Futuro del pianeta

Creatività per il futuro del pianeta

Il 7 dicembre si discute il futuro del pianeta: si apre a Copenhagen la Conferenza sui cambiamenti climatici a cui partecipano i paesi responsabili della maggior parte delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Trovare una soluzione globale prima che sia troppo tardi è una delle sfide creative più importanti dei prossimi anni. Il problema ruota attorno al numero 350, il limite di sicurezza stabilito dagli scienziati per il biossido di carbonio.
Per risolverlo bisogna fare alcune cose non banali: per progettare e costruire il futuro del pianeta,  occorre attivare un forte pensiero creativo. Per esempio bisognerebbe ri-discutere gli indicatori dello sviluppo a partire dai quali le scelte politico-economiche vengono giudicate virtuose. E no, per esempio il pil ci dice alcune cose interessanti di come va l’economia, ma non ci dice niente della qualità delle nostre vite. Ripensare nuovi indicatori significa mettere a punto nuovi criteri di valutazione, e quindi una visione del tutto nuova dello sviluppo. Un compito di enorme complessità.
E ancora: bisognerebbe continuare a sviluppare nuovi materiali  come la bioplastica, il brevetto italiano che  ha vinto il premio Ue come invenzione dell’anno 2007.
Un altro esempio: è ormai necessario  ripensare l’architettura urbana, modificare il packaging dei prodotti per ridurne l’impatto ambientale, inventare nuovi prodotti, magari rubando idee alla natura. Tutto questo, tra l’altro, è la chiave per uscire dalla crisi economica creando nuovi posti di lavoro.

6 risposte

  1. Gentile Annamaria, per quanto la crescita di consapevolezza sia forte tra l’ opinione pubblica, per quanto la creatività possa concentrarsi sul CO2 ( e fa benissimo), questo del clima mi pare un problema globale che si può risolvere solo contestualmente agli altri problemi globali. Che sono 20, secondo quando scrisse nel 2003 J.F. Rischard in ” Conto alla rovescia. 20 problemi globali. 20 anni per risolverli ” ( ne avremmo già persi 6 ). Le crisi sono causate dalla nostra mancata congruenza con le leggi di Natura. E se apriamo questo vaso di Pandora ( citatissimo, in questi anni ), entreremo nell’ arena dove si trovano le più grandi concentrazioni di potere, di forza, di danaro, di armi. Mi sento impreparata, guarderò altri documenti, cercherò un barlume. Per finire con una nota di speranza,a proposito dei problemi globali Ray Laitman sostiene che ” un giorno si scoprirà che la Kabbalah è all’ origine di tutte le scienze e le filosofie e che la soluzione arriverà dalla sua saggezza “. In questo ” clima ” da fine-di- mondo ( il 2012 ? ), anche la deriva profetica…..! Gabri

  2. Qualche considerazione a margine, che non pretende di essere sistematica. – i problemi “globali” sono per definizione enormemente complessi. Non si sa da che parte cominciare a risolverli, e questo spesso impedisce di cominciare. L’unico modo, credo, è: un pezzetto alla volta – piccole variazioni possono produrre grandi effetti nel lungo periodo. E’ l’”effetto farfalla”. Sarebbe interessante capire quali variazioni realistiche e attuabili, nel nostro caso. – se non si ridiscutono gli indicatori dello sviluppo, a cominciare dal PIL, non si va da nessuna parte perché non si hanno criteri adeguati e condivisi per capire se una decisione è opportuna o no, e rispetto a che cosa. – se non si genera consenso e desiderio sociale verso nuovi stili di vita non si va ugualmente da nessuna parte. – dentro la crisi ambientale c’è un gigantesco sistema di opportunità, anche economiche, e anche per l’occupazione, a patto di non essere così ciechi da non riuscire non dico a coglierle, ma neanche a vederle. – il primo libro scientifico sull’ambiente che ho letto è stato “I limiti dello sviluppo”, all’inizio degli anni ’70: una delle prime proiezioni fatte usando i computer, una roba avveniristica. Le proiezioni sono state ampiamente ridiscusse, gli scenari modificati. Credo che abbiamo un problema serio, e che proprio perché è serio e complesso e difficilmente modellabile bisogna procedere in maniera empirica. E ciascuno facendo la sua parte. – i messaggi mediatici sono schizofrenici: “allarme perché diminuiscono gli acquisti a Natale” e “allarme perché le risorse stanno finendo”… cerchiamo di avere bene in testa le gerarchie. – sulla Kabbalah sono del tutto impreparata, invece

