Copertine dei libri

Cover design: quel che raccontano le copertine dei libri – Idee 123

(un contributo di Claudio Passera)
Il detto don’t judge a book by its cover traduce in inglese almeno due motti: l’abito non fa il monaco e non farti ingannare dalle apparenze. È anche il nome di uno dei siti americani più interessanti dedicati alla grafica editoriale. Curioso l’accostamento semantico: certo, le copertine dei libri vestono, rivestono un testo come un abito confezionato su misura per l’incontro con il lettore. Ma è pur sempre un prodotto di design complesso e pensato, più che per ingannare qualcuno, per attirarne l’attenzione, instaurare una relazione e suggerire qualcosa della storia che sta tra le pagine.
Vediamo dunque che cosa succede attorno alle copertine dei libri, avendo ben presente che siamo in tempo di e-book e stiamo esaminando un paradigma destinato a durare non sappiamo quanto.

BELLE DA VEDERE. Con pochi giri di parole e molti esempi approdati in libreria, in questo video gli art director dell‘editrice americana Random House fanno un po’ di chiarezza sull’arte del Cover Design. Due le idee interessanti: Le copertine dei libri non illustrano un volume, ma disegnano un’atmosfera, uno spazio che deve intrigare, stuzzicare e richiamare alla mente il racconto che avvolge. Ma, siamo onesti, chi di noi ha letto davvero tutti i libri che ha in casa? Quello spazio disegnato, che forse starà nel nostro soggiorno per qualche tempo, dovrà essere anche bello da vedere.

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RAPPORTI MUTEVOLI TRA TESTI E IMMAGINI. Guardiamoci un po’ di copertine dei libri del passato, procedendo per immagini e intrecciando storie, come fa David Pearson, genio del book design, che seleziona per la CNN le dieci copertine migliori di sempre. Parte con i colori sgargianti della sagoma di Alexander DeLarge scelti da David Pelham per l’edizione Penguin di Arancia meccanica del 1972. Esalta il lettering di Tony Palladino per Psycho nel 1959, che Hitchcock poi acquista per promuovere il suo film. Loda il disegno visionario della prima edizione (1927) di Gita al Faro. Sapevate che è la sorella più grande di Virginia Woolf, Vanessa Bell, a disegnare le copertine dei suoi romanzi?
Strani incastri di forme e parole descrivono una strada lunga un secolo, in cui il punto di svolta pare l’uscita per Penguin di The Far Pavilions di M. M. Kaye nel 1979. C’è il bacio appassionato tra un capellone a torso nudo e una ragazza in abito orientale, sullo sfondo di una città alle pendici dell’Himalaya. Riscuote un tale successo di vendite che gli editori, dagli anni Ottanta in poi, danno maggior spazio alle immagini e scelgono formati sempre più grandi per i libri.

Un’altra gallery, più ampia, conferma molte delle scelte di Pearson e presenta diverse chicche meno note: peccato solo che non tutte le immagini siano corredata dalla data di uscita dell’edizione: questo ci aiuterebbe a ricostruire cronologicamente i mutamenti del rapporto tra lettering, immagini, assetto grafico, colori nel piccolo spazio chiuso di una copertina. A guardare la selezione compiuta dall’art director del New York Times (il meglio del 2013) sembra quasi che, dopo l’esuberanza degli ultimi decenni, si stia tornando al rigore.

STESSA IMMAGINE, STORIE DIVERSE. Che cos’hanno in comune David Grossman e Irène Némirovsky? Edgar Allan Poe e H. G. Wells? Jorge Amado e Joseph Conrad? Semplice: condividono una medesima immagine di copertina. A segnalarcelo, con una raccolta tanto ampia quanto curiosa, è un bel blog italiano. E c’è da ragionare sul fatto che immagini identiche possano essere impiegate per evocare storie del tutto diverse.

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BLU SELLERIO E BIANCO EINAUDI. Restiamo in Italia, ma torniamo indietro nel tempo: a inventare le collane editoriali, nel Cinquecento, è lo stampatore Giolito de Ferrari, in una Venezia capitale della produzione editoriale. De Ferrari vuole mettere insieme libri simili per stile e argomento, in modo che il pubblico li riconosca a prima vista: per questo il formato, la grafica e i caratteri devono essere sempre gli stessi.

Oggi, ovviamente, per le copertine dei libri le case editrici compiono scelte più sofisticate: abbiamo non solo il blu Sellerio, il bianco Einaudi, i grigi Garzanti o le tinte pastello di Adelphi a far da livrea per identificare la produzione della casa, ma anche complessi ragionamenti su formati, pubblici, autori, costi. Dietro queste scelte ci sono storie di autori  che crescono insieme alla loro casa editrice (pensate a Camilleri con Sellerio), o che entrano nel vivo della produzione editoriale fino a dirigere collane: Sereni per i Meridiani Mondadori, Vittorini per i Gettoni Einaudi… all’Università per stranieri di Perugia hanno cercato di fare il punto sulla storia dell’editoria italiana tra il 1950 e il 1980. Ne è nato un archivio online che merita una visita. Anche il Book Cover Archive, purtroppo fermo al 2011, resta una risorsa per appassionati di design: consente ricerche per autore, titolo, designer, art director, fotografo, illustratore, genere, editore, data di pubblicazione e carattere.

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In conclusione, bisogna comunque ricordarsi che letti o non letti, e a meno che non si tratti di libri d’arte che vanno ad accomodarsi su un tavolino, i libri staranno in libreria in una posizione un po’ scomoda: in verticale. Il più delle volte sarà solo il dorso a fare mostra di sé. Lo sa bene Thatcher Wine, che racconta al New York Times come arreda i grandi alberghi o le dimore di facoltosi imprenditori dell’Upper East Side con libri riabbigliati per accordarsi ai mobili o alla tappezzeria. La notizia vera è che qualche cliente pretende perfino di poterseli leggere.

Le immagini sono dell’art director Peter Mendelsund. Se vi è piaciuto questo post potreste leggere anche:
Biblioteche: le belle, le buone, le future. E le nostre
Libri: letti e diletti

13 risposte

  1. Buonasera
    volevo farle notare (e può anche non approvare questo commento, ma non sapevo come altro scriverle) due sviste:
    “…all’Università per stranieri di Perugia hanno cercato di fare il punto sulla storia dell’editoria italiana tra il 1950 e il 1980. Né è nato un archivio online che merita una visita.”
    Dunque le sviste: l’errore sul ne; e la non corretta corrispondenza del link riguardo all’archivio.
    E poiché ero interessato a visionarlo se riuscisse ad aggiornarlo sarebbe una bella cosa.
    La ringrazio.

    1. Ciao Alessandro.
      In questo momento sono lontana dal mio solito computer e digito su un iPad con il quale non riesco a fare amicizia. Abbi un po’ di pazienza: appena posso sistemo.

  2. Gentile Annamaria, intanto che ci sei dovresti sistemare anche “cos’anni” al sesto paragrafo. Non mi piace molto com’è scritto ma ho apprezzato i contenuti dell’articolo. Grazie

  3. Mi riaggancio a questo articolo per aggiungere un nuovo spunto nato nel corso di una conversazione su Facebook, ovvero quello che sottolinea il fatto che buona parte dei libri scritti da donne, perlomeno in Italia, porti in copertina un’immagine di donna, appunto. Il che a mio avviso implica varie cosette.
    Devo ancora approfondire l’argomento, ma intanto qui lancio una palla da giocare, se volete.

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