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Esperienze 3: storie di lavoro perduto e cercato. Di identità. E di baffi

Anche io, dopo tutti questi anni, mi ero trasformato in un Fantozzi con i tatuaggi. Il baffuto Gianni Miraglia racconta a puntate su Rolling Stone quel che gli capita dopo aver perso il lavoro. Ottima scrittura, energia e humour. Qui la raccolta di tutti i suoi post.
Nicola, un più giovane e baffuto amico di NeU, racconta ugualmente bene quel che gli capita cercando un lavoro tra CV, colloqui demenziali e l’imperscrutabile fattore “C”. Leggete.

L’estate scorsa mi sono fatto crescere un paio di baffi sottili: un dettaglio da curare, un tratto diventato subito identitario. Poi è arrivato l’inverno e ho cominciato a cercare lavoro.
Prima ero uno dei trentamila praticanti avvocati della penisola. Ora vorrei entrare nell’ufficio legale di un’azienda. Solo le grandi società ne hanno uno proprio. Ogni impresa strutturata che si rispetti ha un ufficio Risorse Umane. Dicono che la persona è il valore centrale dell’azienda. Viene da chiedersi se sia peggio essere schiavizzati dall’avvocatura o diventare risorse produttive all’interno di  un bilancio aziendale.
Cercare lavoro diventa presto un’occupazione a tempo pieno. Costruire un buon curriculum vitae non è che il primo passo.
Dicono che occorre essere pazienti, determinati e perseverare, ma spulciare tutti i giorni almeno tre o quattro motori di ricerca per annunci di lavoro mette a dura prova le poche diottrie rimaste dopo anni passati sui libri, e rispondere alle offerte o presentare candidature spontanee richiede spesso noiose compilazioni di innumerevoli moduli on-line. E poi le lettere di presentazione, i CV in inglese, le motivazioni, le telefonate, il networking, le mail, gli spostamenti, cosa mi metto?, la foto giusta, il profilo Linkedin e un “eccetera” lungo giornate intere.
Dopo un tempo ragionevole, se tutto procede per il verso giusto, arrivano i primi colloqui.

In breve ho capito una cosa semplice: ciò che fa la differenza tra due candidati egualmente idonei è la “persona”. In vari modi me l’hanno confermato i responsabili del personale con cui ho avuto a che fare: al netto delle performance scolastiche, dell’esperienza professionale, delle competenze e della spigliatezza dimostrate, ciò che conta è un procedimento intimo e insondabile nell’animo di chi deve scegliere, una previsione basata sulla compatibilità del candidato con l’organizzazione dell’azienda e con le persone che già vi lavorano. Non so se sia bene o male, ma il criterio ultimo sembra tanto semplice quanto spietato: piace/non piace.

Dicono: siate voi stessi. Ma il suggerimento è un frutto avvelenato. I responsabili della selezione del personale sono tipi imprevedibili: a volte ossequiosi e melliflui, altre diffidenti e indagatori. Quindi – dico io – la prima regola quando si risponde alle domande di recruiter e selezionatori dovrebbe essere piuttosto “calma e gesso”. Una volta assunti – allora sì – addio ai freni inibitori, ma all’inizio meglio essere prudenti: chi assumerebbe qualcuno che ammette di essere cinico, perennemente in ritardo o incline all’umorismo politicamente scorretto?
Al colloquio ognuno interpreta una parte e io dalla mia esperienza ho tratto un solo convincimento: alle aziende che cercano profili junior legal piace da matti il nonsense. Dopo il quarto incontro con le stesse persone, con le stesse domande, per la stessa posizione aperta presso la stessa società, si fa fatica a resistere alla tentazione di disvelare la vera natura della selezione: una spiazzante messa in scena dell’assurdo.
– Lei conosce questa azienda?
“No, per nulla”
– Perché lei si trova qui?
“Ma, sa, l’imprevedibilità della vita: un attimo prima sei a casa tranquillo a bere del tè darjeeling, e un attimo dopo ti trovi qui, a parlare di affari societari e compliance; curioso, non trova?”
– Lei si ritiene adatto per questo lavoro?
“Se devo essere onesto no, anzi, la ringrazio per avermelo fatto notare, ora me ne vado strisciando e le chiedo anche scusa per averle fatto perdere del tempo”
– Mi dica un suo difetto.
“Delle volte sono un po’ violento, ho questi incontrollabili attacchi di ira. Ecco, forse mi si potrebbe definire iracondo”
Dicono che fanno certe domande per vedere come reagisce l’interlocutore.
Dicono che la prima impressione è fondamentale, come la stretta di mano. A proposito, stamattina ho il primo colloquio per una multinazionale straniera. Mi sveglio, colazione leggera, poi mi faccio la barba ascoltando il giornale-radio. Prima le basette, poi gola e mento, per ultimi guance e contorno-bocca… zac! Impreco, ho rovinato i baffi andando troppo a fondo con la lametta. Il danno è irrimediabile: devo toglierli del tutto. Guardo allo specchio, sconsolato, il viso glabro: quasi non mi riconosco senza baffi, quel dettaglio arguto sopra la camicia bianca e la cravatta blu.
Arrivo in azienda col giusto anticipo; mi fanno attendere in una stanza con i neon e le tapparelle di alluminio. Dopo una decina di minuti entra la responsabile del personale. Ci salutiamo stringendoci la mano e io penso che la sua presa è troppo molle.
– Ah, molto bene, vedo che si è tolto quei baffi, – esordisce studiando le mie reazioni –  vedendola nella foto del curriculum ero davvero indecisa se convocarla o meno…
Dicono che il fattore “C” – da intendersi come Caso – non conti. Dicono.

