seguendo i convegni, che le slide siano solo una estrema sintesi di un ragionamento più articolato e non la trasposizione completa e grafica dello stesso. In questo caso le slide erano “vuote” , sequela di titoli a cui non era possibile collegare alcun appunto per i giornalisti se non le scenette sul pesce, brunetta e la sua auto etc.
    Ma è il suo stile ed anche quello di molti giornalisti …cosa sono ormai i giornali online , se non una serie di slide dei titoli minimamente approfondite?

  3. vero, Rodolfo, la luna. Ma il politico, a parte il “come dice le cose”, è importante che dica cose esatte e realizzabili.
    Non voglio neanche fare riferimento alla destra che non ha mai pensato che agli interessi del condannato, ma, nei giorni scorsi mi è capitato di intercettare due perle da personaggi della sinistra che reputavo esperti. Fabrizio Barca che al finto Vendola esprime la assoluta necessità di una patrimoniale da 400 miliardi, affermazione che ribadisce in seguito. Allora, ragioniamo, sembra che il risparmio delle famiglie italiane ammonti a 1000/1200 miliardi, capite immediatamente la sciocchezza della boutade di
    B. L’altra perla è stata quella di Del Rio, sulla tassazione dei Bot: affermazione che dimostra l’assoluta incompetenza del nostro:
    Intanto di Bot, dato il rendimento microscopico, la gente normale non sa che farsene. Semmai parliamo di titoli di stato.
    E anche in questo caso la maggior parte sono in mano delle banche, fondi e istituzioni finanziarie e cioè dei cosiddetti “lordisti” ai quali non viene applicata la ritenuta alla fonte sugli interessi, perchè tutto entra nel bilancio annuale sul quale si possono
    effettuare, lecitamente, aggiustamenti per alleggerire il carico fiscale.
    Insomma, alla fine gli esperti calcolano
    che aumentando l’attuale ritenuta dal 12.5, per esempio, al 20 la somma sarebbe ammontata a circa 150 milioni, cioè quanto servirebbe per acquistare il calciatore Cristiano Ronaldo. Il tutto detto in una delle solite trasmissioni televisive di largo ascolto.
    Mah!

    1. Infatti. Intendevo proprio che molti hanno guardato al come (il dito-lavagna multimediale), invece che guardare al cosa (i contenuti). Qualche giorno fa il sociologo Domenico De Masi ha sostenuto che, anche se non ci fosse lo spred e i debiti e la disoccupazione, i nostri cocchieri, Renzi compreso, non saprebbero indicarci una direzione ragionata, sarebbero comunque senza soluzioni. La mia impressione è che si stia giocando a chi la spara più grossa, così, tanto per stupire quegli idiotini dei giornalisti dal culo immobile che leggono sui monitors le notizie scritte da altri come loro che leggono le notizie scritte da altri come loro che… e per far tambureggiare la grancassa multimediale. Ci siamo lasciati attrarre dal rottamatore, sperando in un cambiamento. Però, quando si demolisce, bisognerebbe avere un piano concordato su cosa e come ricostruire, piano che da quelle slides, bruttine, equivoche e pesciose proprio non si evince. La nostra ospite è attendista, e la posso anche capire: lei è generosa. Però lo show paritetico con le otto-ministre-otto, smentito dalla geniale selezione dei sotto-segretari (ma proprio sotto sotto), la legge elettorale che si delinea peggiore della porcata leghista, senza più parità o senza più genere, mi fanno pensare che ciò che c’era da vedere lo abbiamo già visto…

  4. La storia delle slide dimostra ancora una volta la pochezza del nostro giornalismo oltre all’incapacità di giudicare sul piano della comunicazione la presentazione in sé. Il giochino Berlusconi uguale a Renzi è inutile e fa solo gossip. Probabilmente molti, tranne chi lavora nelle imprese, non conoscono PowerPoint e davanti ad una presentazione verbale che utilizza anche le slide tutto quello che sanno fare è paragonare la cosa ad una televendita. Mi pare inutile in questo blog ricordare l’efficacia di una buona slide, utile invece chiedersi in che mondo vive il giornalista che ne fa una meraviglia. Quello di Stella è un peccato veniale.

