genio e sregolatezza

Genio e sregolatezza: che significa? – Metodo 74

Certi esempi di genio e sregolatezza sono proprio curiosi. C’è l’incidente occorso al fisico britannico Matt Taylor dell’Agenzia Spaziale Europea, presentatosi in tv per commentare l’atterraggio del primo manufatto umano su una cometa con addosso un’inguardabile camicia decorata da donnine discinte. E ampiamente bacchettato per questo dalla stampa internazionale, a cominciare dal Guardian.
C’è Cedric Villani, vincitore della Medaglia Fields (il Nobel della matematica) nel 2010, soprannominato “la Lady Gaga della matematica”.
Questi primi due esempi, citati dal direttore di Le Scienze Marco Cattaneo su la Repubblica, testimonierebbero che gli scienziati dell’ultima generazione non fanno nulla per sfuggire allo stereotipo del “genio  e sregolatezza”.

Ci andiamo assai più vicino, all’idea di genio e sregolatezza, con il terzo esempio: Grigorij Jakovlevič Perel’man, l’Orso russo, che sparisce dalla circolazione dopo aver vinto a sua volta la Medaglia Fields e aver rifiutato il corrispondente premio da un milione di dollari. Ma dubito che Perel’man si preoccupi della propria aderenza o meno a un qualsiasi stereotipo.
L’articolo, che vi consiglio di leggere, racconta diverse altre storie suggestive. E l’argomento “genio e sregolatezza” è così affascinante che merita di essere ripreso, anche con il supporto di una lista a punti che, magari, aiuta a fare un po’ d’ordine.

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PERSONALITÀ CREATIVE: NON SOLO GENIO E SREGOLATEZZA. Non possiamo certo (e per fortuna!) dire che esista una, e una sola tipica personalità creativa. È invece vero che si possono rintracciare, negli individui creativi, alcuni tratti di personalità abbastanza ricorrenti. Poiché il primo fra gli elementi ricorrenti  è contraddittorietà dei tratti medesimi le cose si complicano ancora di più, e i possibili elenchi di caratteristiche si allungano.

Confermo che a me sembra assai convincente l’elenco di Mihaly Csikszentmihalyi, che vi ricopio: 1) Grande energia fisica ma propensione alla quiete e al riposo 2) Acutezza e candore 3) Giocosità e disciplina, responsabilità e irresponsabilità 4) Immaginazione e fantasia alternate a un radicato senso della realtà 5) Estroversione e introversione, simultaneamente 6) Compresenza di umiltà e orgoglio 7) Tendenza a uscire dagli stereotipi di genere (uomini più femminili,  donne più maschili)  8) Conservazione (nel senso del radicamento in una cultura) e ribellione 9) Passione e contemporanea obiettività sul proprio lavoro 10) Apertura e sensibilità, che generano molta pena e molta gioia.

GENIO E SREGOLATEZZA (MA STABILIZZATA). L’idea di fondo che può risultarne è questa: la pratica della creatività sembrerebbe essere, paradossalmente, l’elemento stabile, ricorrente e caratteristico di equilibri altrimenti variabili e instabili.
Ma potrebbe essere, oltre che l’elemento stabile, anche quello stabilizzante?

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DISAGIO PSICHICO, GENIO E SREGOLATEZZA: ed eccoci a un secondo e più consistente paradosso. È noto che molti creativi eminenti hanno sofferto di qualche forma di disagio psichico. E non sto parlando di abiti stravaganti e comportamenti bizzarri, ma di problemi mentali anche severi.
Dean Keith Simonton, forse il più eminente studioso contemporaneo ad affrontare, sulle orme di Francis Galton, il tema della creatività su basi statistiche e quantitative, segnala che sindromi psicopatologiche sono più frequenti tra i creativi eminenti che nel resto della popolazione. La frequenza è più o meno doppia, e crescente quanto più cresce la, chiamiamola così, “genialità”.
La sindrome più diffusa è la depressione. Gli artisti (e, fra questi, massimamente i poeti) sono più a rischio degli scienziati. Inoltre, le persone creative hanno con la psicopatologia una familiarità (vuol dire qualche parente picchiatello) superiore alla media. E questo significa che, in tutto ciò, c’entra anche la genetica (in particolare, la variante di un gene che governa la comunicazione tra neuroni).