Per gli art director che volessero recuperare intera l’immagine di… baffont (?) che illustra questo post: ecco l’indirizzo.

6 risposte

  1. … come al solito la lettura è all’altezza delle (mie) aspettative. Nessuna sorpresa, continuo a seguirti e ad assorbire tutto quello che ci metti a disposizione. Grazie di cuore 🙂

  2. BAFFI PERSI O POSTICCI Con lo stesso amico, in due viaggi diversi. La prima, a zonzo in Turchia, ci accorgiamo che dal bosforo fino alle porte dell’asia, qualcosa ci avvicina ai locali ma anche ci differenzia enormemente, la mancanza di baffi! Allora con un pò di fortuna troviamo in una bottega di un rigattiere dei bei baffoni neri e pelosi da applicare sotto il naso, che non esitiamo ad indossare ed ad esibire orgogliosi per la gioia ddi tutti quanti. In Grecia, sempre con il solito soggetto, tipico bel ragazzo italiano moro ed atletico, così vanesio che questa volta il baffo alla Clark Gable nero se l’era coltivato prima della partenza. Ma purtroppo, in una modesta casa affittata nelle isole cicladi, non trovando uno specchio nel bagno, una mattina chiese a me, mezzo addormentato, di ridisegnargli con un bilama i suoi baffetti. L’operazione riuscì così male che non potemmo far altro che comprare una matita nera per il trucco e ripassarla là dove la lama aveva fatto scempio. Il gioco è durato fino al primo bagno in mare, dove una riga nera di acqua salmastra e rimmel, gocciolava tristemente sotto il naso dello sprovveduto. Lo so che non centra granchè, se non con l’arte del travestimento che in certi lavori si è obbligati ad esercitare, talvolta con risultati ridicoli. saluti a tutti walter

  3. Ciao a tutti, sono un …….. responsabile del personale!!! Credo che molti di voi storcono già il naso. Non mi sento di suggerire niente a nessuno, tanto qualunque cosa fai al colloquio di lavoro c’è chi cercherà la pagliuzza e non vedrà la trave. Siamo, in fondo, tutti e solo degli esseri umani. Per contro ho dovuto sperimentare sulla mia pelle l’allergia a qualunque pelo. I fatti: Selezione di nuovo tecnico progettista. Annuncio, risposte, convocazioni, primi colloqui insomma tutta la “via crucis”. Decido la rosa finale dei candidati da sottoporre, tra i quali spicca un brillante diplomato (secondo me) che come unico segno particolare ha due piccoli baffetti che, tutto sommato a livello estetico, non credo stonino particolarmente. Lo presento al direttore tecnico, nonchè Amministratore dell’azienda. Dopo circa una quarantina di minuti ho la sensazione che qualcosa non quadri: al di là della solida e profonda conoscenza tecnica ed all’empatia dimostrata dal candidato, il proprietario esprime a livello facciale quasi disgusto. Congedato il candidato con le formulazioni di rito (le faremmo sapere… ecc.) vengo testè convocato dal grande capo. Subisco una reprimenda colossale, cito fedelmente : “ma che c… di capo del personale è lei! Non sà che chi si presenta con qualsiasi pelo in faccia vuol dire che ha qualcosa da nascondere! Il pelo è uno schermo, che come tale mette una barriera tra l’essere interiore ed il modo esterno !!!Perciò non mi meraviglierei se “quello” sia un domani un traditore un voltagabbana o peggio. Mai e poi mai vorrò più vedere qualcuno con qualsiasi pelo in faccia! Effettivamente nessuno, ancora oggi in azienda, porta baffi e barba….tutti tranne il figlio !!! Cesare

  4. Nell’episodio che chiude il mio racconto mi è stato anche detto che i baffi (lungi dall’essere adatti a un ufficio legale, ancor meno se a contatto con il management) sarebbero più indicati per figure commerciali. Riporto quasi testualmente: “Per un commerciale, sa, un’immagine più decisa… Ha mai pensato di fare il commerciale?” Anche alla luce dello spassoso commento di Cesare, pare proprio che i baffi (anche se corti e poco folti, come va tanto di moda tra i 20-30enni con vaga attitudine indie-hipster) siano mal visti in azienda e che non siano affatto un indifferente dettaglio del look, ma posseggano significati impliciti, spesso negativi (quali sinonimo di persona stramba, imprevedibile, pericolosamente originale). Tornando al tema dei colloqui di lavoro, devo precisare (a difesa della categoria “HR”) che ho conosciuto anche molti professionisti preparati, disponibili e piacevoli: anche da loro ho imparato un po’ per volta ad affrontare nel modo migliore un colloquio. Un grazie e un caro saluto alla redazione di NeU. Nic

  5. bella questa “storia”, peccato sia così reale…pare proprio che il baffo creativo non sia apprezzato, ma quando si parla di colloquio ci sono talemente tante variabili che non si sa mai qual è il modo migliore di presentarsi. A questo punto mi chiedo: se per l’uomo il tabù da colloquio è il baffo, chissà qual è quello per le donne?!

  6. Vedete com’è… uno parte da un dettaglio e scopre un intero mondo. Grazie a Nicola (Nic Travis) per averci raccontato come la storia è continuata. Grazie davvero a Cesare per aver aperto uno squarcio sui misteriosi processi che portano alla selezione di un candidato. A Walter per le storie turche e greche. A Babs per essere con noi. Fennec pone un bel quesito: qual è il tabù femminile da colloquio? Troppo facile rispondere che anche il baffo femminile, nonostante quanto recita il noto proverbio, probabilmente noi aiuta. E dunque: qual è il dettaglio che, a vostro avviso, può danneggiare una candidata ?

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