    1. Credo, al contrario di Gian Antonio Stella, che Renzi non si sia rivolto e non abbia parlato al suo popolo, ma che abbia cercato di stupirli (stupirci) con effetti speciali. In qualche modo la forma, innovativa e straordinaria per la categoria dei politici e per i più, ha prevalso sui contenuti, ininfluenti. Se così è, il fatto indica che il Ragazzo pensa di essere superiore, o più furbo, capace di guidarci verso un destino radioso di cui controlla le redini. Ma se lo pensa, e anche se lo pensano in tanti, non è detto che sia davvero in grado di fare. Mi verrebbe da citare un antico proverbio con il mare di mezzo…

  5. “Sarò ingenua, ma mi sembra che un bravo politico debba porsi l’obiettivo di parlare agli elettori, e non ai giornalisti o ai colleghi. E, soprattutto, di farsi capire il meglio possibile dagli elettori medesimi. ”
    Non voglio darti torto, quindi l’ingenuo sono io che credo che un bravo politico non dovrebbe far credere una cosa agli elettori (delle primarie) per poi fare l’esatto opposto. Dalle mie parti chi si comporta così viene chiamato “pataccaro”, per non lasciare dubbi e retrogusti stucchevoli.

  6. Il problema è che molti considerano alla stregua di un televenditore chiunque, specie in politica, adotti un linguaggio piano, chiaro ed essenziale. Come se comunicare nitidamente fosse una colpa ed essere inutilmente complicati un titolo di merito.

    Così anche usare una presentazione in Powerpoint, per alcuni, è motivo di scandalo.

    p.s.: questo non significa che appoggi politicamente Renzi.

    p.s. 2: questo non significa che appoggi culturalmente quei corsi universitari in cui le slide rimpiazzano i libri di testo.

  7. Le slide vanno benissimo, ma quelle erano bruttarelle.
    Mi piacerebbe conoscere il commento di Annamaria su questo.

      1. Grazie, Annamaria.
        Proprio questo giudizio, che condivido, mi aveva fatto sorgere la curiosità per un’argomentazione.

  8. Renzi è in campagna da maggio scorso (presentazione del libro “oltre la rottamazione”) e in 10 mesi ha prodotto un’infinità di contenuti, in particolare durante le primarie.
    Si aspetta quando non si hanno sufficienti elementi per giudicare, ma in questo caso abbondano quindi mi chiedo cos’altro le serva per esprimere un giudizio, qualunque esso sia, sui contenuti della comunicazione renziana.
    Io per esempio sarei partito dalla promessa di cambiamento etico, disattesa appena finite le primarie.

  9. Anche io mi prendo un po’ di tempo (qualche mese?) per rispondere; e voglio sperare di sbagliarmi, e poter rispondere: “no! non è un televenditore, e non è come Berlusconi!”
    Sono rasserenata che in questa attesa non sarò sola.

  10. Se entriamo nei contenuti dei decreti non ne veniamo più fuori, Annamaria ha chiarito molto bene soprattutto in questo passaggio: “Con Renzi abbiamo un salto di linguaggio (ritmi, toni, riti, espressioni, contesti, esempi, metafore, comportamenti) altrettanto rilevante, ma nato all’interno di una formazione politica di centrosinistra, che già esiste e che ha una lunghissima storia. È normale che molti si sentano un po’ spaesati. E che alcuni non riescano proprio a crederci.
    Chi si occupa di comunicazione avrebbe dovuto “sorridere” quando sono iniziati i commenti sulle slide, televenditore, ecc.. Sono tutte cazzate. La televendita è tutta un’altra storia, l’uso delle slide non è roba da mas media, ma da comunicazione di gruppo. La stampa italiana? Lasciamo perdere, prendete in mano il NY Time e fate il confronto, leggete un articolo su un determinato argomento nel sito del Washington Post e su Repubblica.it. Poveri giornalisti, questo e solo questo mi viene da dire. Sui contenuti e sulla capacità di dare notizie dei giornalisti colgo solo l’occasione per notare come oggi, nel dare la notizia del lavoro di Cottarelli sulla spending review, alla voce difesa ci sono le cifre dei tagli 2,6 mld nel 2014/15/16, nessuna notizia sugli F35. Dai media, da oltre 2 anni abbiamo saputo che la cifra dell’ordine alla Lockheed-Martin si aggirava intorno ai 12 mld per 90 aerei. Se le cose stanno così quanti F35 non saranno acquistati? Qualcuno ce lo vuole dire, qualche giornalista vuole indagare, please. Mi pare che per la voce difesa questa avrebbe dovuto essere il taglio più importante sulla quale entrare nei dettagli. Non per i giornalisti italiani che non si sono fatti nemmeno la domanda.

