creatività e disagio psichico

Creatività e disagio psichico

Creatività e disagio psichico sono, ormai lo si afferma da più parti, in relazione. Tutti ricordano il caso del premio Nobel John Nash, anche per via del film Beautiful Mind. Molti creativi eminenti, tra cui Isaac Newton, Ludwig van Beethoven, Lev Tolstoj hanno avuto esperienze borderline. Mental Floss mette in fila undici geni riconosciuti e i loro possibili disturbi mentali. Ma sembra che anche in ambito imprenditoriale ci sia una più che discreta relazione tra genio e follia: il 72% degli imprenditori avrebbe qualche forma di familiarità con il disagio mentale.

DISTURBO BIPOLARE. Alda Merini, poetessa milanese di grande pathos, entra ed esce più volte dagli ospedali psichiatrici perché soffre di disturbo bipolare: la stessa alternanza di esaltazione e depressione affligge gli scrittori Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, Virginia Woolf e il poeta George Byron, l’attore italiano Vittorio Gassman.

GENIO E FOLLIA. D’altra parte, dobbiamo tener conto del fatto che la malattia mentale è un costrutto sociale, e la linea di separazione tra la malattia e il talento, tra la follia e il genio, non è poi così netta (nella nuova economia della tecnologia, qualcuno sostiene che alcuni sintomi dell’autismo possono aprire la strada al successo e alla ricchezza). Così scrive Oliver Burkeman sul Guardian. E conclude: personaggi come Andy Warhol dimostrano che si può essere molto eccentrici e anche molto creativi, non che l’eccentricità è la garanzia della creatività per tutti.

UN RAPPORTO DINAMICO. Il rapporto tra creatività e disagio psichico è dinamico. Creatività è trasformare l’inquietudine individuale in un’opera che parla al mondo: Freud chiama sublimazione questo processo di cambiamento. Jung lo chiama individuazione: la riconquista di un sé più pieno. I neuroscienziati oggi ipotizzano l’esistenza di un legame genetico tra tratti psicotici e creatività: le correlazioni più forti sono tra i geni alla base della schizofrenia e l’inclinazione per la musica, le arti visive e la scrittura.

L’ART BRUT. Jean Dubuffet pensa che la follia possa generare vera arte, e formula il concetto di art brut (se l’argomento vi interessa, guardatevi Art Brut, arte oltre la ragione, prodotto da Rai Cultura). E, di fatto, la creatività ha una valenza terapeutica: dare forma alle proprie idee (e alle proprie esperienze, alle proprie ossessioni e ai propri fantasmi) può diventare una potente medicina.

L’OPERA, OLTRE L’ARTISTA. D’altra parte chi, come Aldo Carotenuto, ha esperienza diretta della malattia mentale o della nevrosi sa che in genere non è la patologia a rendere creativa una persona… il senso e il carattere dell’opera sono nell’opera stessa e non, come alcuni sostengono, nelle condizioni umane che l’hanno preceduta o determinata. E, ricordiamolo, i manicomi sono stati posti spaventosi (questo video è stato girato nell’ex manicomio di Collegno).
Questo articolo è aggiornato a giugno 2016. L’immagine: un’opera di Carlo Zinelli, dalla collezione di Bruno Decharme.

3 risposte

  1. Si, io credo che tra creatività e disagio psichico ci sia relazione, se si intendono i contorni della costruzione di pensieri ed emozioni svincolati da filtri sovrastrutturali. Il gesto o pensiero creativo, sempre secondo il mio punto di vista, nelle menti scompigliate dalla cosiddetta malattia mentale rappresenta però un approdo occasionale, non ricercato e non voluto ma non per questo meno brillante o poetico. Anzi, in alcuni casi addirittura ineguagliabile e irragiungibile, frutto com’è di un cortocircuito non razionale. Questo può anche voler dire che l’approccio al pensiero creativo non ha solo bisogno di cultura sedimentata e strutturata ma riguarda piùttosto il libero fluire dei pensieri tra le porte aperte (spalancate) dell’immaginazione che spesso è precluso alle menti razionali. Comunque sia, ci sono storie di disagio psichico che rasentano spesso in maniera del tutto solitaria (come accade ai geni sani) la vera creatività, ed altre che vengono ingoiate dal buio cupo della malattia. Sarebbe interessante scoprire in quale percentuale. un saluto Antonio

  2. Credo che calcolare percentuali sia molto difficile. Ho letto qualcosa sull’argomento: non ne ho mai trovate. Almeno non nei termini che tu dici. Lo psicologo americano Frank Barron scrive che “le persone più creative sono più primitive e più acculturate, più distruttive, molto più matte e molto più sane dell’individuo medio”. Vuol dire che alcune persone che sono disadattate psicologicamente riescono a trovare, se hanno capacità creativa, una forma di adattamento sociale. Per dirla in altre parole, alcuni fattori caratteristici nella personalità creativa (per esempio l’introversione o, per dirla con Eysenk, il nevroticismo) sono connessi con una certa instabilità emozionale. Che però trova modo di compensarsi. Ma Barron non sta parlando di forme psichiatriche che pure, come la schizofrenia o la sindrome maniaco-depressiva, hanno un legame con la creatività. Durremberger, che è uno psichiatra, dice che: alcuni fra coloro che hanno una familiarità, o forme più lievi, tendono ad essere più creativi della media. Non c’è invece creatività nell’episodio psicotico. Molte persone creative hanno usato questa loro capacità creativa per elaborare con successo un trauma. In generale, il disagio è più presente nella creatività artistica che in quella scientifica. All’interno delle attività artistiche: i musicisti hanno più problemi con l’abuso di sostanze. I poeti con la mania e la psicosi. Gli architetti sono i più stabili, insieme agli scrittori non di fiction (Arnold Ludwig, Kentuky University).

  3. Piccola segnalazione: Nel sito ufficiale del Festival della Mente è possibile ascoltare e vedere tutti gli interventi dell’edizione 2009 e molti degli anni precedenti. Edizione 2005: Eugenio Borgna: la follia può essere sorgente di creatività? elisabetta

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