  3. AVIDITA’ E SVILUPPO IMMATERIALE Se un bambino crescendo raggiungesse i 2,50 m. o oltre, il suo sviluppo eccessivo gli creerebbe problemi strutturali e fragilità data dal peso sulle ossa, difficoltà circolatorie, stress muscolare, ecc, ecc. Una crescita e uno sviluppo principalmente intellettiva invece, essendo immateriale, creerebbe molto meno problemi. Credo che quindi anche nella nostra complessa e contraddittoria società, la produzione immateriale (ideee, narrazioni, interattività, web, ecc) accompagnata da una produzione materiale essenziale potrebbe essere parte della soluzione. L’avidità e la prevaricazione dell’uomo sull’uomo e sul mondo, tipica del capitalismo fine a se stesso, porta solo ad alienazione dell’uomo e della sua dignità, oltre che a compromettere la sua stessa sopravvivenza. Frugalità nell’uso delle cose, concentrazione sui bisogni e desideri profondi di ogni singolo essere umano, come l’amore per esempio, l’empatia, l’essenza dell’individuo, anziche lo status, il denaro, la merce, il potere. Nuovi prodotti, materiali avanzati, riciclaggio ecc, ecc, ottime opportunità ma solo a condizione che sia ripensato globalmente il “dove vogliamo andare”, altrimenti diventano altra merce che si aggiunge a quella che già produciamo e salva solo le coscienza delle anime nobili. saluti walter

  4. Due note per Walter. -D’ accordissimo con te. E senti qua : Zygmunt Bauman afferma che ” ora il genere umano può sopravvivere solo con la responsabilità morale : PER LA PRIMA VOLTA l’ interesse per la sopravvivenza umana e i principi etici PUNTANO NELLA STESSA DIREZIONE. -Hai citato, non so se consapevolmente, Dante e Paolo. Dante, Paradiso : i beni materiali sono di numero finito e quindi scatenano la competizione per il loro possesso ; i beni immateriali possiamo produrli noi e all’ infinito, al di là di ogni coordinata. S. Paolo, Inno alla Carità: la Carità non ha fine. Ergo : le buone idee si riciclano da sé. @Annamaria Una piccola osservazione, banalissima ma a cui tengo… Per l’ educazione al consumo sostenibile, si potrebbe puntare sugli ADULTI ( genitori, insegnanti,ecc.), coinvolgendoli proprio in veste di adulti e quindi di veri responsabili. Esempi :” Non indossare nulla di coccodrillo o tartaruga o pitone. Insegna a tuo figlio a proteggere gli animali”. ” La carta è legno dei boschi. Insegna ai tuoi alunni a non sprecarla “. Il senso di colpa ( già consistente nel rapporto adulti-bambini ) dovrebbe funzionare : è già servito per il fumo passivo e, per un certo tempo, per le pelliccie. Quell’ ” Insegna ! ” poi, potrebbe essere un richiamo al dovere di qualche impatto : ogni padre o maestro potrà per un po’ sentirsi reinvestito d’ autorevolezza e con la coscienza a posto. I bambini in seguito, dando loro il tormento, glielo ricorderanno… Gabri P.S. Troppi post, scusami.

  5. Vorrei segnalare a tutti un articolo su Repubblica di oggi firmato da Anthony Giddens, membro della Camera dei Lord britannica e esperto di cambiamenti climatici. Il pezzo tocca proprio alcuni temi che affronta l\\\’home page di Neu di questa settimana, in particolare l\\\’esigenza di un nuovo sistema di misurazione della ricchezza e la necessità di pensare in termini creativi ai problemi globali. Incollo il link all\\\’articolo online: http://rassegnastampa.mef.gov.it/mefeconomica/View.aspx?ID=2009120314375276-2 Ciao a tutti. Davide

  6. Riflessioni: C’è molta disparità di opinione (e confusione) all’interno delle tematiche e degli studi rivolti ai cambiamenti ambientali. C’è anche una disparità di trattamento e l’attenzione è puntata principalmente verso le emissioni di CO2 con relativo riscaldamento climatico, divenute ormai il simbolo (il diavolo?) delle aberrazioni dell’uomo. Non sembra anche a voi che sia ormai un espediente per mollare falsi bersagli? O meglio: uno solo e bello grosso? Tanto enorme da giustificare l’inefficienza, la lentezza, la mancanza di strategie utili? Possibile che sia l’unico percorso obbligato per movimentare governi e opinione pubblica e sensibilizzarli ad un nuovo approccio globale del benessere?… Laura Bonaguro

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