Ma Simonton segnala due altri fatti importanti: in primo luogo, un moderato possesso di caratteristiche “psicotiche” si accompagna a indipendenza, anticonformismo, capacità di defocalizzare l’attenzione ed essere disinibiti cognitivamente, e questa è tutta roba che favorisce il pensiero creativo.
In secondo luogo, le persone creative presentano in alto grado caratteristiche che sembrerebbero ridurre gli effetti dei sintomi psicopatologici: hanno ego forti e autosufficienti, che le mettono in grado di controllare i sintomi, governandoli invece che essendone governate. Inoltre, sono più intelligenti della media, e anche questo aiuta.
La creatività, insomma, sembra funzionare come fattore adattativo. In altre parole: è una medicina. Quella tra (lieve o severa) patologia e creatività non è un’alleanza, ma una lotta, perché la psicopatologia in sé non è creativa. E, a proposito di genio e sregolatezza: la sregolatezza diventa geniale quando affronta e domina la regola.

GENIO E SREGOLATEZZA, MA CON (CERTE) REGOLE. Siamo arrivati al terzo, e ultimo, paradosso.  Sappiamo bene che il lavoro creativo consiste nell’affrontare ostacoli e pretende tempo, pazienza, preparazione, una disciplina ferrea, la capacità di imparare dagli errori e sopportare l’incertezza e il senso di solitudine che prova chiunque si schieri contro il pensiero corrente. Forse, non lo si può affrontare senza una (folle?) spinta ad andare oltre il limite.

D’altra parte, un risultato creativo consiste nel rompere un paradigma attraverso la proposta di un paradigma differente. Nel superare una regola istituendone un’altra: così, il lavoro creativo diventa una costante rottura di equilibri vecchi per poterne produrre di nuovi, nella propria sfera di attività e, forse, anche in se stessi.
In questo costante mutamento, al di là sia dei comportamenti stravaganti (che non sono obbligatori) sia delle ossessioni individuali (che appartengono ad alcuni ma non certo a tutti i creativi eminenti) sta ciò che, della creatività, continua a riempirci di meraviglia, e che arricchisce di prospettive lo stereotipo”genio e sregolatezza”.

Le immagini che illustrano questo articolo sono di Jean-Michel Basquiat.

8 risposte

  1. I figli di Saturno (i malinconici) abbondano in tutti i tempi e in tutte le arti. Dubuffet, con la sua art brut, (credo che la pittura riprodotta sul post sia sua) aveva gran considerazione dei graffiti e dei pasticci dei folli (visite alla Waldau, il celebre istituto psichiatrico di Berna dove spese la maggior parte della sua vita il leggendario pittore Wolfli). Per non parlare di Artaud, con il suo teatro della crudeltà, che passò di clinica in clinica subendo elettrochoc e altro e che aveva subito da piccino un forte attacco di menengite e che adorava Van Gogh che definiva un vero pazzo (complimento). Tutti i movimenti di questo genere, per esempio Jarry con la sua patafisica (Ubu re), il buon(!) jean Genet ecc influenzarono moltissimo le correnti surrealiste. Infine, per tornare alla Waldau, la clinica ospitò per molti anni il Grande Robert Walser, che usciva presto la mattina e faceva fino a 40 km a piedi in campagna finchè(se non sbaglio) una sera non rientrò e lo ritrovarono il giorno dopo morto stecchito sul bordo della strada appoggiato a un albero.
    L’arte, come la rivoluzione “non è un pranzo di gala”

  2. Aby_Warburg (1866-1929), storico d’arte che dal 1918 al 1924 soggiornò ripetutamente nel sanatorio di Kreuzlingen a causa di una grave malattia mentale.
    Nel 1923, al termine di uno di questi soggiorni, per dimostrare la propria guarigione, rivolse un «discorso d’addio» a pazienti e medici del sanatorio: una conferenza sul rituale del serpente, partendo dalla sua esperienza presso gli indiani Pueblo del Nuovo Messico. (Fonte Wikipedia)

    http://www.academia.edu/7327620/Aby_Warburg_e_la_vita_delle_immagini

    http://www.ibs.it/code/9788833915326/didi-huberman-georges/immagine-insepolta-aby.html

    1. “La fantasia certo non mi manca, mi centra con un colpo in piena fronte”
      Disse il creativo. MP

  3. Il genio non rifiuta gli schemi, si limita a crearne dei propri, gli unici che accetti di assecondare. E’ per questo che sono le pietre miliari delle rivoluzioni culturali, perché sanno mettere intelligentemente in discussione tutto ciò che sembrava statico e socialmente consolidato. Sono persone che vivono spesso con sofferenza la loro diversità perché “sulla vetta si è sempre in pochi” e il rischio dell’emarginazione è piuttosto alto. Difficlmente sono compresi dai loro contemporanei ma per fortuna oggi le società cominciano a considerarli una risorsa o addirittura dei modelli culturali ai quali ispirarsi. Poco importa se la loro estrosità si esprime con comportamenti poco formali o addirittura contraddittori e incomprensibili: la forma si può sacrificare in favore della sostanza.

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