Donne forti

Donne forti, eccome no? Ma… Dargli una mano?

“Le donne sono forti per dieci motivi”. È la tesi sostenuta da Umberto Veronesi. Donne forti sono capaci di conciliare lavoro e procreazione. Che però, in questa visione, appare faccenda solo femminile da una parte, e indispensabile costituente dell’esser donna dall’altra. Siamo certi che è giusto così?, sussurro.
Donne forti sono le maghe del multitasking: la capacità di svolgere più compiti nello stesso momento. Questo, fra l’altro, le favorirebbe in tempi di crisi. Tutte emule di Elastigirl, il personaggio del cartoon Gli Incredibili che allunga se stesso per gestire con creativa flessibilità figli, un bietolone di marito e mille imprevisti. La fantastica edizione italiana dal vero si chiama nonsolomamma.
Veronesi conclude che “ci vorrebbe un nuovo femminismo”. Anche no, sussurro, se il nuovo femminismo deve partire da questo paradigma da superdonna caricata di oneri e responsabilità.
Le pari opportunità non sono una categoria mistica ma una roba pratica. L’elastica sottoscritta sarebbe felice se, per cominciare, alle donne forti fossero garantiti: supporto nei compiti di cura (infanzia e anziani), flessibilità nei tempi di lavoro, autodeterminazione sui temi della maternità, pari trattamento economico. Ah, magari anche una scuola che funziona.
P.S. un paio d’anni fa ho curato un lavoro di sintesi sulla condizione femminile nel mondo e in Italia. Che non è molto cambiata. Se date uno sguardo trovate molti dati, alcuni sorprendenti.

9 risposte

  1. La butto lì, la provocazione. E non prendetemi per un “tuaja” (versione milanese intraducibile ma che sta per figura a mezzo tra il piacione romano, il tombeur de femmes francese e il furbetto del quartierino italiota…). Secondo me potete salvarci solo voi, le donne. Non so come, anche se qualche idea l’avrei, ma , insomma, io sento questa cosa qui. P.S. Io, di testa, sono un maschilista…

  2. Rientro alla GRANDE, Annamaria. Ci voleva un tuo commento a questi interventi di Umberto Veronesi. Segnalo, fra l’altro, che contenuti analoghi erano nell’articolo che lo stesso Veronesi ha scritto per Repubblica il 10 agosto. Con solo due voci di risposta, ohinoi. (O me n’è sfuggita qualcuna?) Invece ce ne vorrebbero, di risposte. La tua lo è. Splendida. Grazie! Giovanna Per chi si fosse perso il poco dibattuto dibattito, ecco i link: 10 agosto, Umberto Veronesi: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/08/10/la-conquista-della-ru486-la-forza-delle.html 18 agosto, Michela Marzano: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/08/18/le-donne-figli-il-ruolo-sociale.html 21 agosto, Silvia Ballestra: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/08/21/la-tecnica-etica-il-corpo-femminile.html

  3. ehm… per “rientro” intendevo il TUO rientro. Sostantivo maschile e non verbo alla prima persona singolare… 🙂

  4. Mi riconosco parecchio in una Elastigirl in erba e anche se a volte le giornate sembrano non finire mai o mi ritrovo nel cuore della notte a pianificare spostamenti, prevedere imprevisti e lrelative possibili soluzioni, devo dire che preferisco questa vita fatta di sfide e impegni a quella passata a consumare anonime giornate….

  5. AGGIUNGO UNA COSA @Giovanna: chiaro…. grazie 😉 @F: Grazie della segnalazione. Tra i molti articoli linkati da womeneconomics, invito a mia volta a dare un’occhiata, almeno, a quello di Chiara Volpato apparso sul New York Times il 27/8. E’ uscita una traduzione sull’Unità, anch’essa linkata, dalla quale prendo uno stralcio: “L’Italia figura al 67esimo posto su 130 Paesi presi in considerazione in un recente rapporto del World Economic Forum sul Global Gender Gap Index tanto da essere superata da Uganda, Namibia, Kazakistan e Sri Lanka. Secondo l’OCSE poco meno della meta’ delle donne italiane hanno un lavoro rispetto ad una media generale di due terzi. Al tempo stesso gli uomini italiani hanno 80 minuti in piu’ al giorno di tempo libero – la differenza maggiore tra i 18 Paesi presi in considerazione. Cio’ si deve probabilmente al tempo in piu’ che le donne italiane dedicano ad un lavoro non pagato: la pulizia della casa. Non deve sorprendere, quindi, se molte donne italiane non se la sentono di assumersi l’ulteriore peso consistente nell’allevare dei figli. Di conseguenza l’indice di natalita’ del Paese e’ straordinariamente basso. I media italiani aggravano questa triste realta’ presentando un quadro delle donne incomprensibile al resto d’Europa.” Poche righe danno un’idea del fatto che la questione femminile non è “solo” femminile. Questa la conclusione: “Ma anzitutto le donne (e gli uomini) che protestano debbono far sentire la propria voce con maggiore fiducia. Il nostro Paese, a lungo caratterizzato da atteggiamenti anacronistici e superati nei confronti delle donne, e’ finalmente pronto a scendere in piazza.” Le homepage di NeU costringono a un feroce esercizio di sintesi. E c’è una coda di ragionamento che aggiungo qui. “Scendere in piazza” significa, credo, fare gesti visibili. Esigenza condivisa da molte. A me piacerebbe che ci fossero visibilità, alleanze, e azioni per promuovere singoli obiettivi concreti. Oltre a quelli che ho provato a ricordare, ce n’è un altro sul quale sarebbe bello spendersi, e forse non sarebbe così difficile trovare alleati. E’ il tema della meritrocrazia. Non viene ritenuto tema squisitamente femminile, ma di fatto l’assenza di riconoscimenti al merito danneggia sì i migliori, ma soprattutto le donne migliori, meno tutelate. Sarebbe interessante ragionarci sopra. E sarebbe anche un modo non così ovvio per confermare l’affermazione di Graziano.