  11. Mi spiace che la logica dell’uomo che comanda continua ad imperare e così, nel gorgo, finisco col cascarci anch’io. Il tema riguardava il vendere vs. il farsi capire, ma le attese e le speranze ci fanno andare oltre. Renzi, che continuerò a non apprezzare, ci prova a suo modo, fra innovazione delle forme del linguaggio e qualche banale contenuto. Ma fin quando noi tutti ce ne stiamo ad attendere il miracolo, c’è poco da sperare, o c’è solo quello.
    Siamo un paese decadente, decaduto, incapace di rinnovare e rinnovarsi, con o senza Renzi. Continuiamo a voler vivere di rendita sul Rinascimento, sul made in Italy, sul design e la moda ripetendoci che siamo i migliori, i più bravi. Invece siamo ignoranti e spocchiosi, incapaci di aggiornarci. Ieri ho sentito dire, da politici che hanno la testa ben riposta nei loro orifizi, che il futuro è nell’eccellenza italica, nella capacità artigiana, nella creatività. Forse hanno orecchiato l’astuto Farinetti. Le doti vanno coltivate con tenacia e resilienza (grazie Annamaria!), studiando e ancora studiando, senza essere mai soddisfatti. Basta vedere il numero e la diffusione delle riviste di settore, i fallimenti di iniziative encomiabili dovuti alla mancanza di lettori, di curiosità, di volontà di saperne di più.
    La maggior parte dei laureati non legge e non si documenta sulla sua materia di competenza. Medici, per non dire degli architetti che seguono corsi di aggiornamento sono mosche bianche. Per non dire degli imprenditori, quelli del miracolo del Nordest, o delle partite iva. Vecchio e Inutile. Gli artigiani tedeschi o iraniani o coreani leggono dieci volte di più, hanno più cultura, partecipano all’innovazione. Qui ci aspettiamo che Matteo faccia il miracolo, ma intorno a lui c’è il deserto (che in gran parte si è costruito, scegliendo collaboratori incapaci ma servili).
    Questa è la condizione migliore per far prosperare la mediocrità arrogante al potere. Gli F35, cinque corpi di polizia in concorrenza reciproca, province e regioni e comunità montane e società partecipate e due milioni di presidenti a gettone di Acme o bocciofile comuniali e fondazioni… saranno impossibili da scalzare senza un rinnovamento partecipato della politica. Ma rinnovare i partiti, chiusi nei loro comitati d’affari, è estremamente difficile, anche per Renzi. A lui non resterà che lo show multimediale giovanilistico, a noi qualche sfogo inconcludente e o.t. nei blog.

  12. In Italia spesso politica è stato sinonimo di “non farsi capire”, ed un politico era uno che, per il cittadino comune, aveva un modo di parlare incomprensibile.
    Mi ricordo quando ho scoperto che per gli altri non era così: 1990, governo De Mita, ero a Londra per un corso d’inglese. Nella famiglia dov’ero ospite a colazione ascoltavano le notizie alla radio, e sentii un discorso di Margaret Thatcher ad un funerale. Per me, era più facile capire lei che il giornalista che ha detto la notizia.
    ben vengano i politici che parlano in modo comprensibile. Poi vorrei anche i giornalisti che parlano di cose concrete e non di sciocchezze come l’abbottonatura di un cappotto.

  13. POSITIVO
    A parte il linguaggio chiaro e diretto,
    evita accuratamente l’arrotamento sulla polemica politica
    e sta sui problemi. I Vespa ci provano,
    ma non lo spostano: ha fatto training autogeno, si vede.
    Tutto questo non fa “contenuto”, ancora, ma è un suono
    diverso che la gente un po’ aspettava.

    NEGATIVO
    Si è fatto buttare in mezzo ai leoni col punteruolo
    della vittoria delle primarie, in più c’ha parecchi
    disperati attaccati ai pantaloni, che sono incerti
    se aiutarlo o dargli lo spintone e scappare.
    Anche un bel linguaggio ha bisogno di credibilità.

  14. Ma la politica non è soprattutto “consenso”? Per fare le “cose” serve il maggior numero possibile voti e quindi questi, non sono -anche- figli del comune sentire? E il consenso non si ottiene con la forza e la forma delle argomentazioni? Non si ottiene soprattutto facendo leva sulle emozioni? e quindi, in una comunicazione che si vuole “di massa”, le slide, il power point che male fanno? Ogni comunicatore sceglie la forma (non solo il contenuto)della comunicazione in funzione del pubblico. Forse Renzi, non ritiene chiari, coinvolgenti e trascinanti – quindi funzionali all’obiettivo -i lunghi dibattiti come quelli ai quali abbiamo assistito in questi anni, ad esempio, sullo spread e il cuneo fiscale;i miliardi di euro e le percentuali tirati lì, apparentemente a caso e sui quali mai si riesce ad affermare una qualsivoglia verità. Nemmeno quella delle fonti utilizzate.

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