  6. Le sue proposte sono ampiamente condivisibili, ma indirettamente confermano la necessità, tutta pratica, di un supporto esterno al ruolo sociale della donna. E quindi di conseguenza di un “volano” politico (e non mistico, come l’ha definito lei!) quale quello di un nuovo femminismo, più equilibrato e per questo più efficace. In quanto uomo è una questione che mi tocca solo parzialmente ed esclusivamente in relazione all’altra questione più ampia e ben più importante, dal mio punto di vista, dello “spreco” di risorse umane, di qualunque natura sessuale siano. Ho l’impressione che è proprio nel pubblico femminile che non viene sentita questa necessità e non mi sembra affatto che non ci siano i motivi per una sorta di ribellione. Mi sembra piuttosto che ci sia come un’adesione al ribasso, un’apatia che rasenta la passività, un’incapacità a “liberarsi” dei modelli imperanti. Cordialmente e nella speranza di una “vostra” illuminazione… Giuseppe Savarino

  7. Già, un’illuminazione: eh, Giuseppe, magari… Credo che molte di noi stiano ragionando e lavorando sottotraccia. Sono tempi duri. Ma, se il microscopico osservatorio di NeU qualcosa dice, non mi sembra che ci sia tutta questa passività tra le donne. Nella discussione di questa estate, per esempio, gli interventi femminili sono stati mediamente più propositivi, concreti, ottimisti di quelli maschili. Qualcuna, forse, sta semplicemente aspettando la definitiva implosione di “questo” modo di fare politica. Qualcun’altra, un evento o un’opportunità che funzioni da catalizzatore. E molte stanno semplicemente facendo una fatica bestiale. Vedremo.

  8. Dal mio micro osservatorio. Sarzana Festival della Mente 2009: 31 interventi 37 uomini e 4 donne di cui 1, Miriam Mafai, da sola, le altre insieme ad un maschietto. Nel calendario per bambini e ragazzi 18 interventi 12 uomini 7 donne. E Corrado Passera con Paolo Legrenzi discutono sull’”intelligenza emotiva”, “mix di caratteristiche, attitudini, risorse anche caratteriali e umane” che creano una nuova capacità per la gestione aziendale. Sarà solo nel DNA maschile? Potrebbe essere auspicabile. Per quanto riguarda l’adesione al ribasso e l’apatia mi sembra che siano dilaganti e generalizzati nel nostro paese, vedi l’articolo di Michele Serra sull’ultimo Venerdì di Repubblica. Un punto di vista pazzerello: nella società in cui Virginia Woolf lottava per trovare uno spazio alla creatività, il problema non era solo dell’universo femminile, ma le donne lo hanno riconosciuto come proprio e Virginia rivendicava l’indipendenza economica e “una stanza tutta per sé” per la donna che voleva esprimersi. Che abbia ragione Graziano che da noi aspetta la salvezza? Perché in molte indagini l’uomo viene considerato più abile nel problem solving? Per Annamaria: io forse mi sono persa qualche passaggio, ma continuo a non capire la speranza riposta nel riconoscimento del merito. Mi spiego: in questa situazione CHI sarebbe preposto a riconoscere il merito? Non vedo come le cose potrebbero cambiare. elisabetta

Lascia un commento

MENU
I post di NeU Risorse sulla creatività
Clicca per leggere le prime pagine 
TUTTO NEU
Creative Commons LicenseI materiali di NeU sono sotto licenza Creative Commons: puoi condividerli a scopi non commerciali, senza modificarli e riconoscendo la paternità dell'autore.
RICONOSCIMENTI
Donna è web 2012
Primo premio nella categoria "Buone prassi"
Primo premio nella categoria "Web"
Articoli di NeU sono stati scelti per le prove del 2009 e del 2019
creatività delle donne_CHIMICA

Creatività delle donne e patriarcato

Non possiamo smettere di parlarne. Dunque provo a raccontarvi come pregiudizi e stereotipi, sostenuti da oltre tre millenni di patriarcato, hanno impedito e tuttora ostacolano

Che succede con l’intelligenza artificiale?

“Non perfetta ma straordinariamente impressionante”.Così McKinsey, società internazionale di consulenza strategica, descrive in un recente articolo la prestazione di ChatGPT, il modello di intelligenza artificiale

Ops. Hai esaurito l'archivio di NEU.